CHIARINI, Marc'antonio
Nacque a Bologna il 10 dic. 1652 da Niccolò, figlioccio di Ludovico Carracci, e da Caterina Fracassati di Budrio. Operò come quadraturista, scenografo, architetto. Allievo di Francesco Quaini e di Domenico Santi detto il Mengazzino, ereditò attraverso questi maestri la grande lezione del Mitelli, di cui fu uno dei maggiori interpreti e continuatori.
Principale biografo del C. è lo Zanotti che ne ricorda le molte imprese decorative. Purtroppo perduta è l'attività del primo decennio: collaborazione col maestro Quaini nella decorazione della sala della Compagnia dei falegnami a Bologna (1672), affreschi nel palazzo del conte Rinald Catti ad Argenta (1674) e nella volta della sala dei Globi della Biblioteca Federiciana a Fano (1678) in collaborazione col figurista ravennate Clemente Maioli.
Nel 1681 ebbe inizio il lungo sodalizio col figurista Giovanni Antonio Burrini.
Nella villa Albergati, ora Theodoli, di Zola Predosa i due artisti, con la collaborazione di Giacomo Antonio Mannini, affrescarono sei stanze del primo piano. Le incorniciature realizzate in questa occasione dal C. sono ancora lontane da quel successivo uso di strutture decorative più propriamente architettoniche che l'artista porterà in seguito ad arditissime costruzioni illusionistiche. Tuttavia già gli affreschi per il salone da ballo di palazzo Mansi a Lucca (1687-88 circa), in collaborazione con Giovan Gioseffo Dal Sole, denunciano quel diverso impegno di costruzione prospettica per il quale l'artista si era avviato. Perduta è invece l'altra impresa toscana: gli affreschi per la chiesa di S. Francesco di Paola a Pistoia (1691) ove il C. ebbe come collaboratore figurista Giuseppe Maria Crespi.
Al ritorno nella città natale l'artista riprese la collaborazione col Burrini che già aveva condotto con sé a Novellara nel 1685 per dipingere nella rocca "una camera assai grande con l'istoria di Candaule" (Zanotti, B. 6), oggi scomparsa. Con questo artista il C. eseguì la maggior parte delle sue imprese bolognesi. Di queste sussistono tuttora le quadrature nella galleria con Le fatiche di Ercole in palazzo Bugami (1689) e quelle di due sale, oggi occupate dall'ufficio del personale, nel palazzo pubblico (1690), ove le figure burriniane alludono alle glorie di Felsina. Ancora col Burrini decorò alcune sale della distrutta casa Marchesini ed eseguì gli affreschi, oggi perduti, per la cappella del Santissimo nella chiesa della Annunziata, che F. Algarotti (Opere scelte, Milano 1823, III, pp. 233-35) definisce "forse il capo d'opera della quadratura bolognese". Ultimo frutto della collaborazione dei due artisti fu la decorazione della volta della cappella di S. Gaetano (1694) nella chiesa di S. Bartolomeo, ove il C. affrescò anche, nel 1708, lo sguancio della balaustra dell'organo e i due medaglioni ai lati della bussola (Zanotti, B.6). Questi ultimi lavori tuttavia non gli sono attribuiti dall'Anonino Teatino che nel sec. XVIII compilò, sulla scorta di carte d'archivio, una Descrizione minuta della chiesa... (a cura di L. Gherardi, Bologna 1967, p. 49).
È del 1708 la collaborazione con Donato Creti in palazzo Pepoli Campogrande ove il C. realizzò l'intelaiatura prospettica per l'Alessandro che taglia il nodo gordiano offrendo una delle migliori prove della sua poetica di pittore di architetture illusive. Sempre per la famiglia Pepoli nel 1701 aveva dipinto, in Palazzo Vecchio, piccola galleria.
Di diversi altri cicli decorativi bolognesi si ha notizia dalle fonti che tuttavia non sempre ce ne tramandano le date di esecuzione.
