MASTELLETTA, Giovanni Andrea Donducci, detto il
Pittore e incisore, nato a Bologna il 14 febbraio 1575, morto ivi il 25 aprile 1655. Insofferente di disciplina, si allontanò presto dall'Accademia dei Carracci, continuando a lavorare da solo, rivolto esclusivamente al Parmigianino. Nei primi anni del '600 fu a Roma, portandovi alcuni quadretti di paese, che suscitarono l'ammirazione della corte; ma volle tornare subito a Bologna, e di là passare al Sasso (Bologna) ove, in una specie di eremitaggio, visse lavorando tutta la sua vita infelice. Ebbe presso i biografi la nomea di un artista che non sapesse disegnare, e che usasse una maniera "furbesca" scansando con le ombre le difficoltà (Malvasia), mentre intendeva a effetti puramente pittorici subordinandovi il disegno, come dimostrano, fra le più belle opere, le due grandi tele di S. Domenico di Bologna (1616), con due miracoli del santo, nelle quali soprattutto colpiscono la freschezza delle forme vaporose e ondeggianti, e la gamma luminosa, delicatissima, dei colori. Del 1616-17 è la Consegna delle chiavi a S. Pietro in S. Lorenzo di Budrio, sullo sfondo di un paese con cielo crepuscolare e trasparente, in un'aria livida che dà modo al pittore d'immergere la scena in una luce discreta, e di velarla di un'ombra di malinconia; il che può esser derivato, in parte, dai pittori ferraresi Ortolano e Scarsellino (con il quale molte opere del M. furono spesso confuse).
Del 1623-25 è la Resurrezione di Cristo, di S. Salvatore; forse il suo capolavoro, di un furore drammatico tintorettesco. Secondo il Malvasia, il pittore, negli ultimi anni, si volse a un'imitazione del Reni, "ma si tolse giù dal suo naturale, e diede in nulla", come mostrerebbero fra altro le sue tele della sacrestia dei Servi a Bologna, nelle quali invece troviamo una grazia così raffinata, nel coro angelico, da costituire uno dei più begli esempî dell'arte di lui. Il M., che diede in tutte le sue opere grande importanza al paesaggio, eseguì un numero grandissimo di quadretti, nei quali il soggetto storico serviva dì pretesto al paese, che egli dipinse sempre largo ed elegiaco, sotto cieli crepuscolari, con toni freddi e lividi, di un tocco nervoso e sommario: se ne trovano nelle pinacoteche di Bologna, di Modena, di Parma, di Roma (Spada), ecc. Della sua attività d'incisore, ricordata dai biografi, si conoscono solo due stampe, figuranti la Sacra Famiglia.
Bibl.: M. Marangoni, Il M., in L'Arte, XV (1912), pp. 174-82, ripubblicato in Arte barocca, Firenze 1927, p. 52 segg.; Thieme-Becker, Künstler-lexikon, IX, Lipsia 1913 (s. v. Donducci G. A.); U. Ojetti, L. Dami, N. Tarchiani, La pittura italiana del '600 e '700 nella mostra di palazzo Pitti a Firenze, Milano-Roma 1924; M. Nugent, ALla mostra della pittura italiana del '600 e '700, II, S. Casciano in Val di Pesa 1930, p. 246 segg.