LOZZA, Lucio
Nacque a Calalzo di Cadore il 19 apr. 1887 da Giovanni e Maria Antonietta De Zardo, entrambi cadorini.
Nel 1878, in una piccola frazione di Calalzo posta sulle sponde del fiume Molinà, il padre, Giovanni (1840-1915), di professione meccanico e arrotino ambulante, aveva fondato con i "pettener" (commercianti di pettini e occhiali) Angelo e Leone Frescura il primo laboratorio italiano di occhialeria, contribuendo a far rinascere la tradizionale, ma ormai decaduta, lavorazione di lenti collegata all'arte vetraria veneziana. Dal crollo della Serenissima in poi, la domanda di occhiali in Italia era stata interamente soddisfatta mediante il ricorso all'importazione da alcuni centri esteri specializzati (Morez du Jura e Ligny in Francia, Monaco, Norimberga, Jena, Furth in Germania). Nella fabbrica sul Molinà, ricavata da un complesso di mulini da grano e opifici di olio di noci, i Frescura avevano deciso di avventurarsi nell'attività sostitutiva di tale importazione impiegando i proventi del loro commercio e, soprattutto, servendosi delle abilità meccaniche di Giovanni Lozza: quest'ultimo, geniale inventore addestrato a lavori di precisione e alla fabbricazione di armi e coltelli, aveva potuto facilmente convertirsi a un'occupazione che non richiedeva particolari conoscenze tecniche, ma che esigeva la realizzazione in loco delle macchine utilizzate. Dei tre pionieri dell'occhialeria cadorina, dunque, Giovanni Lozza aveva ricoperto il ruolo di meccanico e attrezzista, incaricato di costruire e mantenere in efficienza i punzoni e gli attrezzi necessari alla costruzione degli occhiali. Alla morte di A. Frescura, avvenuta nel 1886, la fabbrica era stata ceduta al capitano d'artiglieria C.E. Ferrari - cui sarebbe subentrato, nel 1901, un altro pioniere dell'occhialeria cadorina, U. Cargnel -, mentre Giovanni Lozza, con il denaro realizzato dalla liquidazione della vecchia ditta, aveva fatto edificare una piccola officina meccanica in località San Francesco d'Orsina, su un terreno cedutogli in affitto dal Comune di Calalzo. Qui avrebbe continuato, fino alla sua scomparsa, a fabbricare macchine per l'azienda guidata da Ferrari, prima, e da Cargnel, poi. Proprio in questo primitivo laboratorio si sarebbe, in seguito, sviluppata e ampliata la grande fabbrica Lozza.
L'apprendistato del L. ebbe luogo in parte nell'officina paterna e in parte nella stessa ditta di Cargnel, in cui lavorò per qualche anno con funzioni di tecnico specialista in meccanica, impiegato nella lavorazione delle piastre d'acciaio per le trance. Nel 1911, insieme con il fratello Giuseppe (1870-1954), anch'egli meccanico provetto, prese la decisione di fare da sé: ingrandita l'officina paterna di San Francesco d'Orsina, i due si diedero alla realizzazione d'ogni sorta di macchine e attrezzi ottici, fondando la ditta Fratelli Lozza officina meccanica. Con essa fu ulteriormente rafforzata la collaborazione con la Società Ulisse Cargnel & Co., per la quale i fratelli iniziarono a produrre diversi macchinari, tra cui le prime apparecchiature per la confezione delle montature in celluloide.
Nel 1910, infatti, Cargnel aveva aperto in azienda un reparto preposto alla fabbricazione di queste innovative montature, la cui lavorazione gli era stata prospettata, in occasione di un soggiorno a Napoli, da un cadorino trasferitosi in Campania che impiegava le materie plastiche per realizzare vari oggetti d'uso quotidiano.
Nel 1917 il L. lasciò il Cadore alla volta di Roma, chiamato alla direzione del reparto di costruzioni ottiche del Regio Laboratorio di precisione, che dipendeva dal ministero della Guerra.