Nel 1696 hanno inizio i lavori in cinque sale di palazzo Manzoli, oggi Malvasia; nel 1703 in unagalleria di palazzo Zambeccari, oggi Francia (così riporta lo Zanotti, mentre l'Oretti riferisce di più camere), e nel 1705 in una sala di palazzo Pini-Alamandini. In palazzo Ratta, attualmente sede dei Pii Istituti educativi, le fonti ricordano dipinte dal C. "alcune stanze" e la prospettiva del cortile (affreschi non più esistenti) e in palazzo Fava "il basamento di una galleria". Sussistono tuttora invece gli affreschi della volta ed una prospettiva nel vano dello scalone in palazzo Locatelli, mentre è scomparsa la prospettiva del cortile di palazzo Vizzani, eseguita nel 1692 e in seguito restaurata da Antonio Bibiena. Al 1695 risalgono le ben conservate quadrature nella cappella dell'Inquisizione nel convento della chiesa di S. Domenico. Si ricordano inoltre i restauri compiuti sui perduti affreschi di Girolamo Curti detto il Dentone per la cappella della sacrestia di S. Pietro.
Nell'ultimo decennio del Seicento importanti commissioni chiamarono l'artista anche fuori dalla città natale. Il 7 luglio 1695 (Zanotti, B. 6) partì per Milano invitato dal conte Filippo Archinto per decorare nel suo palazzo i soffitti di due sale in collaborazione col figurista milanese Andrea Lanzani. L'anno successivo soggiornò invece a Modena ove dipinse con Gianmaria Cioni e Flaminio Verati il soffitto di una camera da letto ed una piccola sala nell'appartamento della duchessa in palazzo ducale (G. Dall'Olio, I fregi del regio palazzo..., Modena 1811, p. 77). Verso il 1698 invece, immediatamente dopo il ritorno da Vienna, si collocano gli affreschi di una sala di casa Supini a Bergamo eseguiti col bolognese Giuseppe Gambarini, autore delle figure.
Nel 1697 l'artista si era recato per la prima volta a Vienna, chiamato da Eugenio di Savoia, e vi aveva dipinto, col già ricordato Lanzani, la cosiddetta "sala rossa" nel palazzo d'inverno del principe (oggi ministero delle Finanze). Seguirono a questo primo viaggio altri due lunghi soggiorni nella città austriaca (1710-1714 e 1715-1726), durante i quali compì alcune fra le sue maggiori imprese decorative. Nel 1710-12, ancora nel palazzo d'inverno, fu impegnato ad affrescare con Giuseppe Gambarini (poi sostituito da Louis Dorigny) la "sala azzurra", ex camera da letto del principe, e la "galleria" o "sala lunga" adibita a biblioteca. Tuttavia il lavoro di maggior impegno commessogli da Eugenio di Savoia fu la decorazione della sala dei marmi nel Belvedere inferiore (1716), con figure di Martino Altomonte, celebrante l'apoteosi del principe sabaudo.
Alla grandiosa impresa collaborò il genero e discepolo Gaetano Fanti, in seguito erede di importanti commissioni affidate al suocero, ma da questo non intraprese per l'età avanzata. La notevole parte avuta dal Fanti negli affreschi del Belvedere rende oggi problematica la attribuzione di taluni ambienti. In particolare la camera da letto, con figure ancora di Martino Altomonte (dal pittore firmate e datate 1716) e attribuita al solo Fanti, fu sicuramente frutto di collaborazione ed è forse identificabile con quell'"altra camera nel palazzo istesso" che lo Zanotti attribuisce invece al solo Chiarini.
Precedono i lavori al Belvedere gli affreschi della sala terrena di palazzo Trautson (1713-14 circa), sempre in collaborazione con il Fanti, mentre successivi si devono considerare i grandiosi affreschi della volta dello scalone, della galleria e della sala ovale di palazzo Daun-Kinsky, con figure di Carlo I. Carloni. I lavori viennesi menzionati dallo Zanotti sussistono tuttora benché alcuni radicalmente restaurati dopo i danni dell'ultima guerra.
Non secondaria, nel percorso artistico del C., si deve considerare l'attività di scenografo.
