LANDRIANI (Landriano), Marsilio
Nacque a Milano, forse nel 1528, da Francesco e Leggiadra di Gaspare Antonio Della Torre. Il padre, giureconsulto e studioso di belle lettere, apparteneva al patriziato cittadino ed era signore di Vidigulfo, presso Pavia. Lo zio paterno Fabrizio fu vescovo di San Marco in Calabria (1562-66), mentre l'omonimo nipote, figlio del fratello, divenne vescovo di Pavia (1617-37).
Non si hanno notizie sulla formazione del L., che era comunque in possesso di un dottorato in utroque iure. Alla morte dello zio Fabrizio divenne abate commendatario di S. Antonio di Milano e di Piacenza. Iniziò la carriera in Curia nel 1564, durante il pontificato di Pio IV, con la nomina a referendario delle due Segnature; nel 1568 divenne segretario apostolico e successivamente protonotario apostolico. Dal 1578 al 1581 fu vicelegato di Viterbo, alle dipendenze del cardinale Alessandro Farnese; il 23 genn. 1583 divenne luogotenente di Fermo, sotto il governo di Giacomo Boncompagni; il 28 ag. 1584 fu nominato governatore di Macerata; nel 1585 era governatore di Ascoli, e dal 15 giugno 1587 al 1589 resse il governo di Camerino.
Il 26 genn. 1591 il L. fu nominato nunzio in Francia.
Alla fine del 1590, al momento della sua ascesa al trono papale, Gregorio XIV si era trovato ad affrontare la delicata situazione della Francia, travagliata dalle lotte tra la Lega ed Enrico di Navarra, i cui diritti al trono erano sostenuti sia dai correligionari ugonotti sia da nobili cattolici e da alti ecclesiastici. Prima di lui, Sisto V, pur avendo scomunicato e dichiarato inabile alla successione il re di Navarra, negli ultimi mesi del suo pontificato aveva intravisto la possibilità di propiziare la conversione di Enrico, salvando la specificità della Francia cattolica ed evitando uno schiacciante predominio della Spagna. Le possibili aperture non ebbero seguito, dato il discutibile comportamento del cardinale legato Enrico Caetani (1589-90) e la morte del pontefice. Gregorio XIV mutò la politica del suo predecessore, aderendo alle posizioni spagnole, e scelse la combinazione della via diplomatica con l'intervento armato.
Mentre il L., notoriamente filospagnolo, veniva inviato in Francia, si allestiva un esercito al comando del nipote del papa Ercole Sfondrato, duca di Montemarciano, destinato a intervenire a fianco della Lega e a operare insieme con le truppe spagnole comandate dal duca di Parma Alessandro Farnese. Il progetto pontificio prevedeva che, mentre Enrico era occupato a difendersi, il L., mantenendosi equidistante tra i due gruppi cattolici aderenti rispettivamente alla Lega e a Enrico, operasse per staccare la nobiltà cattolica dal re di Navarra, in modo da costringerlo a ritirarsi, e procedere poi alla convocazione degli Stati generali, in modo che questi che scegliessero un re indubitabilmente cattolico. Il papa non voleva la divisione del Regno o una sua parziale occupazione da parte della Spagna, ma neppure che Enrico, eretico relapso, ascendesse al trono. Al L. vennero affidati diversi documenti: il primo era diretto contro il re di Navarra e riaffermava le precedenti condanne, dichiarandolo decaduto da tutti i suoi diritti, specialmente da quello di successione; due monitori, rivolti al clero e ai laici, ingiungevano di staccarsi da Enrico, sotto la minaccia di gravi pene; tre brevi erano diretti ai cardinali Charles de Bourbon, Philippe de Lenoncourt e Pietro Gondi, con l'ordine di abbandonare il partito realista. Per mostrare la sua neutralità, il L. avrebbe dovuto stabilirsi a Orléans, città controllata dalla Lega ma più moderata di Parigi.
Il L. partì da Roma verso la metà di aprile, accompagnato da Daniele Tassoni in qualità di segretario e dai referendari Giovanni Magli e Giovanni Battista Giustiniani. Come anticipo per le spese da sostenere gli furono versati 2000 scudi. Dietro consiglio dell'ambasciatore della Lega percorse l'itinerario che passava attraverso la Svizzera e la Lorena. Il 26 apr. 1591 giunse ad Altdorf, accolto dal cardinale Ottavio Paravicini, nunzio agli Svizzeri, incaricato di reclutare truppe per l'esercito pontificio. Il 14 maggio arrivò a Reims e si abboccò con il duca Charles de Mayenne, interessato a scoprire quale candidato il papa prospettava per il trono di Francia. Effettivamente, era stato fatto il tentativo di creare un terzo partito cattolico attorno al cardinale de Bourbon, fallito per l'inconsistenza del candidato e per il pronunciamento della S. Sede a favore della Lega e della Spagna. Il L. comunicò che il papa non aveva ancora scelto, in attesa che Enrico fosse sconfitto e che i cattolici si allontanassero da lui. Intanto nella cattedrale di Reims fece pubblicare i monitori, recanti la data del 1° marzo, e mandò il suo segretario a Parigi a recapitare i documenti pontifici. Il 31 maggio 1591 il Parlamento leghista della capitale registrò le sue facoltà.
