CAMBIASO (Cangiaso), Luca
Figlio del pittore Giovanni, nacque il 18 ott. 1527 a Moneglia, ma trascorse la prima giovinezza a San Quirico in Val Polcevera, luogo d'origine della famiglia. Talento assai precoce, ebbe i primi insegnamenti di pittura dal padre, che lo spronò molto a perfezionarsi nell'arte; in tenera età copiò un disegno di Andrea Mantegna, che era stato regalato al padre da C. Braccesco; e si esercitava anche nel modellare (Soprani). A quindici anni appena dipinse affreschi in chiaroscuro (non più esistenti già all'epoca del Soprani) su facciate di vari palazzi genovesi.
Le ricerche di P. Rotondi (1956)hanno chiarito considerevolmente l'attività artistica di Giovanni e la produzione giovanile del C. che si svolse spesso in collaborazione col padre. I sorprendenti affreschi della "grande sala" e di un altro salotto del palazzo di Antonio Doria all'Acquasola (oggi palazzo della prefettura) sarebbero stati eseguiti secondo il Soprani dal C. all'età di diciassette anni. La data 1544, risultante da un'antica iscrizione ormai smarrita, è stata però messa in dubbio dal Rotondi, il quale propone di spostarla verso il 1547, e distingue, inoltre, negli affreschi, la mano del padre e quella del figlio; vede la preponderanza del C. nel salone detto della guerra di Troia, con il medaglione del soffitto che rappresenta Apolloche saetta i Greci. Seguono, come opera indipendente, affreschi sulla facciata della casa di Giacomo De' Ferrari da Promontorio (documentati al 1547), dei quali resta qualche frammento nei depositi dell'Accademia ligustica. Nel 1547 il C., in collaborazione con il padre e con F. Brea, eseguì affreschi nella chiesa di S. Maria del Canneto presso Taggia (sono del C. un Profeta e due teste di Cherubini);e una pala d'altare per la parrocchiale di Taggia, raffigurante la Madonna con il Bambino in trono e SS. Giacomo e Filippo, di cui solo la predella è opera del Brea. Nella stessa chiesa, trasportatavi dalla cappella della Confraternita del Corpo di Cristo, è un'altra pala, con la Resurrezione di Cristo (anch'essa del 1547), che è quasi interamente del C., benché il documento di commissione nomini il pittore solo come collaboratore. A Genova oltre agli affreschi nel palazzo della prefettura, resta, a testimonianza della collaborazione tra padre e figlio, solo la pala dei Ss. Cornelio e Cipriano nella chiesa di S. Cipriano in Val Polcevera.
Nella cronologia stabilita dal Soprani segue un affresco, scomparso, che rappresenta Marzio Curzio che si precipita col cavallo nella voragine, sullafacciata di una casa presso il ponte dei Calvi (disegno nel museo di Amburgo). Esistono tuttora gli affreschi che il C. dipinse intorno al 1550 in un salotto del palazzo Grillo a Genova (piazza delle Vigne n. 3), rappresentanti nel medaglione del soffitto Psiche davanti al concilio degli dei e Figure allegoriche nei triangoli. Appartengono allo stesso periodo una tela che rappresenta la Fucina di Vulcano, identificata dal Rotondi, in una raccolta milanese; l'affresco del Giudizio universale, datato 1550, su una parete del santuario di S. Maria delle Grazie a Zoagli, presso Chiavari; due belle pale, l'una con l'Adorazione dei Magi nella Galleria sabauda di Torino, l'altra con l'Adorazione dei Pastori nella Pinacoteca di Brera a Milano; una Madonna in trono fra i ss. Francesco e Giovanni Battista nella collegiata di Varazze, e un S. Antonio abate con s. Paolo nella parrocchiale di Taggia. È invece smarrita una pala con S. Lorenzo fra i ss. Caterina e Giovanni Battista, dipinta nel 1551 per la chiesa di S. Lorenzo di Lago, come pure l'affresco con la Decollazione del Battista dipinto per Adamo Centurione in S. Maria degli Angeli, e altri affreschi eseguiti in diversi locali del palazzo Grimaldi e sulla facciata di una casa che era situata in piazza Piccapietra.
