SPAVENTA, Luigi
– Nacque a Roma il 5 marzo 1934 da Renato e da Lydia De Novellis.
La madre fu collaboratrice di Corrado Gini, libera docente di statistica sociale e autrice di L’unificazione economica dell’Europa (Milano 1931, una raccolta di studi con prefazione di Alberto De Stefani); dotata di «grandi qualità e capacità organizzative, da ‘aiuto’ del titolare della cattedra di Statistica era di fatto diventata ‘aiuto’ dell’intera Facoltà di Scienze statistiche, demografiche e attuariali», facoltà che Luigi Spaventa riconobbe essere «stata la mia casa universitaria romana sin dal 1970, e prima ancora la casa di mia madre» (Guarini, 2013, pp. 249 s.). Anche sulla base di questi forti legami familiari con l’Università Sapienza di Roma, Spaventa si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, dove si laureò con lode il 12 marzo 1957 discutendo una tesi in economia politica con Giuseppe Ugo Papi (La teoria delle forme di mercato).
Già da laureando e poi da laureato e da assistente fu frequentatore assiduo dell’istituto di economia e finanza insieme ad altri giovani economisti, fra i quali Gianni Caravale, Duccio Cavalieri, Lucio Izzo, Paolo Leon. Insieme a Elisabeth Henderson curò la pubblicazione delle conferenze tenute presso l’istituto da molti famosi economisti stranieri (Guest lectures in economics, Milano 1962), traendone l’occasione per mostrare la sua abilità linguistica e per confrontarsi con gli sviluppi della letteratura internazionale su una grande varietà di temi di teoria, storia e politica economica, che rimase poi una caratteristica dell’attività accademica e operativa di Spaventa economista.
I legami internazionali si rafforzarono nei due anni accademici (1957-58 e 1960-61) trascorsi, con due borse di studio Bonaldo Stringher della Banca d’Italia, come research student al King’s College presso l’università inglese di Cambridge, dove ebbe come supervisori Piero Sraffa, Nicholas Kaldor, Robin Marris e dove stabilì rapporti di durevole amicizia con altri economisti, fra i quali Frank Hahn, Joan Robinson e Amartya Sen. A Cambridge, dove incontrò e sposò Margaret Clare Royce – con la quale ebbe tre figli: Renato, Alessandro e Eleanor – Spaventa si inserì perfettamente nel clima del luogo, caratterizzato da un intreccio di alte speculazioni teoriche (dalle controversie sulle teorie del capitale e della distribuzione all’analisi economica basata sulla programmazione lineare), di ricerche storiche sulla natura e le caratteristiche del capitalismo industriale, dalla riflessione su di esso degli economisti classici e da prese di posizione sulle politiche economiche finalizzate a massimizzare la crescita economica nel lungo periodo.
Tutti questi aspetti furono sempre presenti nell’attività scientifica e nell’impegno civile di Spaventa, come è testimoniato dai lavori elaborati nel periodo cantabrigense, quali gli scritti sul dualismo economico (Dualism in economic growth, in BNL Quarterly Review, 1959, vol. 12, n. 51), particolarmente rilevanti per interpretare il caso italiano di sviluppo ritardato e diseguale, e dall’articolo scritto con Luigi Pasinetti (Verso il superamento della modellistica aggregata nella teoria dello sviluppo economico, in Rivista di politica economica, 1960, vol. 50, nn. 9-10).
Già in questi articoli e nei saggi contenuti in Nuovi problemi di sviluppo economico (Torino 1962), appaiono chiari alcuni elementi fondamentali della sua teoria dello sviluppo dualistico che caratterizzano molti aspetti della sua opera.
In primo luogo, il riconoscimento dell’indiscutibile utilità di modelli formali anche molto semplificati nel definire in modo coerente le relazioni fondamentali tra grandezze aggregate, ma anche la necessità di integrarli con la possibilità di trasformare le mere identità contabili in relazioni causali suscettibili di interpretazioni diverse. In secondo luogo, l’osservazione che quando nei modelli macrodinamici quelle relazioni sono definite in condizioni di equilibrio, esse trascurano il comportamento imprenditoriale manifesto in situazioni diverse dalla concorrenza perfetta e in presenza di incertezza, e che costituisce un aspetto centrale del funzionamento delle moderne economie capitalistiche.
