VASTO, marchesi del
VASTO, marchesi del. – La famiglia trasse origine dal marchese Bonifacio (v. la voce in questo Dizionario), che tra l’XI e il XII secolo fu uno dei personaggi più potenti nei territori tra Liguria e Piemonte. Da un primo matrimonio ebbe un figlio (Bonifacio di Incisa, diseredato dal padre nel testamento del 1125) e una figlia, mentre dal secondo matrimonio, stretto con Agnese di Vermandois, ebbe sette figli (Manfredo, Guglielmo, Ugo, Anselmo, Enrico, Bonifacio minore e Ottone) e due figlie (Sibilla e Adelaide). Questo gruppo di sette fratelli è quello che viene normalmente identificato come ‘marchesi del Vasto’, dato che a partire dagli anni Sessanta del XII secolo usarono questo titolo, ripreso sporadicamente sia dai loro discendenti nel XIII secolo, sia da un ramo parallelo (figli di un fratello di Bonifacio) radicato nel principato normanno di Sicilia.
Grazie alla grande espansione politica e patrimoniale attuata dal padre dopo la fine della marca arduinica di Torino, i figli di Bonifacio del Vasto si trovarono ad agire su un territorio molto esteso e sulla base di un patrimonio disperso in decine di villaggi: le terre controllate dai marchesi andavano dalle campagne immediatamente a sud di Asti fino ad Albenga, e da Savona fino alla pianura tra Saluzzo e Pinerolo. Il patrimonio fu trasmesso ai fratelli in modo paritario nel testamento di Bonifacio del 1125, e fu poi integrato da una fitta rete di relazioni clientelari e vassallatiche con l’aristocrazia signorile della regione.
Nei decenni successivi alla morte di Bonifacio sembra escluso dall’azione politica locale Bonifacio minore, che scompare dalla documentazione dopo il testamento paterno, per poi essere attestato nel 1183 in un breve documento di prestito. Gli altri fratelli agirono in modo coordinato: in diverse occasioni ritroviamo fianco a fianco Manfredo, Ugo ed Enrico, o Manfredo e Guglielmo, e così via. L’unico atto in cui li ritroviamo tutti uniti è la fondazione dell’abbazia cistercense di Staffarda, databile al 1138: con questo atto, i «marchiones, filii domni Bonefacii, scilicet Manfredus, Willelmus, Ugo, Anselmus, Enricus, Oddo Bovarius» donarono ai monaci cistercensi ampie terre che andarono a costituire la prima dotazione fondiaria della nascente abbazia (Cartario della abbazia di Staffarda, a cura di F. Gabotto - G. Roberti - D. Chiattone, I, 1901, p. 14).
La presenza di tutti i fratelli riuniti mette in evidenza il rilievo che la fondazione di Staffarda ebbe per la politica familiare: i marchesi del Vasto non solo contribuirono a creare un centro religioso nuovo all’interno dei territori della marca di Torino, ma lo fecero promuovendo la presenza della congregazione cistercense, che proprio in quei decenni, anche con il sostegno determinante di diversi rami del gruppo parentale aleramico, stava sviluppando rapidamente la sua presenza nell’Italia settentrionale. Il successo del monachesimo cistercense fece sì che le diverse abbazie nate in quei decenni raccogliessero una grande massa di donazioni da parte della piccola aristocrazia e dell’élite contadina. Per i Vasto, quindi, fondare Staffarda significò creare un grande polo religioso di riferimento per la società del saluzzese, con un monastero strettamente associato al loro potere. Il saluzzese non fu un’area scelta a caso per questa azione: lontana dalle città e ricca di patrimonio dei marchesi, appariva probabilmente l’area più promettente per futuri sviluppi del potere dei Vasto, e quindi zona ideale in cui compiere un pesante investimento come questo intervento di promozione della presenza cistercense. Non a caso Manfredo e Ugo condussero un’operazione del tutto analoga pochi anni dopo e non lontano da lì, con la fondazione dell’abbazia cistercense di Casanova, nel 1142.