Nel primo periodo di attività, il C. ha già una maniera straordinariamente personale che, nella sua sfrenata esuberanza, esprime una forza creativa che non accetta limitazioni: una sorta di espressionismo, che, discendendo dall'esperienza di Michelangelo e del Beccafumi, tende perciò a un gigantismo nelle proporzioni dei corpi, accoppiato all'uso di insoliti scorci. Ma nella decorazione del palazzo Grillo, lo stile del C. già comincia ad ammorbidirsi, a farsi più studiato e maturo, con preferenza per forme "raffaellesche". Da allora in poi il C., superando anche quella fase del manierismo, svilupperà molto rapidamente uno stile del tutto personale, di una tale vitalità da restare punto - di riferimento per tutta la pittura ligure per oltre tre secoli.
Intanto due artisti di grande statura avevano preso dimora a Genova: G. Alessi e G. B. Castello, detto "il Bergamasco". Il giovane C., poco più che ventenne, diventò amico dei due grandi forestieri, certamente approfittando della loro esperienza. Infatti, da quel momento, negli stupendi affreschi creati dal pennello del C. in vari palazzi di Genova, architetture di tipo alessiano imporranno ordine rigoroso ed organico.
L'amicizia con il Bergamasco durò per oltre un decennio, attuandosi in una collaborazione attestata dai documenti e dalle affinità stilistiche. Insieme i due artisti decorarono (con ogni probabilità tra la metà del 1558 e il giugno 1559) l'interno di S. Matteo, la chiesa gentilizia dei Doria, dove il C. dipinse scene della Vita di s. Matteo nella navata centrale e decorò con Putti,profetiesibille le due navate laterali, mentre il Bergamasco eseguì le decorazioni architettoniche dipinte e in stucco sia delle volte sia delle pareti (sui recenti restauri vedi P. Rotondi, Note sul C. e sul Bergamasco in S. Matteo, in Artelombarda, IX [1964], n. 1, pp. 115-124 e P. Torriti, in Boll. d'arte, LI [1966], p. 205). Fu là che G. B. Armenini ammirò il C. mentre dipingeva con tutte e due le mani, come scrisse, quasi vent'anni dopo, nel suo volume De' veri precetti della Pittura..., Roma 1587 (II, cap. 7). La collaborazione dei due amici continuò nella decorazione, terminata verso il 1560 (iscrizione sul portale) del palazzo di Vincenzo Imperiali a Campetto.
Narra il Soprani che la volta del salone fu durante i lavori divisa temporaneamente da un tramezzo, così, che ciascuno dei due artisti doveva dipingere una metà della volta in concorrenza con l'altro: alla fine le due scene della Storia di Cleopatra andavano così bene d'accordo che parevano di uno stesso maestro. Purtroppo sopravvive solo il racconto di questa "armonia pre-stabilita" dei due maestri: la pittura del Bergamasco fu distrutta già nel 1684, e quella del C. (La morte di Cleopatra)nel 1943. Tuttavia il palazzo non è privo interamente della sua decorazione originale: del C. si vedono ancora, sul soffitto dell'antico vestibolo, Amore davanti al concilio degli dei, e su quello di un salone, in un medaglione, l'affresco con l'Imbarco di Enea.
L'affinità stilistica dei due amici si manifesta ancora in due affreschi nello scalone della villa Cambiaso a Genova-Albaro: Apollo (il Giorno) visto di fronte, del Bergamasco; Diana (la Notte) vista di schiena, del Cambiaso. Documenti del 1563, 1564 e 1565 ci presentano il Bergamasco sempre in collaborazione col C. in decorazioni di diverse chiese e palazzi a Genova. La stretta amicizia durò sino alla morte del Bergamasco, avvenuta a Madrid nel 1569.
Nel periodo tra il 1555 e il 1570 hanno origine le migliori opere del Cambiaso. Si tratta soprattutto di grandiosi affreschi che dimostrano un genio creativo, una fecondità d'invenzione, sempre dominata e concentrata verso un effetto di massima drammaticità: un'infinità di motivi divergenti e contrapposti, di movimenti violenti, tutti organizzati e coordinati in un supremo sistema architettonico (Suida). Fra essi due grandi capolavori: Il rattodelle Sabine nellavilla Imperiali a Genova-Val Bisagno, e Il ritorno di Ulisse nel palazzo di Battista Grimaldi, ora della Meridiana, a Genova (il secondo databile all'incirca al 1565, quando il Bergamasco eseguiva gli ornamenti di stucco nel salone dove il C. dipingeva).