L'esperienza romana fu fondamentale per affinarne la formazione, consentendogli di perfezionare le sue conoscenze in materia di strumenti ottici e di apprendere nuove tecniche di fabbricazione degli occhiali. Fu in quel periodo che maturò l'idea, che avrebbe poi sviluppato al termine della guerra, di cimentarsi nella costruzione degli occhiali da sole.
Conclusa la breve parentesi romana, il L. si trasferì a Milano, dove collaborò all'installazione dei macchinari della filiale ambrosiana della ditta Cargnel. La vera svolta nella sua avventura imprenditoriale, tuttavia, ebbe luogo nel 1919, anno in cui, tornato a Calalzo, ebbe la felice intuizione di riconvertire l'attività dell'officina paterna in un'impresa specializzata esclusivamente nella produzione di occhiali in celluloide sia da vista sia da sole.
Il L. aveva infatti compreso che l'occhiale in celluloide rappresentava un prodotto redditizio, destinato a essere sempre più richiesto dal mercato grazie all'affermarsi di una nuova moda proveniente dagli Stati Uniti e ben avviata a diffondersi anche nel continente europeo. Coerentemente con tale progetto, nello stesso anno chiamò come capo reparto della sua azienda il tecnico specializzato C. Fedon, che presso la Cargnel aveva accumulato, sin dal 1910, una notevole esperienza nel campo delle montature in materie plastiche.
La collaborazione con la ditta di Cargnel, che già da tempo si era data anche alla produzione di occhiali in celluloide, in realtà non venne meno neppure in questa nuova fase, complice la comune consapevolezza che l'azienda del L. sarebbe andata a coprire una domanda in forte crescita, che la Cargnel non era più in grado di soddisfare da sola. Sin dall'inizio, dunque, U. Cargnel mostrò di appoggiare senza riserve l'iniziativa dell'amico concorrente, mettendo a disposizione della ditta dei Lozza anche la propria rete commerciale e distributiva: non a caso, i primi occhiali di celluloide prodotti dal L. furono venduti nei negozi che Cargnel possedeva a Milano.
Si può dire, quindi, che già in quel periodo cominciava a delinearsi un meccanismo di competizione-cooperazione, tipicamente "distrettuale", che avrebbe poi consentito il progressivo formarsi di una realtà industriale caratterizzata dalla circolazione delle informazioni e da una diffusa e stratificata conoscenza dei cicli produttivi. Era anche lo stretto legame tra la nascente industria e il mondo della moda, del resto, a richiedere la massima elasticità produttiva e, per quella via, a indurre alla creazione di nuove forme di collaborazione tra le imprese.
Nell'aprile del 1920 venne ufficialmente costituita la ditta Fratelli Lozza come fabbrica di montature in celluloide, allora unica in Italia, espressamente creata per soddisfare la crescente richiesta di tali prodotti. L'iniziativa ebbe successo, e l'azienda, che all'atto della sua fondazione era dotata di soli sette operai e costretta in un locale di pochi metri quadrati, si sviluppò fino a raggiungere (nel 1941) il ragguardevole numero di cinquecento dipendenti. Essa divenne in breve tempo una delle più importanti imprese nel settore della produzione specializzata di montature in materie plastiche (celluloide e affini), vendute non soltanto alle occhialerie italiane, ma anche a quelle estere (in primis, alla francese Société des lunettiers, cliente dei Lozza sin dai primi anni Venti).
Nel 1924 la Fratelli Lozza partecipò, vincendolo, a un concorso promosso dal Regio Istituto veneto, che conferì alla ditta la menzione d'onore e un premio monetario di 1000 lire, coronando la fabbrica di Calalzo come "la più grande occhialeria d'Europa".