Solo nell’atto di fondazione di Staffarda troviamo tutti e sei i fratelli, ma in molte altre occasioni gruppi di due o tre fratelli agirono insieme, sia a livello locale, sia alla corte imperiale, dove i Vasto furono molto attivi a partire dal 1160. È in quell’anno infatti che il cronista Ottone Morena ricorda i marchesi del Vasto tra coloro che si impegnarono a fornire all’imperatore Federico I cavalieri, arcieri e balestrieri (Ottonis Morenae... Historia Frederici I, a cura di F. Güterbock, 1930, p. 126). Nel 1162 Manfredo, Ugo ed Enrico furono presenti alla corte imperiale, e lo stesso Enrico il 10 giugno ottenne da Federico I la concessione di un diploma di conferma dei suoi beni e dei suoi diritti, chiaramente indirizzato a tutelare il marchese, fedele dell’imperatore, dalle ambizioni egemoniche della città di Genova, che aveva a sua volta ottenuto un ampio diploma imperiale il giorno precedente (Diplomata regum..., 1979, pp. 221-226). I tre marchesi furono di nuovo alla corte imperiale nel 1167, ma nel decennio seguente fu soprattutto importante il legame tra Federico I ed Enrico, detto il Guercio, che assunse ampi compiti politici per conto dell’imperatore, fino a rappresentarlo nelle trattative che portarono alla stipula della Pace di Costanza, nel 1183.
Fu nel quadro della presenza a corte che comparve il predicato toponimico ‘del Vasto’: se in sede locale sembrava sufficiente un’indicazione come Manfredus marchio, filius quondam Bonefacii marchionis (o espressioni analoghe), nel confronto con la grande aristocrazia d’Impero e di fronte all’esigenza di essere identificati con sicurezza, i marchesi adottarono un predicato toponimico nuovo, come avvenne per molte altre dinastie in quei decenni.
Si è molto discusso su questa indicazione ‘de Wasto’ o ‘de Guasto’, che non può essere ricondotta a nessun luogo specifico (nonostante qualche fantasiosa ricostruzione erudita che aveva cercato di collegare i marchesi alla città di Vasto, in Abruzzo). Si è proposto di vedere un riferimento all’intera regione a cavallo tra Piemonte e Liguria, poco o pochissimo popolata, e quindi identificabile come il ‘Guasto’, ma questa definizione non compare mai nelle fonti, al di fuori dei riferimenti specifici ai marchesi; è invece probabile che il ‘Guasto’ fosse piuttosto un modo per rivendicare la propria forza militare, la propria capacità di distruzione e saccheggio, di compiere appunto il ‘guasto’ ai danni dei nemici. Questa sarebbe peraltro una scelta coerente con quanto fecero negli stessi decenni altre dinastie aristocratiche, che celebrarono la propria capacità di saccheggio (Pelavicino), di fare violenza ai sudditi (Guastavillano) o ai potenti (Ammazzaconte, Cacciabate ecc.).
Il titolo non fu usato a lungo né ampiamente: compare nei diplomi imperiali soprattutto negli anni Sessanta del XII secolo (quando i marchesi furono più regolarmente attivi alla corte imperiale) e poi più sporadicamente in seguito; in sede locale, lungo la seconda metà del secolo troviamo un uso del tutto occasionale da parte di singoli marchesi, nella cui documentazione divennero presto prevalenti i predicati toponimici usati per indicare le singole dinastie a cui diedero vita (marchesi di Saluzzo, del Carretto ecc.). In seguito, fino ai primi decenni del Duecento, il riferimento ai marchiones de Vasto si ritrova soprattutto in grandi accordi e atti di pacificazione a livello regionale, in cui altre potenze regionali fanno riferimento complessivamente al gruppo parentale indicandolo con questo cognome collettivo (Codex Astensis..., a cura di Q. Sella - P. Vayra, II, 1887, p. 309; Il “Rigestum comunis Albe”, a cura di E. Milano, 1903, p. 35; A. Tallone, Regesto dei marchesi di Saluzzo..., 1906, p. 327).
Questi usi del titolo di marchesi del Vasto sono indicativi di alcuni aspetti della collocazione politica della famiglia: a corte il titolo nacque dall’esigenza di identificarsi, a cui risposero collettivamente, come gruppo di fratelli che agiva politicamente in modo coeso; in sede locale, il titolo era portatore di forza e legittimità, perché sottolineava l’appartenenza del singolo marchese al gruppo politicamente dominante nell’area a cavallo tra Piemonte e Liguria, ma presto lasciò spazio a identità politiche più specifiche, proprie delle singole dinastie; tuttavia nel quadro politico regionale il gruppo parentale – fatto di fratelli e poi via via di cugini di primo e secondo grado – fu visto ancora a lungo come una forza politica e militare coordinata, con cui confrontarsi collettivamente.
Il titolo di marchesi del Vasto e l’importante diploma ottenuto nel 1162 da Enrico Guercio non furono i soli esiti dell’intenso rapporto che i marchesi strinsero con la corte imperiale negli anni Sessanta. A partire dagli anni Settanta constatiamo nell’azione dei marchesi – e soprattutto in quella del primogenito, Manfredo – un mutamento importante sia sul piano della prassi politica sia su quello del linguaggio politico e documentario: da un lato Manfredo avviò una più articolata sottomissione delle dinastie aristocratiche attive nel saluzzese, l’area in cui stava costruendo un’ampia egemonia territoriale, consolidata anche da una politica tendente a impossessarsi sistematicamente dei castelli; dall’altro lato le forme e il linguaggio dei documenti manifestarono un chiaro salto di qualità dal punto di vista della consapevolezza politica dei marchesi, con la costruzione di un’immagine del potere marchionale come una dominazione principesca, profondamente diversa dalle piccole signorie di castello sottomesse ai marchesi.
