REUMATICHE, MALATTIE (App. I, p. 966; cfr. anche reumatismo [XXIX, p. 172; App. II, 11, p. 703] e artrite [IV, p. 746])
Il termine reumatismo, pur essendo ancora molto usato, tende ad assumere significato sempre più generico: esso designa un gruppo di malattie, sindromi o manifestazioni patologiche (acute, subacute o croniche, primitive o secondarie), di regola dolorose, e che possono coinvolgere non solo gli organi dell'apparato locomotore (articolazioni, ossa, muscoli, ecc.) ma anche i tessuti mesenchimali in genere. Di conseguenza anche il termine pseudoreumatismo - con il quale si indicavano manifestazioni articolari secondarie ad altri processi morbosi e, di solito, refrattarie ai preparati salicilici - appare oggi troppo vago, se non addirittura ambiguo, così da essere praticamente caduto in disuso.
Delle numerose classificazioni delle m. r. finora proposte, nessuna ha valore definitivo: una sistematica reumatologica è tuttora resa difficile, non solo dalla multiformità dei quadri clinici e delle alterazioni anatomopatologiche (assai diverse per sede e per caratteri), ma soprattutto dalle numerose e persistenti incertezze etiopatogenetiche, e dalle conseguenti diversità dei criterî dottrinali che possono ispirarla. Si può pertanto dire che i più sostanziali progressi verificatisi in questi ultimi dodici anni sono prevalentemente connessi all'affinamento delle tecniche di indagine diagnostica e all'introduzione di nuovi, più validi sussidî terapeutici e profilattici.
Malattia reumatica. - L'espressione reumatismo articolare acuto appare oggi superata, in quanto pone l'accento sulla fenomenologia articolare che, pur essendo spesso la più appariscente, può tuttavia addirittura mancare, o essere rappresentata da sintomi o segni lievi e fugaci, e comunque sempre reversibili. Occorre invece tener presente che questa malattia, coinvolgendo insidiosamente le strutture mesenchimali, e localizzandosi con alta frequenza nell'endocardio (talora anche nel pericardio) compromette frequentemente l'integrità cardiaca.
Le possibilità diagnostiche riguardanti la malattia reumatica sono state notevolmente ampliate, anche se "non si conosce segno clinico o di laboratorio che possa essere considerato patognomonico della malattia" (P. S. Hench). Significativa è la ricerca della cosiddetta proteina Creattiva, una particolare sostanza proteica del plasma - contenuta nella frazione delle α globuline -, quasi costantemente dimostrabile nei soggetti colpiti da malattia reumatica. La comparsa di tale corpo proteico (che può essere messo in evidenza con una particolare reazione di precipitazione) è tuttavia priva di specificità, perché si può osservare anche in altre condizioni morbose: malattie infettive, cardiovascolari, neoplastiche. Grande utilità rivestono anche le reazioni immunitarie, introdotte dopo la dimostrazione della possibilità di mettere in evidenza nel sangue di individui colpiti da m. r. (o che abbiano superato una qualsiasi infezione da streptococco) diversi anticorpi diretti contro gli antigeni streptococcici (v. streptococco, App. II, 11, p. 921, e in questa App.). A queste reazioni appartiene, tra l'altro, la determinazione del contenuto in anti-O-streptolisina, che nella maggior parte dei casi di m. r. in fase acuta raggiunge tassi ancora più elevati (1 : 300 fino a 1 : 1250 e oltre) di quelli che si osservano nei soggetti colpiti da infezioni streptococciche comuni. Anche l'esame del comportamento dell'antistreptochinasi e dell'antiialuronidasi possono risultare di una notevole utilità. Altri promettenti metodi di indagine diagnostica, di ordine soprattutto immunologico, sono tuttora allo studio. Queste ricerche, unitamente a quelle già impiegate in passato (conteggio dei globuli bianchi, determinazione della velocità di sedimentazione delle emazie: vedi sangue, in questa App.) hanno notevolmente ampliato le possibilità diagnostiche.
Contro la malattia reumatica si annoverano oggi presidî terapeutici che ne hanno influenzato favorevolmente il decorso e, soprattutto, hanno reso più valida la prevenzione delle ricadute e delle complicanze. L'impiego dei cortisonici (v. cortisone, in questa App., I, p. 444) oltre a indurre pronte remissioni della febbre e della restante fenomenologia clinica, di solito rende normali, in poche settimane, anche gli abnormi reperti di laboratorio e le eventuali alterazioni elettrocardiografiche (allungamento del tratto P-R, alterazioni del complesso ventricolare). Tale forma di terapia - nonostante i suoi evidenti e talora spettacolari risultati - deve essere tuttavia attuata con le necessarie cautele, sotto stretta sorveglianza medica, e per un periodo sufficientemente protratto. Essa, comunque, non può essere considerata risolutiva e non ha fatto cadere in disuso il trattamento con alte dosi di salicilici: salicilato di sodio, gentisato di sodio, acido acetilsalicilico, piramidone, ecc. Comunque, sia il trattamento ormonale (cortisonici + ACTH), sia quello salicilico, comportano, durante e dopo la loro esecuzione, la necessità di un trattamento preventivo delle recidive reumatiche mediante penicillina o sulfamidici. Molto usata, soprattutto per ragioni pratiche, la somministrazione per via intramuscolare di benzatin-penicillina (v. penicillina, in questa App.), ad esempio in dosi di 1.200.000 unità ogni 15-30 giorni e per un periodo molto protratto: secondo alcuni autori per non meno di cinque anni dal primo attacco reumatico.
