PIPINO, Maurizio
PIPINO, Maurizio. – Nacque a Cuneo nel 1739, da genitori di cui non è attestata l’identità.
Le poche notizie biografiche, riferite per lo più dallo stesso Pipino, danno conto di una prematura vedovanza: la stesura della Gramatica durante i primi anni Ottanta lo aiutò a distrarsi dalle «tetre rimembranze» per la perdita della consorte e di un figlio (o di una figlia; Pipino, 1783a, p. XIV).
Nell’ultima parte della Gramatica, dedicata alle Lettere piemontesi-italiane, Pipino riprodusse un buon numero di lettere in cui compaiono riferimenti alle sue vicende biografiche. Il medico trascrisse la lettera a lui indirizzata da un non meglio identificato A. G. L. (datata Torino il 17 giugno 1781) in cui gli veniva comunicata la tragica notizia della morte della moglie: «la Vostra sposa fu sorpresa da una malattia così violenta che, né medico né cerusico, poterono portarvi alcun sollievo, ed in tre giorni si è ridotta all’agonia […] è morta senza dolersi di null’altro che di non vedervi» (ibid., pp. 126 s.).
Pipino fu un autore prolifico: scrisse, oltre alla Gramatica piemontese, un Vocabolario, una Raccolta di poesie, un Dizionario universale ragionato di medicina, per uso spezialmente de’ Piemontesi, un Almanacco di sanità e altre opere mediche cui fa esplicito riferimento nella Prefazione alla Gramatica.
«Ho dunque creduto cosa non inutile e non disaggradevole al nostro paese il pubblicare un alfabeto con un saggio di declinazioni e conjugazioni, e di dar quindi per esercizio di lettura alcune lettere nel nostro idioma con la versione italiana, come anche una raccolta di proverbi e modi proverbiali. Ma siccome per lo studio e l’intelligenza di una lingua, la Gramatica sola non basta, così ho parimente compilato un Vocabolario nel nostro dialetto a cui risponderanno le voci italiane ed anche nella precipua sua parte latine e franzesi. Pubblicherò finalmente una raccolta di poesie piemontesi, che mi viene fatto di raccogliere, le quali nel loro genere, secondo me, hanno tutta quella dolcezza e quel bello, che la poesia richiede» (ibid., p. XI).
Le opere di Pipino sono caratterizzate da uno spiccato fine didascalico orientato alla divulgazione e all’istruzione popolare (Bianchini, 2008, p. 81). Non solo: già nella dedica della Gramatica egli anticipò il piano dell’opera, che includeva anche il Vocabolario in ottemperanza a un desiderio della futura sovrana «Maria Adelaide Clotilde Saveria di Francia, principessa del Piemonte», sulla cui «autorevole protezione» l’autore molto contava (Pipino, 1783a, s.p.). Pipino sottolineò le ragioni non solo cerimoniali e formali della dedica alla futura sovrana, la quale, avendo insistito per apprendere «il dialetto» piemontese, aveva contribuito a valorizzarlo (ibid., s.p.). Tanto la scelta del piemontese quanto la dedica alla principessa Maria Clotilde possono essere interpretate come un indizio di «sintonia con la politica di corte» su un progetto di codificazione linguistica a carattere statuale (Chiesa, 1997, p. 118). Il modello di piemontese proposto dal medico fu da lui stesso qualificato esplicitamente come «torinese o cortigiano» (Grassi, 1979, p. 703). L’operazione culturale di scritti come il coevo Il confetturiere piemontese (1790) e della stessa opera di Pipino, entrambi incoraggiati dal governo sabaudo, fu l’idea che quella piemontese potesse definirsi, anche mediante strumenti di questo tipo, come una nazione con un’identità propria. Il risultato e gli effetti dell’opera di Pipino si limitarono, tuttavia, a incrementare la produzione letteraria in lingua piemontese, mentre la lingua ufficiale del Paese continuò a essere l’italiano.
L’opera è divisa in quattro capitoli (1. Dell’alfabeto piemontese; 2. Delle pronunzie piemontesi; 3. Articoli, segnacasi, generi e declinazioni; 4. Conjugazione de’ verbi) e arricchita inoltre da un Breve discorso circa la terminazione de’ verbi, da un’Appendice, da un corpus di Lettere piemontesi-italiane che provengono dal repertorio personale del medico piemontese e da alcuni saggi di due libri di Giorgio Arione e di Michele Vopiscopo. L’opera si conclude con una Lettera all’autore del trinitario scalzo Ermenegildo di S. Giovanni di Matto e con una Raccolta di proverbi e modi proverbiali piemontesi.
