CANETOLI, Marco
Figlio di Giovanni, illustre giurista bolognese, nacque nel 1381, come si può dedurre dal Liber secretus, in cui si legge che il C. sostenne l'esame privato di laurea il 19 giugno 1398, all'età di 17 anni.
Questa della sua laurea è la prima notizia sul C.: per favorire il troppo giovane candidato, il Collegio dei dottori in diritto civile deliberò di derogare ad un articolo degli statuti che prevedeva una età più matura per essere ammessi agli esami. Il C., presentato dal padre, potente membro del Collegio, fu approvato e ammesso all'esame pubblico, che sostenne il 2 settembre, addottorandosi così in diritto civile. Nell'anno accademico 1398-99 lo troviamo già tra i lettori dello Studio bolognese "ad lecturam Infortiati"; fu di nuovo lettore dal 1404 fino al 1428, con pochissime interruzioni, la più lunga delle quali va dal 1412 al 1418. Contemporaneamente operò nella scuola che il padre aveva acquistato, come appare nel suo testamento, da Rodolfo Ramponi nel 1401. Il C., alla morte del padre, avvenuta nel 1407, ne divenne proprietario. Già due anni prima fu aggregato al Collegio dei dottori e, a parte una interruzione che va dal 1413 all'inizio del 1419, vi restò iscritto fino alla morte.
Non ancora trentenne venne scelto il 12 genn. 1410 dall'università degli scolari per leggere un'elegante orazione in onore del papa Alessandro V, in visita a Bologna. Circa due anni dopo, il C. cominciò a partecipare attivamente alle vicende politiche della sua città. Fu infatti uno dei componenti di una ambasceria inviata a Roma dal cardinale legato e dagli Anziani, per rassicurare il pontefice Giovanni XXIII circa le intenzioni dei Bolognesi, dopo il fallimento del governo popolare del 1411-1412Il papa gradì molto l'atto di ossequio, lasciò intendere che sarebbe presto andato a visitare Bologna, e diede lettere per il legato, affinché creasse una magistratura di quindici cittadini savi e fedeli alla Chiesa, di cui suggerì i nomi: è significativo che fra questi compaia anche quello dello zio del C., Lambertino. Gli ambasciatori (meno due, che rientrarono a Bologna il 22 dic. 1412) furono però trattenuti a Roma, non si sa per quali motivi. Il C. era tra loro, come attesta un atto di sospensione dei termini delle cause in discussione, a lui concessa il 27 dicembre. Da Roma rientrò forse prima del 15 ag. 1413, se è vera la notizia, riportata dal Griffoni, secondo cui il C. fu, a quella data, confinato ad Arezzo con altri bolognesi, a causa di contrasti col legato. In ogni caso, si trovava a Bologna il 12 novembre o all'inizio del 1414, quando cioè il papa vi fece il suo solenne ingresso. In una di queste due occasioni il C. pronunciò per salutare il pontefice un pubblico discorso, forse anche per farsi perdonare gli sbandamenti dell'anno precedente. I suoi rapporti con Giovanni XXIII dovettero senz'altro migliorare; fece parte infatti del numeroso seguito che accompagnò il papa al concilio di Costanza, che iniziò il 5 nov. 1414. Al concilio il C. pronunciò un discorso di cui esiste copia nel codice Vat. lat. 3477, f. 205.
È probabile che il C. sia ritornato a Bologna dopo la fuga di Giovanni XXIII da Costanza, insieme con gli altri bolognesi che lo accompagnavano (marzo 1415). Nella sua città deve avere poi partecipato attivamente alle lotte politiche, dato che lo troviamo tra i condannati a morte rinchiusi dal legato, nelle prigioni di Castel Bolognese alla fine dello stesso anno; ma dall'esecuzione della sentenza fu salvato dalla vittoriosa rivolta antipontificia del 5 genn. 1416, che ebbe tra i protagonisti gli zii Matteo e Lambertino. Nel quadro delle manovre diplomatiche del nuovo governo per crearsi stabili alleanze, va inserita la nomina del C. a podestà di Genova, a partire dall'11 genn. 1417, per la durata di un anno. La podestaria del C. ebbe un lungo strascico di liti tra lo stesso C. e il Comune di Genova per alcuni crediti che il primo pretendeva, ma non riusciva a riscuotere. Per avere soddisfazione, il governo popolare prima, e il legato pontificio poi, gli concessero il diritto di rappresaglia nei confronti dei cittadini genovesi. Pare che il C. in quegli anni si trovasse in ristrettezze economiche: stando al Ghirardacci, egli ricorse al papa Martino V, che gli assegnò, con bolla del 31 luglio 1419, 25 fiorini d'oro al mese, sul censo della città di Ferrara.
