PASCOLI, Lione
PASCOLI, Lione (Leone). – Nacque a Perugia il 3 maggio 1674, da Giandomenico e Maria Ippolita Mariottini, entrambi appartenenti a «onorate famiglie perugine» (Comolli, 1788, p. 121).
Della numerosa prole, diciassette fratelli di cui cinque morti prematuramente, Lione fu il quarto, oltre a Celso, Giovan Battista, notaio della Reverenda Camera perugina morto nel 1735, e Alessandro.
Ad Annibale Mariotti, studioso di storia patria perugina, si devono le giunte del 1778 e la circolazione di un sunto delle Memorie per servire alla vita di Lione, ed Alessandro Pascoli, stilate nel 1750 da don Celso Pascoli. È in base a questo documento che Angelo Comolli stilò la prima biografia a stampa di Lione Pascoli, apparsa nella Bibliografia storico-critica di architettura (1788). Il manoscritto, cui Mariotti aggiunse commenti e precisazioni, tra cui la data di battesimo di Lione (Memorie, c. 7r; Battisti, 1953a, p. 122), passato in eredità all’ultimo discendente di casa Pascoli, Vincenzo Bianchi-Mariottini, confluì nella Biblioteca Augusta di Perugia; la stessa istituzione conserva i manoscritti di materia artistica ed enonomica acquisiti nel 1867 (Mancini, in Pascoli, 1981, p. XVIII). Comolli costituì la fonte delle successive biografie (Gamba, 1835), sino alle verifiche compiute da Eugenio Battisti (1953a) per la tesi di specializzazione su Lione Pascoli scrittore d’arte, discussa alla Sapienza con Lionello Venturi; quelle di Luigi Dal Pane (1936 e 1959) sulle fonti di storia economica dello Stato pontificio e le parallele ricerche sull’urbanistica pontificia della prima metà del Settecento (Battisti, 1956; Hyde Minor, 2010; Bevilacqua, 2011).
Instradato agli studi nel ginnasio di Perugia, fu «da’ genitori applicato al disegno, ed altri geniali civili trattenimenti» (Comolli, 1788, p. 121), frequentando la bottega di Pietro Montanini, come lui stesso ricorda nella vita del pittore (Vite de’ pittori..., 1732, p. 214). Conclusi gli studi perugini, si trasferì a Roma nel 1690, dove per sei anni frequentò il Collegio Romano laureandosi in diritto canonico e civile.
Ad apertura del nuovo secolo, ottenuta la carica di segretario del tribunale della Sacra Rota, intrattenne rapporti con membri dell’entourage della Curia, in particolare il cardinal Filippo Antonio Gualtieri, legato di Romagna, e il duca d’Uzeda, Giovanni Francesco Pacheco Tellez, ambasciatore della corte spagnola presso la Santa Sede (Marabottini, 1992, p. 14). Il trasferimento a Ravenna nel 1706, dove ottenne la nomina di protonotario apostolico tramite i buoni uffici del cardinal Gualtieri (Memorie, c. 7r; Comolli, 1788), fu di breve durata. Nello stretto torno di anni che seguirono, le Memorie riferiscono di un viaggio a Firenze, dove venne accolto fra i membri dell’Accademia della Crusca, e di un soggiorno a Perugia, da cui giunse a Roma con l’idea di stabilirvisi aprendo uno studio di avvocato (Memorie, c. 7r-v). Il progetto si interruppe nel 1709, quando Lione si trovò esposto per i suoi legami con l’ambasciatore di Spagna nelle trame diplomatiche della guerra di successione spagnola.
Lasciata la città papale, intraprese una sorta di viaggio di formazione nell’Europa del Nord toccando la Polonia, l’Olanda, Vienna, l’Inghilterra e Parigi (Marabottini, 1992, p. 14). «L’arte di governare» scriverà Lione, «non s’impara solamente dalla lettura di libri [...] ma da costante osservazione degli altrui governi» che «si fanno solo nello spazioso giro del Mondo», affermazione autobiografica di spessore sperimentale che farà fruttare al ritorno a Perugia, riversando le sue riflessioni sul progresso civile delle nazioni europee nel Testamento politico d’un accademico fiorentino (1733, p. 5). Circolato ampiamente in forma manoscritta dal 1722, il testo venne pubblicato nel 1733 a Perugia, anonimo e con falso luogo d’edizione (Colonia, per l’Egmont), con l’appoggio del conte Orazio Baglioni (Memorie, c. 12v).