Tra il 1559 e il 1561, il C. dipingeva tre quadri di devozione per il suo confessore, fra' Luca di Multedo, il cui ritratto compare in tutti e tre i dipinti: Resurrezione e Trasfigurazione conservatinella chiesa di S. Bartolomeo degli Armeni; S. Agostino tra i ss. Luca e Basilio nei depositi di palazzo Bianco. Sono scomparsi gli affreschi eseguiti nel 1562 nella cappella di Luca Spinola nella chiesa di S. Caterina, mentre la pala di S. Benedetto fra i ss. Giovanni Battista e Luca, d'impianto veneto, era conservata fino a poco tempo fa nel duomo di S. Lorenzo. A detta del Soprani, il C. avrebbe dato un disegno preparatorio per questa pala al suo amico miniaturista Giulio Clovio. La bellissima pala d'altare, che rappresentala Madonna e il Bambino con i ss. Paolo e Agostino, dipinta dal C. nel 1562 per le monache di S. Brigida, e sopravvissuta alla scomparsa della chiesa, si trova ora nella raccolta Bagnasco a Como. Un gioiello conservato tuttora in situ èl'idillio della Sacra Famiglia con s. Giovannino nella chiesa di Nostra Signora della Cella in Sampierdarena. Un Martirio di s. Bartolomeo dipinto per suor Raffaella Cattaneo nel 1564 non esiste più; mentre due altre pale create per la stessa chiesa di S. Bartolomeo dell'Olivella, dipinte nel 1567 e 1580, sono state riscoperte da G. Frabetti nella chiesa di S. Bartolomeo di Vallecalda (Due dipinti inediti..., in Genova, XXXIII [1956], 3, pp. 14-19).
Sempre in questo periodo (1555-70) furono dipinti la bella Madonna con il Figlio e la Maddalena (mezze figure) nel Palazzo Bianco, che è databile verso il 1555, come quattro bellissimi quadretti raffiguranti le Arti liberali in una raccolta milanese; la pala di S. Rocco tra i ss. Sebastiano e Siro nella chiesa di S. Maria della Castagna a Genova Quarto; lo splendido affresco rappresentante il Parnaso con un guerriero inginocchiato dinanzi a Apollo, medaglione del soffitto di un salotto nel palazzo Pessagno, già Negroni Pallavicino, salita S. Caterina, Genova. Di bellezza veramente eccezionale sono gli affreschi nella villa Pallavicini delle Peschiere a Genova, in uno dei quali, Diana che si difende da un satiro, l'illusione tridimensionale è vivissima. Seguono un Presepe, che si trova nella chiesa di S. Francesco di Paola, e il gruppo di affreschi e tele (il Padre eterno nella volta, L'Adorazione dei Magi e, due Profeti), dipinti nel 1565 per la cappella di Battista Zoagli nella SS. Annunziata di Portoria, tutti conservati. Ben poco resta invece della decorazione del castello dei Grimaldi a Monaco, eseguita per Onorato I.
Alla partenza del Bergamasco per la Spagna (lasciò Genova probabilmente nel 1566, e fu assunto al servizio di Filippo II a Madrid il 5 sett. 1567), spettò al C. terminare i lavori da lui lasciati incompiuti: i lavori ordinati al Bergamasco nel 1563 per l'abside della SS. Annunziata di Portoria furono trasmessi al C. solo nel 1568, quando questi dipingeva la pala dell'Annunciazione edue tele con i gruppi degli Eletti e dei Dannati. Nella cappella di Franco Lercari nel duomo di Genova, dove il Bergamasco aveva dipinto solo l'affresco della volta, sono del C. tutte le altre pitture (terminate nel 1569): due affreschi splendidi sulle pareti laterali, lo Sposalizio e la Purificazione della Vergine;finti monumenti a grisaille dei donatori, e cinque tele (L'adorazione dei Magi, L'adorazione dei pastori, S. Gioacchino, S. Anna e La Vergine col Bambino in trono, tra i ss. Giovanni Battista e Lorenzo, conservata nel battistero del duomo). È di sua mano anche la grandiosa statua della Prudenza;ed è suo il disegno per quella della Carità, eseguita da Giacomo Parracca detto il Valsoldo (che spesso si servì per le sue sculture di disegni del Cambiaso).
