CANSACCHI, Martino (Martino di Bartolomeo d'Amelia)
Figlio di Bartolomeo, notaio e giudice, nacque ad Amelia (Terni) intorno al 1315. Secondo C. Cansacchi - autore dell'unica biografia sul C., il quale peraltro non offre sempre notizie controllabili - il C. fu l'ultimo di sei figli. Al pari dei suoi fratelli - Angelo, Pietro, Iacopo, Giovanni e Domenico - studiò a Perugia ove si addottorò in diritto civile nel 1347. Poco dopo entrò al servizio di Giovanni prefetto di Vico. Nel 1350 era giudice di Terni, Spoleto e Rieti, governate da Iannotto d'Alviano a nome del prefetto di Vico. Il 18 ott. 1352 quest'ultimo, che nell'agosto aveva occupato Orvieto dopo essersi impadronito di Corneto, Toscanella, Amelia e Narni, nominò il C. suo vicario per le cause civili e criminali. Nel novembre il C. era presente alla sottomissione del castello di Cetona a Giovanni di Vico. Quando però venne a sapere che all'interno delle terre da questo conquistate si stava organizzando da parte dei maggiorenti una rivolta contro il signore e che la Curia era disposta a sostenere la ribellione con le armi dell'Albornoz, il C. abbandonò il suo ufficio (febbraio 1353) e si ritirò ad Amelia.
Nel maggio dello stesso anno fu nominato da Paolo Argenti di Campello, allora podestà di Siena, giudice collaterale con lo stipendio di 110 fiorini d'oro. L'anno dopo, sempre come giudice collaterale, il C. fu al seguito dell'Argenti, ora podestà di Firenze; in questa città rimase sino al gennaio 1355.
Sempre nel 1355, dopo un breve soggiorno ad Amelia, passò al servizio del cardinale Albornoz e lo seguì nella campagna militare contro i Malatesta. Qualche tempo dopo fu eletto giudice della Marca Anconitana, allora retta da Blasco di Belviso nipote dell'Albornoz. Nella regione la politica del cardinal legato era osteggiata in modo deciso da Gentile da Mogliano, il quale si rifiutava di cedere alla Chiesa la città di Fermo: il 12 genn. 1359 il C., quale giudice generale dei malefici nella Marca, pronunciò una sentenza di morte contro i complici di Gentile da Mogliano.
Il C. è ricordato nel documento, riportato dal Theiner, relativo alla trascrizione delle Costituzioni egidiane ad opera del notaio Andrea di Francesco de Amandula nel 1359, in occasione della pacificazione di Urbino, Senigallia, Fermo, Ancona e Iesi: il C. vi appare come uno dei giureconsulti presenti alla redazione e alla pubblicazione delle costituzioni stesse. Inoltre è ricordato tra coloro che presenziarono l'introduzione delle Constitutiones nel Patrimonio di S. Pietro in Tuscia nel codice contenente tali costituzioni conservato nella Biblioteca Angelica e datato 1363. C. Cansacchi, che ha riportato la trascrizione del passo, ritiene che il codice in questione contenga le Constitutiones adiecte. Questa notizia non sembra esatta poiché il manoscritto è uno di quelli citati dal Sella come testimone della redazione delle costituzioni egidiane (Costituzioni egidiane dell'anno MCCCLVII, a cura di P. Sella, in Corpus statutorum italicorum, Roma 1912, pp. XI-XIX).
Dopo il 1359 il C. rimase per alcuni anni giudice dei malefici nella Marca d'Ancona; quindi, in data a noi sconosciuta, passò al servizio del cardinale Pietro d'Esteing, presso il quale lo troviamo nel 1372 come auditore. A detta del Cansacchi il C. fu al seguito del cardinale a Todi, Foligno e Bologna. Il C. morì ad Amelia nel 1377 e fu sepolto nella cappella gentilizia da lui costruita nella chiesa di S. Agostino (Amayden).
Aveva sposato in prime nozze Margherita di Iacopo di Amelia, che fece testamento nel 1362 e in seconde nozze Francesca di Tuccio de Cesaris da Todi che testò il 21 marzo 1409, nominando erede universale la figlia Ambrosia. Ebbe quattro figli, Francesca, Ambrosia, Francesco ed Andrea.
Secondo il Cansacchi il C. fu autore di numerosi consilia, i cui manoscritti, conservati dai figli Francesco ed Andrea, andarono in seguito distrutti in un incendio. A noi è giunto un solo consilium del C., riprodotto dall'Ughelli e datato 1372, in merito a una controversia, pendente dal 1360 tra il vescovo di Sarsena, Giovanni Numaio, e alcune 51 comunità della diocesi. Sulla questione, che venne discussa presso la Camera apostolica, il C. si espresse a favore del vescovo.
Fonti e Bibl.: Roma, Biblioteca Angelica, Fondo antico, cod. 218: Constitutiones curie Patrimonii et Marchiae, f. 113r; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, II, Venetiis 1717, coll. 665-670; Ephemerides Urbevetanae dal cod. Vat. Urbinate 1745, in Rerum Ital. Script., 2 ed., XV, 5, I, a cura di L. Fumi, p. 228 n. 1; A. Theiner, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, II, Romae 1862, p. VI; Cronache della città di Fermo, in Docc. di storia italiana, Firenze 1870, p. 577; T. Amayden, La storia delle famiglie romane, I, Roma s.d., p. 243; C. Calisse, I Prefetti di Vico, Roma 1888, pp. 95, 278 n. 19, 281 n. 26; C. Cansacchi, Un illustre giureconsulto umbro,Martino di Bartolomeo (Cansacchi) di Amelia (sec. XIV), in Boll. della R. Deput. di st. patria per l'Umbria, XXIX (1929), pp. 83-108; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare ital., II, p. 271.