VIORA, Mario Enrico.
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Appartenente a un’antica famiglia piemontese, stanziatasi a Chivasso da secoli, nacque ad Alessandria il 25 ottobre 1903 da Ferdinando, che esercitava la professione di avvocato e presiedeva molte iniziative filantropiche, e da Emma Cardona.
Si laureò a Roma, sotto la guida di Francesco Brandileone, al quale rimase legato; giovane brillante e determinato, venne presto incaricato di tenere il corso di storia del diritto italiano nell’Università di Sassari, dalla quale venne successivamente (1930) chiamato come professore straordinario.
Dopo un’importante monografia dedicata al Senato di Pinerolo e alla progettazione e attuazione delle riforme giudiziarie sabaude (1927), Viora affrontò un tema che si rivelò estremamente interessante per la sua idoneità a impostare una ridiscussione dell’intero processo formativo della legiferazione principesca, e cioè la grande raccolta attuata da Vittorio Amedeo II di Savoia, primo re di Sardegna, generalmente nota come le Regie costituzioni, o Leggi e costituzioni di Sua Maestà, o Costituzioni piemontesi.
Il modo con cui venne trattato l’argomento è tipico del nostro studioso: chiarezza, padronanza dei vasti problemi sottesi, sintesi, maestria nell’individuazione degli elementi salienti della raccolta. Rimane essenziale la definizione di Viora dell’opera vittoriana come una ‘consolidazione’; con questa qualificazione, ancora oggi largamente recepita, egli volle distinguere in modo netto le raccolte, pubbliche e private, soprattutto settecentesche, definite appunto come consolidazioni, dalla successiva codificazione napoleonica: l’unicità della fonte del diritto statuale, come unico diritto positivo nel sistema codicistico e la sua conseguente, inevitabile – e scabrosa – completezza, sono per Viora elementi assolutamente discriminanti, che non appartengono a nessuna delle collezioni di antico regime. Va ancora sottolineato che la distinzione tra consolidazione e codificazione è largamente basata sulla visione concretamente attenta agli aspetti per così dire ‘operativi’ della specifica raccolta sabauda. La posizione di Viora, fatta poi oggetto di una rilettura critica da parte di Ugo Petronio, è comunque da collocare nel contesto del processo della conoscenza degli anni Venti del XX secolo e rimane utilizzabile come un modello di lavoro per la storiografia giuridica rivolto agli studiosi (U. Petronio, Una categoria storiografica da rivedere, in Quaderni fiorentini, XII (1984), pp. 705-717).
Il successo di questo modello interpretativo spinse il suo ideatore a fornire ulteriori precisazioni in un sintetico saggio del 1967 su Consolidazioni e Codificazioni.
L’importante tema della intolleranza religiosa venne affrontato in un volume sulla Storia delle leggi sui Valdesi di Vittorio Amedeo II (1930), influenzato dall’insegnamento di Francesco Ruffini (1934). In questo studio Viora, come sempre tenendosi lontano da ogni tipo di ‘vulgata’ derivante da posizioni precostituite, collocò la normativa nella sua dimensione accomunante, all’interno di uno Stato il cui ampio disegno politico finiva per coinvolgere progressivamente anche gruppi diversi e antagonisti.
Com’era consueto per le carriere accademiche Viora insegnò in molti atenei della penisola: da Messina (1932) a Parma (1933), a Trieste (1938), dove divenne rettore nei difficili momenti della seconda guerra mondiale; il fatto che i successivi regimi politici alternatisi in città, di colore opposto, lo abbiano mantenuto in carica è prova eloquente del suo prestigio e del suo elevato profilo istituzionale. Successivamente passò a Padova come docente di storia del diritto e nel 1947 all’Università Cattolica di Milano, dapprima come professore di storia moderna e poi come titolare della cattedra di storia del diritto.
In tutte le sedi universitarie dove ebbe modo di tenere i suoi corsi, caratterizzati da una esposizione incisiva ed estremamente chiara, basata sul preciso riscontro dei testi e dei documenti più che sull’esposizione di teorie storiografiche per le quali nutriva una certa insofferenza, Viora dimostrò altresì di padroneggiare i fondamentali aspetti della politica universitaria, facendo parte dei consigli di amministrazione, rivestendo più volte la carica di preside di facoltà, oltre a quella già ricordata di rettore, e rivelando notevolissime doti di mediatore e di scrupoloso, al contempo attivo, amministratore.
Negli anni della maturazione scientifica di Viora il panorama della storia del diritto era contrassegnato dallo studio e dall’analisi prevalentemente dedicata a istituzioni e istituti del medioevo giuridico; Viora fu il primo storico del diritto italiano a occuparsi di temi di storia moderna – disciplina che aveva insegnato alla Cattolica – anticipando soggetti, metodologie e stili che sarebbero divenuti abituali decenni dopo. Tra i numerosissimi articoli e contributi si possono ricordare gli studi sui viceré di Sicilia e Sardegna, su Angelo Carletti e la sua Summa angelica, Su un memoriale del parlamento piemontese al duca Amedeo IX, sul Sacro Romano Impero e l’Italia in età moderna, sulla successione femminile al feudo, sulla storia dell’Università di Torino, sulle consuetudini e statuti di Alessandria.
Candidatosi alle elezioni per la Costituente nel Partito liberale, riuscì il primo non eletto dopo Giulio Einaudi. Nel 1949 sposò Eleonora Brunelli Bonetti, di nobile casata padovana. Dal matrimonio nacquero tre figlie, Ferdinanda, Emma, Foscarina, e un maschio, Vittorio Amedeo. Nel 1960 poté finalmente tornare in Piemonte come titolare dell’insegnamento di storia del diritto italiano nella facoltà giuridica dell’ateneo torinese, dove rimase fino al termine della sua carriera. Gli anni torinesi videro la pubblicazione del ponderoso Corpus Glossatorum in undici volumi, stampati tra il 1965 e il 1973 con un notevole impegno scientifico ed economico: scritti rari, difficilmente reperibili, riprodotti grazie alle nuove tecniche, che Viora, nella sua qualità di direttore del Centro di studi di storia del diritto italiano, volle venissero messi a disposizione degli studiosi.