Tra le opere più ispirate degli ultimi anni genovesi sono gli affreschi nel palazzo di Franco Lercari (in via Garibaldi), che fu costruito dal 1567 in poi: nel medaglione del soffitto della grande sala è raffigurata la Costruzione del palazzo donato a Megollo Lercari dall'imperatore di Trebisonda;dodici ritratti di fantasia degli antenati dei Lercari sono rappresentati nei triangoli. Alcune scene bibliche ricordate dal Soprani sono scomparse, mentre in un salotto esiste tuttora un bellissimo ciclo di affreschi con la Storia di Niobe taciuto dal biografo. Dello stesso periodo si conservano tre tele raffiguranti ciascuna il Martirio di s. Giorgio, eseguite per Niccolò Raggio per la chiesa di S. Giorgio; sono invece smarriti gli affreschi nella stessa chiesa di cui fa cenno il Soprani.
È certamente in questo momento che il C. creò, con il Cristo davanti a Caifa dell'Accademia ligustica, in deposito a Palazzo Bianco, il "più grande notturno del '500", che anticipa di quasi mezzo secolo il caravaggismo d'una certa pittura nordica del secolo successivo (Isarlo, Marcenaro, Suida Manning). Analoga importanza hanno altri "notturni" dello stesso periodo: la Madonna della candela (due versioni: Genova, Palazzo Bianco; Graz, Johanneum); la Madonna con il Bambino e s. Caterina (NewYork, racc. Manning); numerosi Presepi (Genova, duomo, cappella Lercari; Bologna, Pinacoteca; New York, racc. Manning); due versioni di Cristo alla colonna indue raccolte genovesi (W. Suida - B. Suida Manning, 1958, tav. CCXLV); alcune versioni di Cristo nell'orto (la più bella nella chiesa di S. Giovanni Battista a Finale Marina).
Nel periodo tardo, cioè dopo il 1570, lo stile del C. sifa più grave, talora solennemente grandioso, come nella Pietà per la cappella di Cristoforo Sauli nella chiesa di S. Maria del Carignano (1571: W. Suida, 1906, p. 150).
Il Soprani spiega la malinconia che prevale nelle opere tarde del C. con le vicende della sua vita privata. La moglie Peregrina, madre dei suoi sette figli, Pomponio, Aurelio, Orazio, Stefano, Ottavio, Battista e Laura, morì verso il 1570. Il pittore chiamò in casa la cognata, Argentina Schenone, vedova Pagani, della quale si innamorò: ma non riuscì nel tentativo di ottenere dal papa la necessaria dispensa per sposarla. Altre rivelazioni ci vengono da documenti rintracciati dal Labò (1921): Argentina, verso il 1580, dava alla luce una bambina, Camilletta, legittimata dal padre a Roma nel 1582 (a Roma, a detta del Soprani, era stato anche nel 1575); e il testamento fatto dal C. in quest'anno contiene disposizioni a favore della figlia e di Argentina come fosse moglie legittima.
Tra le ultime opere dipinte a Genova sono la grande tela della Deposizione dalla croce, dipinta per le monache di S. Chiara sopra il Bisagno; diverse redazioni dell'Ultima cena per la SS. Annunziata di Sturla, per S. Bartolomeo degli Armeni (ora nei depositi del Palazzo Bianco) e per il refettorio di S. Francesco di Castelletto (1579); la bella pala, di soavità correggesca, con S. Anna con la Vergine e il Bambino, tra i ss. Nicola da Bari e Nicolò da Tolentino, già nel duomo, ora in deposito; un S. Gottardo con una data 1571, probabilmente apocrifa, in duomo, ridipinto prima del 1768 da C. G. Ratti (p. 93 nota); due tele tarde con Il sangue del Redentore e Due angeli con emblemi di un vescovo martire nella sacrestia del duomo; la pala del S. Antonio con il corpo di s. Paolo nel deserto nell'oratorio di S. Antonio della Marina. Sono andati smarriti un Battesimo di Cristo per Multedo, tre Scene della Passione, già a S. Giuliano d'Albaro, e un Salvator Mundi dipinto per le monache di S. Silvestro (anche l'ancona della Pentecoste nei depositi del Palazzo Bianco, non ricordata dalle fonti, proviene molto probabilmente dalla chiesa di S. Silvestro).