Tanto la Gramatica quanto il Vocabolario vennero annoverati nell’elenco dei «libri d’istruzione», insieme ai volumi di Giuseppe Pasini, Giuseppe Antonio Badia e Galeani Napione su argomenti analoghi, che ebbero una larga e legittima circolazione in Piemonte (Bianchini, 2008, pp. 62 s.). L’edizione del 1783 della Gramatica di Pipino compare nella pregevole biblioteca privata dell’erudito francese Pierre-Alexandre Gratet-Duplessis, rettore delle Accademie di Lione e di Douai (1827-30), insieme a opere analoghe relative ai secoli dal XVII al XIX (Gratet-Duplessis, 1856, p. 42).
Per la pubblicazione della Gramatica e del Vocabolario, il medico cuneese godette di un privilegio, concesso dal re Vittorio Amedeo III il 26 agosto del 1783. Il privilegio gli consentiva di apportare alla prima edizione della sua opera alcune modifiche e aggiornamenti, da dare alle stampe presso uno stampatore di sua scelta che ne ebbe, così, il monopolio per un periodo di vent’anni (Archivio di Stato di Torino, Patenti controllo finanze, 1783, reg. 63, 146, cit. in Ubertazzi, 2000).
Anche il Vocabolario piemontese (sempre del 1783 e sempre dedicato a Maria Clotilde di Francia) era costituito da quattro parti: 1. Vocabolario domestico, in cui erano elencati vari termini concernenti la vita quotidiana della casa; 2. Raccolta de’ nomi derivati da dignità, gradi, uffizi, professioni ed arti, rivolta soprattutto a registrare le voci della burocrazia sabauda; 3. Raccolta de’ verbi più famigliari, ossia verbi dell’uso comune in piemontese; 4. Supplimento al vocabolario, vale a dire un elenco di voci diverse in precedenza non registrate.
Il medico esordisce con un rimando alle fonti utilizzate per il suo lavoro: tanto i dizionari quanto l’opinione di francesi e toscani «versatissimi nel loro idioma» (p. V). Insiste, tuttavia, sul fatto di essere incappato in molti errori, non ultimo quello di aver voluto includere i vari modi di parlare della capitale – «il cortigiano», «il volgare» e «il plebeo» – nonché «il provinciale» e «il contadinesco». Pipino ammise infatti che nel Vocabolario erano contenute voci definite «provinciali», cioè non torinesi, benché esse fossero in numero assolutamente esiguo, essendo preponderante la varietà della capitale.
Sempre nel 1783 furono edite le Poesie piemontesi. Si trattava di una raccolta in cui i temi trattati erano vari: un omaggio alla capitale Torino e un sonetto dedicato alla città di Cuneo, un’ode al re Vittorio Amedeo III, alcuni ‘testamenti giocosi’, numerosi versi sulle donne, una vasta selezione di poesie di Silvio Balbis e qualche canzone del frate domenicano Ignazio Isler (1783b, pp. V-VII).
Nel 1785 apparve l’Almanacco di sanità, per cui Pipino il 16 luglio del 1784 ottenne un privilegio di Vittorio Amedeo III per la pubblicazione annuale durante un periodo di quindici anni (Archivio di Stato di Torino, Patenti controllo finanze, 1784, reg. 65, 98, cit. in Ubertazzi, 2000).
Sono evidenti pure in quest’opera le finalità pedagogiche del medico piemontese, il quale mirava a trasmettere conoscenze igieniche di base. Di lì a poco, queste furono oggetto anche di pubblicazioni distinte dall’Almanacco vero e proprio e disponibili nella versione più agile del saggio breve, come nel caso delle Nozioni mediche facili ed utili ad ogni persona (Torino 1785; Bianchini, 2008, p. 82).
Il modello di riferimento cui egli apertamente dichiarava di ispirarsi fu quello del medico svedese Nils Rosen von Rosenstein, la cui opera Trattato sulle malattie dei bambini, tradotta a Milano pochi anni prima dal medico piemontese Giovanni Battista Palletta, gli era sicuramente nota. Rosenstein aveva utilizzato l’Almanacco come mezzo di divulgazione igienico-sanitaria di base e Pipino scorse in tale strumento la via ideale per raggiungere persone che avevano scarse possibilità di rivolgersi a un medico: in primo luogo gli abitanti delle campagne. L’intento di Pipino fu, dunque, quello di entrare in contatto con soggetti sociali ai margini dei contesti cittadini, attraverso la mediazione di personaggi come «parroci e curati» o «altre persone caritatevoli», affinché fossero proprio questi ultimi a istruirsi e a essere concretamente in grado di «alleviare gli infermi», pur non essendo medici. L’Almanacco doveva arrivare in città, per evitare dispendiose consultazioni mediche (Bianchini, 2008, pp. 82 s.) come nei più sperduti villaggi di campagna (Braida, 1990, p. 337).