Il Testamento politico, cui Franco Venturi riconosceva il diritto d’appartenenza al moderato riformismo di marca illuminista degli Stati della Chiesa (Venturi, 1969, pp. 98-102; Paci, 1978; Nuccio, 1979), è stato oggetto di analisi che ne hanno rintracciato il modello ispiratore nel Testament politique de Monsieur Vauban pubblicato nel 1707 da Pierre de Boisguilbert (Dal Pane, 1959; Hyde Minor, 2010, p. 153). Tenute in conto quali fonti d’ispirazione per i pontificati di Clemente XII Corsini e Benedetto XIV (Hyde Minor, 2010, pp. 153-154; Bevilacqua, 2011), le cento proposizioni del Testamento politico costituirono la spina dorsale di un corpus di proposte e riflessioni, nell’insieme inattuato, oggi conservato presso la Biblioteca Augusta di Perugia (indice in Battisti, 1953a). «Mi vedo ora a terra senza essere stato mai in nulla considerato», scrisse Lione nel Codicillo al Testamento politico del 1743 (Perugia, Biblioteca Augusta, Fondo Mariotti, mss. 1410, Corollario LXXIII), soppesando l’inanità dei suoi sforzi nell’indirizzare l’amministrazione della cosa pubblica. L’intento venne perseguito anche sotto il papato Lambertini con la pubblicazione nel 1740 del Tevere navigato e navigabile, questa volta firmato e dedicato a Benedetto XIV. Prendendo spunto dalle opere idrauliche progettate negli anni Settanta del XVII secolo da Cornelio Meyer, la riflessione insiste sui benefici derivanti dalla razionalizzazione dell’assetto urbanistico e dall’ammodernamento delle infrastrutture sull’economia della città papale (Bevilacqua, 2011, pp. 84-85).
L’apprezzamento dei circoli romani, da quello del cardinal Bernardo Maria Conti, ad Alessandro Albani, alle relazioni con la corte sabauda per il tramite del marchese d’Ormea, Carlo Vincenzo Ferrero (Memorie, cc. 7v, 8r-v), venne ridimensionato da Bartolomeo Gamba che, nello stenderne la biografia del 1835, accennò alle polemiche intercorse con gli interpreti del riformismo toscano. L’acre polemica condotta nei suoi confronti dalle Novelle letterarie dirette dall’abate Giovanni Lami (Gamba, 1835, p. 210; Dal Pane, 1959, p. 209), assunse toni sarcastici nella raccolta di sonetti pubblicata a opera di quest’ultimo con falso luogo d’edizione – Pechino, in realtà Lucca –, subito dopo l’uscita del Tevere navigato e navigabile, in cui Pascoli venne definito «Stolto Censore, Istorico ribaldo» (Lami, 1741, p. 10).
L’impegno politico di Lione Pascoli intrecciò in più luoghi gli interessi del dilettante d’arte, collezionista e scrittore di vite di artisti, segnando il suo esordio pubblico, se si eccettua una raccolta di lettere pubblicata a Perugia nel 1720. Nel primo tomo delle ottantotto Vite de’ pittori, scultori ed architetti moderni uscito a Roma nel 1730 con dedica a Vittorio Amedeo di Savoia, Pascoli dichiarò essere quella «la prima volta [...] che a fronte scoperta» compariva innanzi al pubblico (Pascoli, 1730, 1992, p. 39). Nel presentarsi, accennò alle difficoltà di stampa del Testamento politico, di cui annunciava una prossima edizione «sotto altro nome» (ibid.). Nel 1736 seguì il secondo tomo, in cui difese il titolo di Vite dato all’opera presentata non come una raccolta di «descrizioni di pitture, sculture, e architetture», ma come «istoria» in cui tessere insieme elementi biografici e opere (Pascoli, 1736, 1992, p. 510).
Oggetto di una ristampa promossa nel 1933 da Corrado Ricci, e di una edizione critica del 1992 condotta sotto la direzione di Valentino Martinelli e Alessandro Marabottini, la raccolta venne anticipata dall’uscita delle Vite de’ pittori, scultori, ed architetti perugini (Roma 1732). Maggior fortuna ebbero nell’immediato le vite di artisti perugini, in cui Pascoli richiamava gli esempi di Carlo Ridolfi, Raffaele Soprani, Carlo Cesare Malvasia e l’impegno in corso a eternare le patrie memorie di Bernardo De Dominici e Girolamo Baruffaldi (Vite de’ pittori..., 1732, p. 12); intento recepito positivamente nel contesto degli studi di storia locale ripresi da Annibale Mariotti (Roncetti, 1982) e Baldassarre Orsini.
