LENTI, Libero
Nacque a Casalbagliano di Alessandria il 18 febbr. 1906, da Carlo e Maria Balbi, ma Milano fu la sua città d'adozione.
Nella Milano del primo dopoguerra maturò il suo orientamento politico e la scelta degli studi universitari; qui ebbe il suo punto di riferimento nella Società umanitaria di G. Montemartini, frequentò le conferenze dell'Università popolare e proletaria e, nella primavera del 1921, contribuì alla nascita del gruppo di studenti socialisti, con D. Gentili, L. Basso, I.M. Lombardo, E. Vanoni, con cui sarebbe tornato a collaborare negli anni della ricostruzione. Seguì i socialisti unitari dopo la scissione del 1922 e, in questa nuova esperienza, conobbe C. Rosselli - che avrebbe rivisto durante gli anni universitari nell'istituto di economia della Bocconi, con L. Einaudi e R. Mattioli -, il cui pensiero influenzò il successivo orientamento politico della sua generazione.
Nel 1923, infatti, si era iscritto alla Università commerciale L. Bocconi di Milano e agli anni universitari risalgono anche i legami di amicizia con A. Molinari e F. Di Fenizio, con cui avrebbe condiviso tutte le successive tappe della sua biografia. Nel novembre 1927 conseguì la laurea con una tesi sull'industria zootecnica, presso la cattedra di statistica di F. Coletti. Nella Bocconi - che durante gli anni del regime fascista era riuscita a conservare una relativa autonomia e di cui, in occasione degli ottant'anni dalla fondazione, il L. evidenziò in modo lucido i caratteri originali e la centralità per la storia dello sviluppo industriale lombardo (Gli ottant'anni della Bocconi, con introduzione e una testimonianza di G. Spadolini, Firenze 1984) - ebbe la possibilità di proseguire la carriera universitaria. In questa fase il L. portò a maturazione una propria impostazione teorica e metodologica sotto la guida e l'insegnamento di Einaudi e G. Mortara (cfr. G. Mortara, in M. Finoia, Il pensiero economico italiano 1850-1950, Bologna 1980, pp. 595-616).
Ispirandosi all'einaudiano "conoscere per deliberare" condusse un percorso di studio e di lavoro che lo portò a diretto contatto con i problemi e le questioni connessi alla grande trasformazione in atto in Italia, e a intervenire nelle discussioni sulle scelte di politica economica da adottare. Il circuito virtuoso tra sistema universitario e mondo delle imprese, sviluppatosi nei primi decenni del Novecento, aveva resistito e anzi, in una certa misura si consolidò nel corso degli anni Trenta, anni in cui le principali imprese si vennero dotando di centri studi e istituzioni di ricerca, diventando fondamentali veicoli di riflessione e di formazione di una nuova e più moderna cultura economica. E proprio nell'ufficio studi della Banca commerciale italiana (Comit), e negli incontri che periodicamente si tenevano presso l'abitazione di Mattioli, il L. ebbe modo di conoscere, tra gli altri, U. La Malfa e A. Tino.
All'inizio degli anni Trenta, il L. trovò impiego presso l'ufficio studi della Confederazione degli industriali di Milano nella redazione de L'Industria lombarda, la rivista animata da C. Pagni, cui collaboravano anche M. Fovel, R. Tremelloni e R. Morandi.
Nel 1931, dall'incontro tra il gruppo dell'Industria lombarda e quello raccoltosi intorno a L'Ufficio moderno, prese corpo il Gruppo amici della razionalizzazione (GAR) che per un anno, fino alla sospensione delle sue iniziative per ordine della locale prefettura, diede vita a periodici incontri in cui furono dibattuti i principali problemi economici e le politiche adottate dai governi per combattere gli effetti della grande crisi. Vi presero parte, oltre al L., Tremelloni, A. Lanzillo, Basso e altri esponenti di provenienza liberale, socialista e cattolica. Dal febbraio 1933, per un anno, l'esperienza del GAR proseguì nella rivista Borsa.
