MORASSO, Mario
MORASSO, Mario (Bartolomeo). – Nacque a Genova il 21 aprile 1871, da Cesare e da Italia Gambino. Il nome Mario, con cui è noto, non figura nell’atto di nascita, dove compare invece Bartolomeo, ma appare negli atti pubblici successivi (come risulta dal contratto matrimoniale).
Seguì i corsi di psicologia criminale con Edmondo Morselli e, laureatosi in giurisprudenza presso l’Università di Genova, collaborò alla Rivista di filosofia scientifica con numerosi studi di scuola positivista, sovente in polemica con Cesare Lombroso. Anziché proseguire la carriera universitaria – per la quale aveva dato alle stampe una significativa monografia, L’evoluzione del diritto (Torino-Roma 1893) – ritenne di aver concluso il suo percorso giuridico quando divenne redattore capo della Gazzetta di Venezia (1898), chiamato nella città lagunare da Ferruccio Macola. Successivamente fu redattore capo del Giorno di Napoli, per intercessione di Matilde Serao, e in seguito del Mattino, chiamato da Edoardo Scarfoglio.
Unitosi in matrimonio con Aida Maestri (detta Rina) a Venezia nel 1902, da lei in quell’anno ebbe una figlia (Evelina, poi contessa Scapinelli Morasso). Nel 1907 si trasferì a Milano, dove fondò Motori, cicli & sports (poi Motori, aero, cicli & sports), settimanale tecnico-sportivo che diresse per 31 anni, fino alla morte.
Morselli, recensendo il volume di Morasso La vita moderna dell’arte (Torino 1904), evidenziò la svolta intellettuale del suo allievo: «Egli ha lasciato la via degli studi filosofici e giuridici, nei quali aveva stampato orme non lievi, e dandosi al giornalismo vi ha portato tutte le veemenze del proprio disdegno verso la volgarità. Non a torto lo si è detto il più “nietzschiano” dei nostri scrittori» (in Rivista ligure, XXIV [1904], 6, p. 14).
In realtà Morasso, già nella prefazione a Uomini e idee del domani. L’Egoarchia (Torino 1898), aveva negato l’influenza di Nietzsche, per la natura schiettamente scientifica delle sue teorie che si potrebbe ascrivere a quello che veniva in quegli anni definito «darwinismo sociale ». Il suo concetto di «egoarchia» auspicava un super-individuo designato a contrastare la crescente popolarità del Partito socialista italiano (PSI), al punto che Morasso, nelle pagine del Marzocco, compilò un vero e proprio manifesto rivolto ai giovani letterati: Ai nati dopo il 70 - La terza reazione letteraria (in Il Marzocco, 7 febbraio 1897). Indicava il letterato come nuovo soggetto culturale e, più precisamente, in La politica dei letterati (suddiviso in Il pregiudizio dell’astensione e Teoria dei partiti politici e la lotta futura, ibid., rispettivamente 2 e 9 maggio 1897, entrambi pp. 1 s.), elaborò una riflessione teorico-scientifica antisocialista basata sulle tesi antidemocratiche proprie del darwinismo sociale. La nazione, infatti, non poteva più essere guidata dai partiti eredi della Rivoluzione francese, incapaci d’interpretare lo spirito dello stato «imperialista ». La competizione economico-politica delle nazioni europee obbligava l’Italia a farsi anch’essa nazione colonialista e Stato avverso al pacifismo socialista. Pubblicando Contro quelli che non hanno e che non sanno (Milano-Palermo 1899), Morasso aderì pertanto al programma del nazionalismo italiano, in nome di una competizione politica che, da destra, criticava la tradizione umanitaria e riformista del programma liberale.
Nel 1903 dette inizio alla collaborazione con Il Regno, diretto da Enrico Corradini, ampliando l’orizzonte del suo pubblico verso la piccola e grande borghesia, il padronato e l’aristocrazia latifondista. Nasceva così la figura del letterato imperialista che, in L’Imperialismo artistico (Torino 1903), teorizzava il predominio della politica sull’arte, cui è sottratta ogni autonomia: «[…] l’arte è sempre un mezzo, non è mai scopo a sé, non può costituire una estrinsecazione di attività a parte del grande scopo che urge a tutti, quello di vivere epperò di dominare» (p. 339).