La pubblicazione dei monitori fu interpretata dai cattolici realisti come una dichiarazione ostile, che contraddiceva la pretesa neutralità del nunzio. Per annullarne i possibili effetti, il 10 giugno il Parlamento di Châlons-sur-Marne ordinò che i documenti pontifici, considerati nulli e abusivi, fossero bruciati in pubblico, mentre il Parlamento di Tours li condannò in termini ancora più duri. Il Parlamento di Parigi invece, per intervento del vicelegato Filippo Sega, cassò le decisioni di entrambe le corti.
Il 4 luglio Enrico di Navarra pubblicò una dichiarazione con la quale denunciava la politica della Lega e quella del papa, che aveva proceduto contro i cattolici suoi sostenitori, si dichiarava pronto a farsi istruire nella religione cattolica, si presentava come difensore della disciplina ecclesiastica e invitava i Parlamenti a procedere contro il L., entrato clandestinamente nel Regno senza presentarsi al sovrano. Nel frattempo concordava con i suoi seguaci l'atteggiamento da tenere nei riguardi dell'inviato pontificio. Di fatto, il L. ebbe difficoltà a svolgere il compito che gli era stato assegnato: Ludovico Gonzaga, duca di Nevers, non volle ricevere l'emissario del nunzio, mentre fu impossibile avvicinare il cardinale de Bourbon.
Il L., che con il passare del tempo aveva potuto verificare le discrepanze tra la realtà francese e la visione romana, constatò il fallimento della sua missione quando gli ecclesiastici fedeli a Enrico si riunirono a Chartres e il 21 settembre dichiararono inopportuni i provvedimenti del papa, male informato, invitando il pontefice a sospendere le censure. Nel frattempo, l'esercito pontificio, giunto in Francia pochi giorni prima, fu decimato dalle malattie e dall'indisciplina, lasciando a Enrico campo libero per conquistare il Regno.
Durante gli ultimi giorni di vita, Gregorio XIV pensò di rinnovare la legazione di Francia, includendo tra i candidati anche il Landriani. Innocenzo IX, invece, nel dicembre del 1591 nominò nunzio in Francia Filippo Sega e il 18 dicembre lo elevò alla dignità cardinalizia. Il 13 febbr. 1592 il L. ricevette ordine di ritornare in Italia e si mise in viaggio alla fine di marzo. Al suo rientro a Roma gli furono assegnati 2200 scudi come rimborso per le spese effettuate durante la missione. Il 9 nov. 1592 il L. fu assegnato all'Annona di Roma e l'8 genn. 1593 per un anno divenne governatore di Perugia. Nel concistoro del 10 nov. 1593, presentato da Filippo II, gli venne affidata la diocesi di Vigevano. Il 14 novembre fu consacrato vescovo dal cardinale Pietro Aldobrandini e il 25 maggio 1594 prese possesso della cattedra episcopale. Visitò la diocesi e nel 1595 riunì un sinodo diocesano, di cui diede alle stampe gli atti.
Dal 1598 alla metà di aprile 1602 fu presidente di Romagna. In sua assenza governò la diocesi Bartolomeo Giorgi, canonico della chiesa metropolitana di Milano. All'inizio del nuovo secolo, in data imprecisata, ottenne come coadiutore con diritto di successione il domenicano milanese Sebastiano Cattaneo, vescovo di Chiemsee, morto prima di lui il 28 apr. 1609. Il 20 marzo 1602, con lettere patenti del cardinale legato Alessandro Peretti di Montalto, il L. fu nominato vicelegato di Bologna. Il 27 aprile disimpegnava già la sua carica, che esercitò fino al 3 luglio 1605. Tornato a Vigevano, indisse un nuovo sinodo, il quarto dell'epoca postconciliare.
La sua attività nella piccola diocesi fu relativamente intensa: nel 1597 istituì la Confraternita del Ss. Sacramento nella chiesa parrocchiale di S. Cristoforo; nel 1599 eresse quella della Buona Morte presso la cappella della Madonna della Neve e nel 1602 quella del Carmine presso la chiesa di S. Margherita Vergine e martire. Nel 1608 chiamò i chierici regolari di S. Paolo (barnabiti) per l'educazione della gioventù e concesse ai cappuccini, che dimoravano nei sobborghi, di stabilirsi entro le mura presso la chiesa di S. Maria del Crocifisso. Finanziò la costruzione della cattedrale, che venne quasi del tutto completata, eccetto la facciata e la cupola; istituì un legato per la Congregazione della dottrina cristiana e costituì un censo perpetuo allo scopo di dotare ogni anno sei ragazze il giorno dell'Annunciazione. Nel maggio del 1609 partecipò al concilio provinciale convocato dall'arcivescovo di Milano.
Il L. morì il 27 ag. 1609, assistito dal cardinale Federico Borromeo, mentre si trovava a Milano per affari inerenti il suo ufficio. Il giorno seguente il suo corpo fu trasportato a Vigevano e il 29 agosto venne tumulato in cattedrale, presso i gradini dell'altare maggiore, in ossequio alle sue disposizioni testamentarie.
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