CORNAZZANO, Manfredo da
Appartenente a una delle principali famiglie vassallatiche della Chiesa di Parma, nacque da Gerardo (IV) in data di poco posteriore al 1180.
La famiglia era titolare di consistenti possedimenti nel contado parmense e agli inizi del sec. XII risulta infeudare a milites minores parte delle sue terre. Nel corso dello stesso secolo, e in particolare nella seconda metà del medesimo, si trovò di fronte al progressivo ampliamento dei possedimenti dell'episcopato parmense. Dal contrasto uscì perdente e dovette riconoscersi vassalla della Chiesa.
A questa vicenda appare legata la prima notizia a noi giunta sul C. e risalente al marzo 1198. All'inizio di questo mese egli, i suoi fratelli Oddone (IV) e Gerardo (V), nonché altri membri della famiglia, alienarono ai da Pizzo alcune terre che questi ultimi già prima tenevano come vassalli dei Cornazzano. Il 12 marzo, poi, i da Pizzo cedettero le medesime terre alla Chiesa di Parma.
La progressiva riduzione della consistenza fondiaria e della propria importanza nel contado parmense aveva, peraltro, indotto la famiglia, proprio nella seconda metà del secolo XII, ad accentuare i suoi interessi per la vita politica cittadina. Lo sta a dimostrare, ad es., l'attività di Bernardo da Comazzano, legato al C. da vincoli di stretta parentela, attività di cui abbiamo notizia a partire dal 1192. E pienamente inserito nella vita comunale troviamo il C. alcuni anni dopo: nel 1224 i Parmensi l'elessero podestà cittadino. Le fonti non indicano i motivi che indussero i Parmensi, a scegliere un concittadino come podestà; egli, comunque, appare già una delle personalità di maggior spicco nell'ambito comunale, dotato - come ricorda Salimbene - di buona cultura giuridica e religiosa, oltre che di una sicura esperienza di anni.
Nel 1237 ebbe inizio la sua intensa collaborazione con Federico II, in qualità di podestà imperiale in Comuni padani e toscani. La prima podestaria estrinseca del C. venne esercitata nella città di Reggio durante il 1237. Le cronache dell'epoca riferiscono in modo preciso il suo impegno militare: in maggio, organizzato l'esercito di Reggio anche con macchine da assedio, attaccò un castello nell'Appennino reggiano e lo distrusse. Ritornato da questa spedizione, nel mese di settembre raccolse tutte le forze, a cavallo e a piedi, del Comune di Reggio e si portò al servizio di Federico II, congiungendo le sue milizie con quelle delle città di Parma e Cremona, e con le milizie tedesche e saracene tutte al servizio dell'imperatore.
Il luogo di incontro fu il castello di Mosio, sulla sponda mantovana del fiume Oglio, allora tenuto dai Cremonesi. Da questo castello il C. e le truppe imperiali mossero alla conquista dei centri fortificati bresciani e mantovani: infatti furono assediate e distrutte le rocche di Redondesco, Goito e Guidizzolo. Il 5 ottobre le sole truppe di Reggio, comandate dal C., assediarono i due castelli di Carpinedolo e di Casaloldo e nella stessa giornata li costrinsero ad arrendersi. Il 7 ottobre il C. era accampato con l'imperatore lungo il corso del fiume Chiese, tra Calcinato e Montichiari, per assediare quest'ultimo castello. La resistenza dei Bresciani fu piegata, dopo numerosi attacchi, il 22 ottobre, quando gli assediati si arresero. Il 2 novembre cadevano anche i centri di Gambara, Gottolengo, Pralboino e Pavone.
Gli Imperiali, guidati anche dal C., risalirono il corso dell'Oglio sino a Pontevico. In questa località trovarono, sulla sponda cremonese dello stesso fiume, lo esercito di Milano e della lega lombarda. I due schieramenti si fronteggiarono per circa venti giorni, risalendo lentamente il corso dell'Oglio, ed il 27 novembre ebbe luogo la decisiva battaglia di Cortenuova, che vide la distruzione delle forze milanesi.
