DONATI, Mario
Nacque a Modena il 24 febbr. 1879 da Cesare, titolare e direttore di una conceria che la famiglia Donati aveva creato sin dal suo arrivo a Modena attorno al 1580, e da Carolina Levi Mortara. All'età di sedici anni, terminati brillantemente gli studi classici, si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Modena ed entrò come allievo interno nell'istituto di anatomia diretto da R. Fusari, che seguì poi all'università di Torino. Qui, nel secondo triennio di studio, divenne allievo interno nella clinica chirurgica diretta da A. Carle, coi quale si laureò a pieni voti e lode il 17 luglio 1901. Sotto la guida del Carle intraprese la carriera universitaria: nel 1902 fu nominato assistente ordinario, nel 1909 aiuto con l'incarico dell'insegnamento della semeiotica chirurgica.
Dopo aver conseguito nel 1905 la libera docenza in patologia chirurgica, nel 1911 ottenne quella in clinica chirurgica. Nel 1912 vinse il concorso per la cattedra di patologia chirurgica dell'università di Cagliari, dove restò solo pochi mesi perché fu subito chiamato a dirigere la stessa cattedra a Modena. Nel 1916 passò alla direzione della clinica chirurgica modenese, dove restò fino al 1922, quando venne chiamato all'università di Padova a succedere a E. Bassini alla cattedra di clinica chirurgica. Insegnò a Padova sino al 1928, quindi si trasferì a Torino a reggere la cattedra del suo maestro Carle, morto nel 1927. Dopo cinque anni di permanenza a Torino, nel 1933 passò a dirigere la cattedra di clinica chirurgica dell'università di Milano.
Allontanato dall'insegnamento universitario nell'ottobre 1938 a motivo delle leggi razziali introdotte dal regime fascista, rimase a Milano proseguendovi l'attività chirurgica come libero professionista presso case di cura private sino all'ottobre del 1943, quando anche nell'Italia occupata dai Tedeschi cominciò la deportazione dei cittadini ebrei. Rifugiatosi in Svizzera, il D. fu in un primo tempo ospite dei suo amico e collega F. Pedotti, primario chirurgo dell'ospedale di Lugano, poi, nel 1944, si trasferì a Ginevra dove, accolto con molto onore dalle autorità cittadine e accademiche, gli venne affidato l'insegnamento nel campo universitario d'internamento militare che l'università ginevrina aveva istituito - anche per suo interessamento - per i molti profughi e rifugiati.
A guerra finita, nel maggio del 1945, il D. rientrò a Milano dove, già reintegrato nel ruolo di professore universitario dal governo Badoglio sin dall'anno precedente, riprese il posto di direttore della clinica chirurgica nel padiglione Zonda dell'ospedale Policlinico. Ma pochi mesi dopo, la sera del 21 genn. 1946, morì improvvisamente mentre rientrava in casa.
Uomo dalla vita intensissima per impegno culturale, scientifico, professionale, sociale, il D., oltre che direttore di alcune delle più prestigiose cattedre di clinica chirurgica, fu preside della facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Modena dal 1923 al 1928 e di quella di Milano nel 1936, presidente della Società italiana di chirurgia nel 1925-26 e della Società italiana di ortopedia nel 1926-27, membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione dal 1923 al 1928 e della sua giunta esecutiva dal 1926 al 1928; fu inoltre presidente dell'Ordine dei medici della provincia di Torino (1928-32), consigliere provinciale di Torino (1930-32), fondatore e presidente della Società piemontese di chirurgia (1931), della Società lombarda di chirurgia (1933), della Società radio-neurochirurgica italiana (1934). Partecipò attivamente alla prima guerra mondiale, inizialmente col grado di capitano e poi di tenente colonnello. Sotto il suo impulso e per suo diretto interessamento edifici e strutture delle cliniche chirurgiche di Padova e di Torino furono completamente rinnovati. Fu inoltre membro di numerosissime accademie e società mediche e scientifiche italiane e straniere.
