DOGLIONI, Lucio
Nacque a Belluno il 21 ag. 1730 da Francesco e Giustina Alpago Novello in una delle famiglie locali di più antica nobiltà.
La sua casata, una delle quattro nelle quali, da sempre, era riposto il governo della città, abitava in un trecentesco castello denominato Dollone e tra i propri avi annoverava Leone, che militò con Cangrande Della Scala nel 1325. Ippolito, che fu colonnello al servizio del principe di Condé e combatté poi con la Serenissima a Candia, e lo storico Giovanni Nicolò.
Il D. frequentò i primi studi a Belluno, poi li proseguì a Treviso; si laureò in giurisprudenza a Padova all'età di diciannove anni. Intraprese subito la carriera di amministratore della giustizia, chiamato in varie città: prima a Crema, ove iniziò la sua carriera facendo il giudice assessore, poi per cariche più importanti a Salò, a Rovigo, a Mantova, a Udine.
Intanto egli andava rivelando il suo notevole talento umanistico: già nel 1748 aveva esordito dando alle stampe un sonetto e inserendolo in una silloge di componimenti poetici in occasione della partenza da Belluno del reggimento del podestlà Paolo Querini. Seguirono due canzoni pubblicate l'anno seguente e inserite, la prima in un florilegio letterario per la consacrazione sacerdotale di G. M. Travasa e, l'altra, nel vestire l'abito monacale una nobildonna bellunese. Da allora in poi, non distaccandosi anche dalla moda imperante, il D. scrisse versi d'occasione, fiorilegi letterari e prose accompagnatorie. Quasi tutti questi componimenti sono arcadici, retorici e legati alla cultura settecentesca.
Appena ventiduenne, lesse all'Accademia degli Anistamici di Belluno (11 nov. 1752) una dottissima dissertazione Dell'antico Stato di Belluno (Belluno 1753): ancora oggi tale studio si deve ritenere tra i più seri circa l'origine latina della città e della zona limitrofa. La sua formazione giuridica si rivelava già negli studi storico-archeologici, poiché il D. si preoccupava, soprattutto, di rivelare le norme che erano alla base degli statuti cittadini. Del suo peculiare interesse per l'origine della propria patria (che non vedeva mai in chiave prettamente e solamente locale) fanno fede gli altri studi che venne in seguito pubblicando. Una naturale prosecuzione dell'opera precedente è Intorno al sito di Belluno (Belluno 1765).
Letta anch'essa all'Accademia degli Anistamici il 31 genn. 1765, la dissertazione confuta errori degli storici precedenti, primo fra tutti quel Pierio Valeriano (G.P. Dalle Fosse) che nel sec. XVI aveva acquisita fama di ottimo epigrafista e, padroneggiando gli autori latini attraverso la lettura dei codici, collocava gli antichi abitanti di Belluno fra la "gens Papiria", ipotizzava la fondazione della città da parte dei Galli Senoni e chiariva che Belluno non era appartenuta mai al Norico. L'opera prosegue con una cinquantina di pagine dedicate alla lettura, alla trascrizione e all'interpretazione di iscrizioni romane scoperte nel territorio bellunese e in quello vicino di Feltre. Oggi l'opera pare postillata, probabilmente da Francesco Pellegrini che verso la fine del secolo scorso riprese in mano tutti i lavori editi ed inediti del D.: a tutte le iscrizioni segue la segnatura del Corpus inseriptionum Latinarum del Mommsen. L'ultima parte è dedicata ad una serie di rilevazioni cartografiche, relative al suo tempo, dei luoghi e dei paesi del Bellunese, dei quali dà le quote relative all'altitudine paragonata ai piedi parigini e ai piedi viennesi con le interpolazioni del caso (il Marinelli, Saggio..., elogiò il D. per questo studio).
Era già entrato a far parte, in qualità di socio, dell'Accademia degli Anistamici, probabilmente verso il 1755. Si adoperò molto per essa e ne fu uno dei più tenaci assertori (cfr. Moschini), ma non fu uno dei fondatori come erroneamente asserito dal Moschini stesso, giacché l'Accademia era sorta all'inizio del secolo. Nel 1760 fu iscritto come socio all'Accademia degli Agiati di Rovereto, assumendo il nome arcadico di Arvinio, e nello stesso periodo divenne uno dei sedici membri dell'Imperial Regia Accademia di Padova. La sua fama di erudito l'aveva, frattanto, messo in contatto epistolare con molti studiosi e letterati fra i quali sono da ricordare il Bettinelli, il Lanzi, il Lorgna e, più tardi, il Tiraboschi. Pur continuando ad esercitare la professione di giureconsulto, dopo essere stato anche a Verona e Rovereto, il D. dedicò sempre maggiore spazio alle ricerche storico-archeologiche non trascurando, però, quelle di erudizione religiosa.