Quest’ultimo, legato alla famiglia Pascoli e in particolare ad Alessandro (Galassi, 2012, p. 72), nel Proemio alle Memorie de’ pittori perugini del secolo XVIII del 1806, si definì continuatore della «storia de’ pittori perugini, ove l’abate Lione Pascoli l’ha lasciata», pur mutando il titolo in Memorie «giammai vite», secondo il metodo inaugurato da Johann Joachim Winckelmann (Orsini, 1806, p. 9). La dichiarazione d’intenti, rispecchiando i nuovi indirizzi della storiografia artistica del Settecento, inquadra la relativa sfortuna toccata alle vite redatte da Lione Pascoli cui da Giovanni Gaetano Bottari ad Angelo Comolli venne rimproverato l’eccesso di minuzie descrittive e mancate verifiche delle fonti (Marabottini, 1992, pp. 21, 30-31). Spetta a Eugenio Battisti un primo inquadramento della sua produzione (Battisti, 1953a), sulla scorta dei rilievi di primo Novecento sui plagi da Giovanni Battista Passeri, come da Filippo Baldinucci, rilevati da Julius von Schlosser, Georg Sobotka, Jacob Hess (Battisti, 1953a, p. 128). L’analisi della genesi e filiazione delle vite, su cui è intervenuta anche la storiografia recente (Marabottini, 1992, pp. 19-21; Levy, 2011), non tocca l’apprezzamento per lo spessore marcatamente monografico e l’autonomia critica delle vite pascoliane, svincolata dalla gerarchia accademica dei generi (Grassi, 1979 e 1994; Marabottini, 1992, p. 30).
Come per gli scritti di natura urbanistica e amministrativa, la produzione a stampa si concentrò in un decennio, accompagnata da un corollario di studi e abbozzi di vite d’artisti contemporanei, rimasti inediti sino al Novecento. Inattesi i progetti di un’edizione critica prospettati da Achille Bertini Calosso nel 1929-30 e da Eugenio Battisti (1956, p. 51; Mancini, in Pascoli, 1981, p. XX), le inedite biografie di «que’ pochi eccellenti che vivono» (compreso un abbozzo biografico del giovane Pompeo Batoni), conservate alla Biblioteca Augusta di Perugia (mss. 1383 e 1743), sono state pubblicate nel 1981 a cura di Valentino Martinelli e Isa Belli Barsali.
A inquadrare le istanze che percorrono la raccolta di vite è la collezione Pascoli, che contava dipinti di Guercino, Giovanni Lanfranco; contemporanei quali Sebastiano Conca, Franco Trevisani, Benedetto Luti; un consistente numero di dipinti di genere di Antonio Amorosi, e paesaggi di Pieter van Bloemen, Gaspar van Wittel (Ciuffetti, 2005, pp. 93-94) e altri specialisti di pittura di genere difesi nell’introdurre il II tomo delle Vite del 1736: «né vi sia chi mi rampogni col dire, che tali artefici degni non sono d’aver luogo fra gli altri», non intendendo «defraudar [...] quello che si deve ad ogni altro, che in qualunque arte, ch’ella sia si rende eccellente» (p. 57). L’identificazione della provenienza Passeri di opere conservate nelle pinacoteche comunali di Deruta, a seguito del riordino del 1941, di Bettona e Perugia (Boccolini, 1941; Santi, 1976), si basa sul cospicuo nucleo di dipinti stimati e inventariati da Baldassarre Orsini e Francesco Appiani nel 1786 (Marabottini in Pascoli, 1992, pp. 26-29; Rudolph 1997, pp. 211-220; Ciuffetti, 2005, pp. 93-94; Galassi, 2012, p. 73).
Un ritratto dell’«onoratissimo» Lione Pascoli, del 1739, si trova inserito ne Il mondo nuovo di Pier Leone Ghezzi, cui è aggiunta la notizia della morte, avvenuta a Roma il 30 luglio 1744 a seguito di una caduta in casa (BAV, Ott. lat. 3117, f. 5).
Opere. Lettere di un accademico fiorentino ad un suo amico, Firenze 1720; Vite de’ pittori, scultori ed architetti moderni, I, Roma 1730; II, Roma 1736 (ed. critica dedicata a V. Martinelli con introduzione di A. Marabottini, Perugia 1992, con bibliografia); Vite de’ pittori, scultori ed architetti perugini, Roma 1732; Testamento politico d’un accademico fiorentino in cui con nuovi e ben fondati principi si fanno vari, e diversi progetti per istabilire un ben regolato commercio nello stato della chiesa, per gli eredi di Cornelio d’Egmond [Perugia] 1733; Il Tevere navigato, e navigavile, Roma 1740.
Fonti e Bibl.: Per il manoscritto delle Memorie per servire alla vita di Lione ed Alessandro Pascoli estratte da Annibale Mariotti questo dì 18 xbre 1778 (Perugia, Biblioteca comunale Augusta, Fondo Mariotti, 1491, b. I, cc. 7r-15v), e gli scritti di materia politica e d’arte conservati alla Biblioteca comunale Augusta di Perugia cfr. Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, a cura di G. Mazzantini, V, Firenze 1963, pp. 282-293. Si veda inoltre: P.L. Ghezzi, Il mondo nuovo, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ott. lat. 3117, f. 5.
