BLANCH, Michele
Figlio di Francesco, e di Caterina di Maio (o, secondo un'altra versione genealogica, di Marcello e di Isabella Morra), nacque a Napoli prima del 1590. Nel 1614 si arruolò nel reggimento napoletano di Tommaso Caracciolo, in partenza per la guerra del Monferrato, ottenendo il comando di una compagnia. Con il medesimo grado di capitano servì per un ventennio, pressocché ininterrottamente, nell'esercito spagnolo di Lombardia,, prendendo parte ai principali episodi militari del periodo, dalla guerra della Valtellina alla seconda guerra del Monferrato. Nel settembre 1631 sergente maggiore nel tercio di Gaspare Toraldo, il B. faceva parte delle milizie condotte dal governatore di Milano, duca di Feria, a combattere contro gli Svedesi in Germania, ed il 6 settembre dell'anno successivo fu alla grande vittoria ispano-imperiale di Nordlingen. Tornato in Italia, partecipò, nel reggimento di Geronimo Tuttavilla, al tentativo contro le isole di Lérins, nel mare di Cannes. Dal 1638 combatté ancora in Piemonte, partecipando alla conquista di Vercelli e di Asti, all'assedio di Torino nel 1639-40, ed infine, col grado di luogotenente del maestro di campo generale, a quello di Tortona, nel 1643. Nel 1644 fu nominato maestro di campo e, mentre l'esercito francese andava ingrossandosi oltre Ticino in vista della forte offensiva su Milano dell'agosto, fu incaricato dal governatore, marchese di Velada, di condurre il reclutamento di nuove milizie in territorio veneziano.
Nel 1645 si concludeva la lunga e tuttavia mediocre carriera militare del B., ritiratosi definitivamente a Napoli. Qui, due anni dopo, durante la rivolta masanelliana, egli fu tra i protagonisti di un episodio in definitiva marginale, ma abbastanza indicativo delle divisioni politiche della nobiltà napoletana, il tentativo cioè di inserire nell'agitazione popolare le rivendicazioni specifiche di un gruppo aristocratico minoritario: quello delle famiglie napoletane che, nonostante il "chiaro sangue", la "lunga abitazione dei loro maggiori" ed il loro contributo alle "gravezze" cittadine, erano tradizionalmente escluse dalle "piazze", cioè dagli organismi amministrativi della città, a causa della loro remota origine straniera.
Era tale, appunto, il caso della famiglia Blanch, trapiantata in Napoli dalla Spagna nella prima metà del sec. XIV. Il B. fu tra coloro che, distinguendosi per la loro moderazione verso i ribelli, cercarono dapprima di indurre i popolari ad imporre al viceré duca d'Arcos l'istituzione di una nuova "piazza", nella quale fossero rappresentate, insieme con i ceti subalterni, anche quelle famiglie "che fossero parse al popolo più loro amorevoli". La proposta fu respinta poiché i popolari "ugualmente abborrivano tutta la nobiltà, così quella dei seggi come di fuori ad essi". Le famiglie interessate alla questione elessero allora, nell'ottobre del 1647, una delegazione, nella quale era compreso il B., impegnandola a sottoporre energicamente la richiesta al viceré ed allo stesso Filippo IV. I delegati tuttavia dovettero ben presto rinunziare al loro mandato; il viceré infatti, allora assai poco incline alle concessioni, vide nella richiesta un riprovevole tentativo di trarre partito dalla crisi per interessi particolari, e anzi minacciò apertamente i postulanti, rilevandone la collusione con i ribelli ed il proposito di alterare "l'antico governo della città, cercando di spegnere ed annullare la sua antica nobiltà" (Capecelatro, II, pp. 12 ss.). Il B. ed i suoi compagni ritennero più prudente non insistere, rinunziando anche al previsto appello alla corte madrilena. L'episodio spiega probabilmente il tiepido contributo offerto anche in seguito dal B. alla repressione del movimento insurrezionale.
Scarse sono le notizie relative al B. per gli anni seguenti: si sa che ottenne il titolo di marchese di San Giovanni e che acquistò il 22 luglio del 1677 il feudo di Campolattaro. Era ancora vivo nel 1683, quando lo vendeva a un congiunto, Francesco Blanch, marchese del Pizzone.
Fonti e Bibl.: F. Capecelatro, Diario... delle cose avvenute nel Reame di Napoli negli anni 1647-1650, a cura di A. Granito di Belmonte, II, Napoli 1852, pp. 12 ss., 479; R. Filamondo, Il genio bellicoso di Napoli, Napoli 1693, pp. 355 s.; E. Ricca, La nobiltà delle Due Sicilie, I, Napoli 1859, pp. 139, 141; G. Valente, Il "Protocollo" della corrispondenza del vicario generale G. T. Blanch, in Arch. stor. per le prov. napol., s. 3, IV (1965), p. 228.