VENIER, Marco
– Nacque a Venezia il 15 novembre 1533 da Francesco, nipote del diarista Marino Sanudo, e da Orsa Tron di Santo. Il padre, figlio unico di Giorgio, morì a poco più di quarant’anni, lasciando numerosa prole.
Fu dunque probabilmente la famiglia materna a prendersi cura del giovane Venier, i cui esordi nella politica furono di alto livello con l’elezione a savio agli Ordini (dal 23 novembre 1562 fino al marzo del 1563); ma a questo promettente inizio seguirono anni di scarsa attenzione, o meglio latitanza, dal mondo della politica, forse perché Venier fu occupato dall’amministrazione familiare, ma anche dall’inclinazione verso le lettere e gli amori galanti.
Giovanni Degli Agostini (1754) afferma infatti che Venier fu amante della famosa Veronica Franco, cui dedicò sei componimenti, proibendo però «che fosse impresso il suo nome», e che essa inserì in un rarissimo libro dedicato a Guglielmo Gonzaga (Terze rime di Veronica Franca. Al serenissimo signor duca di Mantova, e di Monferrato, s.l. s.d.); alla vicentina Cinzia Brazzoduro Garzadori Venier dedicò invece due sonetti, che furono stampati senza indicazione di data.
L’interesse per la carriera politica fu dunque tardivo e discontinuo: ancora savio agli Ordini per il secondo semestre del 1570, nonostante la difficile congiuntura che la Serenissima attraversò nella guerra di Cipro, egli non rivestì alcuna carica per vari anni. Suona quindi punitiva l’elezione a una magistratura minore quale savio alle Cazude, verificatasi il 4 novembre 1576, e l’ammonimento sortì il suo effetto perché da allora la carriera di Venier conobbe un nuovo impulso e fu eletto provveditore alla Sanità il 24 marzo 1578 e poi, il 1° gennaio 1579, avogador di Comun. In tale veste, a fine anno si dimostrò sostenitore dei ‘giovani’, che propugnavano una netta separazione delle prerogative dello Stato nei confronti della Chiesa, e pose sotto accusa l’arcivescovo di Spalato, Alvise Michiel, per essersi appropriato di un’eredità di cui era esecutore testamentario; nella circostanza Venier non esitò a intimare al doge di non interferire nel processo, poiché gli avogadori rispondevano soltanto al Consiglio dei dieci.
Savio di Terraferma per il primo semestre del 1581, il 17 gennaio 1582 fu nuovamente eletto avogador di Comun con l’incarico specifico di andare a Lesina per indagare sulle accuse rivolte al rettore dell’isola; quindi fu ancora savio di Terraferma per il semestre luglio-dicembre ininterrottamente dal 1583 al 1590, carica alla quale l’11 marzo 1588 sommò quella di provveditore sopra Feudi, magistratura istituita appena l’anno prima. Se il saviato di Terraferma l’aveva lasciato libero da incarichi per vari mesi all’anno, a partire dal 1591 le incombenze si intensificarono: il 1° gennaio 1591 fu eletto giudice del Proprio, poi savio di Terraferma sino al marzo del 1592; provveditore alla Giustizia vecchia da luglio a settembre dello stesso anno, quindi sopraprovveditore alla stessa magistratura dall’ottobre al marzo del 1593 e poi ancora savio di Terraferma da aprile a settembre.
In quest’ultimo mese, il 5 settembre 1593, si verificò una svolta decisiva nella sua carriera con l’elezione a bailo a Costantinopoli. Dell’ambasceria non abbiamo la relazione, ma solo una parte dei dispacci, ossia dal 4 dicembre 1593 al 19 agosto 1595 e dall’8 marzo 1596 al 15 gennaio 1597, questi ultimi inconsultabili perché deteriorati. In quegli anni le relazioni fra Venezia e la Porta erano buone, anche perché proprio nel 1593 il sultano Murad II e l’imperatore Rodolfo II avevano rotto la tregua stipulata venticinque anni prima, pertanto gli ottomani guardavano altrove e l’impegno di Venier si esaurì nel raccogliere notizie sull’andamento del conflitto.
Di norma il bailaggio era fonte di ricchezza per il suo titolare, ma Venier fece eccezione, stando a quanto egli avrebbe scritto alcuni anni dopo, nella relazione dell’ambasceria a Roma: «Per ben servir nel bailaggio di Costantinopoli posi le mie povere sostanze in mano di chi me le ha consumate, dimodo che la mia casa è rimasta (posso dir veramente) desolata, convenendomi viver in gran parte di quello di una mia sorella» (Relazione di Marco Venier..., in Relazioni degli Stati europei..., a cura di N. Barozzi - G. Berchet, 1877, p. 28).
