MASSIMO Tirio
Retore greco, fiorì, secondo Eusebio, nel 152 d. C. Ma pare che il cronista lo scambiasse con lo storico Massimo, il maestro di M. Aurelio. Suida lo fa vivere sotto l'imperatore Commodo; certo egli appartenne alla seconda metà del sec. II d. C. È assai probabilmente quello stesso C. Massimo, a cui Artemidoro dedicò i primi tre libri della sua Interpretazione dei sogni. Dei suoi viaggi possiamo dire di certo che fu a Roma; vide il Meandro e il suo affluente Marsia. È autore di 41 διαλέξεις (la διάλεξις, molto alla moda presso i sofisti, era propriamente una conferenza, in cui l'autore parlava in suo proprio nome; mentre nella μελέτη introduceva a parlare un personaggio storico). Molte di queste conferenze furono tenute a Roma; non sempre l'argomento è svolto in un'unica conferenza, anche perché qualche volta in una seconda si dimostra, secondo il costume dei sofisti, il contrario di ciò che è stato dimostrato nella prima.
Due discorsi sono dedicati al δαιμόνιον di Socrate (8, 9; soggetto trattato anche in uno scritto di Apuleio e in un dialogo di Plutarco); due vertono sull'amore socratico (18, 20; trattato anche da Favorino); due sull'amore (19, 21); due sullo scopo della filosofia (29, 33); tre sul piacere (30, 31, 32); due sulla vita pratica e teoretica, nel primo dimostrandosi che la vita pratica è preferibile alla teoretica (15), nel secondo, il contrario (16); due sull'utilità che lo stato può derivare dai guerrieri o degli agricoltori, nel primo dimostrandosi che l'utilità maggiore proviene dai guerrieri (23), nel secondo dagli agricoltori (24); due sulla questione se possa darsi un bene maggiore del bene, nel primo dimostrandosi che no (39), nel secondo che si (40). Gli altri argomenti che si esauriscono nell'ambito di un'unica conferenza sono: che a ogni ipotesi si adatterà il discorso del filosofo (1); se agli dei si devono innalzare statue (2); se fece bene Socrate a non difendersi (3); chi meglio pensò degli dei, se i poeti o i filosofi (4); se si deve pregare (5); che cosa è scienza (6); quali sono le malattie più gravi, quelle del corpo o quelle dello spirito (7); se imparare è ricordare (10); qual'è l'iddio secondo Platone (11); se colui che ha fatto torto si deve contraccambiare con torto (12); se l'arte di vaticinare è in nostro potere (13); in che è da distinguere l'adulatore dall'amico (14; argomento trattato da Filodemo, Plutarco, ecc.); se fece bene Platone ad allontanare Omero dallo stato (17); che di ogni letizia che proviene da discorsi, migliore è quella destata da discorsi filosofici (22); che migliori sono i discorsi corrispondenti ai fatti (25); se c'è secondo Omero elezione (26); se la virtù è arte (27); come si potrebbe vivere senza dolori (28); che si può trarre vantaggio anche dalle sventure (34); come ci si deve disporre verso gli amici (35); se deve esserci di guida la vita del cinico (36; cfr. disquisizioni analoghe in Dione Prusense, Epitteto, Marco Aurelio, Giuliano); se alla virtù contribuiscono corsi di scienze e di arti (37); se si è buoni per destino divino (38).
Queste conferenze vertono dunque per buona parte su argomenti platonici, perché M. è un platonico, ma il suo plattonismo non è puro, bensì mescolato con elementi di dottrine diverse, stoiche, all'occasione ciniche, avverse a ogni modo alla dottrina di Epicuro. Vertono su soggetti di filosofia generale, d'indole morale, pratica, qualche volta religiosa; così il sofista si avvicina a Filodemo, a Dione Crisostomo, a Plutarco, ecc. M. ci appare quindi come un moralista e un predicatore; le sue conferenze sono vaghe, senza profondità scientifica; lo stile è artificioso, sovrabbondante d'immagini, di aneddoti, di figure retoriche, che ricordano la scuola di Gorgia.
L'edizione migliore finora è quella del Hobein, Lipsia 1919.
Bibl.: H. Hobein, De M. Tyrio quaest. phil. selectae, Jena 1895; Mutschmann, Das erste Auftreten des M. in Rom, in Sokrates, V, p. 185; R. Heinze, Xenocrates, Lipsia 1892, p. 9 segg.; W. Kroll e H. Hobein, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIV, col. 2555. Per la lingua di M., v. Dürr, Sprachl. Unters. zu den Dialexeis des M. von Tyrus, in Philol., suppl. VIII (1900), pp. 1-153.