Spaventa proseguì intanto la carriera accademica in Italia: vinse il concorso per assistente ordinario (1960) e conseguì la libera docenza (1962) e poi la cattedra (1963) in economia politica, che insegnò prima presso l’Università di Palermo e poi in quella di Perugia, dove restò fino al 1970, quando fu chiamato come professore di istituzioni di economia politica presso la facoltà di scienze statistiche di Roma. Nel 1968-69 fu visiting fellow presso l’All souls College di Oxford, dove intrattenne un profondo rapporto intellettuale con John Hicks. Tra il 1968 e il 1970 partecipò con numerosi interventi all’ampio dibattito internazionale sulle teorie del capitale e della distribuzione (cfr. Roncaglia, 2013, pp. 230-233).
All’attività di insegnamento e di ricerca, Spaventa affiancò un’intensa partecipazione al dibattito di politica economica in Italia. Nel 1962 pubblicò con Hugh Gardner Ackley (che sarebbe stato ambasciatore americano a Roma nel 1968-69) un articolo sui fattori del ritardato sviluppo del Mezzogiorno (Emigrazione e industrializzazione nel Mezzogiorno, in Moneta e credito, 1962, vol. 15, n. 58, pp. 135-143). Nello stesso anno partecipò da protagonista alla redazione della Nota aggiuntiva presentata dal ministro del Bilancio Ugo La Malfa e che costituì un punto di svolta fondamentale per l’avvio di una programmazione economica diretta a sostenere la crescita e l’occupazione e a ridurre gli squilibri settoriali e territoriali che si erano andati approfondendo.
Negli anni successivi Spaventa partecipò attivamente, da una posizione critica e propositiva al tempo stesso, al dibattito sulla programmazione economica e, dal 1968, fu l’animatore di un gruppo di studio sui problemi delle politiche di stabilizzazione in Italia, che portò alla pubblicazione, con Lucio Izzo, Antonio Pedone e Franco Volpi di Il controllo dell’economia nel breve periodo (Milano 1970).
In questo lavoro le cause dell’insufficienza e dell’inclinazione inflazionistica italiana erano chiaramente individuate in fattori oggettivi e comportamentali e, in particolare, nell’inferiorità della politica di bilancio rispetto alla politica monetaria. Quest’ultima ha un’efficacia asimmetrica, molto elevata nell’azione di restrizione e molto limitata in quella di espansione; inoltre, nell’azione di freno, essa opera in senso restrittivo soprattutto sulla componente di spesa costituita dagli investimenti, compromettendo così l’espansione della capacità produttiva e il livello di reddito e occupazione raggiungibile in futuro.
Spaventa si impegnò così costantemente, nella sua attività politica e di consulenza governativa, per rendere possibile il ricorso a misure di bilancio in favore degli investimenti e dell’occupazione, suggerendo miglioramenti degli strumenti di intervento (dal lato sia della spesa che del prelievo tributario) e degli assetti istituzionali che ne avrebbero consentito un più efficace impiego.
Di segno diverso, ma altrettanto solidamente fondati su un’analisi dettagliata dei fatti e sulla indicazione di specifiche misure in grado di salvaguardare al massimo la crescita e l’occupazione, furono gli interventi di Spaventa nell’ambito del dibattito che si accompagnò alla grande inflazione scoppiata dopo lo shock petrolifero del 1973 e alimentata anche dal meccanismo di indicizzazione dei salari (scala mobile) adottato in Italia. Nel valutare le caratteristiche e le conseguenze di tale meccanismo (fra gli altri, Ancora sul grado di copertura del salario, in Moneta e credito, 1977, vol. 30, n. 118, pp. 217-227), Spaventa sottolineò anche l’influenza avuta dal fenomeno del fiscal drag.
