Libicocco
Nome di uno dei diavoli della quinta bolgia (If XXI 121, XXII 70-72); quinto dei dieci scelti da Malacoda e mandati a ispezionare in giro lungo l'argine sinistro; è il primo a porre il ‛ raffo ' addosso al povero dannato navarrese, pescato nella pegola, strappandogli netto con un colpo un lacerto dal braccio. Si è visto in questo nome un derivato da ‛ libico ' o ‛ libicus ', con chiara allusione quindi al vento dei deserti africani, il libeccio, che spira caldo e impetuoso. Quanto al suffisso -occo, è opinione del Parodi si tratti di un incrocio operato volutamente dal poeta fra ‛ libico ' e ‛ scirocco '. Ma già il Tommaseo aveva annotato: il nome deriva " da Libia... come scirocco da Siria ", e chiosava, per meglio fare intendere il perché di un tale derivato, che nei deserti di Libia " si credeva abitassero molti demonii ".
Spiegazioni di diverso intendimento diedero invece gli antichi commentatori: " Libens coccum, cioè avarizia cocente, per la quale si piglia il prezzo, o vero il dono ", Buti; " Libenter coquens, ciò è volentieri arde, cuoce, sboglienta ne' suoi malidesideri et appetiti ", Anonimo.
Un'eventuale lettura ‛ Billicocco ', che è stata proposta dal Torraca sulla base di un codice peraltro non indicato, darebbe il significato di ‛ ardente di bile ' come se derivasse da ‛ bili coquens '; e sarebbe interpretazione che potrebbe anche attagliarsi al carattere di questo diavolo, insofferente più degli altri (Troppo avem sofferto, esclama infatti). Questa lezione risulterebbe lessicalmente consonante ai nomi (Bilicozzo, Biccicocco) rinvenuti dal Torraca in documenti fiorentini e toscani del tempo di Dante.
Bibl. - Parodi, Lingua 355; A. Graf, I demoni, gli angeli e le potenze divine, in Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, Torino 1925; F.P. Luiso, L'anzian di Santa Zita, in Miscellanea Bongi, Lucca 1931.