LORENZO da Brindisi, santo
Nacque a Brindisi il 22 luglio 1559 da Guglielmo Russo e da Elisabetta Masella, che lo battezzarono con il nome di Giulio Cesare. Dopo la morte del padre, tra il 1561 e il 1565, fu indirizzato agli studi e alla vita religiosa presso i francescani conventuali di S. Paolo eremita, nella sua città, tra i quali si trovava un parente, Giorgio Mezosa, che gli fece prendere l'abito di oblato. Sopravvenuta la morte della madre, i familiari non poterono più mantenerlo e, a quattordici anni, lo mandarono a Venezia presso uno zio paterno sacerdote che insegnava ai chierici di S. Marco. Con l'aiuto dello zio L. poté proseguire gli studi e, conosciuti i cappuccini veneti, chiese l'ammissione al loro Ordine, nel quale fu accolto il 18 febbr. 1575 con il nome di Lorenzo in onore del proprio provinciale Lorenzo da Bergamo. Presi i voti solenni il 24 marzo 1576, dopo l'anno di noviziato a Verona, seguì i corsi di logica a Padova e quelli di filosofia e teologia a Venezia, dedicandosi con passione all'apprendimento delle lingue antiche e moderne e della Sacra Scrittura, che imparò a memoria in latino e in ebraico. Ordinato sacerdote il 18 dic. 1582, iniziò il suo ministero come docente di teologia e predicatore.
Nel 1586 fu eletto maestro dei novizi e a soli trent'anni assunse la carica di provinciale dei cappuccini toscani. Ben conosciuto per l'eloquenza, la dottrina e la padronanza delle lingue, nel 1592 fu chiamato a Roma da Clemente VIII, che lo nominò predicatore degli ebrei.
L'incarico gli fu affidato perché, già a Venezia e in altre località, L. aveva di sua iniziativa predicato agli ebrei, sfruttando le proprie doti oratorie e, soprattutto, la sua conoscenza della lingua ebraica, della letteratura rabbinica e della Bibbia, tali da indurre spesso gli ascoltatori a scambiarlo per un ebreo convertito al cristianesimo.
L. svolse questo compito fino al 1594, quando tornò in Veneto come provinciale. Quindi, nel 1596, divenne definitore generale. Nel 1598 assunse il governo dei cappuccini svizzeri e nel 1599 quello della prima missione cappuccina a Praga, invitato dall'arcivescovo Zbyněk Berkaz Dubé.
Il compito consisteva nel frenare la diffusione del protestantesimo in Boemia e contribuire alla diffusione della riforma cattolica e dei cappuccini nei territori sudorientali dell'Impero. L. lo assolse impegnandosi nella predicazione, affrontando dispute con i pastori protestanti, assistendo i poveri e i malati, fondando nel 1600, dopo aver portato a termine la costruzione di quello di Salisburgo, due importanti conventi cappuccini a Vienna e a Graz e, per ordine di Clemente VIII, affiancando all'attività propriamente missionaria anche quella di cappellano militare dell'Esercito imperiale di Rodolfo II. La sua costante presenza in prima linea tra le truppe cesaree condotte dal duca di Mercoeur, Filippo Emanuele di Lorena, che si batterono nel 1601 contro i Turchi ad Alba Regale (Székesfehérvár, in Ungheria), gli valse la reputazione di essere dotato di poteri soprannaturali.
L'anno successivo L., accompagnato dalla fama di santità, tornò in Italia per prendere parte al capitolo e per chiedere al duca di Mantova, Vincenzo I Gonzaga, la restituzione del feudo di Castelgoffredo ai marchesi di Castiglione. Questa sua prima missione diplomatica, svolta per incarico imperiale, fallì.
Il 24 maggio 1602, quasi all'unanimità, fu eletto generale dei cappuccini. Di conseguenza, egli spese i tre anni seguenti nella lunga visita delle province europee dell'Ordine, percorrendo l'Italia, la Svizzera, la Francia, i Paesi Bassi e la Spagna, spesso tra manifestazioni di entusiasmo popolare.
Rigoroso con se stesso, era moderato con i propri sottoposti e pronto a rimuovere quei superiori che eccedevano in durezza. Il suo generalato rafforzò il ruolo dei cappuccini nei paesi di lingua tedesca e avviò - per collegarli con l'Italia e proteggere ulteriormente quest'ultima dalle infiltrazioni dei seguaci delle Chiese riformate - la costruzione di una linea di conventi cappuccini lungo le valli dell'Isarco e dell'Adige, dal Tirolo a Venezia.