Stabilitosi definitivamente a Belluno, fu giudice della città sino al 1772, anno in cui avvenne una decisa svolta nella sua vita. In seguito alla scomparsa del decano del capitolo della diocesi bellunese, Angelo Alpago, unanimemente i membri dello stesso elessero il D. a sostituirlo nel novero dei componenti. Abbandonate le pratiche forensi, abbracciò la vita ecclesiastica; ciò comportò un ritorno profondo allo studio della teologia, di cui qualche anno più tardi ottenne la cattedra mantenendola per due lustri. Tutto questo non gl'impedì la prosecuzione degli studi storici; è proprio da questo momento in poi che il D. produsse le sue opere migliori su temi che aveva già approfondito in età giovanile.
Nel 1775 venuto a mancare Cesare Alpago, decano del capitolo, il D. ne assunse la carica che mantenne fino alla morte. Nel frattempo era divenuto bibliotecario della Capitolare bellunese: sotto la sua direzione fiorì un risveglio importante per la cultura del luogo. Egli stesso, indefessamente, curò la ricca collezione che il vescovo Lollino aveva lasciato; ne catalogo i manoscritti, molti ne trascrisse, riesumò lavori che altrimenti sarebbero andati perduti. Ma lavorò anche in proprio. Tra le opere che pubblicò si segnalano quelle di carattere storico-archeologico: tutte risultano assai bene documentate e denotano una padronanza eccezionale degli strumenti interpretativi.
Nel 1774 aveva già dato alle stampe a Belluno un Elogio storico di Giannagostino Gradenigo vescovo di Geneda, socio della Accademia degli Anistamici e venuto a mancare in quell'anno. La nota gli offriva il pretesto per discutere della nobile famiglia chioggiotta, di fornire indicazioni su un'Accademia di storia ecclesiastica fondata a Venezia nel 1762 e di cui il Gradenigo era stato il primo segretario e, infine, di soffermarsi sulle numerose opere di sfragistica e storia religiosa scritte dal presule.
Nel 1781 pubblicava a Venezia nel volume XXXVI della Raccolta di opuscoli scientifici e filologici una disquisizione sopra una grave controversia avvenuta nella Chiesa bellunese del '500 (Ragionamento sopra la controversia di Giambattista Casale con Giovanni Barozzi per occasione del vescovado di Belluno) e un'altra operetta nella quale decifrava un'iscrizione latina rinvenuta a Castellavazzo e riguardante il dono di un orologio (sul quale a lungo si soffermava) a Claudio Nerone (Lettera ... al ch. ed or.mo padre D. Girolamo da Prato intorno ad una iscrizione bellunese, Venezia 1781). Tre anni prima non aveva dimenticato di rettificare, elegantemente, alcuni errori contenuti in un'opera (Notizie de' vescovi di Feltre e di Belluno dopo la unione di quei vescovadi dall'anno 1116 fino al 1320 ricavate dalle carte trevigiane di mons. Rambaldo degli Azzoni, Venezia 1778) sulla storia della Chiesa feltrina e bellunese riportando, a suffragio, una nutrita serie di documenti inediti.
Nel 1783 dette alle stampe alcune opere notevoli. In una definiva la presenza di un tale Marcio vescovo di Ceneda, attribuendogli la casata dei Fiabane e ciò gli permetteva di parlare degli antichi statuti ecclesiastici cenedesi (Lettera sopra Marco vescovo di Ceneda, Venezia 1783). Sempre a Cmeda dedicava una ricerca erudita intorno a Cintio (o Cinzio) di Ceneda, poeta erroneamente creduto friulano, poiché tenne a Spilimbergo la cattedra di professore di grammatica greca, e a cui il D. attribuì il De bello Germanico, ove trattasi della guerra tra Massimiliano I imperatore d'Austria e la Repubblica di Venezia (1508), combattuta anche nel Cadore e nel Friuli (Lettera intorno a Cinzio poeta di Ceneda, Venezia 1783). Nel medesimo anno, preceduto da un'epistola esplicativa che può essere ritenuta un'edizione critica, uscì a Venezia il De Codice legum Longobardicarum, trascrizione corretta di quanto era sfuggito a P. Canciani in un'edizione precedente sugli statuti longobardi e completamento di quanto non conosciuto dallo stesso Muratori.