Il servizio prestato a Reggio Emilia convinse l'imperatore a riutilizzare il C. come podestà a Lucca, Comune tradizionalmente schierato contro l'Impero, ma che proprio dal 1237 aveva cominciato a modificare la propria politica. Si trattava di consolidare questo riavvicinamento attraverso un podestà duttile, esperto nella arte militare e nel contempo non inviso agli ambienti ecclesiastici. La personalità del C. rispondeva certamente a codesti requisiti e pertanto venne inviato a Lucca per l'anno 1239: erano con lui due frati minori, Egidio Fasso da Parma e Salimbene de Adam, il fratello di quest'ultimo, Guido, nonché Domafolle da Miano e Giacomo da Maluso (cugino della madre di fra' Salimbene), come suoi assessori per lo svolgimento dell'ufficio podestarile.
All'inizio di febbraio del 1239 si verificò una eclissi di sole e fra' Salimbene ci narra un curioso aneddoto che può servire a comprendere la figura del C.: dopo l'eclisse egli prese una croce con le proprie mani e procedette in processione per la città, seguito dai frati minori e da altri chierici ed ecclesiastici. Al termine della processione egli predicò intorno alla passione di Cristo ed impose la pace alle famiglie discordi. La pacificazione permise di ritrovare una chiara unità politica, cosicché Lucca poté ospitare l'imperatore Federico II e quindi appoggiare con le proprie truppe la penetrazione in Lunigiana, in Garfagnana ed in Versilia di Oberto Pallavicino, che nel 1240 sarà nominato vicario imperiale per quelle terre.
Al termine del suo servizio a Lucca il C. fu chiamato dalla vicina città di Arezzo a ricoprire la carica di podestà. Nel corso del 1240 riuscì a riportare la città nell'ambito imperiale e a consolidare tale passaggio con una visita di Federico II, il quale fu suo ospite. Le fonti non forniscono ulteriori notizie sul C. sino al 1244, quando fu nominato podestà di Cremona, succedendo al conte Lantelmo da Cassino, un alto funzionario imperiale. Il C. portò con sé a Cremona un suo consanguineo, Egidio da Cornazzano, per ricoprire la carica di console di Giustizia. I rapporti tra l'imperatore e la città di Cremona furono intensificati dalla presenza del C., che già nel gennaio 1244 ottenne da Federico II un diploma per il Comune, in cui si confermava ai Cremonesi la concessione del castello di Roncarolo, fatta il 15 ag. 1242 dal re Enzo, allora legato imperiale in Italia. La conferma celava certamente la richiesta di impegno dei Cremonesi nelle file dello esercito imperiale: alla fine di febbraio infatti una coalizione di Pavesi, Cremonesi e Tedeschi era penetrata in territorio piacentino, con la precisa finalità di distruggere le forze guelfe ivi stanziate. Ma il 5 marzo 1244 il podestà di Piacenza, Azzo da Pirovalo, sconfisse duramente gli Imperiali e catturò numerosi prigionieri cremonesi. La città aveva bisogno di essere attentamente presidiata e così re Enzo vi soggiornò con il C. dal maggio sino al luglio.
Terminata la podestaria cremonese, il C. ritornò a Parma, ove operò come uno dei principali sostenitori del partito ghibellino che era guidato da Bertolo Tabernario, suo cognato (il C. ne aveva sposato la sorella Auda). Il governo ghibellino aveva suscitato forti malcontenti in città che avevano riacceso le speranze dei guelfi parmensi, esuli a Piacenza. Nel giugno 1247 questi ultimi, guidati da Ugo di San Vitale, Ghiberto di Gente e Gerardo di Arcili, mossero contro Parma. Il 16 attaccarono, approfittando dell'assenza del grosso dell'esercito imperiale. Lo scontro ebbe luogo a Borghetto sul Taro e si concluse con una decisiva vittoria guelfa. Il C., insieme con altri capi ghibellini venne ucciso.
I suoi figli troveranno rifugio nella città di Vittoria fondata da Federico II per contrastare la potenza di Parma, ormai passata al campo guelfo. Quando anche la vicenda di Federico si concluse, la famiglia Cornazzano tornò ad operare nel ristretto ambito del contado parmense, titolare di beni allodialì e legata da vincoli feudali con la Chiesa cittadina.
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