Artrite reumatoide. - Denominazione usata per designare un particolare gruppo di quadri morbosi, a impronta infiammatoria, e con evoluzione prevalentemente cronica, ma con ricorrenti fasi di riacutizzazione, e caratterizzati soprattutto da interessamento delle parti molli articolari e pararticolari e, talora, delle strutture mesenchimali di diversi organi (muscoli, nervi, sierose, occhi, cuore, ecc.). Le diverse forme di artrite reumatoide - che costituiscono un capitolo della reumatologia tuttora soggetto a revisione critica - tendono a provocare deformazioni articolari permanenti: retrazione sclerotica delle parti molli e quindi anchilosi, sublussazioni, alterazioni secondarie dei capi ossei (osteoporosi), atrofia muscolare e cutanea. Contrariamente a quanto si verifica nella malattia reumatica, la compromissione cardiaca è poco frequente.
La forma clinica più classica e comune è rappresentata dall'artrite reumatoide prototipica, o poliartrite cronica primaria o poliartrite cronica evolutiva, o artrite anchilosante. L'affezione colpisce entrambi i sessi, ma prevalentemente quello femminile, di solito nell'età adulta, matura, o presenile: ha inizio per lo più alle piccole articolazioni delle mani o dei piedi, ora in modo insidioso (sensazioni di rigidità articolare mattutina, o di torpore, di dolenzia alle articolazioni; in seguito lieve turgore mono o pluriarticolare), ora in modo quasi acuto (tumefazioni articolari multiple, febbre, comparsa di noduli sottocutanei). Più o meno precocemente tendono a delinearsi le deformazioni articolari (deviazioni delle mani verso il lato ulnare, rigidità in flessione delle articolazioni metacarpofalangee, spesso in estensione di quelle tra prima e seconda falange, ecc.); un numero crescente di articolazioni viene interessato, le limitazioni funzionali si vanno accentuando.
Il decorso della malattia presenta alterne fasi di riaccensioni, remissioni, periodo di stazionarietà. Nei periodi di esacerbazione v'è, di solito, oltre alla recrudescenza dei fenomeni articolari, lieve elevazione della temperatura corporea, talora modica tumefazione della milza e dei linfonodi, aumento della velocità di eritrosedimentazione, frequente positività della reazione di Waaler-Rose (potere agglutinante del siero nei confronti dei globuli rossi di montone), positività della reazione di agglutinazione verso lo streptococco emolitico di gruppo A (a titolo ≥ 1 : 160). L'esame chimico e microscopico del liquido sinoviale mostra varie alterazioni: tra l'altro un netto aumento dell'enzima aminotripeptidasi, il cui contenuto è invece diminuito nelle artropatie degenerative e nella malattia reumatica. Nei casi più avanzati si osserva una più o meno seria compromissione dello stato generale: anemia ipocromica, dimagramento, ecc. Oltre a questa forma prototipica esistono altre varietà cliniche particolari di artrite reumatoide, non però univocamente intepretate dai varî Autori. Il morbo di Still (o di Still-Chauffard) è per lo più considerato come la forma infantile dell'artrite reumatoide: alla compromissione poliarticolare si associano adenopatie regionali e splenomegalia. Il morbo di Felty, invece, è una affezione che colpisce di solito soggetti in età adulta o presenile: oltre che da poliartrite, adenopatie e splenomegalia esso è caratterizzato da leucopenia. Altra varietà particolare dell'artrite reumatoide viene considerata la sindrome di Sjögren, il cui quadro clinico è contrassegnato, oltre che dalle manifestazioni reumatoidi poliarticolari, da caratteristiche alterazioni delle mucose: cheratocongiuntivite secca, faringotracheite secca, xerostomia. La compromissione della mucosa uretrale (uretrite aspecifica) associata all'artrite reumatoide caratterizza la sindrome di Reiter (o di Rist-Reiter-Fiessinger). Altre associazioni morbose (ad es., poliartrite con psoriasi: artrite psoriasica) sono tuttora oggetto di studî, rivolti, tra l'altro, a chiarire le correlazioni esistenti tra le diverse manifestazioni patologiche di una medesima sindrome. Di sistemazione ancora incerta appare la spondiloartrite cronica primaria, o spondiloartrite anchilosante, o spondilite reumatoide, o malattia di Marie-Strümpell-Bechterew: tale forma morbosa, che coinvolge prevalentemente la colonna vertebrale, è considerata da alcuni Autori come una varietà di artrite reumatoide, da altri come una malattia a sè stante, da altri ancora come una forma di reumatismo secondario. È caratterizzata soprattutto da anchilosi ossea delle articolazioni intervertebrali posteriori, delle costo-vertebrali, delle sacro-iliache, da ossificazione dei legamenti spinali e dei bordi dei dischi intervertebrali, da osteoporosi vertebrale diffusa.