Queste evoluzioni devono essere inserite in una tendenza alla divisione del gruppo parentale, che si innescò nei decenni centrali del XII secolo: se i marchesi continuarono a operare collettivamente sulla scena politica imperiale e regionale, avviarono al contempo la costruzione di ampie dominazioni signorili in spazi politici distinti, con un’articolazione del territorio che Bonifacio del Vasto aveva sottomesso e trasmesso ai figli. Il primogenito, Manfredo, si radicò nell’area del saluzzese, e da lui ebbero origine i marchesi di Saluzzo, la dinastia di maggior rilievo tra quelle discese da Bonifacio del Vasto; nella stessa area (che forse sembrava offrire opportunità particolarmente alte di potenziamento dinastico) si installò Guglielmo, da cui discesero i marchesi di Busca e poi il ramo collaterale dei marchesi Lancia, destinati a grande fortuna alla corte di Federico II; Enrico il Guercio conservò il controllo dell’area tra Savona e le Langhe, dando origine ai marchesi del Carretto, che ebbero una lunghissima vicenda storica lungo tutto il Basso Medioevo e l’Età moderna; infine Anselmo pose il centro del suo potere nell’area appenninica più a occidente, dando vita alle dinastie dei marchesi di Ceva e dei marchesi di Clavesana, a lungo attivi tra Piemonte e Liguria.
Ugo, Ottone Boverio e Bonifacio minore morirono invece senza lasciare eredi: Ugo scomparve dalla documentazione dopo il 1142, e forse non partecipò alla spartizione tra i fratelli; i beni di Ottone (forse attivo nelle Langhe) e di Bonifacio (radicato a Cortemilia) furono invece divisi tra le altre dinastie dei marchesi del Vasto.
Fonti e Bibl.: Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella - P. Vayra, Roma 1887, ad ind.; Cartario della abazia di Staffarda, a cura di F. Gabotto - G. Roberti - D. Chiattone, I, Pinerolo 1901, ad ind.; Il “Rigestum comunis Albe”, a cura di E. Milano, Pinerolo 1903, ad ind.; A. Tallone, Regesto dei marchesi di Saluzzo (1091-1340), Pinerolo 1906, ad ind.; Ottonis Morenae... Historia Frederici I, a cura di F. Güterbock, Berlin 1930, p. 126; Diplomata regum et imperatorum Germaniae, X, 2, Hannover 1979, ad indicem.
D. Muletti, Memorie storico-diplomatiche appartenenti alla città e ai marchesi di Saluzzo, I-VI, Saluzzo 1829-1833, ad ind.; G. Cordero di San Quintino, Osservazioni critiche sopra alcuni particolari della storia del Piemonte e della Liguria nei secoli XII e XIII, in Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino, s. 2, XIII (1853), pp. 1-338; A. Tallone, Tomaso I marchese di Saluzzo (1244-1296), Pinerolo 1916; L. Provero, Dai marchesi del Vasto ai primi marchesi di Saluzzo. Sviluppi signorili entro quadri pubblici (XI-XII secolo), Torino 1992; Bianca Lancia d’Agliano. Fra il Piemonte e il regno di Sicilia. Atti... Asti-Agliano 1990, a cura di R. Bordone, Alessandria 1992; L. Provero, I marchesi del Carretto: tradizione pubblica, radicamento patrimoniale e ambiti di affermazione politica, in Savona nel XII secolo e la formazione del comune: 1191-1991, in Atti e memorie della Società savonese di storia patria, n.s., XXX (1994), pp. 21-50; L’abbazia di Staffarda e l’irradiazione cistercense nel Piemonte meridionale. Atti... Staffarda-Revello 1998, a cura di R. Comba - G.G. Merlo, Cuneo 1999; Santa Maria di Casanova. Un’abbazia cistercense fra i marchesi di Saluzzo e il mondo dei comuni. Atti... Casanova 2003, a cura di R. Comba - P. Grillo, Cuneo 2006; Ceva e il suo marchesato. Nascita e primi sviluppi di una signoria territoriale, a cura di R. Comba, Cuneo 2012; A. Fiore, Il mutamento signorile. Assetti di potere e comunicazione politica nelle campagne dell’Italia centro-settentrionale (1080-1130 c.), Firenze 2017, pp. 257 s.