Desunta da un codice veronese non posteriore al secolo VIII e conservato, allora, presso il convento degli agostiniani di S. Eufemia a Verona, l'opera ebbe immediatamente due aggiunte dello stesso D.: la prima riguardante la descrizione di antiche formule in uso nel Regno italico e la seconda contenente altre formule giudiziali posteriori a quelle pubblicate secondo il parere dell'autore. Edito per la prima volta, il codice fu un avvenimento importante nella conoscenza del diritto longobardo.
L'anno successivo pubblicò una Memoria di Urbano Bolzanio (Belluno 1784), bellunese, il cui vero nome era Urbano Delle Fosse (Dalle Fosse), parente dello storico Pierio Valeriano anch'egli portante lo stesso cognome; restituì al personaggio l'anno di nascita fissandolo definitivamente nel 1443.
Nel 1785, venuto a mancare Giambattista Sandi, vescovo di Belluno, al D. fu affidato l'incarico di vicario. Quattro anni più tardi l'Accademia degli Anistamici con oltre vent'anni di ritardo, s'adeguò all'invito della Repubblica di Venezia di trasformarsi in Accademia di agricoltura; un nuovo statuto sanciva delle borse di studio per gli accademici che si fossero occupati della nuova disciplina anziché dedicarsi alle disquisizioni letterarie. Anche il D., che figurava tra i soci di più antica presenza, s'adeguò a poco a poco: ne sono testimonianza le lettere, pubblicate nel 1888, all'Asquini e riguardanti i bachi da seta, le miniere e la lavorazione delle maioliche (cfr. A. Fiammazzo, Da lettere del canonico dottor L. D. al co. Fabio Asquini, Udine 1888). Nel 1799 lesse un'interessante relazione, frutto di laboriose ricerche d'archivio, sull'irrigazione nel Trevigiano (Ragionamento epistolare sull'irrigazioni del territorio trivigiano, Bassano 1799).
La dissertazione, più giuridica per la verità che di carattere agrario, tendeva ad esaltare il disegno di un ingegnere della zona, Guglielmo d'Onigo, che aveva progettato, arditamente, un impianto d'irrigazione artificiale tra il Piave e il Brenta; nel contempo sottolineava la miopia del magistrato delle Acque di Venezia che ne aveva, per due volte, respinto il progetto.
Di carattere tra l'erudito e l'economico era un'altra opera, del 1792, su Daniele Tomitano da Feltre, collezionista intelligente e intenditore di opere antiche, e Bernardino Tomitano, meglio conosciuto come il beato Bernardino da Feltre, fondatore dei Monti di pietà: di quest'ultimo egli parlava soprattutto, e crediamo per primo, come autore delle note orazioni che tanto interesse dovevano, poi, suscitare negli storici dell'economia (Lettera al sig. abbate Francesco Casamatta intorno Daniele Tomitano antiquario e intorno al b. Bernardino della stessa famiglia, Venezia 1790). Non aveva trascurato gli studi diletti di epigrafia latina dando alle stampe a Belluno, nel 1791, la traduzione d'un epitaffio di s. Flavia Vittorina che gli offriva il pretesto di un'ampia disquisizione sulla "gens Flavia" di Conegliano (Dissertazione sopra l'epitaffio di Flavia Vittorina).
Sul calare del secolo veniva a mancare il vescovo di Belluno, Giovanni Alcaini. Era, anche, un momento difficile per la Chiesa del luogo e la successione non si presentava facile. Cosicché al D. venne affidata la reggenza come vicario; la salute malferma sconsigliava, probabilmente, una sua elezione. Ma egli adempì, in modo impeccabile, al nuovo e pesante incarico per oltre tre anni sinché, improvvisamente, si spense a Belluno il 24 apr. 1803.
La fine repentina non gli permise di pubblicare quello che, forse, sarebbe stato il prodotto migliore della sua vita di studioso: il Chronicon del Lollino che aveva pressoché terminato e di cui aveva offerto un abbozzo nel 1758 (Chronicon Bononiense ex Lolliniana Bellunensi Bibliotheca depromptum, in Nuova Raccolta di opuscoli scientifici e filologici, IV [1758], pp. 143-70). Un numero imprecisato di suoi manoscritti è andato perduto; come non si ha più traccia d'una traduzione autografa dell'opera dell'abate Edmè Moreau, Fonctions et droits du clergè des èglises et des cathédrales, che aveva visto la luce a Auxerre nel 1779 e che il D. aveva consegnato alla parrocchia di Castion, luogo del Bellunese ove egli era solito soggiornare.
