ROSADONI, Luigi
– Nacque a Siena il 6 ottobre 1928 da Arturo e da Gisella Tofani.
Nel 1940, dopo la morte del padre, si trasferì a Signa, in provincia di Firenze. Nel 1945 entrò nel seminario fiorentino, ma per la rigidità dell’ambiente ecclesiastico ne uscì poco dopo. Il suo itinerario scolastico, nonostante le sue doti intellettuali, fu incerto; conseguì la maturità classica al liceo Michelangelo come privatista, si iscrisse alla facoltà di medicina poi a quella di lettere sostenendo alcuni esami. Nel 1947 in occasione di un convegno alla Pro civitate christiana conobbe don Primo Mazzolari, al quale si legò con amicizia e ammirazione. Nel 1949, con l’aiuto di Enrico Bartoletti, entrò al Collegio Capranica, frequentando i corsi di filosofia e teologia presso l’Università Gregoriana e potendo coltivare studi biblici, pastorali e liturgici. Il 13 marzo 1953 fu ordinato sacerdote e l’anno successivo conseguì la laurea in teologia alla Gregoriana.
Nel 1955 venne incardinato nella diocesi di Firenze e gli fu affidata l’assistenza nel vasto istituto di Montedomini, che ospitava più di mille poveri, anziani e giovani. Cercò di impostare il suo lavoro in modo innovativo, ma dopo pochi mesi la Curia lo rimosse dall’incarico. In questo periodo insegnava anche religione al liceo-ginnasio Galilei e storia della filosofia nel seminario minore. Nel 1957 venne nominato parroco a Terzano, che aveva circa cento abitanti, dove rimase fino al 1962. Seguì con partecipazione le iniziative politiche di Giorgio La Pira e anche l’attività di Nicola Pistelli e la sua rivista Politica. Dal 1957 fino al 1967 collaborò con la Pia società San Paolo, come traduttore; scrisse anche su diversi giornali e riviste cattoliche come Il Giornale del mattino, molto vicino a La Pira, ma anche su Il Popolo e su L’Osservatore romano. Nel 1958 Bartoletti, che fino ad allora aveva garantito un clima di apertura e libertà d’insegnamento, venne nominato vescovo ausiliare, senza poteri di governo, a Lucca. Rosadoni rassegnò, così, nello stesso anno le dimissioni da insegnante in seminario. Gli venne affidato l’insegnamento di religione al liceo Michelangelo di Firenze. Qui improntò il suo insegnamento sulla conoscenza della Bibbia, a cominciare dal Vangelo di Giovanni, leggendolo nel testo greco e introducendo la traduzione di Salvatore Quasimodo, ma anche discutendo con i ragazzi i temi della giustizia sociale e della pace. Da un gruppo di questi allievi nella Pentecoste del 1958 nacque la Comunità della Resurrezione, animata da Rosadoni, che strinse rapporti con comunità monastiche come quella di Camaldoli.
Nello stesso anno divenne responsabile del settimanale dell’Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa, Il Focolare, e partecipò alla mobilitazione di cattolici e di una parte del clero fiorentino per evitare i licenziamenti nelle Officine Galileo. Insieme a don Bruno Borghi e ad altri Rosadoni redasse una lettera di solidarietà per gli operai che avevano occupato la fabbrica; questo testo venne firmato dallo stesso cardinale Elia Dalla Costa e l’episodio suscitò polemiche molto vivaci.
Nel 1961 Rosadoni lasciò la direzione del Focolare e anche l’insegnamento al Michelangelo. Sempre nello stesso anno fu nominato condirettore de L’Osservatore toscano, ma nel 1964 l’incarico venne revocato per divergenze sulla linea del giornale. Nel 1962 fu incaricato di organizzare una nuova parrocchia a La Nave a Rovezzano, frazione a sud di Firenze. Molto forte era il suo impegno nel rinnovamento della liturgia e nella conoscenza biblica. Nel 1965 fu inaugurata la nuova chiesa, prefabbricata, sostenuta con sottoscrizioni volontarie da amici e parrocchiani. Nel giugno del 1966 si verificò uno scontro molto netto con l’arcivescovo Ermenegildo Florit, dopo l’esclusione di La Pira dalle liste della Democrazia Cristiana in occasione delle elezioni amministrative. Un gruppo di laici e sacerdoti, tra i quali Rosadoni ed Enzo Mazzi, scrissero una lettera aperta nella quale rivendicavano «l’autonomia dei laici nelle scelte politiche affermata dal concilio» e dichiaravano «in coscienza di non votare Democrazia Cristiana». Florit chiese a Rosadoni e Mazzi di smentire la loro partecipazione all’iniziativa «a tutela dell’onorabilità del clero fiorentino» (Comunità dell’Isolotto, Isolotto, 1954-1969, Roma-Bari 1969, p. 36). La rivendicazione dell’iniziativa come unicamente laicale non avrebbe sopito le polemiche in diocesi.