In questi ultimi anni il C. dipinse anche alcuni bellissimi quadri di soggetto profano e mitologico, che si trovano in parte in raccolte private, in parte nei musei di Genova, Torino, Roma, Kassel, Chicago. Il tipo femminile ripetuto in queste composizioni, come anche nelle raffigurazioni della Vergine, ritrae, molto probabilmente, Argentina Schenone; i soggetti sono quelli cari ai grandi veneziani, da Tiziano al Veronese: Venere e Cupido, Venere e Adone, Diana e Callisto, Venere e un satiro, ecc. Ma "la sensualità del Cambiaso è malinconica e non orgiastica, cioè anch'essa intima e seria, arsa di passione vera, sdegnosa di volgarità" (Labò, 1927).
Sono rari gli affreschi del C. eseguiti a Genova dopo il 1575. Esistono tuttavia quelli nel palazzo di Luca Spinola Valenza (attualm. propr. Doria, via Garibaldi n. 6) con la Caduta di Fetonte nel medaglione del soffitto di un salone; mentre sono scomparsi gli affreschi descritti dal Soprani nel palazzo di Leonardo Salvago. Uno solo dei dipinti dell'ultimo ciclo eseguito a Genova, nel palazzo arcivescovile, è sopravvissuto: la Celebrazione del sinodo, sotto l'arcivescovo Cipriano Pallavicini, committente dell'opera.
Dopo la morte del Bergamasco, pare che suo figlio, Fabrizio e il figliastro, Nicolò Granello, rimasti in Spagna, abbiano attirato l'attenzione di Filippo II sul Cambiaso. Difatti i due figurarono quasi come agenti del C. quando, nel 1581, questi inviò all'Escuriale il Martirio di s. Lorenzo che aveva eseguito a Genova. Accompagnato dal figlio Orazio e dallo scolaro prediletto, Lazzaro Tavarone, il C. ("Luqueto", come è detto nei documenti spagnoli) partì per la Spagna nel settembre 1583. Il 19 novembre fu nominato pittore di corte, e a metà maggio 1584 aveva finito quattro grandi tele per la chiesa di S. Lorenzo dell'Escuriale: S. Anna; S. Orsola e le undicimila vergini; La predica del Battista; S. Michele. Subito dopo si metteva al lavoro per affrescare la volta del coro e della cappella maggiore: la gigantesca Gloria dei beati sulla volta del coro, iniziata il 14 maggio 1584, fu terminata in otto mesi. Un primo disegno, tra "i più spirituosi... che uscisse giammai dalla penna" del C., fu molto modificato in ottemperanza al severo programma imposto dall'"obrero" del monastero, Antonio de Villacastin (Soprani; R. Taylor, Architecture and Magic..., in Essays... presented to R. Wittkower, London 1967, pp. 81 s.). Nell'aprile 1585erano terminati gli affreschi dell'Annunciazione sulla testa del coro, e tutti quelli della volta della cappella maggiore, quali l'Incoronazione della Vergine, i Quattro Evangelisti, i Putti. Subito dopo seguirono le cinque Apparizioni di Cristo dopo la resurrezione, nel pianerottolo dello scalone (solo due di questi affreschi furono risparmiati da Pellegrino Tibaldi, che ridipinse gli altri tre). Più tardi il C. dipinse sei grandi tele della Battaglia di Lepanto e un buon numero di quadri di soggetto sacro e profano, conservati nell'Escuriale, nel Prado e in raccolte private (duca d'Alba).
Durante gli ultimi mesi di vita il C. dipingeva ancora le figure colossali di S. Lorenzo e S. Girolamo sulla testata fra le finestre del coro e otto figure di Virtù sopra le porte e le finestre; infine, preparò i disegni per quattro scene delle Leggende di s. Lorenzo e di s. Girolamo, che furono eseguite, dopo la morte del maestro, da Romolo Cincinnato.
