NATALI, Lorenzo
NATALI, Lorenzo. – Nacque a Firenze il 2 ottobre 1922 da Giulio e da Giulia Pierucci Bondicchi di Brolazzo, primo di quattro figli (oltre a lui, Gianfranco, Cristina e Giuliana).
Si trasferì con la famiglia all’Aquila nel 1924, quando il padre, medico politicamente vicino al Partito popolare italiano, fu nominato primario dell’Ospedale provinciale, di cui sarebbe diventato direttore negli anni Trenta. A sette anni perse la madre. Nel capoluogo abruzzese frequentò l’esclusivo liceo classico Domenico Cotugno dei gesuiti, terminato il quale tornò a Firenze, per iscriversi alla facoltà di giurisprudenza, dove si laureò. Qui conobbe Giorgio La Pira e aderì ad alcune sue iniziative per i poveri della città.
Scoppiata la seconda guerra mondiale, nel febbraio 1943 fu chiamato alle armi e partecipò al V corso preparatorio di addestramento per autieri a Firenze; dopo l’8 settembre si rifugiò in famiglia e rifiutò di aderire alla Repubblica sociale italiana. A metà del giugno 1944, dopo la liberazione di Roma e l’inizio del ritiro tedesco dall’Abruzzo, si arruolò nel Corpo italiano di liberazione e fu inquadrato nel 33° battaglione bersaglieri; ma il 17 luglio, nelle Marche, in ragione del ferimento alla gamba sinistra – che gli valse la croce al valor militare – ottenne il congedo sino alla fine della guerra.
Nel dopoguerra si iscrisse alla Democrazia cristiana ricoprendo incarichi amministrativi e divenendo segretario provinciale del partito. Per le elezioni del 18 aprile 1948 entrò nella lista dei candidati del collegio dell’Aquila alla Camera dei deputati grazie all’interessamento dell’arcivescovo dell’Aquila, Carlo Confalonieri, già segretario personale di Pio XI. Contribuì da subito al successo del partito che, a livello regionale, raggiunse il 53,7% con una crescita di oltre il 10% rispetto al voto del 1946. Risultò primo dei non eletti e fu proclamato deputato il 26 ottobre 1950, alla morte dell’industriale cinematografico Alfredo Proia. Vicino alle posizioni di Amintore Fanfani, fu rieletto per sette legislature, divenendo, assieme a Giuseppe Spataro e Remo Gaspari, uno dei più importanti esponenti politici d’Abruzzo.
Tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta l’Abruzzo visse una stagione di grande sviluppo. L’emigrazione diminuì, si sviluppò la piccola e media impresa, sorsero le università e le infrastrutture. Le nuove autostrade – la Roma-L’Aquila, prolungata poi fino a Teramo, L’Aquila-Avezzano, ampliata in seguito sino a Chieti-Pescara, e l’Ancona-Vasto – garantirono il collegamento della regione verso nord e verso ovest, liberandola dal tradizionale isolamento e inserendola nel sistema economico della dorsale adriatica.
Nel 1955 sposò Paola Speranza, con la quale nel 1957 si trasferì a Roma, dove nacquero le due figlie, Maria Francesca (1957) ed Elena (1960).
Durante il suo secondo mandato parlamentare, nel luglio 1955, fu nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega per la stampa e le informazioni nel I governo Segni, inaugurando una stagione di servizio al governo del Paese e di conoscenza della macchina dello Stato. Dopo questo primo incarico fu sottosegretario alle Finanze nel I governo di Adone Zoli e nel II governo Fanfani del 1958-59; sottosegretario al Tesoro nel I governo di Fernando Tambroni, nel III e IV governo Fanfani, nel I governo di Giovanni Leone e nel I governo di Aldo Moro. Si trattò di un lungo periodo di apprendistato coincidente con una stagione di passaggio per il Paese, quando, tramontato il centrismo degasperiano, ci si muoveva alla ricerca di nuovi equilibri. L’esperienza di governo si interruppe temporaneamente con la formazione del II governo Moro nell’estate del 1964. In quella pausa Natali s’impegnò nei lavori parlamentari della Commissione speciale per l’esame del disegno di legge per gli interventi nel Mezzogiorno.