Comunque già dall'ottobre 1418 il C. aveva ripreso la sua attività accademica nello Studio: dopo una lunga pausa, egli ricompare nei verbali del Liber secretus il 15 gennaio dell'anno successivo. Poco tempo dopo venne di nuovo coinvolto nelle sorti della sua famiglia, quando Antonio Bentivoglio, prima disposto a collaborare coi Canetoli, decise di sbarazzarsene e, con l'aiuto dei suoi partigiani, conquistò il palazzo del Comune (31 genn. 1420). I Caneschi furono sconfitti e il C. fu mandato in esilio, insieme con i cugini Battista e Baldassarre. Durante l'esilio, trascorso molto probabilmente a Lucca, fece numerosi viaggi, come attesta il suo libro dei conti all'anno 1420: si recò a Pianoro, Loiano, Barberino, Pietramala, Prato, Pistoia, SerravaIle, Luni. A Lucca, secondo il Frati, conobbe e sposò Lippa di Matteo Trenti, che gli portò in dote 2.000 ducati d'oro. Questi suoi spostamenti, così pericolosamente vicini a Bologna, sono documentati anche da atti giudiziari del podestà di Bologna (luglio 1420), in cui risulta che i confini assegnatigli erano quelli lucchesi. Il C. fu forse richiamato dall'esilio nell'ottobre dello stesso anno, come accadde ai suddetti cugini, dal legato pontificio, per il quale i Canetoli costituivano un'importante pedina antibenevogliesca (in verità il suo nome è nei Rotuli dell'anno accad. 1419-20 e non in quelli del 1420-21; egli fu comunque stipendiato nell'anno 1421-22). La sua attività accademica è regolarmente attestata dall'ottobre 1421 nel Liber secretus: da questo si ricava pure la notizia che il C., il 5 ott. 1424, era assente perché podestà di Siena, ma non è dato sapere la data d'inizio di tale incarico. Nel giugno dello stesso anno fu solennemente insignito a Bologna del titolo di "cavaliere aurato" dal legato Ludovico Alamanni.
Gli ultimi anni di vita del C. furono caratterizzati da una più intensa collaborazione con il legato: il 13 maggio del 1426 si recò con lui a Imola e Forlì per prenderne possesso; il 13 giugno dello stesso anno partecipò ai festeggiamenti per la sua nomina a cardinale. Fu in questo periodo, caratterizzato dall'ascesa politica della sua famiglia, che il C. ebbe per la prima volta una carica abbastanza importante nella sua città: ricoprì infatti l'ufficio di gonfaloniere di Giustizia dal mese di luglio al settembre 1428, in un momento particolarmente delicato. Alla fine di luglio Battista Canetoli organizzò una rivolta contro l'Alamanni: la sommossa ebbe luogo il 1º agosto e i Caneschi si impadronirono del potere. Il C. collaborò col nuovo regime, tanto da mettere a disposizione la sua casa, situata presso porta Stiera, per custodire il cardinale, ormai esautorato; fu confermato inoltre nella carica di gonfaloniere. Il 28 settembre venne inviato come ambasciatore a Venezia con l'incarico di offrire il dominio di Bologna ai Veneziani, se questi avessero difeso la città contro il papa; ma la Serenissima, essendo in guerra contro il duca di Milano, non volle inimicarsi il pontefice.
Mentre a Bologna si stava organizzando la resistenza contro gli eserciti della Chiesa, il C. rimase a Venezia, forse per tentare di convincere il governo veneziano. In questa città fu colto da una grave malattia e il 28 nov. 1428 dettò il suo testamento; morì due giorni dopo. Fu sepolto prima a Venezia e poi, il 30 marzo 1430, a Bologna, nella cappella di famiglia in S. Francesco.
È possibile che un diligente spoglio delle numerosissime raccolte di giurisprudenza consulente edite e inedite faccia venire alla luce consilia o altri lavori del C.: allo stato attuale degli studi, tuttavia, nessuna sua opera è conosciuta. Ci si deve accontentare qui della segnalazione di tre discorsi di cui il primo, dedicato ad Alessandro V, è pubblicato dal Frati (1912); il secondo, indirizzato a Giovanni XXIII alla fine del 1413 o all'inizio del 1414, si trova nella Bibl. naz. di Parigi, cod. lat. 2987, ff. 8v-11v, nel Vat. lat. 5994, ff. 10v-12 e nel cod. 784 (f. 123r) della Bibl. Riccardiana di Firenze; il. terzo, pronunciato durante il concilio di Costanza, nel cod. Vat. lat. 3477, f. 205.
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