Nel 1919 il D. fondò il periodico Archivioitaliano di chirurgia, pubblicato dall'editore Cappelli di Bologna, che subito divenne la più autorevole rivista chirurgica italiana. Quando nel 1938 gli furono tributate solenni onoranze per il XXV anniversario del suo insegnamento, vi fu un vero plebiscito da parte di chirurghi italiani e stranieri: oltre 600 aderirono all'iniziativa del Comitato promotore e 363 inviarono pubblicazioni scientifiche che furono raccolte in ben cinque volumi dell'Archivio italiano di chirurgia.
Oltre che per la sua attività di chirurgo il D. si segnalò per le numerose pubblicazioni scientifiche, oltre 200, che, pur di differenti importanza e mole, sono caratterizzate dall'originalità e lasciano trapelare il profondo spirito di osservazione e il severo giudizio critico dell'autore.
Tra le pubblicazioni che possono essere definite didattiche si ricordano: Chirurgiadell'addome, Torino 1914; Lezioni di patologia specialechirurgica dimostrativa, Modena 1915; Lezionidi medicina operativa, Padova 1924; La tubercolosiextrapolmonare, Milano1938 (grande trattato in due volumi che il D. diresse e di cui scrisse i capitoli sulla tubercolosi del tubo digerente, del pancreas e del fegato); la voce Chirurgia dell'Enciclopedia Italiana (X, Roma 1950, pp. 139, 142-154). Il D. era direttore della sezione "Chirurgia" dell'Enciclopedia Italiana e ne redasse molte voci.
Tra i numerosi lavori di carattere sia sperimentale sia clinico si segnalano qui i più significativi, che collocano il D. all'avanguardia della ricerca chirurgica del tempo tanto per l'intuizione precoce con la quale seppe intravedere i campi ai quali stava aprendosi la chirurgia, quanto per i contributi originali portati al chiarimento dei meccanismi patogenetici di alcune importanti malattie chirurgiche: Ilsangue negli individui affetti da tumori maligni, in Giorn. d. R. Acc. di med. di Torino, LXIV (1901), pp. 405-496; Sull'ernia inguinale diretta nella donna, in Arch. per le scienze med., XXIX (1905), pp. 203-232; Narcosi con insufflazione intratracheale e chirurgia sperimentale dell'esofago toracico, in Arch. ital. di otologia rinologia e laringologia, XXI (1910), pp. 446-469; Innesti liberi e trapianti di tessuti e di organi, in La Clinica chirurgica, XXI (1913), pp. 497-534; Tetani latenti e tetani atipici in feriti di guerra, in Arch. ital. di chirurgia, I (1919), pp. 1-14; Decorticazionee pneumopessia nella cura operatoria dell'empiema cronico fistolizzato, ibid., III (1920), pp. 517-536; Le stenosi ileo-coliche di posizione (sindromi dolorose della fossa ileocecale con costipazione cronica), ibid., pp. 1-104, in collaborazione con F. Alzona; Sula natura ed il meccanismo d'azione delle sostanze 'tossiche' che originano da focolai traumatici (Contusioni delle parti molli degli arti), ibid., XII (1925), Scritti medici in onore di A. Carle, pp. 1-22; L'indirizzo biologico in chirurgia, in Minerva medica, VIII (1928), pp. 429-439; Tentativo di trattamento chirurgico del diabete con la enervazione di una capsula surrenale, in Giorn. d. R. Acc. di med. di Torino, XCII (1929), s. 6, pp. 463-469; Orientamento del pensiero e questioni di attualità in chirurgia, in Le Forze sanitarie, II (1933), 3, pp. 138-149.
Il D. fu inoltre relatore ai congressi della Società italiana di chirurgia nel 1921 a Napoli sul tema Patologia e clinica delle ptosi viscerali (Bologna 1921), nel 1926 a Padova su Chirurgia del simpatico viscerale (Roma 1926), nel 1933 a Pavia su Malattie da lesioni delle paratiroidi (ibid. 1933), nel 1936 a Roma su Fratture della colonna vertebrale (ibid. 1936), al V e al X congresso della Società internazionale di chirurgia rispettivamente nel 1920 a Parigi su Profilassi e terapia del tetano (Bruxelles 1920) e al Cairo nel 1935 su Paratiroidi e chirurgia (ibid. 1935).