Negli stessi anni il L. fece i primi passi nella carriera universitaria. Nel 1932 divenne assistente presso l'istituto di statistica della Bocconi e prese la tessera del partito fascista; nel 1935 tenne il corso di statistica economica in supplenza di Mortara, nel 1936 prese la libera docenza in statistica e nel 1939 vinse la cattedra di statistica a Bari. Dal 1936 al 1939 fu commissario nei littoriali per gli studi demografici con L. Livi e P. Fortunati. Il L. fu quindi chiamato a ricoprire la cattedra di statistica economica nella facoltà di scienze politiche dell'Università di Pavia dal 1939 al 1960, e successivamente quella di economia politica fino al 1964 presso la facoltà di giurisprudenza. Nel 1964, come ordinario di statistica, passò all'Università statale di Milano. ove rimase fino al collocamento fuori ruolo. Durante tutto l'arco di tempo (1936-76) mantenne l'insegnamento di statistica economica nella Bocconi.
Durante il primo decennio di attività sviluppò la ricerca statistica in campo economico seguendo tre fondamentali ambiti: la Borsa, il credito e la produttività delle imprese, dando conto dei risultati raggiunti sulle riviste, Annali di economia, Il Giornale degli economisti e Rivista di statistica, e La Rivista italiana di scienze commerciali. Riassunse i principali argomenti affrontati nel volume Analisi di statistica economica (Milano 1934, più volte ristampato con aggiornamenti e modifiche nei decenni successivi).
Un primo gruppo di saggi riguarda la misurazione degli indici dei prezzi di Borsa, esaminati con riferimento, in successione: in un primo saggio al loro andamento dal 1919 al 1933, in un secondo relativamente ai profitti e ai corsi avutisi in Italia dal 1922 al 1932, e in un terzo allo scopo di costruire e calcolare specificamente gli indici dei prezzi di Borsa. Per quanto riguarda i temi della statistica del credito, il L. si impegnò nella ricostruzione degli indici storici dei cicli bancari a Milano dal 1875 al 1933; sul problema dei vincoli al commercio dei cambi; sulla "velocità dei depositi bancari in Italia"; e ancora, in un saggio approfondì il tema del "deprezzamento dell'argento", trovando riscontri alla tesi che l'argento era estraneo alla depressione economica mondiale. L'analisi statistica delle imprese diede luogo a uno studio sui bilanci delle società italiane per azioni nel periodo 1927-31, con talune elaborazioni sulla questione delle relazioni fra la dimensione dell'impresa e l'entità del suo profitto, e un lavoro sugli indici di produttività condotto sulle industrie tessili italiane, che produsse una serie di dati particolarmente indicativi per lo studio quantitativo di questo settore. A tali lavori si devono aggiungere: il saggio intorno alle Ricerche statistiche sull'occupazione operaia in Italia (in Annali di economia, X [1935], pp. 219-256) e, tra il 1935 e il 1939, alcune opere di demografia relative principalmente al tema della fecondità legittima delle donne italiane, in cui il L. mise l'accento, in particolare, sulle differenze comportamentali tra Nord e Sud d'Italia, in tema di fecondità e controllo delle nascite per classi di età matrimoniale (cfr. Indagini sulla fecondità legittima delle donne italiane, Milano 1936), temi in parte ripresi nel secondo dopoguerra al Congresso internazionale della popolazione di Roma del 1954 presso la Food and Agriculture Organization (FAO; cfr. Treves).
