MAGGI, Luigi
Nacque a Torino, il 21 dic. 1867, da Annibale, di professione cesellatore e da Rosa Giaccone. Iniziò a lavorare come tipografo all'Unione tipografica editrice torinese (UTET) ma, contemporaneamente, dette le prime prove del suo talento di attore presso il Circolo filodrammatico Giovanni Bosco di Torino. Avendo espresso, altresì, particolare inclinazione per l'interpretazione in vernacolo, nel 1906 divenne direttore della compagnia dialettale piemontese della Camera del lavoro.
Quello stesso anno avvenne il suo incontro con il cinema: il giovane R.A. Ambrosio, proprietario di un affermato negozio di articoli fotografici e appassionato cineamatore, aveva deciso di dedicarsi alla produzione cinematografica finanziando una serie di cortometraggi di vario genere; a tale scopo scritturò il M. con un compenso di 100 lire al mese. Compito del M. fu quello di scegliere i soggetti insieme con il produttore, girarli e talvolta interpretarli. La sua prima apparizione sullo schermo si ebbe in Romanzo di un derelitto, di R. Omegna, nel 1906. Nello stesso anno fece anche il suo esordio come regista con alcune pellicole di breve durata, fra cui Vendetta alsaziana, Dramma in caserma, L'ultima sera di Carnevale, Il telefono del Medioevo.
A partire dal 1907 le case cinematografiche italiane compirono un deciso salto in avanti per quantità e qualità delle produzioni; nel giro di un anno, il M. divenne il primo regista della Anonima Ambrosio che gli affidò l'ambizioso progetto di dirigere un film tratto dal celebre romanzo di E.G. Bulwer-Lytton, Gli ultimi giorni di Pompei.
Il film - perduto, come quasi tutti quelli diretti dal M. -, fu presentato nel 1908. Interpretato da Lydia De Roberti insieme con lo stesso M. nel ruolo di Arbace, fu considerato il capostipite di quel filone "storico" che consentì al cinema italiano di celebrare, di lì in avanti, i suoi fasti internazionali; a garantirne il successo contribuirono, tra l'altro, i sorprendenti trucchi dell'operatore R. Omegna. La critica ebbe toni entusiastici: "Qui siamo sul vero buon terreno. Esattezza di costumi, d'architettura, d'ambiente storico. Compattezza di personaggi e tutti in carattere; felicità di episodi più un pathos commoventissimo" (La cinematografia italiana). Tuttavia, la realizzazione fu "macchiata da alcune distrazioni. [(]. Sulle tavole del banchetto figuravano coltelli e forchette di stile tutto moderno" (Sadoul).
Nel 1908 il M. diresse anche Il calvario di un maestro, il film-balletto Il conte di Montecristo e la commedia I fiori di s. Antonio. Nel 1909, sull'onda del successo de Gli ultimi giorni di Pompei, diresse più di dieci film, tra i quali ottennero un discreto consenso Spergiura! (con Mary Cléo Tarlarini e lo stesso M.), Galileo Galilei (con la De Roberti), Il figlio delle selve (con A. Capozzi), Amore e patria, Luigi XI re di Francia (anche interprete) e Il diavolo zoppo (dal romanzo Le diable boîteux di A.-R. Lesage). Tuttavia, il maggior successo dell'anno fu Nerone.
Il film si affermò soprattutto all'estero (300 copie distribuite in tutto il mondo), ottenendo eccellenti critiche dall'autorevole Moving Picture World. In Italia, al contrario, fu definito "sciatto" dal settimanale di critica cinematografica Lux, nonostante rispecchiasse i codici prevalenti della nascente cinematografia nazionale e presentasse effetti visivi affascinanti, come il viraggio in rosso nella scena dell'incendio di Roma.
Nel 1910 il ritmo di produzione della casa torinese si mantenne intenso e costante, malgrado tra le pellicole attribuite al M. - tra le quali Il corriere dell'imperatore, Didone abbandonata, Lo schiavo di Cartagine (anche interprete), Il segreto del gobbo e La vergine di Babilonia - non compaia alcuna che spicchi per qualità estetiche. Il 1911 fu invece l'anno di due fra i maggiori successi del regista, sempre nel genere storico sebbene ambientati stavolta in epoca moderna. Il primo fu Il granatiere Roland (protagonisti A. Capozzi e la Tarlarini), su soggetto di A. Frusta.
Ambientato durante la campagna di Russia, il film fu pubblicizzato come "il più bel film di storia realistica", e valorizzato altresì dall'essere stato girato non in studio ma tra le nevi delle Alpi dal miglior operatore del tempo, G. Vitrotti.
Ancor più ragguardevole fu il successo di Nozze d'oro, la più interessante tra le opere del M., di nuovo su soggetto di Frusta.
Il regista, "prendendo spunto da una commovente festa familiare in casa del vecchio soldato, nel perfetto stile delle oleografie scolastiche, rievoca l'assalto di Palestro del 1859 da parte delle valorose truppe franco italiane contro gli Austriaci" (Paolella). Il film, nel quale il M. appariva ancora una volta come attore, rappresentò una svolta creativa assai rilevante nell'ambito della narrazione cinematografica per l'utilizzo di una serie di flashback che portano il protagonista a ritroso nel tempo. Nozze d'oro fu salutato come un capolavoro in Italia e all'estero e ottenne il premio di 25.000 lire per la "categoria artistica" al concorso dell'Esposizione internazionale di Torino del 1911, anche se, poco dopo, la pellicola fu interdetta in Italia dal governo Giolitti, al fine di non provocare rimostranze da parte del governo austriaco. Tale censura provocò indignate reazioni da parte di molti intellettuali; in ogni modo, il successo proseguì all'estero, dove il film continuò a essere distribuito e a registrare forti incassi.