Tornato a Venezia nella primavera del 1597, il 1° luglio assunse la carica di savio del Consiglio, che però abbandonò dopo appena tre settimane, avendo optato il 23 luglio per quella di consigliere del sestiere di S. Croce, ruolo che tenne fino al 22 marzo 1598. Fu poi uno dei tre conservatori delle Leggi (18 luglio 1598), savio del Consiglio dall’ottobre al marzo del 1599, sopraprovveditore alle Biave (31 marzo 1599), nobile sopra il fiume Po (21 maggio 1599, quando il Senato stava programmando il taglio di Porto Viro); fu quindi provveditore sopra il Monte Vecchio (7 agosto dello stesso anno) e nuovamente savio del Consiglio per il semestre ottobre-marzo del 1599-1600, carica che rivestì, per lo stesso semestre, anche nei successivi anni 1600-01 e 1601-02. Sopraprovveditore alle Biave il 7 aprile 1600, savio ai Lidi il 26 gennaio 1601, il successivo 7 marzo venne eletto ambasciatore straordinario a Roma.
Titolare dell’ambasceria era Giovanni Mocenigo, per cui l’invio di Venier costituì una pressione sulla S. Sede al fine di indurla a ostacolare l’aggressiva politica del governatore spagnolo di Milano, Pedro Enríquez de Acevedo conte di Fuentes. Papa Clemente VIII Aldobrandini concesse udienza a Venier a Frascati l’8 maggio 1601; fu un colloquio ancipite: il contegno e le parole del pontefice furono improntate a durezza, perché il colpo di mano veneziano a Porto Viro bruciava ancora. D’altro canto la famiglia Aldobrandini possedeva cospicue rendite ecclesiastiche nei domini della Repubblica e da generazioni era solita mandare i suoi rampolli ad addottorarsi a Padova; donde l’amichevole contegno di Clemente VIII nell’udienza di congedo, avvenuta un mese dopo: «Sua Santità [...] gettatemi ambo le braccia al collo [...] strinse la mia faccia all’una et all’altra delle sue guancie, con atto di grandissima tenerezza» (Relazione di Marco Venier, cit., p. 25).
Lasciata Roma il 30 giugno, a Venezia fu savio del Consiglio, come si è detto, dall’ottobre del 1601 al marzo del 1602 e vi fu rieletto il 29 settembre 1602 per lo stesso semestre, ma quasi non fece a tempo ad assumere l’incarico perché morì il 18 ottobre 1602, forse fuori Venezia dal momento che il suo nome non compare nei Necrologi dei provveditori alla Sanità.
Venier non prese moglie, lasciando l’incombenza al fratello minore Agostino che nel 1569 sposò Maria Foscari di Filippo, dalla quale però non ebbe figli, per cui si estinse questo ramo della famiglia.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. Codd., s. 1, 20, Storia veneta: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VII, p. 245; Segretario alle voci, Elezioni Pregadi, reg. 3, cc. 14, 108; reg. 5, cc. 12, 13, 14, 144, 178; reg. 6, cc. 6, 7, 8, 9, 10, 11, 26, 32, 35, 151, 154, 155, 156, 161, 164; Elezioni in Maggior Consiglio, reg. 5, cc. 38, 214; Senato, Dispacci, Costantinopoli, filze 38-44; Senato, Dispacci, Roma, filza 47, nn. 15-16, 18, 21-35, 39; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. It., cl. VII, 829 (= 8908): Consegli, c. 200; 831 (= 8910), Consegli, c. 188; 832 (= 8911): Consegli, cc. 36, 150, 216, 256; Mss. It., cl. IX, 272 (= 6645): Rime di diversi in lode di Cintia Braccioduro Garzadori Vicentina, cc. 9v-10r; Relazione di Marco Venier ambasciatore straordinario alla corte di Roma 1601, in Relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti nel secolo decimosettimo, a cura di N. Barozzi - G. Berchet, s. 3, I, Venezia 1877, pp. 11-49.
G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche [...] degli scrittori viniziani, II, Venezia 1754, p. 621; A. Stella, Chiesa e Stato nelle relazioni dei nunzi pontifici a Venezia. Ricerche sul giurisdizionalismo veneziano dal XVI al XVIII secolo, Città del Vaticano 1964, ad indicem.