L’Almanacco del 1789 uscì postumo e in coda venne pubblicata una piccola antologia di rime piemontesi: in questo numero troviamo una versione del noto poemetto di carattere epico-storico L’arpa dëscordà, attribuito al sacerdote Francesco Antonio Tarizzo, in cui si narra in quasi duemila versi dell’assedio e della liberazione di Torino nel 1706: il protagonista corale è il popolo, sia nella lingua sia nella vicenda.
L’impegno del medico cuneese nella divulgazione, peraltro, era unito a un vivo interesse per la ricerca su malattie ancora sconosciute in Occidente e nella maniera di curarle.
Nel 1788 Maurizio Pipino decise di intraprendere un viaggio verso Oriente insieme a un figlio al fine di «apprendervi nuove cognizioni mediche» (Pagliero, 2010, p. 9): Pipino si ammalò e morì a bordo della Saittia Rodiana nelle acque antistanti l’isola di Simi nella primavera-estate del 1788; suo figlio perse la vita dieci giorni dopo ad Alessandria d’Egitto (Rocchietta, 1961). Lo stampatore fu costretto a interrompere la pubblicazione dell’Almanacco di sanità.
Opere. Gramatica piemontese, Torino 1783a; Poesie piemontesi raccolte dal medico Maurizio Pipino, Torino 1783b; Vocabolario piemontese. Vocabolario domestico. Raccolta de’ nomi derivati da dignità, gradi, uffizi, professioni ed arti. Raccolta de’ verbi, Torino 1783c; Dizionario universale ragionato di medicina, per uso spezialmente de’ Piemontesi, Torino s.d. (ma post 1783); Almanacco di sanità, Torino 1785, 1786, 1787, 1788; Nozioni mediche facili ed utili ad ogni persona, Torino 1785.
Fonti e Bibl.: P.-A. Gratet-Duplessis, Catalogue des livres: en partie rares et précieux composant la bibliothèque, Paris 1856, p. 42; D. Carutti, Storia della corte di Savoia durante la rivoluzione e l’impero francese, Torino 1892, p. 390; C. Denina, Autobiografia berlinese (1731-1792), a cura di F. Cicoira, Bergamo 1900, passim; S. Rocchietta, II medico M. P. e la poesia piemontese del sec. XVIII, in Minerva Medica, 1961, 52, n. 43, s.p.; G.P. Clivio, The volgare in Piedmont from the Middle Ages to the end of the Sixteenth century, in Romanische Forschungen, 1970, 82, n. 1/2, pp. 65-93; C. Grassi, Il contributo della geografia linguistica ad una nuova lessicografia dialettale, in Festschrift Kurt Baldingerzum 60. Geburtstag, a cura di M. Höfler-H. Vernay-L. Wolf, Tübingen 1979, pp. 700-724; L. Braida, Le guide del tempo. Produzione, contenuti e forme degli almanacchi piemontesi nel ’700, Torino 1989; Ead., Metamorfosi ed evoluzione di un genere letterario: l’Almanacco piemontese nel ’700, in Mélanges de l’Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée, 1990, 102, n. 2, pp. 321-351; M. Chiesa, La nascita della letteratura piemontese, in Piemonte: Mille anni di lingua, di teatro e di poesia, Atti del Convegno..., Vercelli... 1997, pp. 113-128; L.C. Ubertazzi, I Savoia e gli autori, Milano 2000; A. Cornagliotti - M. Milani, Francoprovenzalismi nei vocabolari piemontesi, in Actes de la conférence annuelle sur l’activité scientifique du centre d’études francoprovençales, diglossie et interférences linguistiques: néologismes, emprunts, calques…, S. Nicolas… 2005, Aosta 2006, pp. 43-56; P. Bianchini, Educare all’obbedienza. Pedagogia e politica in Piemonte tra Antico Regime e Restaurazione, Torino 2008, pp. 62-63, 81-83; M. Loporcaro, Profilo linguistico dei dialetti italiani, Roma-Bari 2009, pp. 8, 57; G. Pagliero, Cavalieri erranti. Gli spiemontizzati nel declino degli antichi regimi, Alessandria 2010, p. 9.