Nominato ministro della Marina mercantile nel III governo Moro (febbraio 1966), con la sua azione assecondò lo sviluppo di un settore in crescita in un quadro di recessione. Da allora fino al 1973 fu presente in tutti i governi: ministro dei Lavori pubblici col II governo Leone (1968), ministro del Turismo e dello spettacolo col I governo di Mariano Rumor (1968-69); tornò ai Lavori pubblici col II governo Rumor (1969-70). Dal marzo 1970 al luglio 1973 guidò il ministero dell’Agricoltura e foreste con i governi Rumor III (1970), Colombo I (1970) e Andreotti I e II (1972-73).
L’agricoltura era stata, sin dagli esordi in politica, un suo interesse: presidente dei Coltivatori diretti dell’Aquila e della Federazione regionale dell’Abruzzo, aveva lottato per imporre la riforma agraria resistendo a molte pressioni e subendo anche un attentato. Dal ministero volle promuovere leggi a vantaggio del mondo agricolo, tese a garantire un adeguamento infrastrutturale nelle campagne (strade, energia elettrica, acquedotti), anche nell’obiettivo di contrastare quegli eccessi del processo di urbanizzazione che stava caratterizzando lo sviluppo italiano.
Per frenare l’esodo dalle campagne ritenne utile fornire ai contadini strumenti e mezzi adeguati e fare in modo che lavorare la terra divenisse una scelta economicamente remunerativa e non un destino da fuggire. Portatore di una visione della politica radicata nel solidarismo cristiano, attenta alla crescita della democrazia e alla promozione umana dei lavoratori, si adoperò per assicurare alle Regioni, appena istituite, finanziamenti in materia agricola, anche destinati al fondo di solidarietà in agricoltura. Sensibile ai temi dell’ambiente, fu tra i primi a sostenere le battaglie ecologiste in difesa del lupo marsicano.
Nel periodo in cui fu alla guida del ministero dell’Agricoltura iniziò a impegnarsi a livello europeo, tessendo rapporti nel consiglio dei ministri dell’Agricoltura della Comunità Economica Europea (CEE), istituzione che fu chiamato a presiedere nel 1973 in occasione del suo allargamento a Regno Unito, Irlanda e Danimarca. Comprendeva l’importanza dell’integrazione agricola in campo comunitario e non solo negoziò la prima revisione della politica comune del settore, ma cercò di indirizzare la politica delle strutture a favore delle aree più svantaggiate dell’agricoltura europea, Italia compresa.
L’esperienza governativa di Natali, che nel frattempo aveva lasciato Fanfani per avvicinarsi a Giulio Andreotti, si interruppe nell’estate del 1973, alla ripresa del centro-sinistra, quando anche l’altro leader abruzzese, Gaspari – avvicinatosi alla corrente di Paolo Emilio Taviani – restò fuori dal governo.
Nel 1975 anche in Abruzzo si registrò l’avanzata elettorale del PCI e nelle province di Teramo e Pescara si formarono le prime giunte di sinistra con la DC all’opposizione. Nelle elezioni politiche del 1976 Gaspari precipitò da 130.000 preferenze del 1972 a 90.000 e Natali da 160.000 a 80.000.
Qualche mese dopo le elezioni del 1976, Natali fu designato dal governo Andreotti per l’incarico di commissario europeo. Dimessosi dalla Camera l’11 gennaio 1977, ebbe nella partecipazione alla Commissione europea l’occasione per dare il contributo politico più rilevante della sua carriera. Rimase alla Commissione sotto tre presidenze: quelle di Roy Jenkins, di Gaston Thorn e di Jacques Delors. Nella Commissione Jenkins (1977-81) gli furono affidate le deleghe relative all’allargamento della Comunità, all’ambiente, alla sicurezza in materia di energia nucleare e, dalla metà del 1979, alle relazioni con il Parlamento Europeo, per la prima volta eletto a suffragio universale.
