ORI, Luciano
ORI, Luciano. – Nacque a Firenze l’11 marzo 1928 da Athos, regista teatrale, e da Teresita Ghinozzi.
Iniziò precocemente la sua attività realizzando, a dodici anni, ibozzetti delle scene de La gran vía, zarzuela di Federico Chueca e Joaquín Valverde, per il teatro della Pergola. Sempre a Firenze, dopo aver frequentato il liceo artistico, si iscrisse all’Accademia di belle arti e, nel 1950, tenne diverse mostre personali, in prevalenza di dipinti, fra le quali quella presso la Casa di Dante a Firenze, nella sede di Sassari del partito della Democrazia cristiana, e quella in occasione della Biennale nazionale di pittura ‘premio Pontedera’. Le prime opere furono influenzate dalla pittura metafisica, come dimostra Il mio primo quadro a olio (1952; Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci), che risente anche di evidenti influenze delle nature morte di Giorgio Morandi. A partire dal 1953, per un decennio, espose regolarmente alla galleria Vigna nuova di Firenze (Lucarelli, 2009, p. 117). Nel 1961 fu presente, in tale galleria, con una mostra di disegni concepiti, stando a quantodichiarato dall’artista nel testo di auto-presentazione (Collages e disegni, 1961, pp. n.n.), come meri progetti di quadri, caratterizzati da un segno raffinato ed elegante, derivato dalla lezione costruttivista del Bauhaus edall’astrazionedi matrice lirica di Paul Klee in particolare. Dai primi anni Sessanta iniziò a operare riutilizzando materiali derivati soprattutto da quotidiani, rotocalchi e spartiti musicali, attraverso la tecnica del ‘collage totale’.
Si trattava della rielaborazione del classico ready-made di matrice duchampiana, tramite un linguaggio ‘logo-iconico’, privo di una narrazione tradizionale (Saccà, 2009, p. 9), nel quale testi e immagini, prelevati dai massmedia e incollati sulle opere, fornivano anche la possibilità di un’indagine sociologica e psicologica della società che li aveva prodotti (Bazzini, 2009, p. 8); secondo Ori, infatti, l’opera d’arte non era tale se non si connotava anche come «un fatto politico» (L. O., 1961, pp. n.n.).
Dal 1964 partecipò attivamente, insieme ai fondatori Lamberto Pignotti ed Eugenio Miccini, al movimento fiorentino d’avanguardia Gruppo 70 (la data di fondazione – precisava lo stesso Ori – non si doveva far risalire al 1963, come affermato in molti resoconti storico-critici: in tale anno infatti, la poetica del gruppo appariva ancora estremamente eterogenea e solo l’anno seguente assunse precise connotazioni; L. O., 1974, pp. nn.).
Nella seconda metà degli anni Sessanta, l’attività di Ori andò sempre più intensificandosi; oltre a continuare a scrivere numerosi testi di autopresentazione critica cui univa la redazione di una cospicua serie di contributi teorici, incentrati soprattutto sulla cosiddetta poesia visiva (si vedano quelli pubblicati nell’inserto della rivista Letteratura, intitolato Dopotutto, curato da Miccini e Pignotti), si dedicò anche alla composizione di testi sperimentali:testi teatrali tecnologici, poesie lineari, poesie oggetto e romanzi visivi, come il tascabile Love story (Oldenburg, 1973; Lucarelli, 2009, pp. 125-127).
I lavori di poesia visiva, secondo quanto rivendicato dall’artista, appartenevano pienamente all’arte figurativa e non alla poesia, poiché utilizzavano un legame ‘osmotico’ con i mass-media, nel quale l’espressione iconica prevaleva su quella semantica e tipografica e, rifiutando lo spazio ristretto della pagina a stampa, potevano essere appesi come i quadri tradizionali (Bazzini, 2009, p. 6).
In questo periodo iniziò a partecipare a numerose esposizioni collettive tra le quali, nel 1966, quelle presso la galleria Guida di Napoli (Oliva, Isgrò, Marcucci, Miccini, Nazzaro, Ori, Piemontese, Pignotti, Russo) e presso la libreria Feltrinelli di Milano (Poesie e no). Ancora nel 1966 realizzò anche Io c’era (pubblicato l’anno seguente dalla libreria Feltrinelli di Firenze in forma di volumetto), una sorta di reportage, drammatico e ironico, sull’alluvione di Firenze, costruito con titoli e immagini prelevati dalla stampa: una denuncia politica di una tragedia annunciata, definita dall’artista un «diluvio di Stato» (Saccà, 2009, p. 10; Lucarelli, 2009, p. 113).
Nel 1972 fu presente alla mostra Documenta 5 di Kassel, curata da Harald Szeemann. Nel 1973 fu uno dei fondatori del Gruppo internazionale di poesia visiva, creato a Brescia presso lo studio che della città portava il nome, ma dal quale si allontanò già l’anno seguente (L. O., 1974).
Gillo Dorfles (1966, pp. n.n.) qualche anno prima sottolineava che le matrici delle opere di poesia visiva si trovano nel neoplasticismo, nella pop art e nell’optical art, ma anche nell’arte concettuale, la cui influenza restò forte fin nell’ultima produzione di Ori. In alcune opere più che influenze si possono ravvisare palesi citazioni, omaggi a maestri come René Magritte (Lucarelli, 2009, p. 114), Andy Warhol, Roy Lichtenstein. Mentre altri componenti del Gruppo 70 ammettevano i debiti storici della Poesia visiva nei confronti di movimenti quali il futurismo, il dadaismo e il surrealismo, Ori affermava, paradossalmente, che questo movimento non era nato dalla storia dell’arte o della letteratura, ma dalla storia delle comunicazioni di massa (Saccà, 2009, p. 9), vale a dire dalla pubblicità, per contestarne i mezzi espressivi e i messaggi.