Un'interessante e dettagliata relazione compilata in quell'occasione mostra come la produzione dell'azienda fosse, già all'epoca, relativamente diversificata e improntata a un modello di organizzazione "quasi fordista": accanto a "lastre di celluloide alcune di color chiaro, simulanti il corno" se ne fabbricavano "altre di colore scuro, simulanti la tartaruga", entrambe lavorate "a stanghette dentro cui possono essere incastonate fissamente lenti tonde oppure ovali". Nello stabilimento, inoltre, lavorava, con l'ausilio di una "poderosa attrezzatura", "una gran massa d'operai, maschi e femmine, adibiti ciascuno ad una sola operazione [(], e tutti assicurati", la cui incolumità era garantita anche dalla presenza di "apparecchi protettori annessi alle macchine, che potrebbero presentare pericolo di offesa". Con grande e "moderna" attenzione al processo di smaltimento e di riciclo dei rifiuti, infine, i cascami di celluloide e gli altri scarti del processo produttivo erano imballati e ceduti al fine di essere riutilizzati "per la fabbricazione di bottoni ed altri gingilli". All'interno dell'azienda, il L. - descritto dalla stessa relazione come "uomo intelligente, energico, abile disegnatore di macchine, il quale sotto ogni riguardo dà i migliori affidamenti per l'incremento e l'avvenire dello stabilimento" - occupava la funzione di direttore amministrativo, mentre al fratello Giuseppe spettava l'attività di controllo delle diverse fasi del processo tecnico-produttivo.
Nel corso dei due decenni successivi alla sua fondazione, la ditta Fratelli Lozza, pur nella conservazione della struttura organizzativa appena delineata, non fece che accentuare la sua dimensione industriale, implementando innovazioni di prodotto e di processo che le consentirono di tenersi al passo con l'evoluzione tecnologica in Europa e negli Stati Uniti. Negli anni Quaranta, a sostegno e coronamento dello straordinario sviluppo conosciuto sino a quel momento, furono inaugurati una nuova filiale a Salò e due grandi depositi a Roma e Milano. Ormai le montature Lozza, tanto quelle in celluloide quanto quelle in "cello-metallo", erano indiscutibilmente tra le più apprezzate sui mercati italiani e stranieri. La loro esportazione, infatti, si era progressivamente allargata a tutta l'Europa, agli Stati Uniti, all'Africa settentrionale, al Medio Oriente e all'America Latina, favorita anche dalla proliferazione delle Camere di commercio italiane all'estero, sorte tra Ottocento e Novecento nelle Americhe, in Egitto e in Turchia, oltre che nelle maggiori capitali europee.
Insieme con la Società Ulisse Cargnel & Co. - la quale, dopo varie vicissitudini, nel 1934 venne acquistata dal fondatore della Safilo, G. Tabacchi - la ditta del L. fu determinante anche per la formazione professionale e imprenditoriale di molte delle nuove leve industriali dell'occhialeria cadorina. Dagli anni Trenta, infatti, nelle due aziende-pilota si passò dalla produzione di ogni componente all'interno della fabbrica al ricorso massiccio al decentramento produttivo.
Un tipico procedimento di spin-off consentì, perciò, di dar vita gradualmente a laboratori specializzati nella costruzione di singole parti, quali lenti, astucci, armature, minuterie metalliche. Già negli anni tra le due guerre, le occhialerie cadorine coprivano l'88% della produzione di montature per occhiali realizzate in Italia e il 53% degli astucci, a dimostrazione sia della consolidata preminenza in ambito nazionale sia del crescente rilievo in quello internazionale. Forti spinte imitative, che le due aziende-pilota non avevano mai ostacolato, diedero quindi impulso a una rapida localizzazione, nello stesso territorio, di imprese simili o complementari e al radicamento di competenze omogenee in uno spazio sociale e culturale circoscritto. In tal modo venne, perciò, progressivamente strutturandosi un distretto industriale contraddistinto da quella coesistenza di aziende appartenenti a tutte le classi dimensionali e a tutte le specializzazioni settoriali, che costituisce, ancora oggi, lo specifico tratto del medio Cadore.