Nell’ampia ricostruzione compiuta con Francesco Giavazzi (Italy: the real effect of inflation and disinflation, in Economic policy, 1989, vol. 4, n. 8, pp. 133-172) e in un continuo, serrato colloquio-confronto con Banca d’Italia (Visco, 2013, pp. 23-33) Spaventa discusse del ruolo e degli effetti della politica monetaria seguita nelle varie fasi e, più ampiamente, dei caratteri strutturali dell’inflazione italiana.
Eletto nel 1976 (e rieletto nel 1979) alla Camera dei deputati come indipendente nelle liste del Partito comunista italiano, Spaventa partecipò ai lavori della VII (1976-79) e dell’VIII (1979-83) legislatura, intervenendo su tutti i principali temi economici del momento e fornendo personali e importanti contributi soprattutto in materia di politica del bilancio, di partecipazione dell’Italia agli accordi di cambio, di riforma dei mercati finanziari e del sistema tributario. Determinante fu il suo apporto alla formulazione della legge 468/1978 di riforma della contabilità pubblica, che pose le premesse e introdusse gli strumenti per riportare almeno in parte nelle sedi parlamentari la discussione e la decisione in materia di politica di bilancio e di politica economica in generale.
Altrettanto importanti furono i suoi interventi in materia di politica valutaria.
In un ampio, memorabile discorso tenuto il 12 dicembre 1978, Spaventa motivò il voto contrario all’adesione dell’Italia al Sistema monetario europeo (SME). Egli vedeva i vantaggi di tassi di cambio stabili e anche, al limite, fissi, ma riteneva che tali vantaggi potevano manifestarsi, e non divenire invece svantaggi in termini di deflazione e disoccupazione, soltanto se si fossero ridotte le differenze strutturali tra i singoli Paesi in materia di produttività e di squilibrio dei conti esteri e pubblici e se l’onere dell’aggiustamento fosse stato ripartito in maniera simmetrica tra Paesi eccedentari e Paesi deficitari e non fosse stato lasciato a carico solo di questi ultimi.
Negli anni successivi, più volte e in più sedi, espresse l’opinione che, in assenza di un coordinamento effettivo dell’andamento reale delle diverse economie, la persistente asimmetria tra Paesi eccedentari e Paesi deficitari avrebbe portato a imporre, tra recriminazioni reciproche, un abbassamento del tasso di crescita e di accumulazione, con conseguenze gravi e pesanti per l’occupazione, e a rendere sterile il pur necessario esercizio della virtù fiscale (consistente nell’aggiustamento dei conti pubblici) aumentandone insopportabilmente il costo. E anche quando, in presenza di una crescente integrazione economica e finanziaria internazionale – che alimentava la crescita mondiale e finalmente riduceva le abissali distanze fra economie avanzate ed emergenti, ma richiedeva ampia libertà nei rapporti commerciali e nei movimenti di capitale – Spaventa sostenne l’adozione di tassi di cambio irrevocabilmente fissi (quali quelli previsti nell’area euro) come ancoraggio stabile per le aspettative degli operatori. Egli non cessò mai di chiedere il rispetto da parte di tutti delle condizioni sopra ricordate per evitare le temute gravi e dirompenti conseguenze del loro mancato rispetto sulla crescita e l’occupazione.
Spaventa fu tra i primi a riconoscere e segnalare che uno dei problemi della partecipazione dell’Italia al processo di Unione monetaria europea (UME) era costituito dall’autoalimentazione di debito e disavanzo pubblico dovuto all’eccedenza del costo reale del debito sul tasso di crescita dell’economia; autoalimentazione che avrebbe reso sterile, se non dannoso, il pur necessario conseguimento di avanzi primari di bilancio. In due articoli del 1984 (La crescita del debito pubblico in Italia: evoluzione, prospettive e problemi di politica economica, in Moneta e credito, vol. 37, n. 147, pp. 251-284) e del 1987 (The growth of public debt. Sustainability, fiscal rules and monetary rules, in IMF Staff papers, vol. 34, n. 2, pp. 374-399), analizzò la dinamica del rapporto debito/prodotto interno lordo e i fattori che la influenzano, indicò le condizioni di sostenibilità e discusse gli interventi che potevano riportarlo sotto controllo e che non si limitavano al sia pur indispensabile aggiustamento dei conti pubblici.
