NATTA, Marco Antonio
NATTA, Marco Antonio. – Nacque ad Asti nei primi anni del XVI secolo, da Secondino, signore di Isola d’Asti, e da Andrietta Asinari di Cartosio.
I suoi antenati paterni a partire dal XV secolo avevano accresciuto il prestigio del casato come giuristi e collaboratori dei Paleologi, marchesi del Monferrato. Oberto Natta fu al servizio di Teodoro II; i figli Secondino ed Enrietto ne seguirono le orme: in particolare Enrietto, nonno paterno di Marco Antonio, esercitò a Casale le funzioni di vicario, cancelliere e ambasciatore di Gian Giacomo Paleologo; inoltre fu consigliere del duca di Mantova. Pure alcuni figli di Enrietto studiarono leggi: il più celebre fu Giorgio, docente di diritto canonico a Pavia, Pisa, Ferrara, e grande consiliatore, morto nel 1495.
In un clima familiare propenso alla giurisprudenza nella prospettiva di impieghi altolocati, Natta, col fratello Battista (lo ricordò nell’orazione Pro ingressu ordinis, 1552, cc. 3r-5r), fu allievo precoce e brillante, sia nelle lettere sia in leggi, in diverse sedi. Frequentò l’Università di Pavia, seguendo i corsi di Francesco Corti junior, Filippo Decio, Giasone del Maino, ed è verosimile che proprio qui, oltre ad apprendere in modo perfetto le tecniche interpretative del diritto comune, abbia approfondito il suo latino, formandosi uno stile peculiare, e abbia risentito delle intense suggestioni umanistiche che permeavano l’ambiente. Ancora a Pavia, dopo la laurea, fu chiamato «ad lecturam iuris civilis» nel 1519 e tenne la commemorazione di Giasone, morto nello stesso anno.
Proseguì la carriera in varie magistrature e fu nominato giudice della Rota di Genova (istituita nel 1529). Nel maggio 1531 risulta tra i componenti del Consiglio comunale di Asti che accolse Beatrice di Portogallo, duchessa di Savoia, in occasione della sua immissione nel possesso della città e contea e le giurò fedeltà. Seguendo la tradizione familiare di fedeltà dinastica, si dedicò ai Gonzaga come legittimi successori dei Paleologi: prima servì la duchessa Margherita, reggente del Monferrato, che rievocò quale sua principale benefattrice; poi il figlio, duca Guglielmo, succeduto ancora minore al fratello nel 1550, il quale gli manifestò stima e fiducia, favorendolo non soltanto perché valoroso giurista ma pure in ragione dei suoi talenti letterari. Quando Guglielmo fondò la Rota mantovana, fu chiamato a farne parte per un triennio ed entrò in carica il 18 ottobre 1557 insieme con Pietro Giorgio Visconti e Ludovico Bianco, avendo dovuto rinunciare in ragione di ciò alla cattedra di diritto canonico di Pavia a cui lo aveva chiamato il Senato milanese. Lo stesso Guglielmo creò Natta senatore del Senato di Casale – forse con Rolando dalla Valle (Panciroli, 1721, p. 234) – carica mantenuta fino alla morte. Tuttavia, malgrado la famiglia avesse ormai solide radici a Casale, non si legò mai definitivamente alla città, pur restando amico di Stefano Guazzo e di altri letterati, nonché dei senatori dalla Valle, Lorenzo Silvano e Francesco Beccio.
Svolse pure l’attività di giurista consulente, raccolta a cura di Beccio nei Consiliorum sive responsorum… tomi IV (Lione, Senneton, I, 1558; II, 1559; III, 1567; IV, Venezia, G.B. Somasco, 1572; con edizioni successive fino al 1588), i quali rimasero citati a lungo non solo in ambito subalpino ma tra i giuristi di tutta Europa. L’opera di Natta, insieme con quella di Aimone Cravetta, rappresentò infatti un riferimento alla dottrina di diritto comune di origine piemontese anche per Ugo Grozio che, nel De iure belli ac pacis, ne colse il profondo valore equitativo. A proposito di questi pareri, Panciroli, riportando l’opinione di dalla Valle, scrisse un po’ maliziosamente «Eius opinio quandoque tamquam Saturnina, idest singularis, arguitur» (1721, p. 234 ). Alcuni responsi di Natta furono pubblicati tra i Consilia di Lorenzo Silvano (Venezia, Scati, 1574), sia sotto il nome del vero autore, Natta stesso (cfr. cons. 59), sia, per errore dei tipografi, sotto quello di Silvano (cfr. i cons. 12, 86, 100 che in realtà corrispondono ai cons. 284, 358, 364 di Natta). I sostanziosi responsi, in prevalenza composti su richiesta di committenti locali, astigiani, monferrini, genovesi e mantovani, sono costruiti sulla base della communis opinio, però esprimono uno stile caratteristico che evita elucubrazioni troppo complicate, mirando unicamente a raggiungere l’obiettivo, e produce un risultato espressivo limpido, asciutto e incisivo, raro nella letteratura consiliare. Diede un altro contributo in tale campo nelle proprie Additiones ai Consilia di Alessandro Tartagni (Venezia, N. Bevilacqua, 1570; Torino, eredi di N. Bevilacqua, 1575).
