BOLDETTI, Marcantonio
Nato a Roma il 19 nov. 1663 da agiata famiglia d'origini lorenesi, compì i propri studi al collegio Ghisleri, abbracciando lo stato ecclesiastico ed attendendo, soprattutto, allo studio della filosofia morale e dell'erudizione sacra e profana. Approfonditosi successivamente nello studio della lingua ebraica, sotto Innocenzo XII ne fu nominato scrittore presso la Biblioteca Vaticana.
Più tardi, in quel periodo di completo dissesto economico della comunità ebraica romana, quando più strette e più serrate s'andavano facendo nei suoi confronti la sorveglianza e l'influenza della Sede apostolica, il B. fu deputato dal cardinal vicario Gaspare Carpegna ad assistere alle prediche forzate agli Ebrei, nell'oratorio della Trinità dei Pellegrini, e preposto dalla Congregazione del S. Uffizio alla revisione di scritti e "materie" riguardanti l'ebraico.
Frattanto il B. andava occupandosi, con interesse sempre crescente, di antichità cristiane, investigando costantemente i cimiteri sotterranei romani, con l'aiuto ed il favore di Alessandro Bonaventura, succeduto a Raffaele Fabretti (dal 1689 segretario dei memoriali) nella custodia delle catacombe e delle reliquie.
Confermato il Bonaventura nella carica di elemosiniere segreto (cui era stato chiamato da papa Pignatelli nel 1691), il B., divenuto canonico di S. Maria in Trastevere, fu nominato dal nuovo pontefice Clemente XI custode delle reliquie e dei cimiteri. Membro consultore della Congregazione delle Indulgenze, il 15 luglio 1706, previa autorizzazione del Carpegna, fu scelto da Giorgio Spinola come suo delegato all'ufficio di coadiutore di Bernardino Casoli, precettore dell'ospedale di S. Spirito.
La nuova carica di custode diede maggior impulso alle ricerche del B.: si scoprirono nuove regioni cemeteriali, sepolcri inviolati, cripte ed ambulacri intatti, affreschi e corredi tombali di notevole interesse, monete, iscrizioni. Nel 1720 il B. scoprì, nella vigna Serafini, le catacombe di Commodilla, e con Giovanni Marangoni, che gli si era intanto affiancato nelle ricerche, identificò quelle di Trasone sulla Salaria. Nel medesimo anno, dopo quasi trent'anni d'esplorazione delle catacombe cristiane di Roma, il B. pubblicò, su invito dello stesso papa Albani, le Osservazioni sopra icimiteri de' santi martiri edantichi cristiani diRoma (Roma 1720).
Gli Acta eruditorum di Lipsia ne davano notizia il 1º nov. 1722 (n. II, pp. 513-524) e sottolineavano il tentativo compiuto dal B. di confermare quella "fides cipporum" che studiosi "subacti ingenii et emunctae naris" avevano da tempo revocato in dubbio. Essi non passavano volutamente al vaglio la pertinenza e la solidità degli argomenti del B. né si preoccupavano di vedere quanto in effetti si potesse per mezzo di essi risolvere le obiezioni "gravissime" formulate da critici e da teologi "contra reliquiarum fidem cultumque" e si limitavano piuttosto, prima di darne l'estratto, a lamentare il mancato uso del latino nell'opera di un autore che si sforzava di superare "tutti" i suoi predecessori e presentava, per giunta, tanta abbondanza di materiali.
In realtà, il periodo di fervida attività di ricerca, che aveva preceduto la stesura delle Osservazioni, aveva messo a disposizione del B. la più gran messe di materiali conosciuta dopo le esplorazioni che Antonio Bosio aveva condotto nella Roma sotterranea cristiana fra il 1593 ed il 1629.
Senonché alla quantità dei dati raccolti non faceva riscontro nel B. nessuna sistematicità dell'indagine. Le sue esplorazioni archeologiche procedevano, infatti, senza alcun ordine e metodo. Le sue numerosissime annotazioni rimanevano imprecise e slegate, senza fornire una esatta descrizione degli oggetti trovati e senza nemmeno indicarne la provenienza, ed erano spesso redatte senza saper valutare l'effettiva importanza di questi.
