BIZZI (Bizzius, Bizza), Marino
Nacque ad Arbe intorno al 1565, da nobile e ricca famiglia, originaria forse dell'Albania. Compì gli studi di diritto civile e canonico e fu nominato arciprete della cattedrale di Arbe. Il 9 febbr. 1608 Paolo V lo creò arcivescovo di Antivari, primate di Serbia e amministratore della chiesa di Budua: lo rendeva adatto a questo ufficio la sua conoscenza del croato e della situazione politico-ecclesiastica nelle terre soggette ai Turchi. Subito dopo la consacrazione episcopale, si recò a Venezia per ottenere dal Senato l'autorizzazione a trasferirsi a Budua ed amministrarne la chiesa; il 29 maggio salpò per Ragusa, dove tentò invano di comporre i sanguinosi dissidi sorti tra i Ragusei e la comunità di Budua.
Il 20 agosto il B. prese possesso della chiesa di Budua, un centro di circa 600 anime, con un mezzo miglio quadrato di territorio, stretto all'intorno dagli Ottomani e da popolazioni greco-scismatiche. Egli dovette subito affrontare l'ostilità del prete Francesco Scoroveo, che ambiva ad esercitare egli stesso la massima autorità spirituale nella sua città, creando un vescovato separato. Riuscì a convertire al cattolicesimo romano una popolazione scismatica di circa 5.000 anime, i Pastrovice, sudditi veneti del retroterra di Budua, facendo ricorso a Francesco Morosini, podestà di Cattaro, per superare l'opposizione del metropolita di Peć, cui venne impedita la riscossione delle decime che tradizionalmente gli spettavano. Ma presto gli intrighi dello Scoroveo e dei suoi seguaci, che erano riusciti ad avvicinare a Venezia i rappresentanti dei Pastrovice presso la Serenissima, indussero quelle popolazioni a tornare definitivamente alla loro fede scismatica, troncando le trattative col Bizzi.
Il 20 sett. 1609 questi ottenne, tramite relazioni personali, a Costantinopoli, una patente con cui il sultano gli permetteva di visitare la diocesi, riconoscendolo supremo capo spirituale dei cattolici; quanto alle proprietà ed alle rendite ecclesiastiche, non era opportuno sollevarne il problema, poiché già da tempo se n'erano impadronite le autorità ottomane. Così, ai primi di gennaio dell'anno seguente, il B. lasciò Budua e il dominio veneto per entrare in territorio turco con un seguito di otto familiari. Ad Antivari gli vennero incontro non solo i cattolici della città, ma anche personalità turche che gli fecero onorevole accoglienza: la pace tra la Serenissima e l'Impero ottomano gli garantiva, in quanto cittadino veneto, almeno una formale immunità.
Sulla sua visita pastorale il B. ha lasciato un'ampia relazione al pontefice Paolo V, della cui importanza si mostra pienamente consapevole. Inizia, infatti, sottolineando il valore delle informazioni che fornisce su paesi che sono ancora praticamente sconosciuti; ritiene anzi che esse "non debbano esser meno gustevoli... che le relationi annue mandate dai padri Gesuiti dall'Indie" (Rački, pp. 51-52). Lo scritto è ricco di interessanti osservazioni sullo stato di anarchia delle province ottomane, sui rapporti tra l'elemento dominante turco e le popolazioni sottomesse, sulla crisi della cristianità orientale. Ad Antivari i rapporti con l'elemento turco, compresi i sacerdoti maomettani, risultavano soddisfacenti; ma il partito di Budua che conduceva l'opposizione contro l'arcivescovo guastò le sue relazioni con i Turchi del luogo, insinuando che egli agisse da informatore della Serenissima. Nel proseguimento del suo viaggio il B. osserva tra l'altro la decadenza delle città albanesi e si dimostra molto scettico sulle possibilità di resistenza dei cattolici di fronte all'Islam. Per quanto riguarda la Bosnia, che non è riuscito a visitare, l'arcivescovo riferisce invece una valutazione decisamente ottimistica.
