CAVALLAZZI, Malvina
Si ignorano sia la data che il luogo di nascita della C., che compì la sua formazione professionale presso la scuola di ballo del teatro alla Scala di Milano; trascorse in seguito un periodo di tirocinio danzando, in Italia, dapprima alla Scala ove nel 1875 fu protagonista della Manon Lescaut di G. Casati e poi su piccoli palcoscenici di provincia. Fu proprio in occasione di uno spettacolo a Cremona che sfuggì miracolosamente a un incidente che, a quei tempi, era spesso mortale per i ballerini: un fiammifero acceso, lanciato distrattamente da un macchinista addetto all'accensione delle luci della ribalta, le appiccò il fuoco al costume di scena, mentre aspettava di essere calata giù dai "voli"; salvata per miracolo, ebbe la forza d'animo di fare sia la discesa sia d'eseguire la sua variazione, chiaro segno, in quella che era ancora una bambina, della grande generosità artistica che sarebbe scaturita dalle mirabili interpretazioni che l'avrebbero resa famosa nella maturità.
Nel 1879 debuttò a Londra, dove avrebbe poi svolto la maggior parte della sua attività e lavorò all'Her Majesty's Theatre durante le stagioni organizzate dall'impresario C. Mapleson, suo futuro marito. Nel 1883, l'anno che vide l'America festeggiare la luce elettrica con una gran festa teatrale di cui faceva parte anche uno spettacolo di balletto, la C. calcò come prima ballerina le scene dell'appena inaugurata Metropolitan Opera House di New York. Dopo aver ballato anche alla Alhambra, entrò nella compagnia dell'Empire Theatre di Londra che, dal 1887 al 1889, costituì il principale centro operativo della sua carriera. Vi apparì per la prima volta nel novembre 1888, per poi interpretare, l'anno successivo, il balletto Diana, che costituì per lei l'ultima occasione d'indossare un vero e proprio costume da ballerina, in quanto, da quella data in poi, si sarebbe dedicata esclusivamente a mimare quei ruoli a volte fortemente drammatici che per lo più richiedevano un'esibizione en travesti.
Le sue qualità interpretative ebbero occasione di essere apprezzate dapprima il 20 maggio 1889 nel balletto Cleopatra per la coreografia di K. Lanner, in cui la C. apparve nelle vesti di Antonio accanto a Maria Giuri (Cleopatra) e in seguito il 23 dicembre dello stesso anno, quando ella, sostenne il ruolo di un vecchio e sordido avaro redento poi dall'atmosfera natalizia, personaggio intorno a cui ruotava l'esile trama del balletto ADream of Wealth su musica di L. Wenzel, con la partecipazione diEmma Palladino e Luigi Albertieri, uno dei più cari allievi di E. Cecchetti. Il 20 maggio del 1890 la C. comparve ancora all'Empire, accanto a M. Giuri in Cécile, nella parte dell'empio Rajah e sostenne il suo ruolo con vigorosa drammaticità espressiva, mentre il 22 dicembre dello stesso anno diede prova di grande penetrazione psicologica nell'interpretazione della figura di un povero fabbricante di giocattoli dalle cui vicissitudini si poteva trarre facile spunto per un divertissement di balocchi e di fate, che in fondo era la ragion d'essere del balletto Dolly. Lo spettacolo che andò in scena il 25 maggio dell'anno successivo, Orfeo (ora incluso nel cast anche E. Cecchetti nel ruolo della Malignity) diede alla C. la possibilità di esibirsi come protagonista in quello che fu uno dei ruoli più belli della sua carriera: il pubblicolondinese nelle cui orecchie ancora echeggiava il canto di Giulia Ravogli, che aveva interpretato lo stesso personaggio nell'opera di C. W. Gluck al Covent Garden, tributò alla C. l'onore di giudicarla "equal, in her own sphere, of the great contralto" (The Empire Ballet, p. 35).
Il 24 dic. 1891 la C. comparve ancora nel balletto Nisita e meritò il consenso di B. Shaw che la giudicò "nobler then ever" (Musicin London, p. 66), per poi tesserne ancora le lodi a proposito della successiva produzione dell'Empire, il balletto Versailles, che andò in scena il 23 maggio 1892.
Qui la C., che interpretava la parte di Luigi XIV innamorato di Louise de la Vallière, meritò parole tali da innalzare le sue capacità d'immedesimazione a vera e propria sensibilità culturale nell'accostarsi a un periodo storico in cui la gestualità, non solo teatrale, aveva ancora un preciso valore simbolico: "To see C. - scriveva lo Shaw - in the Versailles Ballet, walk, stand, sit, and gesticulate, is to learn all that Vestris or Noblet could have taught you as to the tecnique of doing these things with dignity" (p. 168).