Divenuto teorico e poeta dell’individualismo e dell’imperialismo, Morasso giunse a stabilire come l’imperialismo non fosse solo quello che governa la politica espansionista delle nazioni civili, ma anche espressione della personalità del singolo, specie quello che vive nelle grandi metropoli, considerate teatro dell’incrudelirsi dei rapporti sociali nonché l’esito e il culmine della civiltà imperialista. Il sociologo della vita parigina si soffermò sulle manifestazioni competitive all’interno della metropolitana di Parigi come espressione dello spirito di sopraffazione ispirato dal modello imperialista di società.
Apologeta dell’imperialismo, Morasso divenne anche l’interprete di una visione ottimistica della storia, che giustifica e non critica il protocollo competitivo da cui prende piede la concezione imperialistica dell’individuo: anche «la lotta economica ritorna alla ferocia e alla intensità della vera lotta per la vita, anzi vi ritorna con furore rinnovato, poiché nella lotta economica si riassumono tutte le altre lotte che l’uomo deve combattere per affermarsi » (p. 366).
L’accettazione incondizionata della civiltà industriale e imperialista presuppone sempre, in Morasso, un’idea totalitaria di Stato conservatore, per cui «l’apologia estetica della macchina, della velocità, dell’industria, affonda le sue radici, incontrastabilmente, presso un Morasso come presso un Marinetti, in un atteggiamento di violento odio antidemocratico» (Sanguineti, 1987, p. 143).
L’equazione progresso-nazione imperialista sottende un concetto forte di élite, in cui la mentalità aristocratica soverchia la configurazione di massa della società. L’esempio più diretto – ove l’aneddotica celebrativa ha soprattutto intento pedagogico – può esser considerato il pilota automobilistico che, morendo, riattualizza l’ethos antico del cavaliere, la cui avventura, non avendo fini utilitaristici, appare gratuitamente rischiosa (Gli eroi della macchina, in Il Marzocco, 12 aprile 1903, p. 1: in cui lo chauffeur è un conte polacco). Dinanzi al profilo mediocre della società democratica, livellatore di ogni energia individuale, il connubio auto-eroe-morte mescola il canone dell’avventura cortese con quello della tragedia classica. Non arretrando dinanzi alla morte, il pilota vince l’istinto della conservazione ed esalta col proprio esempio la morale superiore della sua classe. Tuttavia non possiamo dimenticare che, come scrive Ezio Raimondi (1990, p. 14), Morasso ha descritto «per tempo gli effetti radicalmente innovativi di ciò che gli storici definiscono oggi la modernizzazione sull’insieme della società, dalle forme della vita quotidiana sino ai paradigmi dell’arte e della letteratura».
In L’estetica della velocità (in Il Marzocco, 14 settembre 1902, pp. 1 s.), Morasso notava che l’abbassamento del baricentro caratterizza «l’aspetto più greve e schiacciato delle rapide macchine odierne. Tale complesso si può dire che determini lo schema, il modello simbolico della velocità e ne costituisca il codice estetico». Il corpo solido e tarchiato dell’auto presenta un’anomalia all’interno della concezione classica di bellezza. Ma l’automobile da corsa, infatti «è essenzialmente la dimostrazione dell’energia, poiché questa è oggi più che mai per noi l’emblema della velocità massima, della velocità che assicura la vittoria, che conduce primi alla mèta suprema» (ibid.). Il celebre articolo, apparso nel Marzocco e destinato a entrare nella poetica futurista di Marinetti, fu poi ripubblicato in volume (La nuova arma (La macchina), Torino 1904), un testo che raccoglie tutti gli argomenti dedicati alla tecnica, allo sviluppo della società industriale e ai suoi nuovi attori.