G. Lami, Saggio di encomj al signor abate L. P., a spese della società [Lucca] 1741; A. Comolli, Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne, II, Roma 1788, pp. 116-124; B. Orsini, Memorie de’ pittori perugini del secolo XVIII, Perugia 1806, p. 9; B. Gamba, in E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII, e de’ contemporanei, II, Venezia 1835, pp. 210 s.; L. Dal Pane, L. P. e la vita economica dello Stato pontificio nella prima metà del Settecento, in Rassegna storica del Risorgimento, XXIII (1936), pp. 1299-1326; G. Boccolini, La raccolta di L. P. nella Pinacoteca comunale di Deruta, in Rivista del R. Istituto d’archeologia e Storia dell’arte, VII (1941), 1, pp. 129-143; E. Battisti, L. P. scrittore d’arte, in Rendicondi. Accademia dei Lincei, VIII (1953a), 3-4, pp. 122-151; Id., Alcune ‘vite’ inedite di L. P., in Commentari, IV (1953b), pp. 30-45; Id., L. P., Luigi Vanvitelli e l’urbanistica italiana del Settecento, in Atti dell’VIII Convegno nazionale di storia dell’architettura... 1953, Roma 1956, pp. 51-64; L. Dal Pane, Lo Stato pontificio e il movimento riformatore del Settecento, Milano 1959, pp. 207-237; F. Venturi, Settecento riformatore, I, Torino 1969, pp. 98-102; F. Santi, La quadreria di L. P., in Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, LXXIII (1976), 2, pp. 267-282; R. Paci, Nota introduttiva a L. P., in La letteratura italiana. Storia e testi, XL, Dal Muratori al Cesarotti, t. V, Politici ed economisti del primo Settecento, Milano-Napoli 1978, pp. 580-586; O. Nuccio, La precettistica economica di L. P., in Studi romani, XXVII (1979), 3, pp. 282-301; L. Grassi, Teorici e storia della critica d’arte. Parte seconda: Il Settecento in Italia, Roma 1979, pp. 49-53; L. Pascoli, Vite de’ pittori, scultori ed architetti viventi dai mss 1383 e 1743 della Biblioteca Comunale «Augusta» di Perugia, a cura di V. Martinelli con una nota di F.F. Mancini, Treviso 1981; M. Roncetti, Un esemplare delle Vite di L. P. con postille di A. Mariotti e G. B. Vermiglioli, in Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, LXXXIX (1982), pp. 177-185; A. Marabottini, in L. P., Vite de’ pittori, scultori ed architetti moderni, a cura di A. Marabottini - V. Martinelli, Perugia 1992, pp. 13-34; L. Grassi, La edizione critica delle Vite de’ pittori, scultori, ed architetti moderni di L. P. invita nuovamente a riflettere sulla posizione del biografo perugino nella storia della letteratura artistica, in Antichità viva, XXXIII (1994), 5, pp. 9-12; S. Rudolph, Accertamenti sull’Opera insigne di Andrea Sacchi nella raccolta di Lione Pascoli, in Scritti in onore di Alessandro Marabottini, a cura di G. Barbera - T. Pugliatti - C. Zappia, Roma 1997, pp. 211-220; A. Ciuffetti, Famiglia, erudizione e collezionismo nella prima metà del Settecento: L. P. e la sua quadreria, in Proposte e ricerche. Università degli studi di Ancona, XXVIII (2005), n. 54, 1, pp. 80-96; H. Hyde Minor, The culture of architecture in einlightenment Rome, University Park (Pa) 2010; M. Bevilacqua, L. P., G. G. Bottari, G. B. Nolli: functions and topoghraphy of Rome in eighteenth century, in Rome continuing encounters between past and present, a cura di D. e L. Daldwell, Burlington 2011, pp. 79-99; E.A. Levy, The ‘perspectives’ of Baldinucci and Pascoli: publics, illusion, defects and judgment in the Vite of Andrea Pozzo, in Artifizi della Metafora. Saggi su Andrea Pozzo, Convegno internazionale di studi... 2009, a cura di R. Bösel - L. Salviucci Insolera, Roma 2011, pp. 23-31; C. Galassi, Le Memorie de’ pittori perugini del secolo XVIII (1806) di Baldassarre Orsini; l’Istoria patria e le Vite de’ pittori, scultori ed architetti perugini (1732) di L. P., in Annali di critica d’arte, VIII (2012), pp. 67-91.