II balletto Round the Town (26 sett. 1892), che traeva spunto per illustrare varie scene di vita cittadina contemporanea, dalle lezioni dal vivo di un insegnante ai suoi alunni, presentava la C. ancora una volta in un ruolo un po' eccentrico: quello di un ubriacone che riceve anch'egli dal maestro una salutare lezione; B. Shaw lo giudicò come una delle poche occasioni positive in uno spettacolo fatto di luoghi comuni. Sempre all'Empire, con la coreografia di K. Lanner, il 20 genn. 1893 andò in scena Katrina, uno sconclusionato divertissement, che iniziava con il sogno di uno studente (interpretato dalla C.) e il 27 settembre The Girl I Left Behind Me. Il 10 ott. 1894 seguì un altro divertissement moderno On Brighton Pier, su musica di E. Ford, che dava alla C. l'occasione di impersonare il ruolo, per una volta femminile, di una madre che ritrova finalmente la figlia perduta. Il 6 maggio 1895 ritroviamo la mima italiana impegnata nel ruolo di protagonista del balletto Faust, personaggio di cui diede un'indimenticabile interpretazione, mentre il 26 ott. 1896 fu l'Edmondo Dantès del balletto Montecristo ispirato al celebre romanzo di A. Dumas per la coreografia di K. Lanner.
Le critiche furono entusiastiche: le qualità tragiche della C. toccarono le maggiori vette d'intensità espressiva, la sua figura dominò su tutto il balletto nella pienezza delle sue facoltà di attrice consumata, galvanizzando la platea con una gestualità forte, pregnante e virile che scaturiva con totale immediatezza della sua prepotente personalità drammatica.
Nel 1897 Adeline Genée arrivava allo Empire e l'anno successivo partecipò con la C. al balletto The Press (14febbr. 1898), che tenne il cartellone per ben nove mesi. L'anno dopo la C. lasciava le scene dell'Empire per dedicarsi probabilmente alla sua scuola londinese e ai suoi allievi, tra cui la ballerina inglese Phillis Bedelis, che l'avrebbe affettuosamente ricordata nel suo libro My dancing Days come grande ballerina, famosa mima ed eccellente insegnante. Nel 1909 la C. fu chiamata di nuovo al Metropolitan di New York, questa volta per fondare la scuola di ballo dell'Opera, dove nel 1913 giunse da Chicago, come insegnante, anche Luigi Albertieri, che aveva tentato l'avventura americana come molte colleghe della C., tra cui M. Giuri, C. Brianza, P. Legnani e la stessa A. Genée, che nella stagione 1910-11 aveva presentato in America un panorama di danze dal 1710 al 1845. La C. lasciò l'insegnamento nel 1914 e ritiratasi a vita privata, morì a Ravenna nel 1924.
Il suo talento si può ben ricordare con le parole di S. L. Bensusan, che in Sketch (15febbr. 1899) ebbe a scrivere che la sua arte "non è, né è mai stata un'arte forgiata nella scuola: ella ha accettato alcune convenzioni perché ritenute d'obbligo; ma dietro a ciò scopriamo la sua ricca interiorità, la sua eccezionale perspicacia nell'afferrare ogni possibilità drammatica che la storia possa fornire, la sua grande conoscenza della tecnica e quel chiaro intuito rivelatore delle diverse nuances espressive che sa far felice un occhio esperto...". Ed occhio esperto era senz'altro B. Shaw che, insofferente com'era di fronte agli interminabili sfoggi di bravura delle "prime ballerine assolute",sarebbe stato ben contento di dichiarare decadute le "variazioni" e di apostrofare così le "assolutissime" in procinto di eseguire le loro pirouettes ed i loro entrechats: "Spare us, dear lady. Dont do it. Our cherished Cavallazzi, a superb dancer, never does it...",per poter così riportare l'arte della danza a quella drammaticità che sola le consente di potersi stampare indelebilmente nella memoria (op. cit., p. 243). Purtroppo oggi, nonostante gli auspici di Shaw, la "variazione" è ancora al centro degli interessi dei cultori del balletto "classico" in Italia, mentre invece la grande scuola mimica nazionale, che aveva avuto come ultimi eredi la C. ed E. Cecchetti, si è andata lentamente estinguendo.
Bibl.: G. B. Shaw, Music in London 1890-94, II, London 1932, pp. 66, 168 5,243; I. Guest, The Empire Ballet, London 1962, pp. 28, 30 s., 33 s., 40-45, 47, 49, 88,91, 93, 95; A. Chujoy-P. W. Manchester, The Dance Encycl., New York 1949, p. 184; W. Brockway-H. Weinstock, The World of Opera, New York 1962, p. 59; G. B. L. Wilson, A Dict. of Ballet,London1974, p. 102; H. Koegler, The concise Oxford Dict. of Ballet, London 1977, p. 109; L. Rossi, Diz. di balletto, Vercelli 1977, p. 53.