MASCIONI
– Famiglia di organari attivi a Cuvio, presso Varese, dal 1829.
Il fondatore, Giacomo, nato il 1° maggio 1811, fu avviato all’arte organaria dagli zii Giuseppe Antonio e Pasquale Antonio M., frati conventuali (rispettivamente Giovanni Maria e Bernardino da Cuvio), appassionati di musica, che, dopo la soppressione napoleonica degli ordini religiosi (1803), si erano ritirati nell’ex convento di S. Antonio ad Azzio Valcuvia. Essi inviarono il nipote dapprima a Varese per un periodo di apprendistato, in ebanisteria e nella musica, sotto la guida di Pietro Della Valle, contrabbassista e maestro della locale cappella musicale; poi lo affidarono a Gaspare Chiesa, discendente da una famiglia di organari lodigiani trapiantati a Milano, che esercitava un’attività itinerante e che nel 1824 si era stabilito ad Azzio nell’ex convento dove risiedevano gli zii di Giacomo.
Nel 1829 Giacomo fondò a Comacchio di Cuvio una propria fabbrica d’organi. Dopo un’iniziale fase di lavoro, consistente come d’uso in riparazioni, accordature e manutenzione di organi, a partire dal 1835 Giacomo poté realizzare i suoi primi strumenti, tra i quali quelli di Germignaga, chiesa parrocchiale, 1835; Arona, chiesa di S. Anna, 1842, e altri nei paesi limitrofi. Nel 1869 costruì il primo organo destinato all’estero, nel Giura Bernese, ma la guerra franco-prussiana del 1870 ostacolò la sua espansione in quell’area.
Dal matrimonio di Giacomo con Luigia Zuretti, celebrato a Casalzuigno il 25 genn. 1834, nacquero tre figli: Anacleto (1837-93), Bernardo (1844-90) e Gaspare (1848-93), i quali collaborarono all’impresa paterna ma scomparvero tutti prima del padre. Giacomo morì a Cuvio il 3 febbr. 1896.
L’attività di Giacomo fu proseguita dal nipote Vincenzo, figlio di Bernardo, nato a Cuvio l’8 sett. 1871. Entrato in fabbrica nel 1883, dopo la morte del padre e degli zii, ne assunse la direzione, coadiuvato dal fratello Enrico (1869-1935) per la parte amministrativa. Con Vincenzo, che aveva realizzato il suo primo organo a Gironico nel 1889, a soli diciotto anni, si assistette a un cambiamento di indirizzo costruttivo: dagli strumenti di impostazione tradizionale ottocentesca, anche se in qualche caso di grandi dimensioni – come quelli tuttora esistenti a Besozzo, chiesa prepositurale di Ss. Alessandro e Tiburzio, 1884, e a Genova-Bolzaneto, chiesa di S. Francesco d’Assisi, 1887 – si passò a organi rispondenti alle istanze propugnate dal «movimento ceciliano» (due tastiere di 58 o 61 tasti, pedaliera di 27 o 30 pedali, registri interi) come quello di S. Carlo a Lugano (1891, op. 98; Mascioni, 1995, p. 56). Successivamente, a seguito di contrasti con il nonno, nel 1895 Vincenzo abbandonò la vecchia officina e ne aprì una più moderna nella vicina Azzio, dove ha sede tuttora la fabbrica Mascioni. Sempre attento agli sviluppi dell’arte organaria straniera, nel 1897 Vincenzo introdusse nella costruzione dell’organo di S. Simpliciano a Milano innovazioni quali i somieri a valvole coniche, i registri a trasmissione pneumatica e i mantici a lanterna; a partire dal 1900, inoltre, abbandonò la trasmissione meccanica per adottare quella pneumatico-tubolare.
Vincenzo si sposò il 6 genn. 1896 a Vevey (Svizzera) con Rosa Ronchi; dal matrimonio nacquero sei figli: Giacomo (1897-1975), Ernesto (1898-1980), Giovanni (1905-79), Angelo (1907-69), Vincenzo (1910-75), Tullio (1914-99), i quali entrarono progressivamente nella ditta, ciascuno con un suo ruolo specifico.
La fama della ditta Mascioni si era intanto accresciuta e consolidata, e le commesse provenivano anche dall’estero: tra queste l’organo di Vevey (1901). Nel 1904 la ditta Mascioni vinse il concorso per il restauro degli organi del duomo di Milano (poi inaugurati nel 1908). Nel 1907 costruì un organo a tre tastiere e 35 registri per l’Esposizione internazionale di musica di Milano, che fu premiato e poi acquistato dal governo per il liceo musicale «G. Rossini» di Pesaro. Per la progettazione delle casse Vincenzo si avvalse anche della collaborazione di suo cugino, Virgilio (1877-1949), pittore, disegnatore e affrescatore.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale i figli maggiori, Giacomo ed Ernesto, partirono per il fronte e l’attività della fabbrica, ormai a corto di personale, si fermò dal 1915 al 1920 per lasciar spazio a forniture militari (cassette per munizioni, barelle, carretti ecc.) per conto dello Stato.
