MATTEO MARCLAFABA
Fu un alto funzionario provinciale di Federico II.
Mentre si è pensato per molto tempo che il suo cognome indicasse una provenienza da una famiglia di origine araba, oppure da una località con un nome arabo come Cozzo Marchiafave nella Sicilia orientale (Heupel, 1940), recentemente è stato dimostrato che il nome Marclafaba (Marchiafava) non è arabo, e che M. proveniva invece da una famiglia salernitana; lo stesso titolo miles, attribuitogli in alcuni documenti, dimostra la sua provenienza dalla nobiltà (Kamp, 1974). In un documento del 1255 infatti Riccardo, "qui dicitur Marclafaba miles", e Bernardo chierico salernitano, "filii quondam Mathei militis, qui similiter Marclafaba dictus est, olim imperialis doane de segretis et questorum magistri", cambiano beni ubicati a Salerno con un rappresentante dell'abbazia di Cava dei Tirreni (ibid., p. 61 n. 77).
Prima di essere nominato nel 1233, secondo quanto riferito negli Annales Siculi, a capo dell'amministrazione finanziaria della Sicilia e della Calabria, M. era stato un alto funzionario delle finanze (magister camerarius) in Puglia e nel Principato (1230). All'inizio della sua attività probabilmente commise qualche errore, perché, secondo quanto riferito da Riccardo da San Germano, nel novembre 1230 fu arrestato su ordine di Federico II. M. dovette però essersi presto riguadagnata la fiducia dell'imperatore, perché pochi mesi più tardi, nel febbraio 1231, apparve nella funzione di magister camerarius del Principato e venne detto "fidelis noster" (Acta Imperii inedita, I, nr. 187, pp. 633 s.).
Nel maggio 1234 M. emanò un documento a Messina definendosi "imperialis dohane secretus et questorum magister". Egli esercitò le sue funzioni principalmente nella Sicilia orientale e in Calabria. Nel febbraio 1234 fu incaricato da Federico II di risolvere una lite tra gli abitanti della 'terra Tucchi' nella Calabria meridionale e il monastero di S. Salvatore di Messina. Dopo aver fatto eseguire dai camerari un'inchiesta, M. giudicò a favore del monastero. Nel maggio 1235 si occupò invece di una questione che riguardava il monastero di S. Maria di Valle Josaphat.
Nel marzo 1236 esaminò la querela dell'abate di S. Stefano del Bosco contro il castellano di Stilo, il quale aveva costretto l'abate a contribuire alla riparazione del castello. Dall'inchiesta ordinata da M. ed eseguita dal camerario di Calabria, Pietro de Mele, risultò che il castellano aveva agito in modo arbitrario, senza rispettare la libertà del monastero da quell'obbligo. Perciò M. emanò nel maggio 1236 la relativa sentenza a favore del cenobio.
Inoltre egli si occupò della fondazione, voluta da Federico II, delle nuove città di Monteleone e di Eraclea. Dal frammento del Registro di Federico II (ottobre 1239-maggio 1240) risultano varie attività di M. che devono essere state svolte comunque prima dell'ottobre 1239, quando era già in carica il suo successore Maiore de Plancatone. Così si interessò, per esempio, di mettere in circolazione in Sicilia e Calabria le nuove monete coniate a Messina; si impegnò per dimostrare che il castello di Bova (sulla costa meridionale della Calabria) doveva essere mantenuto con entrate della chiesa vescovile di Reggio di Calabria. Secondo quanto esposto nel 1254 dagli abitanti di Messina, M. avrebbe imposto una "augmentatio censuum et terragiorum" in aperta contraddizione con la "antiqua consuetudo" (M.G.H., Epistolae saec. XIII, III, 1894, p. 299).
Lo zelo con cui esercitò la sua carica per ben sei anni senza ricevere mai un rimprovero, lo portò ad essere indicato come esempio da seguire al suo successore Maiore de Plancatone: "quia omnibus nobis scribere non cessabat et jura ac utilitates nostre curie taliter zelabatur ac si numquam de aliis cogitaret" (Historia diplomatica, V, 1, p. 449).
Secondo quanto riferito dalla Historia Sicula e dagli Annales Siculi, M. morì il 1o agosto 1239. Uno dei suoi figli divenne arcidiacono della cattedrale di Salerno; un altro, che era miles come suo padre, ottenne da re Manfredi un cospicuo feudo e nel 1268 fu tra i sostenitori di Corradino di Svevia.
Fonti e Bibl.: Historia diplomatica Friderici secundi, V, 1, pp. 449 s.; Acta Imperii inedita (rist. Aalen 1964); M.G.H., Epistolae saec. XIII e regestis pontificum Romanorum, a cura di C. Rodenberg, III, 1894, nr. 326, pp. 298 ss. W. Heupel, Von der staufischen Finanzverwaltung in Kalabrien, "Historisches Jahrbuch", 60, 1940, pp. 478-506, in partic. pp. 484-486; N. Kamp, Vom Kämmerer zum Sekreten. Wirtschaftsreformen und Finanzverwaltung im staufischen Königreich Sizilien, in Probleme um Friedrich II., a cura di J. Fleckenstein, Sigmaringen 1974, pp. 43-92, in partic. pp. 59-61; J. Johns, Arabic Administration in Norman Sicily. The Royal Diwan, Cambridge 2002, p. 245.