La prima prova fu precocissima, collocandosi verso il 1673quando, come ricorda il nipote Vincenzo Fanti, fu chiamato dal marchese Ippolito Bentivoglio a Ferrara ove apprestò nel palazzo di questo "un suntuoso teatro e dipinse l'intero scenario". Tuttavia le scene più impegnative e lodate furono quelle allestite nel bolognese teatro Malvezzi per i melodrammi La Forza della virtù (1694: Musei e gallerie di Milano,Museo... alla Scala, Milano 1976, III, p. 583, tav. 955)e il Nerone fatto Cesare (1695: Enc. dello Spettacolo, III, tav. LXXI) nelle quali l'artista si avvale sia della rappresentazione con il punto di fuga centrale ove convergono le acutissime ali prospettiche, sia della rappresentazione con il punto di fuga laterale e fuori campo, in consonanza con le contemporanee innovazioni del concittadino Ferdinando Bibiena. Le scene di entrambi i drammi, per il favore incontrato, furono subito incise da Carlo Antonio Buffagnotti e da Giacomo Giovannini, mentre non resta alcuna testimonianza grafica di quelle apprestate nel 1693"per il teatro che si edificò nella gran sala Bentivogli" (Zanotti, B. 6), promotore sempre il marchese Prospero Malvezzi.
Confermano il vivo impegno del C. nella ricerca di nuove possibilità spaziali le Vedute di prospettiva... dedicate al merito singolare del dott.e Giuseppe Antonio Mazza, pubblicate a Bologna nel 1701. Ricercatissimo anche come allestitore di apparati festivi, operò in questo campo per la prima volta verso il 1685 "per occasione di certe feste" (Campori, 1855), che si svolsero a Modena, città dove ritornerà ancora nel 1695 ad operare per le nozze del duca Rinaldo I. A Bologna disegnò invece l'allestimento (da lui stesso poi inciso all'acquaforte) con il quale si celebrò, nel cortile di palazzo Albergati, l'arrivo in città (27 ag. 1692) dell'inviato di Spagna, conte di Rebenac.
Sempre nella città natale curò diversi altri apparati: per il convito offerto dal senatore Francesco Ratta allo scadere del suo gonfalonierato il 28 febbraio del 1693 (si conservano le incisioni di G. Giovannini); per la festa data al Collegio di Spagna il 23 luglio del 1702 in occasione della venuta in Italia di Filippo V di Spagna (si conservano le incisioni di L. Mattioli); per una seduta dell'Accademia dei Gelati tenuta il 4 genn. 1705 nel palazzo Isolani (si conservano le incisioni sempre del Mattioli) e per il sepolcro del giovedì santo allestito nella chiesa di S. Nicolò nel 1708 (Oretti, B. 130). Fornì inoltre i disegni degli apparati scenici per la tradizionale "festa della porchetta" negli anni 1683, 1684, 1686, curandone anche le relative incisioni. Fuori di Bologna, aveva allestito le esequie in memoria del duca Ranuccio II Farnese, che si erano solennemente svolte il 15 marzo 1695 nella chiesa di S. Ignazio a Parma.
Alle molte imprese decorative ad affresco e all'attività di scenografo il C. unì una copiosissima produzione di tele di prospettiva.
Totale purtroppo è stata la dispersione dei dipinti eseguiti nella città natale sia per alcuni esponenti delle maggiori famiglie patrizie sia per ricchi borghesi: Pepoli (1701 e 1706), Pastarini (1701), Alamandini (1704-05), Magnani (1705), Zagoni (1701), Pellegrini, Mazza (1701), Longhi, Facci Libbi, Marchesini, Minelli, Monari, Gnudi, Stamarini. All'Accademia Carrara di Bergamo si conservano tuttavia cinque disegni, ascrivibili al C. e alla sua scuola (fu allievo dell'artista il celebre Pietro Paltronieri detto Mirandolese delle Prospettive), sicuramente preparatori a tempere bolognesi. Anche durante i soggiorni viennesi la produzione di cavalletto fu notevole; il C. vi si dedicava durante le pause invernali dei grandi cicli decorativi ad affresco. Di queste tele quasi nulla si sa. Il Fanti ne ricorda due nella collezione del principe Joseph Wenzel di Liechtenstein (1767). Recentemente sono state attribuite dubitativamente all'artista (Roli) due tele, conservate al Kunsthistorisches Museum di Vienna, rese note da G. Heinz (1963) ma da questo riferite al Mirandolese.
