CALCAGNO (Calcagni, Calcaneus, de Calcaneis), Lorenzo
Nacque a Brescia con tutta probabilità tra il 1410 e il 1420 da Bartolomeo, originario di Iseo (Brescia). Dovette appartenere ad una famiglia benestante dato che frequentò runiversità di Padova, dove accorrevano i figli delle famiglie agiate delle città vicine. Assai più incerta invece è la nobiltà della sua stirpe, dal momento che tale cognome non figura mai nell'albo d'oro dell'aristocrazia bresciana. Né d'altra parte appaiono prove sufficienti le affermazioni assai generiche sul suo casato, ripetute dai suoi biografi. Il solo titolo che gli spettò con certezza fu quello di eques, cioè di cavaliere aurato e pare che lo conseguisse per i suoi meriti di studioso e la fama di giurista. La presenza del C. nello Studio padovano è documentata a partire dal 1435 (12 agosto), data in cui assistette a un esame pubblico di laurea; vi appare nuovamente nel 1438 quando, nelle vesti di vicerettore dell'università dei giuristi prima (17 maggio), di rettore poi (8 giugno, 1º luglio, 3 luglio e 17 luglio), presenziò a vari esami pubblici e privati. Nello stesso anno il C., sostenuti in due giorni consecutivi (1º e 2 agosto) gli esami, privato e pubblico, rispettivamente di diritto civile e canonico, ricevette da Paolo di Castro le insegne del dottorato in utroque iure.Come tale, ma mantenendo la carica di rettore, prese parte ad alcune cerimonie di laurea svoltesi poco dopo (26 agosto, 8 e 30 ottobre, 4 novembre); ma dovette tosto partire da Padova, dal momento che non compare più negli atti della cancelleria dell'università, almeno fino al 1450.
Verosimilmente il C. fece ritorno alla sua città dove iniziò l'attività di giureconsulto che gli diede ben presto celebrità e onori. Da un suo consilium apprendiamo che egli fece parte del Collegio dei giudici di Brescia di cui, certo per modestia, si dice minimus.A questa attività, documentata da una raccolta di Consilia stampata più volte ancora dopo la sua morte, fu legata la sua memoria presso i posteri e la fama tra i contemporanei, fra cui va ricordato il celebre giureconsulto siciliano Andrea Barbazza, che lo stimò, tenendone in gran conto i pareri legali. Né è da escludere che tra il C. ed il Barbazza siano intercorsi rapporti diretti. Infatti il primo dei consilia contenuti nella raccolta del C. fu da lui elaborato per respingere l'errore del Barbazza che aveva accusato il Collegio dei giudici di Brescia (fra cui il C.) di aver giudicato "contra casum legis". Le fonti finora conosciute non permettono di affermare che il C. abbia svolto un'attività didattica; tuttavia gli si attribuisce tradizionalmente come allievo Lorenzo Torta degli Orzi (Orci), che acquistò celebrità nello Studio di Padova. L'esercizio dell'avvocatura gli guadagnò prestigio, onori e pare anche cospicue ricchezze.
Nel 1474 il C. guidò l'ambasceria che da Brescia venne inviata a Venezia per l'elezione del nuovo doge. L'episodio in sé rientrava nella normale amministrazione cittadina, poiché questi cortei, allora divenuti costosissimi e sfarzosi, venivano allestiti ed inviati dalla città suddita in ogni ricorrenza solenne, quale appunto l'elezione dogale. Ma l'onore tributato al C. suscitò le ire di Luigi Martinengo che abbandonò l'ambasceria per essere stato collocato al secondo posto nella precedenza (25 febbraio, 4 marzo). Pochi anni dopo questo episodio, nel 1478, il C. venne a morte - probabilmente a Brescia - e un suo contemporaneo, Corradino Palazzo, annotò laconicamente nel proprio diario: "nel marzo morì Lorenzo Calcagno in presone". Questa notizia, della cui veridicità non pare si possa dubitare, dà luogo ad una serie di interrogativi, primo fra tutti quello della causa che ne determinò la caduta in disgrazia. Forse, ma siamo nei limiti dell'ipotesi, non fu estranea ad essa il dissidio con la potentissima famiglia dei Martinengo. Chi scrisse di lui fin dal sec. XVI mostrò di conoscere perfettamente la data della sua morte, ma non accennò mai alle tristi condizioni che l'accompagnarono e solo il rinvenimento della fonte citata ha permesso di aggiungere questa precisazione. L'unico dato che forse si potrebbe ricollegare con una vicenda di odi tra famiglie e fazioni è fornito dalla notizia secondo cui il C. avrebbe predetto nel proprio testamento "la distruzione della sua discendenza". Il Rossi nel riportare tale notizia aggiunge di avere assistito alla estinzione "per il giuoco in miserabilissima fortuna" dei Calcagno, all'incirca durante i primi anni del sec. XVII. Al C. si attribuisce la costruzione della roggia o "seriola" Calcagna, che ancor oggi passa irrigando i terreni di Pedergnaga.