Tuttavia le astrazioni e le suggestioni futuriste, non più solo colore e fantasia, ben presto cozzarono con la realtà. Come reagì Morasso a un’Europa in guerra con se stessa? Colui che aveva scritto che la guerra «è la prima, la più istintiva, la più naturale di tutte le industrie» (in La nuova guerra: armi, combattimenti, battaglie, Milano 1914, p. XIX) e che aveva elogiato la razionalità scientifica delle nuove armi, in L’artigliere meccanico (pubblicato nel 1906, in Poesia, la rivista di Marinetti, nn. 6-8, pp. 24 s.) si dovette ricredere, non appena si diffusero le notizie delle atrocità compiute dagli eserciti in lotta. Nel 1914 l’Italia non era ancora entrata in guerra, e tuttavia lo scontro delle nazioni all’avanguardia del progresso stava già producendo crimini orrendi: uomini di comando e soldati semplici compivano eccidi gratuiti e assurdi, non contemplati dal codice militare, né dal più comune senso umanitario della giustizia: «Spie, fucilazioni sommarie, prigionieri di guerra, paesi incendiati, città rase al suolo, ostaggi, esodo di intere cittadinanze, pozzi avvelenati, navi colate a picco, soldati che sparano dietro trincee di cadaveri, requisizioni, e tante altre locuzioni somiglianti che ora si incontrano ripetute decine di volte su ogni colonna di giornale […]. Fino a un mese fa nessuno avrebbe mai sognato di scorgere nel forestiero una spia da impiccare e nel medico uno spargitore di tifo da fucilare dopo averlo obbligato a scavarsi la fossa» (in La numismatica in circolazione, in Il Marzocco, 23 agosto 1914, pp. 3 s.).
L’ideale ottimistico del sociologo imperialista subì una pesante frustrazione. È lo stupore del «borghese», come lui stesso si era definito in La nuova guerra…, che sentiva sulla propria pelle le conseguenze della predicazione imperialista e militarista. Furono dunque altri sentimenti a prevalere, dinanzi ai treni carichi di soldati che non partivano più verso terre esotiche, ma verso le «frontiere» della civiltà contemporanea: «In un attimo il passato recente, ciò che costituiva lo ieri è sprofondato come inghiottito nel baratro aperto della guerra» (cfr. La numismatica in circolazione, cit.).
Circa un anno dopo, l’articolo Davanti alla porta chiusa dell’avvenire. I soldati contro i profeti (in L’Illustrazione italiana, XLII [1915], 16, pp. 330-332), dava nuova linfa agli amari interrogativi di Morasso: «Tutte le previsioni, e maggiormente quelle enunciate e credute come più sicure, sono state smentite dagli avvenimenti che ad ogni giorno ci flagellano dove meno ce lo aspettiamo» (ibid., p. 330). La sua coscienza, educata all’«aspra scuola della vita moderna», appare, infatti, sempre «più oppressa dal suo orizzonte allargato ma da cui scompare il miraggio» (ibid.). Al cospetto del macabro grand-guignol bellico, il corifeo della belle époque imperialista rinunciò definitivamente al «mandato sociale » affidatogli dalla borghesia industriale. Il militarista entusiasta di La nuova guerra non intese superare ecletticamente il suo scacco. Se pur tardivamente, il sociologo della felicità imperialista si trovò a compiere un’autocritica definitiva ed espiante.
Il silenzio di Morasso che seguì al 1915 sta a indicare che anche il «tipo» dell’imperialista, simbolicamente, si trovò a condividere la sorte funesta degli intellettuali fautori della prassi bellica, abbandonando, ferito a morte, il campo di battaglia delle idee. Dopo la guerra, il suo unico interesse e la sua unica attività divennero un giornalismo sensibile ai progressi della tecnologia dei mezzi meccanici e delle gare sportive.
Morì, nella sua villa di Varazze, il 31 ottobre del 1938.