Nel 1604 tornò per un breve periodo a Brindisi dove, grazie ai finanziamenti raccolti durante i suoi viaggi e alla corte di Baviera, diede inizio alla costruzione della chiesa e del monastero di S. Maria degli Angeli sul luogo della sua casa paterna.
Terminato il generalato nel 1605, nel 1606 fu nuovamente inviato a Praga da Paolo V, su richiesta dell'imperatore Rodolfo II. Vi rimase fino al 1609, riprendendo la guida della missione cappuccina e la predicazione. Da una disputa del luglio 1607 con Polycarpus Leiser - predicatore aulico dell'elettore di Sassonia Cristiano II - che aveva pubblicato a Dresda due prediche contro di lui e contro un gesuita, trasse lo spunto per scrivere la Lutheranismi Hypotyposis, una confutazione generale delle dottrine luterane. Il libro, pronto nel 1609, non fu però pubblicato perché, morto nel frattempo il Leiser, L. ritenne che non fosse il caso di polemizzare con un defunto.
Questa rimase l'unica tra le sue opere pensata con l'idea di farne un volume. Egli, infatti, concepiva la propria scrittura come strumento per fissare le idee da sviluppare nella predicazione e negli incontri con la gente comune o le personalità politiche, religiose, militari. Attività che assorbivano il tempo rimastogli dopo la celebrazione di messe che, accompagnate da fenomeni mistici, duravano ore.
Divenuto consigliere del duca di Baviera, Massimiliano I, nel giugno 1609 fu mandato da questo in Spagna per sollecitare l'appoggio del re Filippo III alla Lega cattolica dei principi tedeschi, della quale egli era stato nominato cappellano da Paolo V, contrapposta all'Unione evangelica sostenuta da Enrico IV di Borbone.
Questa ambasciata, la principale tra quelle condotte da L., fu coronata da successo, ma il suo modo di condurre le trattative, facendo leva solo sui sentimenti religiosi dei sovrani, trascurando i problemi propriamente politici e il potere di ministri e consiglieri, pregiudicò il buon esito degli altri negoziati a lui affidati.
Conclusa la missione in Spagna, dal 1610 al 1613 L. fu rappresentante della S. Sede a Monaco, e intervenne tanto nelle questioni religiose quanto in quelle politiche e militari, specialmente in occasione della "guerra del sale" tra il duca Massimiliano I e l'arcivescovo di Salisburgo, Wolfgang Theodor von Raitenau (1611). Dal 1611 al 1612 fu anche commissario dei cappuccini della Baviera e del Tirolo, e organizzò alcune spedizioni missionarie nei territori dei riformati.
Nella primavera del 1613 tornò in Italia per essere nuovamente eletto definitore generale. Inviato come visitatore in Piemonte e Liguria, fu acclamato provinciale da quei cappuccini. Nel 1614 e nel 1616, chiamato dal legato papale, Alessandro Ludovisi, intervenne nelle trattative tra Spagnoli e Piemontesi a Oneglia e Candia Lomellina per la questione del Monferrato, anche se in queste occasioni si dedicò più all'assistenza dei soldati che ai negoziati, peraltro infruttuosi. Portata a termine la carica di provinciale, tornò a Venezia per riposarsi, ma fu costretto ad allontanarsene già nella primavera del 1618, nuovamente coinvolto nelle trattative tra il governatore di Milano, Pedro Álvarez de Toledo, e il duca di Savoia, Carlo Emanuele. In questo frangente egli esortò il primo a rispettare le clausole del trattato di Madrid del 1617.
