SERRA, Luigi
Pittore, nato a Bologna l'8 giugno 1846, ivi morto l'11 agosto 1888. Frequentò dapprima il collegio Venturoli, poi l'Accademia di belle arti, ove ebbe a maestri il Ferrari e il Puccinelli. Vinse il pensionato appena ventenne, e si recò nel 1868 a Firenze, dove si unì al gruppo dei macchiaioli. Ma assai più che alle loro ricerche e alle loro conquiste, s'inteteressò ai grandi maestri del Quattrocento toscano, dedicandosi intensamente e allo studio e alla copia di quei disegni. A Roma dipinse i suoi primi quadri: Maria dei Medici esiliata nel castello di Blois e Annibale Bentivoglio in carcere, che, esposto alla mostra correggesca in Parma nel 1870, fu premiato con medaglia d'oro. Tornato a Bologna, dipinse il ritratto del padre di Marius pictor e il sipario per il Teatro Gentile di Fabriano, affidatogli per concorso nel 1871. Ma egli era dotato più per disegnare che per dipingere. Attentissimo, acuto osservatore, il suo occhio seguiva implacabile i contorni delle cose, risultanti limitate da linee nette e precise. Questa visione, di un'esattezza matematica, cui non sfuggiva alcuna particolarità della forma, egli sapeva rendere con un segno tagliente, costruttivo. Ma a tale intuizione lineare non corrispose un'adeguata sensibilità coloristica; e lo squilibrio che ne derivava, poiché lo sentiva profondamente, divenne l'intimo dramma della sua vita. Nemmeno la visione dei grandi coloristi di Venezia, dove si recò nel 1875, riuscì a infondere immediatezza e calore alla sua pittura. Specie nei quadri di maggiore impegno e nelle grandi composizioni (delle quali l'Irnerio che glossa le antiche leggi, dipinto sulla vòlta della sala del consiglio provinciale di Bologna, è certamente la migliore), si nota la subordinazione all'intuizione grafica del suo timido istinto coloristico. Venuto a Roma per la seconda volta, vi eseguì varî dipinti come il S. Giovanni Nepomuceno per la cappella Torlonia al Laterano, I coronari sulla gradinata di S. Carlo ai Catinari (Firenze, Galleria nazionale di arte moderna), L'ingresso trionfale dei cattolici in Praga nel catino dell'abside di S. Maria della Vittoria, ecc.; ma le sue cose migliori sono i disegni, studî di figura, paesaggi, per lo più visioni di Roma, acute, spontanee, equilibrate, prospetticamente perfette.
Bibl.: N. Carnevali, Commemorazione di L. S., pittore bolognese, Roma 1898; U. Ojetti, Ritratti di artisti italiani, I, Milano 1911, pagine 195-204; A. Colasanti, La Galleria Nazionale d'arte moderna in Roma, s. a., p. 199; L. Callari, Storia dell'arte contemporanea italiana, Roma 1909, pp. 254-56; C. Ricci, Ricordi bolognesi, Bologna 1924; F. Sapori, L. S., pittore bolognese, ivi 1922; E. Somarè, Storia della pittura italiana dell'800, Milano 1928, I, pp. 37-38, tavole 330-333, p. 597 (bibl.); A. M. Comanducci, I pittori it. dell'800, ivi 1934, pp. 673-74.