D'altra parte, lo studio dell'archeologia cristiana, sorto con il rinnovamento della storia ecclesiastica, al fine d'opporre più validi argomenti alle obiezioni dei riformati, aveva cominciato a mostrare, dopo le ricerche del Bosio, una vera e propria condizione di stasi. Una stasi degli studi, a ben vedere, cui s'opponeva l'attività spesso spasmodica di "fossori", che sconvolgevano irrimediabilmente le catacombe di Roma nella quotidiana ricerca di "corpi santi" pronti a soddisfare (dopo il riconoscimento del cardinal vicario) le continue richieste, da parte di privati e di monasteri, di quelle reliquie di martiri, il culto delle quali aveva avuto peraltro incremento dalle stesse indagini precedenti. Si trattava di scavi caotici e privi di metodo, intrapresi su esplicita licenza papale, cui non faceva seguito la benché minima descrizione del materiale e che provocavano, in genere, la totale distruzione di esso. Allarmati, i pontefici rifiutarono allora ogni concessione a privati ed affidarono la direzione dei lavori alle autorità ecclesiastiche. Ma la maggior preoccupazione dei papi risiedeva altrove: nelle crescenti riserve e nelle critiche che cominciavano a muoversi sulla ricognizione e sulla venerazione stessa delle "sacre reliquie", la cui raccolta rimaneva scopo principale delle ricerche, pur dopo l'istituzione di regolari imprese di scavo, e per la cui identificazione il 1º apr. 1668 Clemente IX pubblicava un apposito decreto. Alle decise accuse d'idolatria di parte protestante (H. Dowell, De martyrum paucitate in primaevisChristianorum persecutionibus, in Dissertationes Cyprianicae, Oxonii 1684, pp. 217-351) s'affiancavano nel 1691 le puntuali osservazioni di Thomas Burnet e di Maximilien Misson. Nel 1698 Jean Mabillon pubblicava a Parigi l'epistola di Eusebio Romano a Teofilo Gallo De cultu sanctorum ignotorum, la quale, scritta nel 1691 e mantenuta per sette anni sotto la minaccia dell'Indice, denunciava apertamente il saccheggio delle catacombe romane e criticava con precisione le ricognizioni sommarie, senza discernimento, delle ossa rinvenute nei cimiteri. Nello stesso anno le obiezioni del Mabillon trovavano eco in Italia nella Disquisitio de reliquiis, che Ludovico Antonio Muratori faceva seguire all'edizione milanese della Notula oleorum. I rilievi del Muratori e del Mabillon ripetevano temi della polemica rigorista e filogiansenista, e risentivano ancora delle controversie dommatiche che stavano ormai per riprendere con raddoppiata violenza. In questa temperie, che vedeva la Curia attestarsi su rigide posizioni di condanna (bolla Vineam Domini del 1705), Clemente XI chiese al canonico B. di rispondere alle critiche sollevate e di dar ragione pubblicamente delle norme da lui seguite nelle investigazioni dei sepolcreti sotterranei cristiani. Gli appunti, che il B. aveva raccolti sin dal principio senza avere "il pensiere di esporli alla pubblica luce, e al buon genio degli eruditi", si disponevano in un'opera, che non doveva riuscir descrittiva, ma apologetica, e meglio, un trattato canonico sulle reliquie dei santi.
Le Osservazioni del B., infatti, piuttosto che alla esigenza di ricostruire la vita cristiana nel mondo antico, oggettivamente, in base alle proprie espressioni materiali, rispondevano in fondo al bisogno di ritrovare nelle catacombe di Roma quelle testimonianze del progressivo affermarsi della Chiesa primitiva più direttamente utilizzabili al livello del culto e della polemica confessionale, respingendo, d'accordo con la stragrande maggioranza degli studiosi cattolici (fra gli altri, un uomo del merito e della competenza di Anton Maria Lupi), le critiche, che da più parti (gli studiosi, i teologi, ai quali alludevano gli Acta eruditorum) venivano avanzate contro il decreto di papa Rospigliosi, e rinunciando, invece, con evidente errore di prospettiva metodica, all'opinione, pur accertabile con l'esperienza delle sue stesse scoperte, che le catacombe fossero interamente costruzioni cristiane e non adattamento di antiche arenarie.
Inoltre, l'assenza di sistematicità, che aveva contraddistinto tutte le ricerche del B., si rifletteva ora nella sua opera, la quale riusciva, nell'appassionata difesa del culto dei martiri, negligente, manchevole nelle descrizioni, imprecisa nelle citazioni. I monumenti vi erano ricordati senza alcun ordine, né topografico né tipologico, secondo le necessità della controversia. Le epigrafi, riportate in gran numero, si distinguevano per la "ignava incuria" (G. B. De Rossi, Inscriptiones christianaeUrbis Romae, I, Romae 1857-61, p. XXVI*) con cui venivano riprodotte.
