MANARA, Luciano
Patriota e soldato, nato in Antegnate il 25 marzo 1825. Dopo gli studî liceali, quando assistette alle lezioni della scuola di marina di Venezia, e dopo alcuni viaggi in Germania e in Francia, e altri anche in Italia, il M. rivelò un interesse assai spiccato per la cultura militare. Prima del 1848 deve avere esercitato su lui un' influenza profonda la dimestichezza con Carlo Cattaneo, le cui qualità di pensatore e di patriota del tutto schivo dalle cospirazioni settarie devono avere contribuito a tenerlo lontano dai tentativi mazziniani e, in genere, dalle società segrete. Durante le Cinque Giornate di Milano il M. si rivelò a sé stesso e agli amici, specialmente ai due fratelli Dandolo, a Emilio Morosini, a M. Camperio, ad altri giovani dell'aristocrazia e dell'alta borghesia lombarda, che lo praticavano e che riconobbero per istinto in lui il loro capo. Diresse la costruzione d'innumerevoli barricate e il 22 marzo si coprì veramente di gloria nell'espugnazione di Porta Tosa, dove compì un atto di grande significato, aprendo la Porta ai contadini, che egli frammischiò ai combattenti della città. Il giorno 24, costituita specialmente con i contadini una colonna di volontarî, chiamata poi battaglione Manara, mosse da Milano verso Treviglio per fortificare i villaggi, appoggiarsi ai corsi d'acqua e molestare il nemico in ritirata. Si portò così, a piccole tappe, a Brescia e sul lago di Garda, poi nel Trentino, segnalandosi a Caffaro, a Montesuello, a Idro, ecc. Chiusa la campagna del 1848 con la sconfitta di Custoza e col ritomo degli Austriaci in Lombardia, il M. passò col suo battaglione in Piemonte e partecipò alla guerra del 1849, spiegando gran valore nella difesa della posizione La Cava, il 20 marzo, dove con i soli suoi uomini ebbe a contrastare il passaggio del nemico in quel punto delicato. Dopo Novara, non depose le armi, ma anzi, giurata fedeltà al nuovo re Vittorio Emanuele il 27 marzo in Alessandria, si mise agli ordini del Ministero della guerra sperando di poter prendere parte a nuovi fatti d'arme in pro' dell'indipendenza; ma i tempi imponevano piuttosto la ricostituzione finanziaria e morale del paese, che non la guerra. Allora il M. accettò con entusiasmo di passare coi resti del suo battaglione al servizio della repubblica romana. Durante l'epica difesa di Roma, fu promosso tenente colonnello e l'originario nucleo del suo battaglione venne riorganizzato nel reggimento Bersaglieri lombardi; Garibaldi lo volle poi suo capo di Stato Maggiore. Il lungo e snervante assedio di Roma per parte delle truppe francesi non fiaccò la fibra del M.; lo uccise un colpo di fucile nemico nella notte dal 29 al 30 giugno, a Villa Spada.
Bibl.: G. Capasso, Dandolo, Morosini M. e il primo battaglione dei bersaglieri lombardi nel 1848-49, Milano 1914; Biografia di L. M., in Almanacco di Giano, I: Inaug. ad Antegnate del monum. a L. M., Milano 1873; G. Robecchi, Commem. di L. M., Milano 1894; E. Viarana, L. M., Milano 1932. Cfr. l'archivio dei fratelli Dandolo e del M. nel Museo del Risorg., Milano, nonché le carte Manara raccolte presso lo stesso Museo da Luigi Torelli.