Del tutto marginale dovette invece essere la produzione di quadri di figura; lo Zanotti ricorda "quattro gran cartelloni con dentro li miracoli della B. V. della Vita" per la chiesa omonima, mentre una tela con le SS. Prassede e Pudenziana, conservata alla Galleria Sabauda di Torino, è a lui attribuita (N. Gabrielli, in catal., Torino 1971, pp. 103 s. fig. 306; ma vedi F. Zeri, in Quaderni di Emblema, 2, Miscell. ..., Bergamo 1973, p. 107, che l'attribuisce, su indicazione di R. Longhi, ad A. Grammatica).
Tra i membri fondatori dell'Accademia Clementina, il C. fu eletto fra i direttori di architettura per il 1710 e il 1726 (Atti, cc. 9, 59); fu inoltre fra i giudici di architettura per il 1727 e il 1729 (ibid., cc.61, 70). Lo Zanotti, nella sua opera a stampa, lo dice direttore anche per il 1715 e il 1727, tuttavia queste notizie non trovano riscontro negli Atti manoscritti dell'Accademia.
Appassionato di problemi di idraulica si dedicò alla compilazione di un libro sul fonte pubblico di Bologna, Piante con suoi alzati,profili,e notizie delle origini dell'acque che servono al pubblico fonte della piazza Maggiore della città di Bologna, uscitopostumo nel 1763. Scrittore d'arte (una nota, p. 31, dell'ignoto curatore dell'edizione ottocentesca [Bologna, 1844] della Graticola di Bologna... di P. Lamo ricorda un suo manoscritto Libro delle pitture che sono nelli palazzi e case private di Bologna)e poeta dilettante (nella Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna si conserva un suo componimento poetico dedicato al medico curante: ms. B. 367-10), era, come ricorda lo Zanotti, "di motti faceti abbondevole". Morì a Bologna il 15 maggio 1730, lasciando erede il figlio Guid'Antonio, valente musicista, e disponendo che la sua raccolta di disegni fosse inviata a Vienna al genero e collaboratore Gaetano Fanti.
Fonti e Bibl.: Il C. è citato in tutte le guide di Bologna, dalle più antiche alle più recenti. Si veda in partic.: Bologna. Bibl. com. dell'Archiginnasio, ms. B. 867: B. Carrati, Cittadini maschi di famiglie bolognesi battezzati in S. Pietro, XIX, c. 64; Ibid., ms. B. 130: M. Oretti, Notizie de' professori del disegno, pp. 344-348; Ibid., ms. B. 104: Id., Le pitture che si ammirano nelli palaggie Case de' Nobili della Città di Bologna..., passim; Ibid., ms. B. 209: Id., Descrizione delle pitture che ornano le case de' cittadini della Città di Bologna..., passim; Ibid., ms. B. 110: Id., Le pitture nelli palazzi e case di villa nel territorio bolognese..., cc. 2, 38; Ibid., ms. B. 30: Id., Le pitture nelle chiese della città di Bologna..., cc. 3, 277; Bologna, Accademia di Belle Arti, Atti dell'Accademia Clementina, ms., I, cc. 5, 7, 9, 18, 48, 59, 61, 70; Bologna, Arch. arcivescovile, Libro VI dei morti della chiesa di S. Tommaso di Strada Maggiore, ms., c. 31v; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 274; A. Macchiavelli, Della origine e progressi in Bologna della pittura,scoltura,architettura..., Bologna 1736, pp. 38, 47; G. P. Zanotti, Storia dell'Accad. Clementina, Bologna 1739, I, pp. 269-284 e passim (si veda