In definitiva, il B. afferma la necessità di incrementare il numero dei sacerdoti convenientemente istruiti; esalta l'opera dei frati osservanti, alcuni dei quali formati in Italia; vanta alcuni risultati della propria opera, come la conversione di gruppi pauliciani in Serbia e l'introduzione di alcuni canoni del concilio per la riforma morale del clero. Per quanto riguarda la situazione specifica della sua diocesi, egli crede di arginare il passaggio dei cristiani all'Islam rendendo più difficili i matrimoni misti.
Per sfuggire ai rigori dell'inverno e porre fine al faticoso viaggio, il B. fece ritorno a Budua nell'autunno avanzato; nel febbraio 1611 si trovava già ad Arbe. Ma presto lasciò la città natale per Roma, dove visse presso il cardinale Savelli. Si trascinò a lungo una controversia, sorta all'epoca della sua visita pastorale; col vescovo di Prizren Pietro Katić, che sosteneva di aver ricevuto da Roma la giurisdizione su tutta la Serbia, mentre il B., in quanto primate, riteneva di propria competenza l'amministrazione dei vescovati vacanti nell'ex regno di Serbia. Nel 1621 il visitatore apostolico Pietro Massarecchi, allora vicario dell'arcivescovo di Sofia, si recò in Serbia per comporre l'annoso conflitto, che tuttavia fu risolto solo quando Urbano VIII, nel concistoro del 16 sett. 1624, accettò la rinuncia del B. all'arcivescovato di Antivari e nominò in sua vece il Massarecchi, attribuendogli formalmente l'amministrazione dei vescovati serbi vacanti.
Il B. morì a Roma il 1º febbr. 1625.
Fonti e Bibl.: Archivio Segreto Vaticano, Arch. Consist., Acta Camerarii, 14, p. 170; Ibid., Acta Vicecancellarii, 17, p. 82 (f. 36v); Ibid., Acta Miscellanea, 97, f. 19; Bibl. Apost. Vat., Cod. Vat. lat. 7900: P. A. Galletti, Necrologium episcoporum, f. 88r; D. Farlati, Illyricum Sacrum, VII, Venetiis 1817, pp. 109-123; S. Gliubich, Diz. biogr. degli uomini illustri della Dalmazia, Vienna-Zara 1856, p. 38; L. v. Ranke, Serbien und die Türkei im 19. Jahrhundert, Leipzig 1879, pp. 539 s.; F. Rački, Izvještai barskoga nadbiskupa Marina Bizzia o svojem putovanju god. 1610 po Arbanaskoj i staroj Srbiji, in Starine Jugoslavenske Akademije Znanosti i Umietnosti, XX (1888), pp. 50-156 (pubblica la Relatione della visita... nelle parti della Turchia...); I. Marković, Dukljanskobarska metropolija, Zagreb 1902, pp. 135-142; M. Premrou, Serie dei vescovi romano-cattolici di Beograd. Studio storico composto in base a' documenti degli Archivi Vaticani, in Arch. francisc. histor., XVII (1924), pp. 502-505; L. von Pastor, Storia dei papi, XII, Roma, 1930, p. 276; XIII, ibid. 1931, p. 756; M. Roques, Le dictionnaire albanais de 1635, Paris 1932, pp. 17, 22, 35; M. Vanino, Dalmacija zahtijewa biskupe vješte hrvatskom jeziku (1604), in Croatia Sacra. Arkiv za crkvem povijest Hrvata, V (1933), pp. 92, 96; P. Gauchat, Hierarchia Catholica Medii et Recentioris Aevi, IV, Monasterii 1935, p. 86; L. Jadin, in Dict. d'Hist. et Géogr. Ecclés., IX, Paris 1936, pp. 46-47, sub voce Bizzo Marino; S. Antoljak, in Enciklopedija Jugoslavije, I, Zagreb 1955, p. 614, sub voce Bizzius Marin.