Pur essendo assorbito da tanti lavori e vicino all'austero ambiente del monastero reale, il C. ebbe ancora un tardivo amore. Nel marzo 1585 gli nacque un figlio, battezzato il 22 con il nome di Giovanni Battista; legittimato dal padre, fu inserito nel testamento con tutti i diritti degli altri figli.
Il C. morì all'Escuriale il 6 sett. 1585.
La produzione artistica del C. è straordinariamente ricca, tanto che in questa sede è impossibile elencarne tutte le opere. Oltre ai dipinti, il C. lasciò un vero patrimonio di disegni, molto ridotto dalla moglie dell'artista che li usò per attizzare il fuoco. Per fortuna Lazzaro Tavarone, lo scolaro prediletto, riuscì a salvarne qualche pacchetto (Soprani). Questi disegni del C., preziose testimonianze di una sorprendente creatività, capace spesso di offrire svariatissime interpretazioni anche di un solo soggetto come quello della Sacra Famiglia, sono ora sparsi in tutto il mondo, e non esiste collezione di disegni che non ne abbia qualcuno. Le più ricche raccolte sono però negli Uffizi a Firenze; a Parigi, al Louvre; a Madrid, al Prado; a Londra, al British Museum e al Victoria and Albert Museum; all'Albertina di Vienna; al Palazzo Bianco di Genova; alla fondazione Teyler di Haarlem; a Princeton, nel museo della Princeton University.
L'ammirazione suscitata dai disegni del C. è testimoniata dall'esistenza di parecchie xilografie e incisioni che da essi derivano. Interprete principale delle invenzioni del C. è il monogrammista "G.G.N.F.E.".
Parecchie incisioni di artisti del tardo Cinquecento o dei primi del Seicento (J. Liefrinck, Ph. Galle, P. Stefanoni, G. Taurella, R. Schiaminossi, G. Orlandi, C. Bloemaert) tengono presenti le composizioni del C., ma senza voler riprodurre un dipinto o un disegno determinato.
Fonti e Bibl.: Per una bibliogr. anteriore al 1956 si veda (oltre a U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 429-432): W. Suida - B. Suida Manning, L. C la vita e le opere, Milano 1958, con catal. ragionato, regesto delle fonti, ecc. (v.anche rec. di L. Ragghianti Collobi, in La Critica d'arte, VI [1959], pp. 166-184). V. anche: R. Soprani, Le vite de' pittori, scoltori et architetti genovesi..., Genova 1674, pp. 35-51; R. Soprani-C. G. Ratti, Delle Vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi, I, Genova 1768, pp. 76-97 (vedi anche M. G. Butteri, Indici, Genova 1956); J. A. Céan Bermudez, Diccionario histórico de los mas ilustres profesores de las Bellas Artes en España, Madrid 1800, I, pp. 191-196, F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, Genova 1846-47, passim;W. Suida, Genua, Leipzig 1906, pp. 100, 122, 130, 140, 144-153; M. Labò, Il romanzo di L. C., in Il Marzocco, 20 marzo 1921, p. 1; Id., L. C. in Spagna, in Gazzetta di Genova, 28 febbr. 1922; G. Delogu, Centenari: L. C., in Emporium, LXV(1927), pp. 312-325; M. Labò, Mostra centenaria di L. C. (catal.), Genova 1927; A. Sambon, Les dessins de L. C., Paris 1929; J. Zarco Cuevas, Pintores italianos en San Lorenzo el Real de el Escorial, 1575-1613, Madrid 1932, ad Indicem;G. Isarlo, Les précaravagistes, in L'art et les artistes, maggio 1935, n. 157; B. Suida Manning, The Nocturnes of L. C., in The Art Quarterly, XV (1952), pp. 197-200; Id., Rubens and C., in Gazette des Beaux-Arts, XL (1952), pp. 163-174; A. Griseri, Una traccia per il C., in Paragone, VII (1956), 75, pp. 18-29; I. Toesca, Miscell. di