A partire dagli anni Settanta Ori propose le prime opere di ‘musica visiva’: assemblaggi ‘logo-iconici’ realizzati con strisce di pentagrammi musicali, attraverso lucidi trasferibili, e con collage di immagini ripetute in serie che costituivano l’equivalente grafico delle scale cromatiche musicali e, come nelle composizioni sinfoniche, erano accompagnati dalle descrizioni delle modalità esecutive (si ricordano: Poesia visiva, 1972, e Crescendo n. 3/Op.K. 766, presso il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato).
Nel 1976, nel comunicato stampa emesso in occasione di una mostra presso lo studio Inquadrature 33 di Firenze, Ori dichiarò conclusa la sua attività di pittore e affermò che in futuro si sarebbe concentrato unicamente sulla poesia visiva (Bramanti, 1976). Nel 1979 fu incaricato dall’assessorato alla Cultura del Comune di Firenze, di realizzare la I Mostra storica della Poesia visiva internazionale che ebbe luogo nella sede di Palazzo vecchio e della quale curò il catalogo.Nel 1987 si occupò della pubblicazione,a Firenze, del libro di carattere antologico Musica visiva, corredato da contributi di musicisti come Luciano Berio, John Cage e Sylvano Bussotti (Saccà, 2009, pp. 10 s.).
Conseguenza di questa attenzione da parte dei compositori di musica sperimentale, fu, nel 1988, un’installazione di musica visiva, intitolata Concerto per un anno.Quadri di una esposizione (è stata visibile fino al 1991 negli spazi della fattoria di Celle, Pistoia, di proprietà dell’imprenditore e collezionista d’arte contemporanea Giuliano Gori; v. Di Genova, 1991, p. 387 n. 11).
Sempre nel 1988 fu invitato, come uno dei fondatori, alla mostra Firenze la storia. La poesia visiva: un percorso internazionale(1963-68), organizzata dall’assessorato alla Cultura di Firenze. Dai primi anni Novanta i rimandi all’opera di Magritte appaiono sempre più evidenti: si vedano, in particolare, Senza Titolo (1999), Adamo ed Eva junior (2002), Il viaggio (2004), Leggerezza (2004), conservati presso il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato.
Nel 1995 tenne una personale alla galleria Farsetti di Prato; nel 1996 al centro d’arte Spaziotempo di Firenze presentò 7 Mondrian di Luciano Ori: una serie di lavori che rappresentano un omaggio e, al contempo, una trasgressione nei confronti del maestro olandese, poiché ne riproducono le opere attraverso una tecnica differente, vale a dire il collage.
Fra le mostre personali e le collettive nazionali e internazionali cui partecipò si segnalano: Linee della ricerca artistica in Italia, 1960-1980 a cura di Nello Ponente, presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma (1981); La scrittura visuale in Italia, 1960-1970, presso lo studio Morra di Napoli (1985); Il museo sperimentale di Torino.Arte italiana degli anni Sessanta nelle collezioni della Galleria civica d’arte moderna, a cura di Mirella Bandini e Rossana Maggio Serra, presso il castello di Rivoli, Torino (1985); l’XI Quadriennale nazionale d’arte presso il Palazzo dei Congressi di Roma(1986); The artist and the book in twentieth century Italy, a cura di Ralph Jentsch, presso il Museum of modern art di New York (1992-93) e, a Venezia, presso la Peggy Guggenheim Collection (1994); Continuità. Arte in Toscana 1945-2000, presso Palazzo Strozzi a Firenze, Palazzo Fabroni a Pistoia e al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato (2002).
Morì a Firenze il 25 aprile 2007.
Fonti e Bibl.: Firenze, galleria Frittelli, Archivio dei documenti di Luciano Ori; Roma, Archivio Fondazione La Quadriennale, b. Ori Luciano; Ibid., Galleria nazionale d’arte moderna, Archivio bioiconografico, s. v., Ori Luciano; Mostra personale d’un pittore fiorentino, in Il Corriere dell’isola, Sassari 20 settembre 1950; L. O. (catal. galleria La Cassapanca), Roma 1960, pp. nn.; L.O. (catal. galleria L’Indiano), Firenze 1961; Collages e disegni di L.O. (catal., galleria Vigna Nuova) Firenze 1961; G. Dorfles, Senza titolo, in L. O. (catal., galleria Vigna nuova), Firenze 1966, pp. nn.; L. O., Poesia e pittura tecnologica (1966), in Firenze anni Sessanta: Guarneri, Nativi, O. (catal., galleria Il Ponte), a cura di A. Alibrandi, Firenze 1989, pp. 51-56; L. O. Biografia, in O. (catal. galleria Il Canale), Venezia 1974, pp. nn.; E. Crispolti, Senza titolo, in L. O. (catal., galleria Giorgi), Firenze 1975, pp. nn.; V. Bramanti, Gli spazi poetici di O. a Firenze, in L’Unità, Roma 19 novembre 1976; G. Di Genova, Storia dell’arte italiana del 900. Generazione anni Venti, Bologna 1991, pp. 385-388 e ad ind.; L. O. e la poesia visiva: opere recenti (catal.), Firenze 2005; È morto L. O., padre della “Poesia visiva” , in Adnkronos, 26 aprile 2007; S. Lucarelli, Apparati, in L. O. Visita al Museo (catal.), Prato 2009, pp. 113-127 (con bibl.); L. Saccà, Vivere il proprio tempo, ibid., pp. 9-11; M. Bazzini, L. O. Visita al Museo, ibid., pp. 6-8.