La terapia dell'artrite reumatoide, nelle sue diverse varietà, forme atipiche e affini (tra cui la forma "non articolare" - rappresentata essenzialmente dalla fibrosite - e l'idrartro intermittente) richiede particolare attenzione e numerosi accorgimenti.
Grande importanza si attribuisce al riposo completo nella fase iniziale della malattia e durante le sue esacerbazioni. Per il trattamento medicamentoso si ricorre generalmente ai salicilici (in primis all'acido acetilsalicilico, preferibilmente in compresse cheratinizzate) e al fenilbutazone (3,5-diossi-1,2-difenil-4-n-butil-pirazolidina). I cortisonici (e l'ACTH) dànno brillanti ma purtroppo transitorî risultati. Poiché il loro uso continuativo comporta inconvenienti e qualche rischio, si tende a impiegarli soprattutto nei casi che si mostrano refrattarî alle altre terapie. Preparati idrosolubili (ad es. trimetilacetato di prednisolone) vengono usati anche per iniezione endoarticolare. Ancora sub iudice l'efficacia dei derivati chinolinici (clorochina e altri). L'auroterapia, dopo circa trent'anni di esperienza, non priva di polemiche, trova ancora dei sostenitori.
Dominati i fenomeni infiammatorî con i mezzi medicamentosi è necessario non dimenticare che ulteriori vantaggi si possono ottenere con le varie forme di fisioterapia: termoterapia, diatermia, marconiterapia, radarterapia, ultrasuonoterapia, roentgenterapia, massoterapia, cinesiterapia. Talora possono essere consigliabili anche provvedimenti ortopedici: apparecchi di contenzione e perfino interventi chirurgici.
Né qui si deve fermare il moderno trattamento dell'artrite reumatoide, la quale, per il suo carattere cronico e invalidante, deve essere considerata come una grave malattia sociale. Anche nei casi più severi non si può prescindere dall'imperativo morale di tendere a reintegrare il più possibile ogni malato e di reinserirlo nella società come membro utile e autosufficiente. A tale riabilitazione mira la terapia occupazionale, che si propone di trasformare i malati cronici in lavoratori.
Artropatie degenerative. - Anche nel campo delle malattie articolari di tipo eminentemente degenerativo (caratterizzate da atrofia della cartilagine articolare, sclerosi del tessuto osseo subcondrale, formazione di osteofiti) non si è ancora addivenuti all'universale adozione di una uniforme terminologia. Si tratta, però, di questioni prevalentemente formali, perché al concetto di artrosi e osteoartrosi, termini usati soprattutto da scuole europee, corrisponde quello di osteoartrite, preferito dagli Autori americani. Oggi, seguendo J. H. Kellgren e R. Moore (1952), si usa distinguere la comune artrosi dell'età senile (degenerative arthritis), spesso asintomatica, dalle alterazioni degenerative patologiche e dolorose, e quindi con sicuro significato reumatologico (primary generalized osteoarthritis): in queste ultime vi sarebbe un'abnorme usurabilità delle strutture cartilaginee, su base costituzionale.
Trascurando di soffermarci sulle diverse localizzazioni e forme cliniche delle malattie articolari degenerative ricorderemo qui brevemente una entità nosografica che, sotto diversi nomi, ha destato, negli ultimi anni, l'interesse di molti studiosi: si tratta di una particolare forma di spondiloartrosi, chiamata da J. Forestier e J. Rotès-Querol, che l'hanno descritta nel 1950, iperostosi vertebrale anchilosante, e da A. Robecchi, che l'ha poi accuratamente studiata, artrosi disco-somatica iperostosante vertebrale: essa è caratterizzata, tra l'altro, da iperostosi dei corpi vertebrali, esuberante produzione di osteofiti e ossificazione dei dischi intervertebrali.
Bibl.: J. Forestier e J. Rotès-Querol, Hyperostose ankylosante vertébrale sénile, in Rev. Rhum., XVII (1950), p. 525; E. G. L. Bywaters, Recenti progressi sull'artrite reumatoide, in Recenti progressi in medicina, XVII (1954), n. 3, pp. 179-209; J. H. Kellgren, Osteoartriti e malattie degenerative delle articolazioni, ibidem, pp. 210-230; voce Reumatiche, malattie, in Enciclopedia Medica Italiana, vol. VIII, col. 965-1004, Roma 1956; A. I. Nesterov e V. I. Sachkov, Attempts to elaboration of special methods for diagnostics of rheumatic fever and other collagen diseases, in Atti del X Congresso della Lega Internazionale contro il reumatismo, Roma 3-7 settembre 1961, vol. I (relazioni), pp. 47-56; N. Svartz, Experimental studies on the rheumatoid factor, ibidem, pp. 57-65; V. Wright, Terapia dell'artrite reumatoide, in Recenti progressi in medicina, XXXI (1961), n. 1, pp. 1-12.