Il C. si dedicò a studi, oltre che di diritto, anche di teologia e gli sono attribuite dai repertori secenteschi e settecenteschi alcune opere, De septem vitiis capitalibus, De conceptione Beatae Mariae Virginis e Opuscula varia Sacrae Scripturae.Il C. è comunque noto specialmente come giurista. Il Besta lo definisce "consultatore pregiatissimo", che si levò al di sopra della media nella miriade degli scolastici. Dei suoi consilia ci èpervenuta una raccolta che ne contiene centoventotto, di cui tuttavia alcuni non devono essere suoi, perché risultano sottoscritti non da lui, ma da altri giureconsulti come Iacopo Dal Pozzo, Gerolamo Torti, Orlando di Corte, Angelo degli Ubaldi, Andrea Barbazza, Alessandro Tartagni da Imola e altri. Taluni di questi consigli portano annotazioni che ne attestano la validità e il seguito che ottennero. Del consilium ottavo trattante una questione ereditaria si dice che "per sententiam difinitivam habuit effectum et per primarios iuris utriusque doctores italicos subscriptum [fuit]". Dell'undicesimo, in materia dotale, che "fuit subscriptum per doctores Papienses". Il C., pur adeguandosi al generale insegnamento della dottrina e riassumendo in sé l'intensa attività del periodo dei commentatori, riesce spesso meglio di altri ad essere il vero teorico, profondo e rigoroso, scientificamente acuto e coerente della materia di volta in volta trattata.
Si conoscono le seguenti edizioni dei Consilia: Brixiae 1504, notevole per il bellissimo stemma silografico di Brescia che compare sul frontespizio, opera del tipografo Angelo Britannico; Mediolani 1509, Venetiis 1549, Lugduni 1549 e 1584, Lipsiae senza data.
Fonti e Bibl.: Brescia, Archivio storico civico, Collez. XLVIIL 1.5, Provvisioni del Comune, 25 febbr., 4 marzo 1478; Diario di Corradino Palazzo, a cura di P. Guerrini, in Cronache bresciane inedite, I, Brescia 1925, pp. 249 s.; Acta graduum academicorum gymnasii Patavini ab anno 1406ad annum 1450, a cura di G. Zonta-G. Brotto, Padova 1970, pp. 13, 59, 62-66, 69, 71, 228; Bibl. Apostolica Vaticana, Vat. lat.9263: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, ff.129v-130r; Brescia, Biblioteca Queriniana: A. Valentini, Scrittori bresciani, XIII, sub voce;G. F. Foresto, Supplementi de le croniche del venerando padre frate Iacobo Philippo, Venetia 1524, c. 328; R. Maffeo Volterrano, Commentariorum urbanorum octo et triginta libri, Basileae 1530, c. 248; L. Alberti, Descritione di tutta Italia, Venezia 1551, p. 326; J. Simler, Epitome bibliothecae Conradi Gesneri, Tiguri 1555, cc. 31, 117; E. Capriolo, Delle historie bresciane, Brescia 1585, p. 179; A. Possevino, Apparatus sacer, II, Venetiis 1606, c. 330; O. Rossi, Elogi historici di bresciani illustri, Brescia 1620, pp. 180-182; I. Marracci, Bibliotheca Mariana, II, Romae 1648, p. 14; J. A. Quenstedt, Dialogus de illustrium doctrina, et scriptis virorum ab initio mundi, Witterbergae 1654, p. 301; G. B. Riccioli, Chronologiae reformatae, Bononiae 1669, p. 259; L. Cozzando, Della libreria bresciana, I, Brescia 1685, p. 243; A. Fontana, Amphitheatrum legale, Parmae 1688, col. 171; L. E. Dupin, Nouvelle bibliothèque des autheurs ecclèsiastiques, XII, Paris 1703, p. 118; J. Tritheim, Bibliotheca ecclesiastica in qua continetur de scriptoribus ecclesiasticis, Hamburgi 1718, cap. 852; M. Gribaldi Moffa, Catalogus aliquot interpretum juris civilis, in G. Panciroli, De claris legum interpretibus libri quatuor, Lipsiae 1721, p. 534; A. Fabricius, Bibliotheca latina mediae et infimae aetatis, IV, Patavii 1754, p. 249; D. Cereto, De foro et laudibus Brixiae, Brixiae 1778, c. 36; V. Peroni, Biblioteca bresciana, I, Brescia 1816, p. 217; E. Besta, Fonti, in Storia del diritto italiano, a cura di P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, p. 868; P. Grossi, Ricerche sulle obbligazioni pecuniarie nel diritto comune, Milano 1960, pp. 106, 111-113, 161, 224, 426, 473; C. Pasero, Ildominio veneto fino all'incendio della loggia (1426-1575), in Storia di Brescia, II, Brescia 1963, pp. 150, 173 n. 5; E. Caccia, Cultura e letteratura nei secc. XV e XVI, ibid., p. 492; L. Donati, I tipografi ed incisori, ibid., III, ibid. 1964, p. 716; E. Balestrieri, Le acque e la loro utilizzazione, ibid., IV, ibid. 1964, p. 1103.