Nel corso degli anni Trenta, in particolare a partire dalla seconda metà, intervenne in diverse circostanze nel dibattito sui problemi del corporativismo, relativamente ai temi della demografia economica e dell'economia politica, restando però, in linea di massima, fedele ai suoi fondamenti teorici e metodologici. Si trattò di un incontro di breve durata che si consumò definitivamente, nel biennio 1942-43, nel quadro della ripresa dell'iniziativa antifascista.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale ebbe l'incarico di organizzare l'ufficio studi della Snia Viscosa; contemporaneamente partecipava alle discussioni politiche alimentate dalla prospettiva della fine del conflitto e della caduta del fascismo. Dopo il 25 luglio, a Milano, insieme con Parri, Tino e La Malfa, fu tra i fondatori del Partito d'azione (Pd'A) e, nell'autunno-inverno 1944-45, in clandestinità, diede corpo a un piano di ricostruzione, elaborato in base ai dati consultati presso l'ufficio studi dell'Ansaldo di Genova, che avrebbe trovato pieno riconoscimento nelle linee programmatiche di politica economica, fissate dal Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI). In due relazioni - poi nel volume Elementi per un piano di ricostruzione economica dell'Italia (Milano 1996) - vengono anticipati con estrema chiarezza i principali concetti a fondamento dell'indirizzo di politica economica del L. negli anni Quaranta e Cinquanta.
Due sono le condizioni essenziali da lui poste per la realizzazione del piano di ricostruzione: la necessità di impostare una politica di pianificazione economica compatibile con il riequilibrio dei rapporti monetari internazionali, che assegnava un ruolo centrale agli Stati Uniti; e, in secondo luogo, la definizione delle linee di una politica di spesa da inserirsi nel quadro di un piano di programmazione complessiva, in equilibrio con i dati del reddito nazionale.
Al termine della guerra il L. fu chiamato, in rappresentanza del Pd'A, nella Commissione economica del CLNAI, presieduta da C. Merzagora.
All'interno del Pd'A egli fu vicino alla posizione di Parri e La Malfa, che bene esprimevano gli orientamenti della cultura economica lombarda, e ne seguì l'uscita dal partito dopo il Congresso di Roma del febbraio 1946.
Nel dopoguerra, nell'ambito della Costituente, prese parte ai lavori preparatori della Commissione economica presieduta da G. Demaria, in cui furono poste le premesse di una politica economica della ricostruzione; fece anche parte del consiglio direttivo dell'Istituto per gli studi di economia (ISE) - sorto nel febbraio del 1946 per iniziativa di Parri - che, fornendo un quadro organico della realtà economica italiana a uso delle classi dirigenti, ambiva a essere non solo strumento di studio e di previsione, ma anche di governo. Dell'ISE egli curò il bollettino, Congiuntura economica, e l'Annuario. A tale attività di studio e di elaborazione politica il L. affiancò un'azione di pedagogia civile, rivolta ad allargare la conoscenza dell'economia, dando vita a iniziative editoriali di ampio respiro.
In particolare, nel 1946 fu tra i fondatori del quotidiano economico 24 ore e del periodico Mondo economico, collegato a Congiuntura economica, e, negli stessi anni, prese a commentare i fatti economici per il Corriere della sera, iniziando un rapporto di collaborazione, destinato a proseguire fino al 1972.
Negli anni del centrismo degasperiano continuò a collaborare all'elaborazione delle strategie di politica economica, con particolare riguardo allo sviluppo della cultura statistico-economica.