L'ultimo periodo della sua vita ha aspetti romanzeschi. Confermato definitore dell'Ordine nel capitolo del 1618, malato di gotta, partì da Roma per Brindisi, che voleva rivedere prima di morire. Arrivato a Napoli, però, trovò l'ordine, inviatogli dal cardinale protettore dei cappuccini, Alessandro Peretti, di accettare la nomina ad ambasciatore della Piazza nobiliare della città presso Filippo III di Spagna. Egli avrebbe solo dovuto chiedere al re uno sgravio delle spese militari imposte alla città, ma di fatto la missione si inseriva nella reazione aristocratica al governo autoritario di Pedro Téllez Girón, duca di Osuna. Questi, considerando L. doppiamente nemico, come ecclesiastico e come amico di Venezia, fece di tutto per ostacolarne la missione, pure formalmente da lui permessa. L., così, dovette lasciare Napoli di nascosto, nella notte tra il 2 e il 3 ott. 1618, travestito da soldato. Inseguito da agenti del viceré, arrivò per mare a Genova, dove rimase bloccato per tutto l'inverno a causa delle proteste diplomatiche dell'Osuna. L. capì di non poter contare né sull'appoggio ufficiale della S. Sede - che non voleva sostenerlo per non inimicarsi il potente vicino meridionale - ma neppure sulla revoca dell'incarico, giacché Roma non intendeva nemmeno rafforzare l'Osuna. Il Peretti, infatti, richiamò ufficialmente L. solo quando la notizia della missione divenne di dominio pubblico a Madrid, come l'altra notizia, secondo cui l'Osuna voleva farsi re. Fu quindi lo stesso Filippo III a ordinare il proseguimento della missione. Partito da Genova il 5 apr. 1619, L. giunse a Madrid il 9 e da lì raggiunse in maggio Lisbona, dove in quel momento si trovava il sovrano. In non buone condizioni di salute, incontrò Filippo III tre volte, ma ne ottenne solo inutili rassicurazioni verbali. Deluso per il comportamento del re e per il debole sostegno del papa, il suo stato di salute precipitò. Accolto agonizzante, tra voci di avvelenamento, nella casa di Pedro de Toledo, vi morì il 22 luglio 1619, secondo la tradizione dopo aver predetto che entro due anni sarebbero stati chiamati in giudizio da Dio anche Filippo III e Paolo V. Il Toledo ne fece imbalsamare le spoglie, che trasportò subito in Spagna a Villafranca del Bierzo, capitale del proprio marchesato, tumulandole nel monastero delle francescane scalze, dove si trovano tuttora.
Nonostante l'avvio del processo di canonizzazione già nel 1623, L. fu beatificato da Pio VI nel 1783, canonizzato da Leone XIII nel 1881 e proclamato dottore della Chiesa da Giovanni XXIII il 19 marzo 1959.
L'edizione completa delle sue opere - alcune delle quali sono andate perdute o sono frammentarie - avvenne solo in vista della sua canonizzazione: S. Laurentii a Brundisio Opera omnia a patribus minoribus capuccinis provinciae Venetae e textu originali nunc primum in lucem edita notisque illustrata, a cura di Virgilio Federico Dalla Zuanna, I-XV, Padova 1928-56. Il carattere non letterario di questi scritti appare chiaro dalle frequenti ripetizioni e dall'oralità dello stile, privo di ogni ampollosità secentesca, che però fanno risaltare ancor di più la profondità delle conoscenze bibliche e la spiritualità francescana di L.: la Lutheranismi Hypotyposis appartiene al genere controversistico, mentre il Sanctorale, sui santi, e il Mariale si iscrivono nel genere agiografico e mariologico; fanno parte delle opere biblistiche l'Explanatio in Genesim - sui primi undici capitoli della Genesi - e l'opuscolo De numeris amorosis, sul significato mistico-cabalistico del nome ebraico di Dio; di carattere autobiografico, infine, sono il De rebus Austriae et Bohemiae, resoconto del suo operato in quei paesi tra il 1599 e il 1612.
Fonti e Bibl.: I frati cappuccini. Documenti e testimonianze del primo secolo, a cura di C. Cargnoni, I-IV, Roma 1988-92, ad ind.; Commentarii Laurentiani historici, quarto revoluto saeculo ab ortu s. L. novi Ecclesiae doctoris, in Collectanea Franciscana, XXIX (1959), 2-4; Arturo Maria da Carmignano di Brenta, S. L. dottore della Chiesa universale (1559-1619), in Miscellanea Laurentiana, IV-VII (1960-63), 2; Felice da Mareto, Bibliographia Laurentiana opera complectens an. 1611-1961 edita de sancto L. doctore apostolico, Roma 1962; Arturo Maria da Carmignano di Brenta, L. da B., in Bibliotheca sanctorum, VIII, Roma 1967, coll. 161-180; J.L. Haas, The theological significance of some Biblical symbols in the "Mariale" of St. Lawrence of B., Roma 1994; Bernardino de Armellada, Le vie della bellezza verso Maria nel Mariale di S. L., in Collectanea Franciscana(, LXXII (2002), pp. 231-249; Lexicon Capuccinum, Romae 1951, coll. 925-930; Il grande libro dei santi. Diz. enciclopedico, diretto da C. Leonardi - A. Riccardi - G. Zarri, II, Cinisello Balsamo 1998, pp. 1215-1218 (V. Criscuolo).