Nelle due magistrali prolusioni ai corsi di clinica chirurgica a Torino nel 1928 (L'indirizzo biologico in chirurgia) e a Milano nel 1933 (Orientamento del pensiero e questioni di attualità in chirurgia) ilD. rivelò la profondità e la maturità del suo pensiero scientifico enunciando - quasi profeticamente per il suo tempo - i principi, i metodi, le finalità della clinica chirurgica e l'indirizzo biologico che la chirurgia avrebbe dovuto assumere come solido fondamento. Fu proprio questa chiara intuizione che fece del D. un clinico chirurgo nuovo e anticipatore rispetto al suo tempo: sostenne che il chirurgo deve svolgere un'attività riparatrice e ricostruttrice basata su un metodo di studio e di diagnosi identico a quello della medicina generale, e perciò che non debba esistere differenza tra le due cliniche, medica e chirurgica, se non per quello che riguarda la terapia; che l'operazione chirurgica non deve essere mera manualità, ma espressione logica di un pensiero diretto non solo a riconoscere sede e causa della malattia, ma anche le alterazioni funzionali che ne sono il substrato; che nell'esecuzione di ogni intervento il chirurgo deve essere guidato da un metodo logico strettamente scientifico, ed essendo fatalmente condotto a una continua revisione del suo sapere dottrinario e pratico deve porre estrema attenzione a non creare nuovi mali con interventi non giustificati dal rigore della logica. Convinzione ferma del pensiero e dell'insegnamento del D. fu che le leggi che con armonia mirabile governano e informano la vita debbono anche guidare la mente e la mano del chirurgo nella sua azione terapeutica. Sotto questo imperativo affinò una tecnica chirurgica elegante, scrupolosa, portata all'estrema cura del particolare e del massimo rispetto dei tessuti, una tecnica che il poeta futurista, suo allievo, Pino Masnata cantò in versi nella poesia "La resezione gastrica del Maestro Donati".
Secondo la prassi del suo tempo fu chirurgo generale e affrontò con spirito pionieristico diversi campi della chirurgia: oltre a quello della chirurgia addominale, che preferiva, quelli dell'ortopedia, dell'urologia, della chirurgia toracica e della neurochirurgia. Possedeva una eccezionale resistenza fisica al lavoro operatorio, di cui dette prova durante la guerra '15-'18.
Il D., considerato il più prestigioso chirurgo italiano tra le due guerre, era anche dotato di un senso umano profondamente buono e generoso che lo favoriva anche nel contatto con gli ammalati. La sua ricchissima biblioteca, che come "Fondazione Donati" svolse un importante servizio bibliografico di interesse chirurgico dopo la sua morte sino al 1970, è stata poi donata alla Biblioteca dell'ospedale Maggiore di Milano.
Bibl.: Necrol.: G. Boschi, M. D., in Riv, ital. di endocrino e neurochirurgia, XI (1945-46), 3, pp. 81-88; in Bull. d. scienze mediche, CXVIII (1946), pp. 92-98; in Giorn. di clinica medica, XXVII (1946), pp. 205-209; in Policlinico, sez. pratica, LIII (1946), pp. 305-308; A. I. F. Angeli, Italiani d'oggi: M. D., in Rivista trimestrale "Domani" (Buenos Aires), II (1944), 4-5, pp. 10-14; A. Castiglioni, Storia della medicina, Milano 1948, pp. 716, 829, 894; R. Paolucci, M. D., in Arch. ital. di chirurgia, LXXI (1948), pp. 71-76; L. DiNatale, Un grande maestro: M. D., in La Martinella (Milano), XX (1966), 3.4, pp. 115-122: I. Fischer, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte[1880-1930], I, p. 326; Enciclopedia Italiana, XIII, pp. 137 s.; II Append., I, p. 803.