In segno di riconoscimento dei risultati raggiunti dalla sua azienda, nel 1941 il L., che tanta parte aveva avuto nel favorire la nascita del "distretto dell'occhiale", fu nominato cavaliere al merito del lavoro. Allo stesso anno risale la sua decisione di promuovere e finanziare la pubblicazione della rivista Cadore, diretta da A. Pais, destinata a porsi come vera e propria cassa di risonanza dello sviluppo che stava conoscendo, in quegli anni, l'occhialeria cadorina.
Il 18 luglio 1949 il L. trasformò la ditta in società per azioni Industria cadorina occhialeria F.lli Lozza, con capitale sociale di 1.200.000 lire, elevato il successivo 28 luglio a 4.800.000 e il 4 giugno 1951 a 19.200.000. Il forte aumento della produttività per addetto e il decentramento provocarono tuttavia una diminuzione dell'occupazione alle dirette dipendenze che, a metà degli anni Cinquanta, scese a circa 250 unità.
Nei primi anni Cinquanta il L. ricoprì la carica di presidente dell'Associazione degli industriali della provincia di Belluno e di presidente dell'Associazione italiana degli ottici.
Nell'esercizio di queste funzioni egli espresse a più riprese le sue preoccupazioni nei confronti della crescente concorrenza varesina - che in quegli anni si stava imponendo grazie al successo di un nuovo prodotto (l'occhiale iniettato) - e delle rinate occhialerie tedesche, che con prezzi inferiori del 15-20% non solo creavano difficoltà alle esportazioni, ma competevano con le industrie cadorine anche sul mercato interno. Una delle risposte vincenti dell'occhialeria cadorina a queste nuove sfide fu il crescente spostamento della produzione verso gli occhiali da sole, secondo una strada indicata dallo stesso L. oltre trent'anni prima.
Il L. morì a Calalzo il 29 giugno 1954.
Fonti e Bibl.: A. Frescura, L'industria cadorina di occhialeria Fratelli Lozza, Milano 1939; G. Barbieri, L'industria degli occhiali in Cadore, in Riv. geografica italiana, LXI (1954), 2; G. Licini, L'industria degli occhiali in provincia di Belluno, Belluno 1956, passim; E. De Lotto, Storia e tecnologia degli occhiali, Trescore Terme-Bergamo 1966, ad ind.; A. Serafini, L'industria dell'occhialeria, Feltre-Belluno 1973, ad ind.; G. Brunetta, Aspetti demografici ed economici del Cadore dopo il 1931, Padova 1975, ad ind.; U. Peruz, Vita di lavoro, Pieve di Cadore-Belluno 1981, ad ind.; A. Angelillo - F. Occari, Il distretto industriale dell'occhiale: struttura ed evoluzione, in Oltre il ponte, VI (1988), 22, pp. 87-121; L. Manfroi, L'evoluzione storica di un comparto industriale: l'occhialeria cadorina, tesi di laurea, Università degli studi di Padova, a.a. 1991-92; E. De Lotto, Dallo smeraldo di Nerone agli occhiali del Cadore, Pieve di Cadore-Belluno 1994, ad ind.; L. Perizzatto, Origine ed evoluzione di un distretto industriale: l'occhialeria del Centro Cadore, tesi di laurea, Università Ca' Foscari di Venezia, a.a. 1995-96; G.L. Fontana, Mobilità imprenditoriale e del lavoro alle origini dell'occhialeria cadorina, in Mobilità imprenditoriale e del lavoro nelle Alpi in età moderna e contemporanea, a cura di G.L. Fontana - A. Leonardi - L. Trezzi, Milano 1998, pp. 323-340; R. Molho - M. Pracella, Lozza. Una storia di occhiali, Milano 1998.