Nel 1988 fu chiamato a presiedere, presso il ministero del Tesoro, il Comitato scientifico consultivo sul debito pubblico, che nel 1989 pubblicò un Rapporto nel quale si approfondivano gli aspetti istituzionali e i criteri di gestione di un alto volume di debito pubblico, nonché l’organizzazione e il funzionamento del relativo mercato, prefigurando la costituzione del Mercato telematico dei titoli di Stato (MTS), che rappresentò una grande innovazione anche a livello internazionale e del quale Spaventa sarebbe stato presidente dal 2006 al 2012.
Dei temi del debito pubblico, ma anche di quelli dell’UME, Spaventa continuò a occuparsi nell’ambito del Consiglio degli esperti costituito nel 1992 presso la direzione generale del Tesoro, con la sua caratteristica di economista: «la contemporanea attenzione agli aspetti istituzionali e all’evidenza empirica, sempre all’interno di un solido modello di riferimento teorico: una rarità» (Draghi, 2013, p. 40).
Il 28 aprile 1993 lasciò il Consiglio degli esperti per assumere la funzione di ministro del Bilancio nel governo presieduto da Carlo Azeglio Ciampi: in tale veste impostò una politica di bilancio meno restrittiva e avviò riforme dirette a contenere gli aumenti di spesa, con «risultati decisamente positivi», così come ottenne «importanti successi» nell’assegnazione di risorse europee (Salvemini, 2013, pp. 57-59). Altrettanto intenso fu il suo impegno per migliorare il funzionamento del mercato finanziario a sostegno del sistema produttivo, svolto in qualità di presidente della Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa) dal 1998 al 2003.
Nell’annuale Discorso del presidente della Consob al mercato finanziario sono contenute approfondite analisi: sui motivi della scarsa propensione alla quotazione delle imprese italiane e sul ruolo del mercato borsistico nel finanziamento degli investimenti affidato prevalentemente al credito bancario; sull’esigenza di adeguare regole e prassi istituzionali a quelle prevalenti sui maggiori mercati internazionali, pur consapevoli dei limiti e dei rischi di instabilità presenti nel loro funzionamento; sulla necessità di rivedere i meccanismi del governo societario, contemperando la contendibilità del controllo con la tutela di tutti gli investitori e una riduzione dei conflitti di interesse (cfr. Cavazzuti, 2013, pp. 309-328).
Altrettanto importanti, anche perché premonitori di quella che sarebbe stata la grande crisi finanziaria esplosa nel 2007-08, sono gli acuti commenti contenuti in tali Discorsi su come si formano le bolle speculative, sul ruolo degli squilibri economici fondamentali, del proliferare di nuovi strumenti finanziari di difficile valutazione in mercati «grigi di nome e di fatto», dell’esuberanza irrazionale degli investitori e del sonno (interessato) della ragione di regolatori, analisti finanziari e intermediari, del raggiro degli investitori da parte di chi governava le imprese e le banche. Tutti temi ripresi e approfonditi negli scritti sulla grande crisi del nuovo secolo pubblicati in sedi diverse (una selezione dei quali è raccolta in Contro gli opposti pessimisti. Per uscire dal declino e dalla crisi, Roma 2014), nei quali Spaventa fornisce una delle più complete e penetranti analisi di origini, cause, manifestazioni, conseguenze e problemi finanziari, economici e sociali posti dalla crisi.