La ripresa del decennio successivo portò alla sperimentazione della trasmissione elettrica (introdotta per la prima volta in Italia dall’inglese W.G. Trice nel 1888-90) e alle sue prime applicazioni negli organi di S. Maria Maggiore a Trento (1928, op. 402) e della chiesa prepositurale di Varallo Sesia (1929, op. 416). A partire dagli anni Trenta la trasmissione elettrica fu abitualmente impiegata dai M. nella realizzazione dei loro strumenti.
Proprio agli inizi di questo decennio si colloca la realizzazione dell’organo del Pontificio Istituto di musica sacra di Roma (1931, op. 438): «benché ancora in parte ligio ai criteri sinfonico-romantici della sfumatura dinamica e della sfumatura coloristica, rappresenta per l’epoca della sua costruzione una conquista considerevole dell’organaria italiana, che finalmente riscopre il valore di alcuni timbri e amalgami classici, e sente la necessità di conferire organicità alla disposizione fonica» (Tagliavini). L’imponente strumento (5 tastiere, 112 registri, 6750 canne), progettato e inaugurato da mons. R. Manari, rappresentò la concreta attuazione dei postulati affermati nel corso della prima adunanza organistica italiana, che aveva visto riuniti a Trento, dal 25 al 29 luglio 1930, i maggiori specialisti italiani dell’epoca. In qualità di membro della commissione mista di organari e organisti preposta all’unificazione delle misure delle consolles, Vincenzo aveva fornito per l’occasione i disegni da allegare alle deliberazioni del convegno. In quella stessa circostanza, inoltre, egli ricordò di essere stato tra i primi a seguire la moda dell’organo sinfonico d’Oltralpe, che poi aveva abbandonato nella maturità per ritornare alle sonorità dell’organo classico (La prima Adunanza organistica…, p. 16).
All’organo del Pontificio Istituto di Roma seguirono altre importanti realizzazioni e, nonostante le difficoltà dovute allo scoppio della seconda guerra mondiale (con alcuni dei figli e diversi dipendenti al fronte; problemi di approvvigionamento di materiali), la produzione non fu mai completamente interrotta. Vincenzo continuò a occuparsi della ditta anche nella fase postbellica; tuttavia, fin dagli anni Trenta lasciò progressivamente il posto ai figli.
Vincenzo morì a Cuvio il 21 luglio 1953; i figli ne proseguirono l’attività sotto la denominazione Famiglia artigiana Vincenzo Mascioni, realizzando strumenti nello «stile Manari» fino al secondo dopoguerra.
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta entrarono nella ditta anche i nipoti di Vincenzo: Eugenio (n. 1932), Enrico (n. 1934) e Mario (n. 1937), figli di Ernesto, ai quali si aggiunse Giovanni junior (n. 1946), figlio di Tullio. In quegli stessi anni, grazie all’impegno di R. Lunelli, L.F. Tagliavini e O. Mischiati, si andava diffondendo un rinnovato interesse per l’organo classico italiano, la cui influenza si fece poi gradualmente sentire sia nel campo del restauro degli organi antichi, sia in quello degli organi di nuova costruzione. Per la ditta Mascioni, il ritorno alla trasmissione meccanica e agli ideali sonori della tradizione classica (ripieno a file separate, intonazione a piena aria) avvenne nei primi anni Settanta con l’organo del duomo di Muggia (1971, op. 939). Tale indirizzo si impose progressivamente, vincendo le iniziali resistenze di organisti e committenti, mentre contemporaneamente cominciava a svilupparsi l’attività di restauro degli organi antichi. Sulle linee di questa tradizione, la ditta Mascioni prosegue tuttora la sua attività con la sesta generazione della famiglia (Mascioni 1829-1999, p. 7), sotto la ragione sociale Famiglia Vincenzo Mascioni.
Il catalogo degli organi costruiti dalla ditta Mascioni è costituito da un registro manoscritto continuamente aggiornato dalla ditta stessa e intitolato Elenco organi costruiti dal 1880 in poi (Mischiati, 1995, p. XIV), che riporta oltre un migliaio di strumenti (1175 nel 2006) ubicati in Italia e all’estero (Svizzera, Spagna, ex Jugoslavia, Malta, Marocco, Islanda, Giappone, Turchia, Argentina ed Ecuador). La numerazione degli strumenti parte dal 1867 (Lunelli, p. 245) ma nell’Elenco, se si eccettua il n. 98 (1891), essa compare regolarmente solo a partire dal n. 276 (1907): tale lacuna è forse dovuta alla perdita di documenti a seguito di un incendio che tra il 12 e il 13 ag. 1950 distrusse la fabbrica.