La delega più delicata che si trovò a gestire fu quella dell’allargamento europeo. Con l’adesione di Regno Unito, Irlanda e Danimarca nel 1973, l’Europa dei Sei era diventata dei Nove. Alla metà degli anni Settanta la caduta delle ultime dittature di destra (nel 1974 la Grecia poneva fine dopo sette anni al regime dei Colonnelli, in Portogallo la ‘rivoluzione dei Garofani’ al regime iniziato da Antonio Salazar; nel 1975 in Spagna la morte del generale Francisco Franco avviava la transizione alla democrazia) pose la questione dell’inserimento dei paesi di nuova democrazia tra le nazioni aderenti alla Comunità. Natali sostenne che l’integrazione dei tre paesi dovesse essere preceduta da una fase di cooperazione, tale da consentire l’avvicinamento delle economie di questi a quelle degli Stati membri e, allo scopo, creò un apposito fondo per il trasferimento di risorse verso le regioni mediterranee. L’adesione di Grecia, Spagna e Portogallo suscitava nondimeno forti perplessità nell’Europa dei Nove, in quanto si temeva che l’allargamento comportasse rallentamenti e difficoltà nel processo decisionale. Natali si mosse con prudenza, consapevole della forte diffidenza soprattutto nei confronti della Spagna, la cui causa, però, non poteva essere trattata disgiuntamente da quella portoghese. Dispose un calendario di adesione, con precedenza per la Grecia e strinse i tempi del negoziato, concluso con la firma del trattato ad Atene nell’estate 1980.
Anche in tema di ambiente la Commissione Jenkins svolse un’ importante azione. L’incidente di Seveso del 1976 (un’esplosione nell’azienda chimica ICMESA provocò la fuoriuscita di una nube di diossina che contaminò una vasta zona della Brianza) spinse la CEE a passare da un approccio correttivo a uno preventivo, con l’emanazione della «direttiva Seveso» che prevedeva meccanismi di controllo e gestione delle fonti di pericolo ambientale.
Nel secondo incarico europeo (1981-85) Natali fu tra i vicepresidenti della Commissione guidata da Thorn. Assunse le deleghe della politica dell’informazione, della politica globale del Mediterraneo e fu confermato in quella dei problemi dell’allargamento della Comunità a Spagna e Portogallo.
La Francia e l’Italia temevano la competizione ispano-portoghese nei settori dell’agricoltura e della pesca, ma prevalsero le considerazioni di ordine politico e alla fine l’Europa ritenne prioritario ancorare le nuove democrazie a Bruxelles. I negoziati durarono sei anni e i trattati di adesione furono firmati nel 1985. Dall’inizio del 1986 Madrid e Lisbona erano in Europa, anche se con un complicato sistema di norme transitorie vigenti per periodi ben superiori a quelli previsti nelle precedenti adesioni. Per favorire le regioni del sud Europa mediante «impegni compensativi», Natali lanciò i Programmi integrati mediterranei (PIM). Varati nel 1985, si rivelarono strumenti innovativi per le modalità di programmazione e di intervento, sostenendo le piccole e medie imprese nel rinnovamento di impianti e coltivazioni, e finanziando le amministrazioni locali per l’ammodernamento delle strutture. La Commissione Thorn inoltre istituì e affidò a Natali anche un’unità di Politica globale mediterranea: il commissario doveva favorire una concertazione d’interessi tra i paesi della CEE e i paesi partner.
Tra fine anni Settanta e inizio anni Ottanta la politica comunitaria visse una stagione di crisi. Il governo britannico, dal 1979 guidato dai conservatori con Margaret Thatcher secondo una linea liberista, esprimeva insofferenza verso i condizionamenti imposti dalla CEE attraverso la Politica agraria comunitaria (PAC) e verso gli squilibri tra quanto, a suo dire, erogava per finanziare la PAC e quanto veniva restituito a sostegno della propria agricoltura. Natali, pur difendendo ragioni e meccanismi della PAC, avvertì la necessità di una riscrittura delle regole. Prese allora avvio un processo di riforma che, attraverso la razionalizzazione degli impegni finanziari, rese la PAC meno dispendiosa.
