Macario (Maccario)
È citato da s. Benedetto in Pd XXII 49, tra gli altri fuochi che furono tutti contemplanti / uomini; ma è difficile precisare a quale santo in effetti egli alluda, poiché non ne menziona che il nome. Probabilmente si deve escludere che si riferisca al M. cosiddetto Romano, protagonista del favoloso racconto che è incluso nelle Vitae Patrum. Si può pensare che D., se l'ha conosciuto, non l'avrà accettato; ma il dubbio rimane al pensare che non molto dopo, a edificazione dei lettori, lo tradusse letteralmente in bel volgare il Cavalca nelle sue Vite dei santi Padri.
Di asceti storici così chiamati il solo Palladio ne ricorda parecchi. I più celebri sono M. detto l'Egiziano o il Grande, e M. detto l'Alessandrino o il Cittadino. Il primo, nato nell'Alto Egitto nel 300 c., si ritirò nel deserto di Sceti, ove trascorse sessant'anni in grandi astinenze, e morì nel 390 circa. L'altro, nato ad Alessandria agl'inizi del 300, a quarant'anni andò nel deserto, dimorando specialmente in quello delle Cellulae, a 40 miglia circa da Alessandria; dopo aver esercitato grande influenza sugli anacoreti dei dintorni, morì verso il 408.
Può ritenersi tuttavia quasi certo che D., come i suoi contemporanei, non abbia conosciuto che un solo M., quello cioè di cui poco prima, verso il 1250, aveva tracciato la biografia Iacopo da Varazze nella Legenda aurea.
I tratti di questa vita convengono molto di più al M. alessandrino, come l'episodio della punizione che s'infligge per aver ucciso una zanzara, quello del viaggio per il deserto con un fardello di sabbia sulle spalle, ecc. Se l'episodio del demonio che si dichiara vinto da M. solo nell'umiltà appartiene al M. egiziano, ciò dimostra che le narrazioni erano state confuse. Ma la figura del tempo di D. doveva essere quella stessa che è ritratta da Iacopo.
Perché D. avrà scelto M. nella sua enumerazione dei santi contemplativi? Molto probabilmente per citare, prima dell'occidentale Romualdo, un eremita famoso di quell'Oriente, ove la vita monastica e solitaria ebbe inizio e fiorì così meravigliosamente. Forse anche perché, come Romualdo aveva stabilmente organizzato la vita eremitica con la sua istituzione dei Camaldolesi, così anche M. - secondo quanto era falsamente ritenuto - era autore di una regola per gli asceti.
Bibl. - Per il M. romano: Vitae Patrum, a c. di H. Rosweld, in Patrol. Lat. LXXIII 415; D. Cavalca, Volgarizzamento delle Vite dei santi Padri, a c. di G. e F. De Sanctis, Napoli 1836, 142 ss. Per il M. egiziano, cfr.: Palladius, Historia Lausiaca, cap. 17, ediz. A. Lucot, Parigi 1912, 106 ss.; Historia monachorum in Aegypto, testo greco, cap. 21, ediz. a c. di A.-J. Festugiére, Bruxelles 1961, 123 ss.; testo latino di Rufino, cap. 28, in Patrol. Lat. XXI 449; Baudot-Chaussin, Vie des saints, I, Parigi 1935, 294 ss. Per il M. alessandrino, cfr.: Palladius, cit., cap. 18, 116 ss.; Historia monachorum, cit., a c. di Festugière, cit., cap. 23, 130 ss.; testo latino di Rufino, cit., cap. 29, in Patrol. Lat. XXI 452; Acta SS. Boll., ian. I, Venezia 1734, 84 ss.; Baudot-Chaussin, cit., 28 ss. Per il M. della Legenda aurea: Iacopo Da Varazze, Legenda aurea, a c. di T. Graesse, Bratislavia 1890, 100 ss.; ID., Leggenda aurea, Volgarizzamento toscano del Trecento, a c. di A. Levasti, Firenze 1924, I 199 ss.