Nel 1966 si approfondì l’impegno della Comunità della Resurrezione, ormai ben inserita nella parrocchia, sui temi della non violenza, anche in seguito ai dibattiti relativi ai processi a padre Ernesto Balducci e don Lorenzo Milani per apologia del reato di obiezione di coscienza; Rosadoni pubblicò nello stesso anno il suo volume La violenza dei disarmati, presso la casa editrice Gribaudi. Con quest’ultima intensificò la collaborazione, sia come traduttore sia assumendo la direzione di una collana di studi biblici.
Dopo l’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966 insieme a molti membri della sua comunità partecipò ai comitati di quartiere, autogestiti, che assunsero posizioni critiche verso l’amministrazione cittadina. Nel 1967 compì un viaggio nei Paesi Bassi per comprendere meglio le proposte riformatrici, ecclesiali e teologiche, del cattolicesimo olandese; ne sarebbe scaturito il volume I cattolici olandesi ovvero il mestiere di essere vivi, edito nel 1968 sempre da Gribaudi. Nello stesso anno si verificò anche uno scontro decisivo con l’arcivescovo Florit all’interno di una conferenza-dibattito sul documento conciliare Dei Verbum sulla Sacra Scrittura nella vita della Chiesa. Erano segnali di una riflessione che avrebbe portato Rosadoni, insieme a gran parte della sua comunità, a lasciare la parrocchia ritenendola una istituzione non riformabile, come scriveva in una lettera del 18 marzo 1968, inviata a tutti i parrocchiani e per conoscenza all’arcivescovo Florit: «Oggi purtroppo papa Giovanni è morto e seppellito e la Chiesa ha fatto gravi passi indietro [...]; la Chiesa non si manifesta affatto come il popolo di Dio, ma come un centro di potere che ribadisce in pratica la schiavitù alle leggi, la meccanicità nella preghiera, la confusione tra fede e politica, i privilegi dei ricchi [...]. C’è da domandarsi se tale fenomeno sia dovuto all’immaturità cristiana e alla debolezza di alcuni uomini oppure se sia una convergenza inevitabile delle strutture della Chiesa. È un interrogativo che ci poniamo con sofferenza, vedendo tradito l’Evangelo e tradita la vostra dignità» (Lettere e scritti (1946-1972), a cura di R. Albani, p. 313). Da questo momento si dedicò completamente alla Comunità della Resurrezione e al movimento delle comunità di base.
Egli rappresentò in Italia una delle voci più significative di quel movimento Echanges et dialogue che ebbe un notevole sviluppo in Francia e fu noto in Italia come movimento dei Preti solidali.
Il tentativo era, in comune con le comunità di base, quello di sviluppare una riflessione profonda sul sacerdozio, polemizzando con la «casta» (L. Rosadoni, Requiem per la casta clericale, in Bollettino di collegamento fra comunità di base in Italia, n. 13, p. 2) clericale, per tornare al dato evangelico del sacerdote così come lo si poteva ritrovare nel Nuovo Testamento. Il prete doveva quindi vivere del proprio lavoro, partecipando alla vita economica e sociale, con la facoltà di accettare o meno il celibato, che doveva rimanere una scelta libera. Rispetto alle dinamiche delle comunità di base italiane Rosadoni sottolineava con più forza l’autonomia delle scelte politiche che non andava in nessun modo confusa con le scelte di fede, evitando di riproporre un’immagine idologico-politica della fede, come avveniva con una certa frequenza.
Nel 1969 scoppiarono i contrasti violenti sul ‘caso’ Isolotto: Florit esigeva le dimissioni del parroco e del viceparroco, che avevano dato vita a una comunità di base capace di esprimere critiche radicali alla Chiesa istituzionale. Rosadoni, pur assumendo la difesa dei sacerdoti della comunità, ribadì il senso di una scelta diversa, quella di uscire dalla parrocchia; così come aveva chiesto lo stesso arcivescovo Florit, che, sottolineava Rosadoni, aveva riconosciuto «in un modo che oserei dire cinico, che le strutture ecclesiastiche godono di ‘privilegi, poteri e di beni’» (Testimonianza di Enzo Mazzi, in B. D’Avanzo, Essere profeta oggi. Vita, impegno e fede di Luigi Rosadoni, Firenze 1982, p. 236).