Svolse ancora saltuariamente attività didattica nel 1567-68, «extra ordinem» a Pavia, dove probabilmente dettò le RepetitionesIn Authenticam Quod sine die Cod. De test. (C. 6, 23, 21) e In Authenticam Hoc inter liberos Cod. De test. (C. 6, 23, 21), inserite – insieme con una precedente RepetitioIn l. hac consultissima ex imperfecto Cod. De test. (C. 6, 23, 21, 6), già uscita a Venezia nel 1538 per A. Pinzi – nella raccolta Repetitionum in varias iuris civilis legesvolumina octo (Venezia 1608), curata da Pompeo Limpio.
Aveva lasciato Casale per Pavia durante la fase più acuta dei disordini provocati nella capitale monferrina dalla ribellione che contrappose il Comune a Guglielmo Gonzaga. Nel frangente, Natta, insieme con gli altri senatori casalesi, si mantenne fedele al duca che soffocò la sommossa nel sangue.
Morì a Casale il 7 settembre 1568 e, secondo la volontà testamentaria, fu sepolto a Asti, nella cappella di famiglia nella collegiata di san Secondo. Il 12 settembre il duca manifestò il suo cordoglio al Senato per la perdita del valente giurista.
Natta, che non si formò mai una famiglia, fu sempre cultore delle lettere e cristiano di profonda spiritualità. S’impegnò nella riflessione su temi teologici e letterari – comuni pure agli ambienti umanistici monferrini coevi – coltivati unendo l’umanesimo di stampo erasmiano alla religione e allo slancio didascalico, dottrinale e moralistico. Il suo stile peculiare trasse ispirazione da numerose suggestioni, compresa la lezione del dialogo De vero falsoque bono di Lorenzo Valla, dedicato al tema della formazione della coscienza etica. Ebbe il culto delle belle lettere per vocazione, intendendole quale strumento per spronare al bene con forte impronta di rigore morale: obiettivo che emerge pure nelle ricorrenti critiche da lui rivolte ai cattivi giuristi che sfoggiano i loro titoli senza però essere capaci di autentica professionalità.
La sua vena di scrittore esordì nella laurea con l’orazione Pro ingressu ordinis, primo di una serie di testi d’occasione e opere di carattere morale o religioso: De cooptatione in Collegium de se facta…; Pro disputatione non vulgari; In Jasonem Mainum, supremo eius die; In Ius Civile, et Pontificium, et ad Discipulos, ut studiis incombere velint; Pro magistratu Genuensi; Pro Illustri et generoso viro Ioanne Rotario Vitiae Domino, in eius funere; De bello in Turcas gerendo (Pavia, F. Moscheni, 1552); De Pulchrolibri sex (ibid., id., 1553); De Pulchroet obiter de universa mundi fabrica (Venezia, F. Portonari, 1555); Pro novo triumviratu Rotae Mantuanae (Milano, F. Moscheni, 1556); In Divi Hieronymi Stridonensis natale (Mantova, V. Ruffinelli, 1557); De oratione ad Deum e Dialogo della oratione a Dio (Venezia, F. Portonari, 1557); De Dei locutione (ibid., Accademia Veneziana, 1558); De Deo libri XV (Venezia, P. Manuzio, 1559); Opusculum Philosophiae et de humanitate Christi (Mondovì, [L. Torrentino?], 1561); In festo Assumptionis… e De humilitate (Venezia, A. Arrivabene, 1561); De principum doctrina; In funere Ioannis Francisci Nattae Patruelis, In Obitu Illustrissimi Hieronymi Adurni, Laudatio, seu Consolatio; Pro se, et Fratribus, seu pro familiarum Dignitate; Quum suscepit Mantuae Magistratum Rotae; Post absolutionem gesti Magistratus…; De christianorum eloquentia liber in De libris suis quibusdam nunc primum in lucem editis, et argumentis eorum (ibid., id., 1562); De immortalitate animae…; In Domini Natale…; De Quadragesimali ieiunio…; De poenitentia…; In festum diem Paschatis…; De fuga saeculi, et studio religionis …; De perfecta vita; De poetis, liber (ibid., id., 1564) De Passione… (Mondovì, s.i.t., 1570).
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