CODEMO, Luigia
Nacque a Treviso il 5 sett. 1828 da Michelangelo e Cornelia Sale ved. Mocenigo. Si dimostrò subito una bambina di spiccata intelligenza e di ferrea memoria; l'ambiente familiare (il padre era insegnante di lettere, la madre poetessa, traduttrice, ecc.) ed i frequenti viaggi in Italia e all'estero concorsero fattivamente alla sua formazione ed evoluzione culturale.
Viaggiò per ben dodici anni, dal 1838 al 1850. La prima tappa fu Firenze; le grandi opere che qui ebbe modo di conoscere e di studiare la colpirono così profondamente da far nascere in lei il proposito di imparare a dipingere. Partecipò infatti a quelle "pennellate" che comparivano in tanti periodici dell'epoca (specialmente nell'Illustrazionepopolare di Milano e nella Gazzetta di Treviso); disegni carichi di colore che esaltavano la laguna veneta o la campagna trevigiana, o il carattere brioso del popolo veneto, cogliendo spesso il lato comico della vita paesana. In seguito regalò al Manzoni un suo quadro raffigurante la Madonna che lo scrittore conservò nella sua camera da letto fino alla morte.
Nel 1841 andò a Trieste, dove conobbe il Tommaseo; fu poi a Roma, e nel '42 a Napoli, dove ebbe modo di conoscere il Giusti, che prese a modello nel tentativo, spesso felicemente realizzato, di fondere romanticismo e realismo per la rappresentazione del mondo risorgimentale. Sempre a Napoli la C. partecipò nel '45 al congresso degli scienziati italiani. Nel '48, l'anno della rivoluzione, rimase con i suoi a Treviso; più tardi descriverà quella lotta "sublime ed infelice" ne La rivoluzione in casa (Venezia 1869; riedito recentemente, a cura di C. Jannuzzi, a Bologna nel 1966).
Nel '51 abbandonò, non senza contrasti, la casa paterna e si trasferì a Venezia dove sposò Carlo di Gerstenbrandt, col quale visse per ventinove anni.
La C. appartiene a un gruppo di narratori veneti esponenti di una cultura di transizione articolatasi nell'ambito dell'Italia centrosettentrionale tra la prima e la seconda metà del sec. XIX. Vissuta in un periodo "avventuroso" per la storia del nostro paese, attenta alle voci più significative d'Italia e d'Oltralpe, sensibile alle condizioni disagiate della povera gente, scrisse molto con intendimenti quasi esclusivamente patriottici, senza curare eccessivamente la forma. Nei suoi scritti si identificano alcuni momenti essenziali, che rispecchiano l'evolversi della narrativa veneta tra il primo e il secondo Ottocento, e nei quali affiorano prevalentemente l'influsso balzachiano e l'inserimento nella corrente che predilige il romanzo storico di ispirazione rieorgimentale.
È opportuno notare subito che la C., anche se non raggiunse mai alti livelli artistici, ebbe il merito di costruire personaggi, soprattutto femminili, dal carattere netto e ben definito. Tale impegno, in opposizione agli scritti di molte poetesse e narratrici del tempo, rispecchia in gran parte il temperamento della C. e spiega inoltre l'adesione alle istanze dello psicologismo francese, e ai motivi della narrativa denominata "campagnola".
Il suo primo libro, comparso a Venezia nel '56, Le memorie di un contadino, che narra le vicende di un giovane trasferitosi ancora fanciullo e per una fortuita combinazione dal paese natio a Venezia, riscosse un suffragio di consensi e di elogi che oggi possono sembrare esagerati, se si considera il modesto livello artistico dell'opera. Ma Le memorie furono apprezzate anche dal Correnti nel Crepuscolo e richiamarono perfino l'attenzione del Courrier Franco-Italien (luglio 1856) e di Ch. de Mazade sulla Revue des Deux Mondes (15 dicembre 1857, pp. 930 ss.). La causa di questa viva simpatia deriva dal fatto che, nonostante il mediocre livello artistico, il romanzo rivela un notevole impegno da parte dell'autrice soprattutto sulla descrizione delle scene domestiche e una viva partecipazione al movimento nazionale di indipendenza.
Alle Memorie seguì una trilogia; il migliore dei tre romanzi è senza dubbio il primo, cioè Berta, edito a Venezia nel 1858, notevole per l'acuta indagine psicologica della protagonista, un complicato interessante tipo di serva padrona che piacque alla Sand e di alcuni personaggi minori ben delineati: Olimpia, circondata dai familiari dissoluti e corrotti, Lanfranco, Roberto e il padre di lui, esponenti di una società eterogenea e deteriore, già messa in evidenza dall'arte di Balzac. Anche il Tommaseo giudicò questo libro, uno dei migliori del tempo. Seguirono Fiore di Prato e Fiore di serra, editi entrambi a Venezia nel '75 e di ispirazione campagnola, mentre l'influsso balzachiano torna ad affiorare nell'ultimo romanzo di questo primo periodo, Miserie e splendori della povera gente, edito a Venezia nel '75, dove ancora una volta la C. tende a spostare la scena dalla campagna in città: i protagonisti sono infatti contadini inurbati e la vicenda si svolge a Venezia.
Dalla lettura di un altro scritto della C., Nohant, dell'84, si può anche dedurre quale fu la posizione ch'ella assunse nel corso della polemica sul naturalismo. Valutando infatti l'Assommoir di Zola e Le dernier amour di George Sand mette in evidenza i caratteri che separano l'arte dei due scrittori e si compiace di proclamare la sua netta adesione ai principî della narratrice, che esercitò del resto una notevole autorità su una vasta produzione della narrativa veneta.