Opere (non citate nel testo): Un nuovo concetto della delinquenza secondo la legge di dissoluzione, in Riv. di filosofia scientifica, 1891, vol. 10; Esame critico delle dottrine filosofiche e criminologiche di Tarde, in Scuola positiva, 1892, pp. 119-160; Il meraviglioso e la Psiche moderna, in Pensiero italiano, 1892, 23, pp. 383-392; Contributo dei grammatici Diomedes et Charisius alla teoria del nome romano (Saggio di una teoria sui nomi), Genova 1893; Le pene contro i defunti e i famigliari del reo, in Antologia giuridica, 1893, 7, f. 2 (luglio), pp. 73-96; f. 4 (settembre), pp. 219-255; Masculinum concipit ne femininum: Parte I Contributi della moderna ed antica grammatica alla teoria del genere nella lingua del diritto romano, in Pensiero italiano, 1893, 33-34, pp. 408-430; Gabriele D’Annunzio davanti alla coscienza giuridica, in La Nuova Rassegna, I (1893), 37, pp. 427-432; Sinfonie luminose, Genova 1893 (in collab. con G. Borzaghi); Trasformazioni d’anime, ibid. 1893; I prodigi, ibid. 1894; L’origine delle razze europee, Firenze 1895; Il futuro teatro di Albano. Colloquio con G. D’Annunzio…, in L’Illustrazione italiana, 31 ottobre 1897, pp. 295 ss.; Non per l’egoismo ma per l’egocrazia, in Il Marzocco, 11 settembre 1898, pp. 2 s.; Il sistema di Federico Nietzsche e la sua teoria estetica…, in Flegrea, II (1900), 2, pp. 495-533; Per il due giugno. L’eroe popolare e l’eroe della stirpe. Garibaldi nella canzone del D’Annunzio, in L’Illustrazione italiana, 2 giugno 1901, p. 382; Profezia, La Spezia 1902; La tragica visione. Il crollo del campanile di S. Marco, in Il Marzocco, 16 luglio 1902, p. 1; Sensazioni di velocità: gli spettacoli di energia, ibid., 2 novembre 1902, pp.1 s.; I sovrani di un nuovo regno. I Krupp, ibid., 30 novembre 1902, p. 2; Il carro di fuoco. Per le nuove vetture «Mercedes» a 90 H.P. e 160 Km all’ora che parteciperanno alle grandi corse automobilistiche, ibid., 22 marzo 1903, p. 3; L’inno alla vita moderna, in L’Illustrazione italiana, 24 maggio 1903, p. 422; La sfida dei giganti. Per la trazione elettrica da Milano a Venezia, in Il Marzocco, 19 luglio 1903, p. 2; Il grande volo, ibid., 29 novembre 1903, p. 3; Nord contro Sud, ibid., 20 dicembre 1903, p. 4; La vita moderna nell’arte, Torino 1904; L’emigrazione italiana come politica di espansione, Città di Castello 1904; Dal Radium all’Impero, in Il Regno, 24 gennaio 1904, p. 4; «La figlia di Jorio» al Lirico di Milano. Le forze istintive della tragedia, in Il Marzocco, 6 marzo 1904, p. 2; La malattia delle colonie, in Il Regno, 3 aprile 1904, p. 5; L’Esposizione di Venezia e gli artisti. Il dissidio e le sue cause, in Il Marzocco, 29 maggio 1904, p. 1; L’Imperialismo nel secolo XX. La conquista del mondo, Milano 1905; La lingua dell’avvenire, in Il Marzocco, 20 maggio 1905; La vita moderna all’Esposizione di Venezia, ibid., 25 giugno 1905, pp. 1 s.; Il pensiero greco. Per una nuova biblioteca classica, ibid., 6 maggio 1906, p. 2; Opulenza moderna e disegni antichi. Jacopo Bellini al «British Museum», ibid., 20 maggio 1906, p. 2; Alla ricerca di donne belle, ibid., 30 settembre 1906, p. 2; Il nuovo aspetto meccanico del mondo, Milano 1907; Domus Aurea. La reggia, la festa, l’amore a Venezia, Torino 1908; Il mondo attraverso l’automobile, in Nuova Antologia di lettere, scienze e arti, 1908, maggio-giugno, pp. 120-127; Prefazione a J. Du Taillis, Da Pechino a Parigi in automobile, Milano 1908; Permanenze intellettuali e sociali. Critica di idee, in Il Marzocco, 26 gennaio 1908, pp. 2 s.; Vessilli e soldati, primavera d’Italia, in L’Illustrazione italiana, XLII (1915), 22, pp. 2-4; Scritti sul Marzocco (1897-1914), a cura di P. Pieri, Bologna 1990; M. M.: scritti modernisti e imperialisti, a cura di Id., Ravenna 2007; La città dell’impero e la coscienza imperialistica individuale. La metropoli, in Metropolis. Scritti modernisti sulla città imperialista, a cura di Id., ibid. 2007.
