MATELICA (A. T., 24-25-26 bis)
Cittadina della provincia di Macerata (Marche) d'antichissima origine, situata a 354 m. s. m. in fondo valle sul margine del Gino, affluente dell'Esino, discendente dalla prossima ruga orientale del San Vicino e dalla occidentale del Catria, proprio nel mezzo della sinclinale Camertina. Essa è disposta ai lati dell'importante strada interna del medio versante adriatico. Ha notevole sviluppo industriale nelle calci, nei laterizî e nelle conce; un periodo di floridezza essa ebbe al principio del'500, specie con l'arte della lana.
Il territorio comunale è quasi interamente compreso in un'ampia e irrigua conca, dolcemente ondulata e inclinata a N., mentre una lieve sella, attraverso la sinclinale (m. 372), separa a S. la conca dal bacino del Potenza: la sua area è di kmq. 81,83, costituita di rilievi appenninici del Giuralias e del Cretacico, di alte e medie colline eoceniche e mioceniche, di colmate quaternarie, con estremi altimetrici di m. 1410 e m. 280. Il suolo agricolo, di 77,55 kmq., in parte è boschivo e prativo, in parte intensivamente coltivato a cereali, viti, frutteti e foraggi.
La popolazione di 7416 ab. nel 1901, era di 8867 nel 1921, di 8466 nel 1931; nella città o centro son circa 2500 ab. e i rimanenti sono in 7 frazioni o sparsi.
Prossima alla città, a est, è la stazione sulla ferrovia Porto Civitanova-Fabriano. Matelica è comodo punto di partenza per facili e interessanti ascensioni al M. San Vicino (m. 1485) e alle subrughe occidentali, ricche di fossili mesozoici, del Monte Gemmo (m. 1202), del M. Tre Pizzi (m. 1256) e del Casaggio (m. 1116), risalendo allora la valle d'Esanatoglia fino alla sorgente principale dell'Esino.
Monumenti. - È una città ricca d'arte, non tanto per fabbriche monumentali, pur essendovene parecchie di notevoli (palazzo degli Ottoni, il cui primo nucleo risale al 1452; palazzo Piersanti del sec. XV-XVI; torre e portico degli Ottoni, del 1511; torre quattrocentesca della cattedrale), quanto per il patrimonio di pitture quattrocentesche. Il duomo ha una Madonna col Bambino di Antonio da Fabriano; un trittico di Francesco di Gentile si vede in S. Francesco; opere di Lorenzo d'Alessandro da Sanseverino sono in questa chiesa, in quella di S. Teresa, nella cappella dell'Ospedale, nella chiesa del cimitero; la chiesa di S. Francesco, che è la più nobile della città, offre anche una grande pala di Marco Palmezzano (1501), oltre a una fine Madonna e Santi di Eusebio da San Giorgio (1512). Altri dipinti di notevole pregio si vedono nel Museo Piersanti: oltre a una serie di arazzi con la storia di Enea, attribuiti a Marcantonio da Bologna, che lavorò in Francia al principio del sec. XVIII. a maioliche, a disegni, ecc.
Storia. - L'antica Matilĭca (ortografia Matelica e, demotico, Matelicates) fu municipio retto da duoviri, regolato secondo la stessa norma di Camerino, iscritto nella tribù Cornelia. Oltre l'informazione di Plinio il Vecchio che comprende la città tra le colonie, non si ha notizia del luogo se non dalla iscrizione di C. Arrio tuttora conservata nel palazzo di città.
Antica sede vescovile, fu devastata dai Longobardi, che l'aggregarono al ducato di Spoleto e la ridussero un castello, su cui estese di poi il dominio la famiglia degli Ottoni. All'impero Matelica si ribellò a metà del sec. XII, quando, maturate nuove forze economico-sociali, sentì il bisogno di reggersi liberamente. Perciò Cristiano di Magonza la distrusse (1175); ma la città risorse, ricostituì il comune e, in sua difesa, partecipò a tutti gli avvenimenti che agitarono la Marca durante le lotte tra il papato e l'impero. Segui la parte guelfa ed ebbe, nelle guerre ingaggiate contro i signori e comuni ghibellini, protezione da parte della Chiesa. Ciò favorì all'esterno e all'interno lo sviluppo del comune di Matelica che si emancipò dai superstiti vincoli feudali, estese il territorio e le aderenze politiche e, in pari tempo, si diede ordinamenti sempre più democratici, fino a creare (1340) in loro presidio, 13 compagnie d'armi accanto alle arti preesistenti.
Fu quello il periodo del maggior fiore di Matelica. Ma le contese intestine, il guerreggiare continuo, soprattutto con Camerino, e le frequenti defezioni dal dominio della Chiesa, durante il papato avignonese e lo scisma d'Occidente, favorirono il consolidarsi della signoria degli Ottoni, che, rientrati in patria a metà del sec. XIV, ne ricevevano l'investitura, quali vicarî della S. Sede, da Bonifazio IX nel 1394. Il loro governo, esercitato da tutti i membri della famiglia, apportò dapprima qualche beneficio, ma poi, venuta anche meno la concordia fra loro, si trasformò in un'odiosa tirannia, da cui Matelica si liberò dopo oltre un secolo di lotte memorabili.
Avocata nel 1578 al diretto dominio pontificio, Matelica ebbe l'amministrazione pubblica riordinata, e, dal 1618, affidata a un governatore indipendente da quello della Marca; l'antica industria dei pannilana fu protetta; la città fu favorita nei suoi continui progressi.
Bibl.: T. Briganti, Lettera agl'ill. consiglieri di Matelica, Pesaro 1773; G. Colucci, Delle antichità di M., in Antichità picene, VI, Fermo 1789; C. Acquacotta, Memorie di Matelica, Ancona 1838; id., Lapidi e documenti alle memorie di Matelica, ivi 1839; H. Nissen, Italische Landeskunde, II, Berlino 1902, p. 386; Philipp, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIV, col. 2205; Corpus Inscr. Lat., XI, p. 819; G. Grimaldi, L'archivio del comune di Matelica, in Gli archivi della storia d'Italia, 1914; id., Le pergamene di Matelica, in Fonti per la storia delle Marche, Ancona 1915; G. Luzzatto, Le finanze d'un castello nel sec. XIII, in Vierteljahrsschrift für Soz.- und Wirtschaftsgesch., X (1912); id., Gli statuti della società del popolo di Matelica, in Le Marche, 1906; id., I prestiti comunali e gli Ebrei a Matelica nel sec. XIII, ibid., 1907; id., Frammenti degli statuti del comune di Matelica del sec. XIV, in Fonti della storia delle marche, pubbl. dalla R. Dep. senigalliana di storia patria, Ancona 1909. E inoltre, S. Bigiaretti, Catalogo degli edifici artistici, ecc., della città di Matelica e contorni; Studi marchigiani, I e II, Macerata 1907, p. 554; C. Crocioni, le Marche, Città di Castello 1914; L. Serra, Itinerario artistico delle Marche, Roma 1921, pp. 59-61; E. Ricci, Le Marche, Torino 1928 (v. cap. 4°, ii°, 14°).