Sempre nel 1911, il M. apparve come attore nella versione cinematografica de La figlia di Jorio per la regia di E. Bencivenga e ne L'ultimo dei Frontignac di M. Caserini. Inoltre diresse altre pellicole di minor peso, tra le quali La tigre (sempre con la coppia Tarlarini-Capozzi) e Sogno di un tramonto d'autunno dal dramma omonimo di G. D'Annunzio.
Nel 1912 il M. diede nuovamente prova di originalità narrativa con il film Satana, interpretato da M. Bonnard e dalla Tarlarini.
Accompagnata dai testi del poeta G. Volante, la pellicola raccontava la presenza demoniaca nel mondo attraverso tre differenti episodi: il primo, biblico (chiaramente ispirato al Paradiso perduto di J. Milton), relativo alla rivolta di Satana contro Dio; il secondo, di ambientazione medievale, descriveva la corruzione morale dei monaci; il terzo, in epoca moderna, sulla violenza che scaturisce dall'avidità. Il film concorse a creare un nuovo genere al quale lo stesso D.W. Griffith sembrò richiamarsi nel suo Intolerance (1916).
Dello stesso anno sono anche le regie di Il ponte dei fantasmi (suo anche il soggetto), La nave dei leoni e La rosa rossa. Nel 1913 il M. cercò di ripetere il successo di Nozze d'oro girando un secondo film sulle guerre d'indipendenza del Risorgimento, La lampada della nonna - in cui utilizzava la medesima struttura basata sul flashback - il quale ebbe esito soddisfacente al botteghino. Nello stesso anno completò la trilogia risorgimentale con La campana della morte e adattò per lo schermo e diresse Il barbiere di Siviglia e Il matrimonio di Figaro. Apparve, inoltre, in qualità di attore, ne L'uomo giallo, per la regia di G. Vitrotti.
Nel 1914, con la guerra alle porte, la produzione cinematografica italiana rallentò. Il M. diresse alcune pellicole di scarso interesse per Ambrosio, quindi passò a un'altra casa torinese, la Leonardo Film, per la quale realizzò Il fornaretto di Venezia (con U. Mozzato), Per un'ora d'amore (protagonisti Bella Starace Sainati e A. Sainati) e L'ultima dogaressa (ancora con Mozzato e Anna De Marco). Fu richiamato alle armi nel 1915; al suo ritorno a Torino, l'anno successivo, trovò l'industria cinematografica in fortissima crisi. Tra il 1917 e il 1920 lavorò per diverse case di produzione, tra cui la Libertas Film, la Film d'Arte e la Milano Film. Nessuna delle pellicole realizzate in quel periodo raggiunse il consenso di pubblico delle precedenti, tuttavia si possono ricordare: Cuor di ferro e cuor d'oro (1919), Figuretta (1920) e Il mistero dei bauli neri (1920), nel quale il M. diresse la figlia Rina, anche lei attrice, poi attiva soprattutto in Germania con il nome d'arte di Kathryn Berg.
Nel biennio successivo l'attività del M. si ridusse ulteriormente; tornò con Ambrosio per girare Il giro del mondo di un birichino di Parigi e La ruota del falco (entrambi del 1921), mentre nel 1922 realizzò per la Caesar Film La lanterna di Diogene. Nel 1923, entrò a far parte, in qualità di attore, della nuova compagnia costituita da Lucio D'Ambra (R.E. Manganella) presso il teatro Eliseo di Roma.
Tale complesso artistico, il Teatro degli Italiani, si proponeva di rappresentare, in una propria sede, un repertorio specificamente italiano; ma il progetto non ottenne gli auspicati finanziamenti statali e fallì nel giro di un anno.
Il M. tornò quindi al cinema, per dirigere il suo ultimo film, La bambola vivente (1924), in cui l'interprete Maria Roasio si atteggia a bambola meccanica come la protagonista del celebre film Die Puppe di E. Lubitsch (1919). Come attore, apparve un'ultima volta nel 1927, nel film Viaggio di nozze in 7, per la regia di L. Carlucci. Scarsissime le notizie sul M. dopo il suo ritiro dal mondo del cinema.
Autore di un volume di poesie in dialetto piemontese dal titolo Come 'l Piemont a canta (Torino 1933), tra il 1939 e il '40, curò la messa in onda di diversi radiodrammi e persino di alcuni spettacoli televisivi sperimentali presso Radio Torino.
Il M. morì a Torino il 22 ag. 1946.
Autore vario, capace di spaziare fra i generi che andavano definendosi in quella fase iniziale della storia del cinema, con particolare riguardo e interesse ai canoni del film "storico", il M., nella sua non lunga carriera di regista, non si limitò a "mettere in scena" i personaggi ma si dimostrò capace anche di elaborare tecniche narrative dinamiche e originali, frutto di una fertile fantasia, e sostenute da un vivissimo senso dello specifico del nuovo linguaggio cinematografico.
Fonti e Bibl.: Rec. a Gli ultimi giorni di Pompei, in La Cinematografia italiana, 1908, n. 25, p. 26; M.A. Prolo, Storia del cinema muto italiano (1896-1915), Milano 1951, ad ind.; R. Paolella, Storia del cinema muto, Napoli 1956, p. 85; G. Sadoul, Storia generale del cinema, Torino 1967, p. 87; Archivio del cinema muto italiano, a cura di A. Bernardini, Roma 1991, ad ind.; Filmlexicon degli autori e delle opere, Roma 1974, sub voce.