Fonti e Bibl.: D. Garoglio, Politica e arte, in Il Marzocco, 23 maggio 1897, pp. 1 s.; E. Corradini, rec. a Uomini e idee del domani, ibid., 17 dicembre 1898, p. 1; D. Tumiati, Contro l’egoismo, ibid., 28 agosto 1898, pp. 1 s.; E. Morselli, rec. a La vita moderna nell’arte, in Rivista ligure, XXIV (1904), 6, p. 14; E. Corradini, L’imperialismo, in Il Marzocco, 23 aprile 1905, pp. 1 s.; G. Gentile, rec. a M. Morasso, L’imperialismo artistico, in La Critica, I (1903), p. 14; G. Prezzolini, rec. a M. Morasso, La nuova arma, in Leonardo, II (1904), novembre, p. 37; A. Orvieto, M. M., in Il Marzocco, 5 giugno 1904, p. 2; A. Orvieto, Una nuova arma e una nuova retorica, ibid., 6 gennaio 1905, p. 3; M. Muret, La littérature italienne d’aujourd’hui, Paris 1906, pp. 340- 348; G. Dal Lago, M.M., in Il Mare nostro, 1938, novembre, pp.15-18; V. Vercelloni, Macchinolatria e modernolatria di M. M., Bologna 1971; R. Tessari, Il mito della macchina. Letteratura e industria nel primo Novecento italiano, Milano 1973, pp. 86-97; U. Piscopo, M. M. e il futurismo: anticipazioni e divergenze, in Italianistica, III (1974), 1, pp. 97-117; C. Gentili, A proposito di F.T. Marinetti e M. M., in Atti e memorie dell’Accademia Clementina di Bologna, XI, Bologna 1974, pp. 117-132; R. Tessari, Letteratura e industria, Bologna 1976, pp. 33-42; P. Serra Zanetti, Il recupero critico di un antropologo culturale: M. M., in Estetica e società tecnologica, a cura di R. Barilli, Bologna 1976, pp. 89-119; G. Nichelini, Nietzsche nell’Italia di D’Annunzio, Palermo 1978, pp. 212- 215; G. Oliva, I nobili spiriti, Bergamo 1979, pp. 209-243, 453-461; S. Lanaro, Nazione e lavoro. Saggio sulla cultura borghese, in Italia 1870-1925, Venezia 1979, pp. 37-72; U. Piscopo, M. M. e le ideologie antidemocratiche, in Letteratura italiana (Marzorati), Novecento. Gli scrittori e la cultura letteraria nella società italiana, I, Milano 1979, pp. 60-76; G. Viazzi, Dal simbolismo al déco, Torino 1981, pp. 21-36; C. Cesa, Tardo positivismo, antipositivismo, nazionalismo, in La cultura italiana tra ’800 e ’900 e le origini del nazionalismo, Firenze 1981, pp. 69-101; F. Gaeta, Dalla nazionalità al nazionalismo, ibid., pp. 21-46; F. Gaeta, Il nazionalismo italiano, Bari 1981, pp. 94- 100, 266 s.; A.T. Ossani, M. M., Roma 1983; R. Fedi, La politica dei letterati, in Il Marzocco. Carteggi e cronache fra Ottocento e avanguardia (1887-1913), Firenze 1985, pp. 97-118; R. Pertici, Tardo positivismo e vario nazionalismo: le radici del pensiero di M. M. (1891-1899), ibid., pp. 119- 167; L. Mangoni, Una crisi di fine secolo: la cultura italiana e la Francia fra Otto e Novecento, Torino 1985, pp. 216-218; G. Grana, M. aristocratico solitario, in Letteratura italiana (Marzorati), Novecento. Le avanguardie letterarie: cultura e politica, scienza e arte…, Milano 1986, I, pp. 488- 505; A. Campagna, Cultura e ideologia di M. M., tesi di laurea, Università degli studi di Bologna, fac. di lettere e filosofia, 1986; E. Raimondi, Le poetiche della modernità e la vita letteraria, in Storia della letteratura italiana (Garzanti), Il Novecento, Milano 1987, pp. 220 s.; E. Sanguineti, L’estetica della velocità, in La missione del critico, Genova 1987, pp. 127-149; C. Mattii, M. M.: la definizione del ruolo sociale del letterato, in Il Vieusseux, II (1989), 6, pp. 40-60; P. Pieri, La modernità negata, in M. M. Scritti sul Marzocco 1897-1914, cit., pp. 9-73; A. Vittoria, «Il sogno d’un’ombra». Imperialismo e mito della nazione nei primi anni del Novecento, in Studi storici, XXXI (1990), ottobre- dicembre, pp. 825 s.; A.T. Ossani, rec. a M. M. Scritti sul Marzocco…, cit., in Otto/Novecento, XV (1991), 6, novembre-dicembre, pp. 235-237; P. Pieri, La politica dei letterati: M. M. e la crisi del modernismo europeo, Bologna 1993; C. Ossola, Le «creature meccaniche» di M. M., in M. Morasso, La nuova Arma (La macchina), Torino 1994, pp. V-XXIII; P. Pieri, M., fra modernità e imperialismo, in M. M.: scritti modernisti e imperialisti, cit., pp. 7-65.