Accanto all’attività di ricerca e insegnamento universitario e all’impegno nelle istituzioni, Spaventa collaborò assiduamente con i maggiori quotidiani nazionali (Corriere della sera, la Repubblica) e con molte altre testate anche internazionali. Nel 1982 fondò, con Giorgio Ruffolo e altri economisti, il Centro Europa ricerche (CER) e fu tra gli animatori del Centro studi di politica economica (CESPE) e del Centro di Torre Argentina. Ricoprì importanti incarichi nel settore bancario: nel 1997 fu nominato alla presidenza del Monte dei Paschi di Siena, lasciata nel giugno del 1998 per assumere la presidenza della Consob; nel 2006 divenne presidente di Capitalia asset management e dal 2007 fu presidente del gruppo finanziario Sator.
Oltre agli affetti familiari, Spaventa coltivò per tutta la vita una molteplicità di interessi e passioni, tra i quali quelli per l’arte e la grande letteratura europea, la montagna (cfr. Giovannini, 2013, pp. 137-140), la musica (cfr. Baratta, 2013, pp. 129-136), i cani, l’aspra bellezza delle cascate di Quintiliolo (Tivoli).
Morì a Roma il 6 gennaio 2013.
Opere. La più estesa bibliografia degli scritti di Spaventa è in A. Roncaglia, Luigi Spaventa, in Moneta e credito, 2013, vol. 66, pp. 245-258. Tra i suoi lavori, oltre quelli indicati nel testo, vanno ricordati Rate of profit, rate of growth, and capital intensity in a simple production model, in Oxford economic papers, 1970, vol. 22, n. 2, pp. 129-147; Una svolta ad U della teoria economica, in Scritti in onore di Innocenzo Gasparini, II, Milano 1982, pp. 1037-1058; Astuzia o virtù? Come accadde che l’Italia fu ammessa all’Unione monetaria, Roma 2000 (con V. Chiorazzo); La protezione dell’investitore: teorie, misura e pratica, in Rivista italiana degli economisti, 2005, vol. 10, n. 3, pp. 459-480; Why the current account may matter in a monetary union: lessons from the financial crisis in the euro area, in CEPR discussion paper, 2010, n. 8008 (con F. Giavazzi).
Fonti e Bibl.: Saggi su diversi aspetti dell’opera di Luigi Spaventa sono contenuti in tre raccolte: Moneta e credito, 2013, vol. 66, n. 263; L. S. economista civile, a cura di Carlo M. Pinardi, Torino 2013; Euro e sviluppo del mercato finanziario: la lezione di L. S. Atti del Convegno…, Roma... 2015, a cura di A. Pedone, in Quaderni di Minerva bancaria, novembre 2015. In particolare, i saggi cui si fa qui riferimento sono A. Roncaglia, L. S., in Moneta e credito, 2013, vol. 66, n. 263, pp. 221-248; R. Guarini, Il cammino di L. S. alla Sapienza: da studente a professore emerito, ibid., pp. 249 s.; A. Pedone, L. S. e il controllo dell’economia nel breve periodo, ibid., pp. 261-278; M. Sarcinelli, Per ricordare L. S., ibid., pp. 279-297; F. Cavazzuti, L. S. in Consob, ibid., pp. 299-335; M.T. Salvemini, L. S. ministro del Bilancio, ibid., pp. 337-343; M. De Cecco, A Cambridge, in L. S. economista civile, Torino 2013, pp. 13-18; I. Visco, La Banca d’Italia, ibid., pp. 19-38; M. Draghi, Il ministero del Tesoro e l’Unione monetaria, ibid., pp. 39-45; M.T. Salvemini, Al Bilancio, ibid., pp. 55-60; P. Baratta, Il musicofilo, ibid., pp. 129-136; A. Giovannini, L’alpinista, ibid., pp. 137-140; P. Reichlin, Lo studioso, ibid., pp. 151-158; V. Sannucci, L’importanza di un Maestro, in I quaderni di Minerva bancaria, novembre 2015, pp. 33-42, M.C. Marcuzzo, La crisi finanziaria 2007-2009, ibid., pp. 51-56; M. Messori, La crisi finanziaria: aspetti strutturali, ibid., pp. 57-64; S. Micossi, Stabilità e crescita economica, ibid., pp. 65-70; G. Sabatini, Brevi riflessioni sulla crisi finanziaria, ibid., pp. 71-76.