Edizioni di riferimento: Nuovi organi costruiti dal 1920 al 1930 [recte: 1936] (nn. 338-425), foglio volante a stampa; Elenco degli organi nuovi costruiti dal 1920 in poi (nn. 338-500), in Famiglia artigiana V. Mascioni 1937, con tre aggiornamenti stampati: nn. 501/1937 - 545/1940; 546/1941 - 672/1952; 674/1953 - 709/1954 (Mischiati, p. XIV); Elenco degli organi costruiti [1835-1999], in Mascioni 1829-1999, pp. 57 s.
Fonti e Bibl.: A. N[asoni], Visitando una fabbrica d’organi, in Musica sacra, XXIV (1900), pp. 129-131; Id., Da Cuvio a Vevey, ibid., XXV (1901), pp. 76-80; C. Locher, Manuale dell’organista. I registri dell’organo, Milano 1907, pp. 11 s., 32; Il grande organo del Pontificio Ist. di musica sacra, Roma 1933; V. Mascioni, Combinazioni… aggiustabili, in Boll. ceciliano, XXVIII (1933), 4, pp. 51-53; E. Bontempelli, Storia dell’arte organaria ed organistica italiana, in M.E. Bossi. Il compositore, l’organista, l’uomo, a cura di G.C. Paribeni - L. Orsini - E. Bontempelli, Milano 1934, pp. 211 s.; Famiglia artigiana Vincenzo Mascioni. Grandi organi da chiesa. Cuvio (Varese-Italia), Trento 1937; R. Lunelli, Vincenzo M. e i progressi dell’arte organaria italiana nella prima metà del secolo ventesimo, in Boll. ceciliano, XLVIII (1953), 11, pp. 244 s.; Id., Vincenzo M. e la missione dell’organaro, in Boll. degli amici del Pontificio Ist. di musica sacra, VI (1954), 2, pp. 10-15; C. Moretti, L’organo italiano, Cuneo 1955, pp. 43 s.; L.F. Tagliavini, Mezzo secolo di arte organaria, in L’Organo, I (1960), pp. 81 s.; Omaggio alla famiglia artigiana Vincenzo Mascioni nel 140° anniversario della fondazione della fabbrica (1829-1969), Roma 1969; G. Tintori, Gli strumenti musicali, Torino 1971, II, p. 856; A. Bartocci, La famiglia M.: una stirpe di organari, in Il Mondo della musica, XVI (1978), 1, pp. 17-22; M. Manzin, Tradizioni musicali, organi ed organisti a Besozzo dal XVI al XIX secolo. Studi e ricerche in occasione del restauro dell’organo M. (1884), Besozzo 1980; Id., La tradizione organaria nel territorio varesino, Gavirate 1987, pp. 91, 95, 107-111, 171-174; F. Baggiani - A. Picchi - M. Tarrini, La riforma dell’organo italiano, Pisa 1990, ad ind.; Assoc. ital. S. Cecilia, Segret. di organologia, La prima adunanza organistica italiana (Trento 25-29 luglio 1930): III convegno di organologia…, Pisa 1990, pp. 71 s., 88, 90-95; O. Mischiati, Gli organi della Svizzera italiana, III, Organi antichi del Sottoceneri, Pregassona-Lugano 1993, ad ind.; G. Mascioni, Gli organari Mascioni della Valcuvia: storia e tradizione, in La tradizione organaria nel territorio varesino. Giornata di studio in occasione del restauro dell’organo «Francesco Carnisi» 1857 della chiesa della B.V. del Carmine, Luino… 1993, a cura di M. Manzin - M. Isabella, s.l. [ma Mozzate] 1995, pp. 55-60; O. Mischiati, Repertorio toponomastico dei cataloghi degli organari italiani 1587-1930, Bologna 1995, p. XIV; M. Longatti, Organi, organisti e organari nelle tre pievi altolariane, Gravedona 1998, ad ind.; Mascioni 1829-1999. 170 anni di storia organaria. Catal. degli organi costruiti e degli organi restaurati nella fabbrica di Cuvio-Azzio (Varese), Azzate 1999 (ed. inglese, a cura di L. Rossi, Azzate 2001); G. Radole, Casa Mascioni nella storia organaria italiana, ibid., pp. 11-55; L’organo del Sol Levante. Il nuovo strumento costruito dalla ditta Mascioni per la cattedrale cattolica di Tokyo in Giappone, a cura della Famiglia Mascioni, in Arte organaria e organistica, XI (2004), 52, pp. 8-13; F. Vallini, Il nuovo organo Mascioni della cattedrale di Cosenza, ibid., XIII (2006), 59, pp. 8-15; C. Schmidl, Diz. universale dei musicisti, II, p. 55.