Determinanti, per la stesura delle Osservazioni, furono, per esplicito riconoscimento del B., il consiglio e l'aiuto, in tema di "erudizione" e d'epigrafia, di Filippo Buonarroti (lettere del B. al Buonarroti alla Marucelliana di Firenze, A 195) e di monsignor Enrico Noris, e grande, nell'utilizzazione dei dati storici e topografici, la collaborazione del Marangoni (Osservazioni, pp. 535 ss.: "catalogo e descrizione degli antichi cimiteri de i martiri e cristiani situati nell'Agro Romano").
Con il Marangoni il B. continuò, dopo la pubblicazione delle Osservazioni, lo studio e le esplorazioni dei cimiteri sotterranei cristiani, ed è, certo per l'influenza del primo che le nuove ricerche presero ad essere topograficamente ordinate ed i materiali, accuratamente descritti, interpretati e datati, in un'opera corredata di disegni e di piante, ma quasi interamente perduta nell'incendio che nel 1737 distrusse la casa degli autori (i pochi resti furono pubblicati dal Marangoni in appendice agli Acta sancti Victorini, Romae 1740, pp. 61 ss.).
Sempre più urgente si andava intanto facendo il problema della conservazione del materiale, rinvenuto di volta in volta nelle catacombe romane ed interamente asportato (spesso senza la necessaria attenzione e senza criteri, come denunciava Pier Francesco Foggini in una lettera pubblicata anonima nelle Novelle Letterarie di Firenze del 6 giugno 1749): soprattutto notevole era la dispersione delle iscrizioni. Il Marangoni ed il B. presentarono allora a papa Clemente XI (sensibilissimo ai problemi della tutela del patrimonio artistico ed archeologico) la proposta d'istituire nel corridoio che conduceva alla Biblioteca Vaticana una raccolta di epigrafi sacre e profane, nel senso già da tempo indicato da Francesco Bianchini. Benché approvato, il progetto si rivelò di difficile attuazione, sicché i due studiosi decisero di distribuire (talvolta senza farne la copia e senza annotarne, ancor una volta, la provenienza) a diverse chiese di Roma, sopra tutte a S. Maria in Trastevere, a S. Giovanni de' Fiorentini, a S. Giovanni Calabita, le iscrizioni da loro trovate nelle catacombe. Finché nel 1742 il B. non ne fu pubblicamente censurato con argomenti che il Marangoni confutò con un'ampia memoria Delle cose gentilesche e profanetrasportate ad uso e adornamento delle chiese, pubblicata a Roma nel 1744.
Protonotario apostolico, il B., che aveva rinunciato al vescovato per potersi interamente dedicare alla sua attività di custode e di consultore delle Indulgenze, morì a Roma il 4 dic. 1749, lasciando sue eredi universali le cisterciensi di Anagni, in favore delle quali aveva sempre impiegato le rendite del suo canonicato.
Oltre alle Osservazioni, delle quali si conserva un riassunto nel codice Vat. 8370, restano inedite del B. le Informazioni delcimitero di S. Ciriaco nel Vat. 9201, cc. 85-87 b.
Fonti e Bibl.: Oltre alla vita del B. scritta dal Marangoni e conservata alla Marucelliana di Firenze, A 31, si veda Giornale de' letterati d'Italia, XXXIII (1722), n. 2, pp. 504-505; Novelle della repubblica letteraria, 1741, pp. 114-115; Giornale de' letterati pubblicato in Firenze, V (1746), n. 2, pp. 29 ss.; Novelle letterarie pubblicate in Firenze, X (1749), coll. 550 ss.; Storia letteraria d'Italia, II, Venezia 1751, pp. 538 ss.; Novelle letter.pubblicate in Firenze, XIII (1752), coll. 355 ss.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1449 ss.; F. M. Renazzi, Storia dell'Università degli studi di Roma, IV, Roma 1806, pp. 193-194; G. B. De Rossi, La Roma sotterraneacristiana, I, Roma 1864, pp. 52 ss.; M. S. De Rossi, ibid., app., pp. 2 ss.; (G. Amati), Bibliografia romana, I, Roma 1880, p. 39; L. von Pastor, Storia dei papi, Roma 1933, XV, pp. 389 ss.; XVI, I, p. 162; G. B. De Rossi, Sulla questione del vaso disangue, a cura di A. Ferrua, Città del Vaticano 1944, pp. XVIII ss., 8 ss.; S. Bertelli, Erudizione e storia in L. A. Muratori, Napoli 1960, pp. 36 ss.; P. Testini, Le catacombe e gli antichi cimitericristiani, Bologna 1966, pp. 22-23; G. Moroni, Diz. di erudiz.storico-eccles., ad Indices; Enc. Ital., IV, p. 33, s. v. Archeologia; IX, p. 394, s. v. Catacombe; Enc. Catt., II, p. 1771.