anche A. Ottani Cavina-R. Roli, Commentario alla Storia dell'Accad. Clementina di G. P. Zanotti..., Bologna 1977, pp. 40-42, tenendo comunque presente la copia della Storia con annotazioni autografe nella Bibl. dell'Archiginnasio di Bologna, ms. B. 11-12, e gli appunti per la compilazione dell'opera a stampa, ms. B. 6, cc. 311-316); V. Fanti, Descriz. completa di tutto ciò che ritrovasi nella Galleria di pittura e scultura di S. A. Giuseppe Wenceslao di Liechtenstein..., Vienna 1767, p. 22; L. Crespi, Felsina pittrice. Vite de' pittori bolognesi, III, Roma 1769, p. 59; G. Gori Gandellini, Notizie istor. degl'intagliatori, Siena 1771, I, p. 279; F. Tolomei. Guida di Pistoia..., Pistoia 1821, p. 86; S. Ticozzi, Diz. degli architetti,scultori,pittori, Milano 1830, I, p. 323; G. Bosi, Manuale pittorico felsineo, Bologna 1859, p. 23; G. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, p. 151; Id., Racc. di cataloghi e inventarii inediti, Modena 1870, p. 562; H. Tintelnott, Barocktheater und Barocke Kunst, Berlin 1939, ad Indicem; G. Zucchini, Paesaggi e rovine nella pittura bolognese del Settecento, Bologna 1947, ad Indicem; K.Ginhart, Wiener Kunstgeschichte, Wien 1948, pp. 103, 118, 159; R. Bernheimer, Gothic survival and revival in Bologna, in The Art Bulletin, XXXVI(1954), 4, pp. 263-265; G. Heinz, Die italien. Maler im Dienste des Prinzen Eugen, in Mitteilungen der Oesterreichischen Galerie, LI (1963), pp. 115-119; C. L. Ragghianti, Antichi disegni e stampe dell'Accad. Carrara di Bergamo, Milano 1963, pp. 42 s.; B. Heinzl, Bartolomeo Altomonte, Wien 1964, p. 21; I. Belli Barsali, Le ville lucchesi, Roma 1964, p. 52; H. Aurenhammer, Martino Altomonte, Wien 1965, ad Indicem; F.Haskell, Mecenati e pittori, Firenze 1966, pp. 314 s.; G. Heinz, Zur Dekoration des Schlafzimmers des Prinzen Eugen in seinem wiener Stadtpalast, in Mitteilungen der Oesterreichischen Galerie, LV (1967), pp. 74 s.; A. M. Matteucci, in Ville del Bolognese, Bologna 1969, p. 121; C. Molinari, Le nozze degli dei. ..., Roma 1968, ad Indicem; A. Forcellini, La scenografia di M. C., tesi di laurea, univ. di Roma, anno acc., 1971-72; J. Sjöström, Quadratura iItalienskt Takmaleri, Stockholm 1972, ad Indicem (e anche la trad. inglese: Quadrature Studies in Italian Ceiling Painting, Stockholm 1978, p. 58 e passim);G. Heinz, Geistliches Blumenbild und dekoratives Stilleben in der Gesch. der Kaiserlichen Gemäldesammlungen, in Jahrbuch der Kunsthist. Samml. in Wien, LXIX (1973), pp. 45-47; E. Noè, Avvio al Mirandolese, in Strenna storica bolognese, XXIV(1974), p. 222; R. Roli, Pittura bolognese 1650-1800. Dal Cignani ai Gandolfi, Bologna 1977, ad Indicem;M. Fagiolo dall'Arco-S. Carandini, L'effimero barocco, Roma 1978, ad Indicem; L'arte del Settec. emiliano... (Catal., 1979), Bologna 1980, ad Ind.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlex., VI, p. 487 (con ult. bibl.); Enc. dello Spett., III, coll. 641 s.; Enc. univ. dell'arte, II, coll. 220, 222; XI, col. 113; XII, col. 272; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori, III, Torino 1972, pp. 296 s.