Dopo il periodo di crisi si tentò un rilancio degli ideali europei, anche se i governi si concentrarono soprattutto sul completamento del mercato interno prevedendo l’abbattimento delle barriere non tariffarie entro il 1992. Protagonista di quel rilancio fu la Commissione Delors (1985-89) nella quale Natali ebbe l’incarico alle politiche di cooperazione e sviluppo e fu chiamato ad applicare la III convenzione di Lomé, che stabiliva le modalità degli aiuti finanziari e le relazioni economiche con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, e iniziò a progettare la IV, che sarebbe stata realizzata solo dopo la sua scomparsa.
Negli ultimi quattro anni alla Commissione viaggiò molto per conoscere direttamente la natura dei problemi legati al suo incarico. Coordinò e diresse gli aiuti straordinari della Comunità in occasione di siccità e carestie in Etiopia e in alcune regioni subsahariane, contribuendo a realizzare per quei paesi un piano di rilancio che avrebbe preso il nome di «piano Natali». Consapevole della gravissima situazione africana, già a metà degli anni Ottanta, creò un fondo europeo per la lotta alla pandemia dell’AIDS impegnandosi, inoltre, perché fosse introdotto un aiuto al bilancio dei paesi in via di sviluppo come strumento di cooperazione; il sistema escogitato prevedeva il trasferimento diretto di fondi al bilancio dello Stato beneficiario in cambio di una politica di riforme in precedenza negoziata con la Commissione, un’intuizione, osteggiata all’epoca a Bruxelles ma che divenne nel tempo prassi consueta della Banca Mondiale. Natali teorizzava un’alleanza tra Europa e Sud del mondo che, in nome della solidarietà nutrita di umanesimo, restituisse agli europei il senso di una missione e l’impegno a guardare oltre il mercato e offrisse al Sud la speranza di vivere in condizioni migliori.
Mentre si avviava a scadenza la prima Commissione Delors, Natali si ammalò. Delors chiese a Ciriaco De Mita, presidente del consiglio italiano, di confermarlo nonostante la malattia; ma gli accordi nella maggioranza governativa non lo consentirono e gli subentrò Filippo Maria Pandolfi.
Morì a Roma il 28 agosto 1989.
Nel 1992 la Commissione europea ha istituito il Premio annuale Lorenzo Natali, destinato ai giornalisti che si occupano di situazioni di emergenza e degli scenari di sofferenza nel mondo.
Fra le sue opere: Incontri, Roma 1963; La politica mediterranea della Comunità allargata, con introduzione di G. Thorn, Milano 1981; Un’Europa di pace, di democrazia e di libertà, in Comunità Europee, 1982, n. 3, p. 15; Politica mediterranea della Comunità, in Affari sociali internazionali, 1984, n. 1, pp. 11-17.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato dell’Aquila, Fondo L. Natali1977-1989 (bb. 20); Roma, Arch. storico Istituto Luigi Sturzo, Fondo Andreotti, prat. 1437 (Natali L.). N. came lately, in The Economist, 14 luglio 1979; Natali: necessari i tagli per l’Europa «verde». L’Italia deve rassegnarsi, in Il Giornale, 27 ottobre 1983; Rencontre avec L. N. L’homme politique et sa philosophie du développement, in Le Courrier, Afrique-Caraibes-Pacifique-Communauté Européenne, settembre-ottobre 1985, n. 93, pp. 2-7; L. N. Non solo politica, in Vario. Abruzzo in rivista, marzo 1989, p. 44; Atti della cerimonia organizzata in memoria di L. N., ex vicepresidente della Commissione delle Comunità europee, Bruxelles, 22 gennaio 1991, Bruxelles 1992; A. Lo Bianco, L. N., in I solchi, a cura del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, Roma 2007, pp. 211-227; L. N. in Europa. Ricordi e testimonianze, a cura di G. Gramaglia, Roma 2010; B. Ziglioli, La mina vagante. Il disastro di Seveso e la solidarietà nazionale, Milano 2010, p. 41.