Molto apprezzato da padre Agostino Gemelli, dal 1975 presiedette l’istituto Toniolo, preposto al supporto e al finanziamento dell’Università Cattolica: rivestendo quella carica, prestigiosa e di grande importanza, ebbe la possibilità di frequentare i due pontefici ai quali rimase particolarmente legato, Paolo VI e Giovanni Paolo II; entrambi lo apprezzarono tanto che lo mantennero a capo di quell’istituzione fino alla sua scomparsa.
Uno dei principali meriti di Viora come studioso della storia giuridica è senz’altro la fondazione, nel 1927, con Sergio Mochi Onory, della Rivista di storia del diritto italiano; nelle intenzioni dei due giovanissimi studiosi, la rivista doveva essere, per così dire, il luogo dove si sarebbero potuti incontrare con i loro scritti tutti i maestri della disciplina, allora in numero abbastanza ridotto. Nel corso dei decenni successivi, gli ambiziosi ed entusiastici progetti di Viora e di Mochi Onory, che rimasero legati da un fecondo rapporto di amicizia, trovarono l’adesione dei colleghi che collaborarono alacremente nel senso suddetto, costituendo quello che definiremmo un forum per le scienze storico-giuridiche; a tutt’oggi la rivista, che per lungo tempo rimase l’unica pubblicazione specialistica in materia, è puntualmente operante. In occasione del cinquantesimo anniversario della rivista (1977) Viora, in un articolo particolarmente suggestivo per i richiami culturali e per i suoi aspetti umani, assai utile per comprendere le diramazioni delle filiazioni scientifiche, ricostruì le diverse ‘scuole’ degli storici del diritto italiani.
Si è già accennato alle qualità ‘manageriali’ di Viora: dal 1951 al 1965 fu presidente della Cassa di risparmio di Alessandria; presidente, dal 1951 al 1986, della Società reale di riassicurazioni; dal 1967 alla sua scomparsa presidente della Società reale mutua di assicurazioni; presidente dell’Istituto italiano di previdenza (1968-86); vicepresidente della Sara (1973-86); presidente della Società italiana incendio, vita e rischi diversi (1981-86); vicepresidente dell’Associazione internazionale delle società mutue di assicurazioni (dalla fondazione, nel 1963, alla sua scomparsa).
Anche molte istituzioni culturali si avvalsero dell’opera di Viora: a lungo egli presiedette l’Istituto italo-africano, l’Associazione italiana di scienze politiche e sociali; per oltre cinquant’anni fu presidente della Società di storia, arte e archeologia per le province di Alessandria e Asti e dell’alessandrina Accademia degli Immobili. Soprattutto, dal 1972 fino alla sua scomparsa, la Deputazione subalpina di Storia patria, con sede a Torino nel palazzo Carignano, ebbe in Viora un attivo presidente, che promosse, oltre alla pubblicazione di numerosissime e fondamentali opere sulla storia piemontese e sabauda, l’organizzazione di numerosi convegni scientifici e culturali, volti a ribadire il ruolo centrale della prestigiosa istituzione, fondata da re Carlo Alberto, essenzialmente composta da accademici.
Un aspetto meno noto dell’attività di Viora e del suo impegno culturale è la sua partecipazione pluridecennale, quale esperto delle vicende giuridiche sabaude nel campo del diritto nobiliare, ai lavori e agli studi del Corpo della nobiltà italiana, considerato il continuatore della Consulta araldica del periodo monarchico.
Di quest’associazione, chiamata in occasioni particolari a fornire autorevoli pareri e lumi anche alle istituzioni repubblicane, fu consigliere della commissione piemontese e valdostana, nonché delegato della stessa agli uffici centrali, dimostrando la sua indiscussa autorità, in Italia e anche all’estero, nel corso delle riunioni delle nobiltà europee, volte perlopiù a organizzare congressi scientifici internazionali.
Si è già detto dei legami con i Ruffini: Viora fu amico di Edoardo, figlio di Francesco, e questo legame ebbe un’importanza essenziale per ottenere, dopo la scomparsa di Edoardo, il lascito della notevole biblioteca di casa Ruffini, che entrò a far parte del patrimonio librario della Biblioteca Federico Patetta, che Viora presiedeva e alla quale aveva garantito con le sue capacità gestionali un preciso spazio di autonomia e di tutela nel quadro dell’ateneo torinese: l’acquisizione della biblioteca Ruffini non è l’ultima delle sue benemerenze.
In occasione di un viaggio in Terrasanta, insieme a un gruppo di pellegrini di Chivasso, mentre ancora rivestiva le numerosissime cariche con l’abituale dedizione e dinamismo, morì improvvisamente il 7 marzo 1986 a Gerusalemme.
Fonti e Bibl.: G. Conso et al., Ricordi di M. V. (1903-1986), Torino 1986; G.S. Pene Vidari, M. V., in Rivista di storia del diritto italiano, LIX (1986), pp. 5-12; G.S. Pene Vidari - I. Soffietti, M. V., in Notiziario dell’università degli studi di Torino, III, s. 4-5 (giugno-luglio 1986), pp. 64 s.; A ricordo di M.E. V., Milano 1987; Studi in memoria di M. V., Roma 1990; G.S. Pene Vidari, V., M.E., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), diretto da I. Birocchi et al., II, Bologna 2013, pp. 2051 s.