BENIVIENI, Lorenzo
Nacque a Firenze nel 1495 (0 1496) da Michele, figlio del medico e filosofo Antonio Benivieni il Vecchio. La sua educazione letteraria e la sua formazione spirituale risentirono profondamente dell'ambiente familiare, e in particolare delle idee e della personalità del suo prozio Girolamo.
Degli anni della sua giovinezza nulla sappiamo. La sua vita trascorse oscura e tranquilla: la famiglia Benivieni, pur sospetta di simpatie savonaroliane, godeva del rispetto dovuto al suo censo e alla sua fama.
Quando, però, nel 1527, con la cacciata dei Medici fu restaurata la Repubblica fiorentina, il B. si schierò con il partito antimediceo. Fu fra i partigiani di Niccolò Capponi, fra coloro cioè che, salva restando la libertà di Firenze, credevano possibile ed auspicabile un accordo con Clemente VII. Il Capponi lo stimava molto e spesso si servì di lui negli affari di governo. Nel 1529, quando Firenze si preparava a sostenere l'assedio degli Imperiali, il B. fu prescelto, insieme con Bartolomeo Cavalcanti, Pietro Vettori e Pierfilippo Pandolfini, a tenere un'orazione alle milizie raccolte in armi nelle quattro maggiori chiese della città. Parlò in S. Croce, ma - come afferma Benedetto Varchi - "non piacque" (Storia fiorentina, II, Firenze 1858, p. 194). E Giovan Battista Busini nelle sue Lettere a Benedetto Varchi sopra l'assedio di Firenze (Firenze 1860, p. 81) afferma che il B. "si portò scioccamente".
La sua moderazione, tuttavia, dovè giovargli se, nonostante l'amicizia sua con il Capponi e con Donato Giannotti, egli rimase a Firenze anche dopo la restaurazione medicea senza essere molestato. Nello stesso 1530, anzi, non si sa se prima o dopo la caduta della città, sposò Oretta di Andrea Niccolini, dedicandosi poi interamente all'amministrazione dei suoi beni. Si mantenne, però, in corrispondenza con Donato Giannotti e ancora nel 1533 brigava assieme a Lorenzo Strozzi perché fosse concesso al loro amico di tornare in patria. Non per questo fu in sospetto ai Medici: tanto che, quando Cosimo I fondò l'Accademia Fiorentina, tentando con tale istituzione di legare più strettamente i letterati alle fortune della propria casa, egli fu designato nel 1541 a esserne il primo consolo.
Per iniziativa del B. si stabilì che si tenessero nell'Accademia pubbliche letture di scrittori volgari, letture che iniziò Giovan Battista Gelli spiegando un luogo del Paradiso dantesco. Si continuava così quella tradizione savoriaroliana, e tendenzialmente antimedicea, che aveva avuto nel prozio del B., Girolamo Benivieni, il massimo rappresentante durante gli anni di maggiore tensione riformistica: una tradizione che, tramite il B., riusciva persino a superare le remore controriformiste di Cosimo I e la riviviscenza neoplatonica dell'Accadernia fiorentina. Il B. morì a Firenze nel 1547, come s'apprende da una lettera del Giamotti a Pietro Vettori.
Fonti e Bibl.: S. Salvini, Fasti consolari dell'Accademia Fiorentina, Firenze 1717, pp. 1-3; D. Giannotti, Opere, II, Firenze 1550, pp. 405, 406, 408; Id., Lettere a Pietro Vettori, pubblicate sopra gli originali del British Museum, Firenze 1932. pp. 69, 77, 84, 88, 95, 123, 134, 159-160, 165, 178; F. Flamini, Il Cinquecento, Milano s.d. [ma 1902], p. 389; C. Re, Un poeta tragico fiorentino della seconda metà del secolo XVI: Antonio Benivieni il giovane, Venezia 1906, pp. 26 s.