disegni a Venezia, ibid., 77, p. 50; G. Isarlo, Les indépendants dans la pointure ancienne, Paris 1956, ad Indicem;M. Gabrielli-G. Frabetti, L. C. e la sua fortuna (catalogo), Genova 1956 (vedi la recensione di A. Podestà, apparsa nella riv. Emporium, CXXIV[1956], pp. 242-248; e di J. Hernandez Perera, in Archivo español de arte, XXIX [1956], pp. 216 s.); P. Rotondi, Appunti sull'attività giovanile di L. C., Genova 1956; G. Fiocco, L. C., Girolamo da Treviso e Pordenone, in Studi in on. di M. Marangoni, Pisa 1957, pp. 213-219 (attr. errate); G. Fubini, Disegni ined. di L. C. ..., in Studiin onore di C. Castiglioni, Milano 1957, pp. 329-336; P. Rotondi, Il Palazzo di A. Doria a Genova, Genova 1958, pp. 81-185 passim;Id., Ipotesi sui rapporti L. C.-P. Tibaldi, in Boll. d'arte, XLIII (1958), pp. 164-170; A. Czobor, Iquadri di L. C. al Museo di Belle Arti di Budapest, in Acta Historiae Artium, V (1958), pp. 365-373; C. B[randi], Due pietà di L. C., in Boll. dell'Ist. centr. del restauro, XXXIV-XXXV (1958), pp. 116-119; G. Frabetti, Aggiunte a L. C., in Studies in the history of art dedicated to W. E. Suida, London 1959, pp. 267-275; G. Gamulin, Poklonstvo pastira od L. C. u katedrali u Dubrovniku (L'Adoraz. dei pastori di L. C. nella catt. di Dubrovnik), Dubrovnik 1960 (estr., attr. errata); B. Suida Manning, A Pietà..., in Bull. of the Rhode Island School of Design, XLVII (1960-61), 3, pp. 7-11; E. Ruhmer, "Bizzarrie di varie figure". Sinnreiche Formen - Experimente alter Meister, in Die Künst und dasschöne Heim, LX (1962), pp. 372, 373, 375; C. L. Ragghianti, C. 1545, in La Critica d'arte, IX (1962), pp. 41-47; R. L. Manning-B. Manning Suida, Genoese Masters... (catal.), Hartford, Conn. 1962-63, ad Indicem;R. L. Manning, Genoese Painters, C.to Magnasco1550-1750 (catal.), New York 1964-1965, nn. 3-18; W. Krönig, Zeichnungen von L. C. in Köln, in Arte lombarda, IX (1964), pp. 125-130; M. Bonzi, Dal C. al Guidobono, Genova 1965, pp. 9-15; M. G. Rutteri, Disegni di L. C., in Boll. ligustico, XVII (1965), pp. 145-149; P. Torriti, L. C. Disegni, Genova 1966; D. G. J. Bodart, Pour une "Descente de croix" perdue de L. C., in Bull. de l'Institut historique belge de Rome, XXXVII (1966), pp. 115-119; Le ville genovesi (catal.), Genova 1967, pp. 155, 341, 421; L. Cimaschi, La Deposizione di L. C. a S. Lorenzo di Castagnola (Framura), in Boll. ligustico, XIX (1967), pp. 134-138; G. M. Rutteri, Di L. Tavarone e dell'inedito "modelletto" su tela per l'affresco di S. Lorenzo, ibid., XX (1968), pp. 121-141; N. Keil, L. C., in Informationen Albertina, I (1968), 4, p. 4; R. L. Manning, L. C. Drawings (catal.), New York 1968; L. Profumo Müller, Le opere geometrizzate di L. C., in Arte lombarda, XV (1970), 2, pp. 33-40; P. Torriti, Tesori di Strada Nuova, Genova 1970, ad Indicem;Id., L. C., in La Pittura a Genova e in Liguria dagli inizi al Cinquecento, Genova 1970, ad Indicem;B. Suida Manning-R.L. Manning, Notes on Genoese Paintings, in Studi di storia dell'arte in on. di A. Morassi, Venezia s.d. (ma 1971), pp. 197-200; W. Prinz, Die Sammlung der Selbstbildnisse in den Uffizen, I, Berlin 1971, pp. 37, 92, 159, 165; G. Meinz, Das Bild der Heiligen Maria Magdalena von L. C..., in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen in Wien, XXXI (1971-72), pp. 105-118; R. Causa, L'arte nella certosa di S. Martino..., Napoli 1973, ad Indicem.