Dal 1969 divenne uno dei responsabili del Bollettino di collegamento delle comunità di base dove confluirono alcune sue riflessioni teologiche rilevanti sulla condizione del prete e sulla liberazione cristiana di fronte ai vincoli posti dall’istituzione ecclesiastica.
Molto ridimensionata, anche se non del tutto abolita, era allora la funzione di mediazione della Chiesa; assolutamente centrale, quasi unico, il confronto con la Parola, momento fondante per ogni esperienza di fede, insieme alla testimonianza della Comunità, per cui si rifiutavano le mediazioni istituzionali per una ricerca evangelica radicale, e si sperimentavano modalità nuove di espressione e preghiera liturgica e sacramentale. Da queste esperienze derivavano anche i suoi incontri ecumenici, in particolare a Firenze con i valdesi e il pastore Luigi Santini.
La sua ricerca di un ripensamento teologico radicale e di una testimonianza evangelica rimaneva centrale. Nel 1971 si dimise dal Bollettino di collegamento per dissensi sulle linee direttive del periodico. Le sue critiche erano rivolte al frequente emergere di categorie politiche totalizzanti.
I suoi giudizi radicalmente negativi sulla vita ecclesiastica e sulla mancata riforma ecclesiale però non gli impedirono di mantenere rapporti di amicizia e di comprensione reciproca con alcuni sacerdoti e laici fiorentini pur inseriti nella vita diocesana, come don Fabio Masi e don Raffaele Bensi, che era molto stimato a Firenze anche come padre spirituale di Milani e La Pira. A trovarlo negli ultimi tempi della sua malattia erano andati sia don Bensi (al quale scrisse parole affettuose e commosse negli ultimi giorni della sua vita) sia Bartoletti, a testimonianza che la sua ricerca così sofferta era stata, almeno in parte, compresa anche da alcuni che erano rimasti fedeli all’istituzione.
Dal 1969 la salute, in seguito a un aneurisma, divenne sempre più precaria. Nel 1971 fu ricoverato in un centro specialistico a Bondeno (Ferrara), dove morì il 9 luglio 1972.
Opere. Fra i suoi scritti si ricordano: Il convertito di Damasco: S. Paolo, illustrazioni di C. Galleni, Firenze 1950; Carlo De Foucauld fratello universale, Torino 1966; Vidi scendere la sposa. Il tema biblico dell’amore nuziale, Torino 1966; I cattolici USA, ovvero la celebrazione della vita, Torino 1969; Iacopo Dorsanio [L. Rosadoni], Il prete e la confessione, Torino 1969. Ha curato le antologie: Charles de Foucauld, Opere spirituali, Milano 1961; La violenza dei disarmati. Documenti e testimonianze sulla non-violenza cristiana, Torino 1966; Il buon uso del denaro, Torino 1971 (testi dei Padri della Chiesa); Due chiacchiere con Gesù aggiustano tutto. I negro spirituals più belli per la nostra preghiera, Torino 1971; Servire i poveri gioiosamente, Torino 1971 (antologia di testi patristici); Salmi dell’uomo d’oggi, a cura di M. Toschi - L. Rosadoni, Torino 1971. Gli scritti e le lettere sono raccolti in Il mestiere di essere vivi, a cura di V. Merinas, Torino 1974; Lettere e scritti (1946-1972), a cura di R. Albani, Milano 1982 (a questo testo si rimanda anche per una bibliografia dei numerosi volumi di opere prevalentemente di teologia e pastorale tradotte da Rosadoni). Altre lettere sono presenti presso archivi privati.
Fonti e Bibl.: San Gimignano, Biblioteca del Centro internazionale di studi sul religioso contemporaneo, Fondo Rosadoni.
B. D’Avanzo, Essere profeta oggi. Vita, impegno e fede di L. R., Firenze 1982; R. Albani, Bibbia, liturgia cultura teologica fino al “dissenso”. L’itinerario di don L. R. (con un inedito), in Religioni e società, X (1995), 22-23, pp. 62-92; Id., L’itinerario di don L. R. ‘ovvero la storia di un prete che cerca nella fede’, ibid., XXVII (2012), 72, pp. 62-74.