Presso la Biblioteca civica di Belluno si trovano le seguenti opere manoscritte: Iscrizioni bellunesi; Notae historicae passim collectae (1180-1720) con, allegato, un elenco delle Pitture pubbliche della città di Belluno; Notulae in libros provisionum Magnificae Communitatis Civitatis Belluni ab anno 1378 ad 1710; Raccolta di documenti: Decreti del Senato Veneto dal 1571 al 1728 sui beni ecclesiastici, sugli ordini religiosi e regolari; ... dal 1767 al 1787; Sommario di 27 volumi della nuova raccolta di opuscoli del padre Angelo Calogerà; Miscellanea di notizie storiche, atti pubblici, frammenti e note con settantadue lettere dirette a L. Doglioni; Notaehistoricae; Biografie dei vescovi Berlendis, Bembo, Rota, Zuanelli, Condulmero; Raccolta di documenti: lettere di G. Persico, F. Persicini, G. Crocevalle, M. Cappellari, A. Vettorelli trascritte a mano da L. Doglioni; Cronaca; Quindici sonetti in morte del prof. Gius. Alaleona; Note sulla storia religiosa di Feltre, di Ceneda; Biografia del vescovo Lollino; Fasti praetorii Forojuliensis e ricerche non terminate sui feudi dei Caminesi; Novantuno lettere a L. Doglioni, con indice a cura di F. Pellegrini; quattro dissertazioni teologiche: I profeti; Del sacramento della penitenza; Del sacramento dell'eucarestia; Della soddisfazione. Presso la Biblioteca civica di Bassano del Grappa si trovano delle lettere del D. e cinque di vari a lui dirette. Presso la Biblioteca del seminario di Belluno esiste un'opera manoscritta del D. di circa duecento pagine, ove sono tracciati profili biografici di personaggi suoi contemporanei. Presso la Biblioteca civica di Verona: tredici lettere del D. ad A. M. Lorgna e un gruppo di altre lettere indirizzate a corrispondenti diversi.
Fonti e Bibl.: G. U. Pagani Cesa, Elogio di mons. L. D. canonico decano e vicario capitolaredella città di Belluno, Vicenza 1804; G. A. Moschini, Della letteratura veneziana del secoloXVIII, Venezia 1806, I, pp. 198 s.; B. Gamba, Galleria dei letterati ed artisti illustri delle provincie veneziane del secolo decimottavo, Venezia 1822-24, I, ad vocem; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Venezia 1824, VII, pp. 5, 1476; N. Varola, D., in E. de Tipaldo, Biografiadegli italiani illustri nelle scienze, lettere e arti…, V, Venezia 1837, pp. 480-483; G. Doglioni, D. L., in Diz. biogr. univ. Prima versione dal francese con giunte e correzioni, Venezia 1842, II, p. 423; Sigismondo da Venezia, Bibliografia universale sacra eprofana disposta in ordine cronologico..., Venezia 1842, pp. 224 s.; F. Miari, Dizionario storico artistico letterario bellunese, Belluno 1843, p. 67; M. Pagani, Catalogo ragionato delle opere dei principali scrittori bellunesi non viventi, Belluno 1844, p. 45; G. Veronese, Panteon veneto o di alcuni veneti illustri, Venezia 1860 (con un'incisione del D. di G. Dala); L. Codemo Gerstenbrand, Fronde efiori del Veneto letterario in questo secolo. Raccontibiografici, Venezia 1872, p. 106; G. Marinelli, Saggio di cartografia della Regione veneta, Venezia 1881, pp. 158 ss.; J. Rossi, Ricordo delle due provincie di Treviso e Belluno, Feltre 1886, pp. 129 s.; L. Marson, Guida di Vittorio e il suo distretto, Treviso-Vittorio 1889; A. Fiammazzo, Da letteredel canonico dott. L. D. al co. Fabio Asquini, in Nozze De Toni-Battistella, Udine 1888, pp. 2-15; A. Buzzati, Bibliografia bellunese, Venezia 1890, passim; R. Predelli, D. ab. L. Arvinio, in Mem. dell'I. R. Acc. di scienze lettere ed arti degli Agiatiin Rovereto pubbl. per commemorare il suo centocinquantesimo anno di vita, Rovereto 1901, p. 458; M. Maylender, Storia delle accademie d'Italia, Bologna 1926, I, pp. 209 ss.; L. Alpago Novello, Spigolature vaticane di argomento bellunese, in Arch. Veneto-Tridentino, IX (1926), pp. 91 s.; R. Protti, Famiglie nobili della provincia di Belluno: Doglioni, in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, III (1931), I, p. 188; G. Volpato, Tredici lettereinedite di L. D. ad A. M. Lorgna, in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, LVII (1986), 257, pp. 138-156; ibid., LVIII (1987), 258, pp. 3-17; C. von Wurzbach, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Osterreich, III, pp. 345 s.