Ne La rivoluzione in casa, attraverso una viva e diretta adesione ai problemi della piccola gente la scrittrice mirò a cogliere gli aspetti più significativi e meno evidenti della sfortunata rivoluzione del 1848. Privilegiando ancora una volta gli aspetti della vita familiare rispetto agli eventi politici, conduce la sua indagine fra le mura di casa, un po' alla maniera del Nievo delle Confessioni. La complessa situazione politica e sociale del tempo è rappresentata con tono umile, vivacizzato talvolta da qualche spunto umoristico, e con il coraggio di denudare la realtà, senza inutili pietismi, di una vicenda che si svolge in un paese del Trevigiano che ella non nomina. Il libro ha una sua nota originale che lo differenzia dalle altre opere contemporanee di intenzione affine, ma mostra contemporaneamente i limiti dell'arte della C.: l'ambiente domestico è vivacizzato dalla frequenza di dialoghi talvolta accesi da cui scaturiscono però considerazioni piuttosto superficiali e arbitrarie. Vi si scorgono comunque ritratti ben definiti; di particolare spicco sono alcune figure femminili come quella di Fiorenza, che ricorda molto da vicino Lucia Mondella, mite, arrendevole, ma risoluta quando c'è di mezzo la salvezza delle persone più care. In lei la necessità di agire scaturisce dagli avvertimenti e dai presentimenti del suo cuore piuttosto che da una diretta, cosciente e responsabile partecipazione alle vicende del tempo. Meno efficace riesce la C. in altri spunti di derivazione manzoniana.
Il linguaggio di siffatte prove letterarie, senza perdere le sue caratteristiche locali, non si discosta troppo da quello che si poteva considerare il sostrato della lingua nazionale. Tale impegno affiora con spicco nella prefazione ai Nuovi ricchi, un romanzo pubblicato a Treviso nel 1876, dove si continua la narrazione di ulteriori vicende della vita dei personaggi che avevano popolato La rivoluzione in casa. Comunque la C., scrittrice popolareggiante, non si lasciò mai suggestionare da un modello di lingua letteraria, e fu quasi sempre convinta della propria opinione.
Agli ultimi anni della sua produzione letteraria appartengono il romanzo Partire non morire (Treviso 1886), una commossa rievocazione del vivere mutabile dell'artista, fatto di impeti e di prostrazioni, di trionfi e di sconfitte. Si collocano inoltre in questo periodo numerose biografie dedicate ad alcuni illustri contemporanei corregionali, centenute nella raccolta Fronde e fiori del Veneto letterario in questo secolo (Venezia 1872).
La C. si cimentò anche in prove drammatiche: scrisse I due Barisani,ossia fa quel che vuol la terra (Treviso 1882), dramma storico-popolare in quattro atti; L'ultima Delmosti (Venezia 1868), dramma in un prologo e quattro atti; Un processo in famiglia (ibid. 1868), dramma in tre atti. Loda la rosa tieni la viola, è un romanzo-commedia in tre atti; Letterati e perpetue un quadretto di genere in due parti, che, con La biscia becca il ciarlatano proverbio in un atto tradotto anche in veneziano, forma la seconda parte dell'opera Racconti,scene,bozzetti,produzioni drammatiche, pubbl. a Treviso nel 1882.
Si può concludere affermando che se l'invenzione narrativa della C. si deve considerare approssimativa, anche il linguaggio da lei preferito rimane allo stato di tentativo discutibile: ma la sua opera, valutata nel complesso, è degna di nota nella misura in cui è riuscita a rappresentare idee e fermenti letterari attivi durante il Risorgimento.
Morì a Venezia il 3 ag. 1898.
Tra le altre opere ricordiamo: I. Caffi,cenni artistici e biografici, Venezia 1866; Pagine familiari,artistiche,cittadine(1750-1856), ibid. 1875; Pennellate: Giacomazzi, ibid. 1883; Cento cose per una palanca, Treviso 1883; Nohant,tocchi pittoreschi, ibid. 1884; Il dottor Alessandri,profilo a memoria, Venezia 1886; Un viaggio a bordo, Treviso 1886; A guerra finita,mie note sull'esposizione artistica nazionale di Venezia del 1887, Venezia 1887; Nostri scrittori contemporanei: Clotaldo Piucco, ibid. 1889; Venezia liberata, Treviso 1889; Scene popolari, ibid. 1890; Carnevale e quaresima,pennellate veneziane, Venezia 1890; I vaporetti,pennellate veneziane, ibid. 1891; Venticinque anni dal 19 ott. 1866, ibid. 1891; Pennellate marinare, ibid. 1895; Poesie varie, Treviso 1895; Viola tricolor, ibid. 1897.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Ateneo veneto, XXI (1898), p. 245; A. Caccianiga, in Illustr. ital., 21 ag. 1898, p. 130; A. Buzzati, Bibliografia bellunese, Venezia 1890, pp. 150, 602 s., 620, 695, 711, 799, 869, 890; B. Croce, La letterat. della nuova Italia, V, Bari 1939, pp. 87-94; M. Bondini Buti, Poetesse e scrittrici, Roma 1941, pp. 160 ss.; G. Raya, Il romanzo..., Milano 1950, p. 255; P. Cason, Treviso nostra, Treviso 1964, p. 305; P. De Tommaso, Il racconto campagnolo dell'800 italiano, Ravenna 1973, ad Indicem.