Il L. si fece interprete della continuità tra la "linea Einaudi" dell'immediato dopoguerra - politica deflazionistica e forte svalutazione della lira - e l'avvio di una politica di intervento, iniziata con la svolta impressa dall'applicazione del Piano Marshall, cui l'Italia aveva aderito nel giugno 1948. Sempre al centro di questa tematica si colloca il successivo contributo del L. alla discussione intorno allo "Sviluppo dell'occupazione e del reddito in Italia nel decennio 1955-1964", più noto come Schema Vanoni (1954), redatto dall'ufficio studi dell'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ) di P. Saraceno: si trattò, come ebbe a scrivere lo stesso L., del primo fondamentale tentativo di dar vita in Italia a una politica di programmazione economica generale (Problemi economici d'oggi, Milano 1956). Il L., insieme con Di Fenizio e con altri economisti di scuola bocconiana, prese parte ai lavori del comitato scientifico. Lo Schema si sarebbe dovuto autofinanziare con le risorse derivanti dall'aumentato reddito nazionale: in base a una previsione di crescita del 5% annuo per il decennio successivo, si rendeva possibile ipotizzare il raggiungimento, al termine del periodo, di un equilibrio stabile della bilancia dei pagamenti. Si prevedeva, poi, una politica di intervento nei settori considerati "propulsivi", in particolare nell'agricoltura, nelle infrastrutture e nelle opere di pubblica utilità, mentre una quota veniva destinata ai rami considerati "regolatori" dell'economia, per esempio alle edificazioni di abitazioni e alle opere di rimboschimento. Per poter dar vita a una politica di investimenti pubblici mantenendo fermi i fondamenti di equilibrio monetario, si rendeva necessario il sostegno di una politica di bassi salari e di contenimento dei consumi; le organizzazioni dei lavoratori avrebbero dovuto appoggiare questa manovra in cambio dell'impegno del governo a realizzare una equa politica fiscale, che avrebbe dovuto incidere, prevalentemente, sui redditi più alti. Occorreva, inoltre, adeguare lo Stato ai nuovi compiti cui era chiamato in campo economico, andare oltre la creazione di istituti con poteri speciali, come il Comitato interministeriale per la ricostruzione industriale (CIR), sviluppando le funzioni e le competenze del ministero del Bilancio cui la politica di programmazione economica era stata demandata.
Il L. più di altri diede un'interpretazione dello Schema nel senso della continuità con l'indirizzo portato avanti da Einaudi e D. Menichella: "Pertanto, si trattava d'impostare uno schema di sviluppo economico che, se pure non ufficialmente considerato come un piano, si proponeva d'indicare come impiegare razionalmente le risorse economiche effettivamente disponibili, vale a dire di natura reale, senza alcuna indulgenza per le fantasie d'alcuni politici che troppo spesso scambiano queste risorse, ripeto di natura reale, con quelle di natura monetaria ottenibili senza sforzo alcuno, dando semplicemente ordini alla tipografia che stampa i biglietti di banca" (L. Lenti, Ricordo di F. Di Fenizio. Discorso commemorativo [Celebrazioni lincee, n. 97] Roma 1976, p. 9).
Primo risultato concreto dell'avvio di una politica di programmazione fu la creazione dell'Istituto nazionale per lo studio della congiuntura (ISCO) - di cui il L. fu vicepresidente - al quale era affidato il compito di redigere la relazione annuale sulla situazione economica del Paese, commentando le statistiche provenienti dalle fonti ufficiali, e di promuovere autonomamente ricerche quantitative e stime econometriche.
In ambito universitario il L., in questi stessi anni, creò l'istituto di statistica presso la facoltà di scienze politiche di Pavia, al cui interno diede vita al Centro di ricerche economiche e sociali. Socio dell'Accademia nazionale dei Lincei e dell'Istituto lombardo di scienze e lettere; pubblicò Saggi di macroeconomia (Milano 1961) e Cento anni di sviluppo economico (Pavia 1961).
Nella fase dell'effettivo avvio della politica di programmazione, con i primi governi di centrosinistra, il L., nel 1962, fu chiamato a far parte del gruppo di esperti della Commissione nazionale per la programmazione economica, presieduta da G.U. Papi che concluse i suoi lavori nel 1964. In seguito però, a partire dalla metà degli anni Sessanta, si andò accentuando la diversa interpretazione della politica di programmazione da parte degli economisti e dei tecnici di scuola einaudiana, come il L. e Di Fenizio, i quali non si riconoscevano più in una concezione finalizzata al raggiungimento di obiettivi di consenso sociale e politico, fondata su una cultura economica del deficit spending.
Il momento di svolta nei riguardi della politica di programmazione del centrosinistra fu originato dal disaccordo sulla scelta di nazionalizzare l'energia elettrica, come si ricava da una lettera inviata dal L. al presidente della Repubblica, A. Segni, in cui lo metteva in guardia sui rischi economici di tale operazione (edita in Beretta - Targetti Lenti). Nelle Osservazioni al Rapporto del vicepresidente al ministro del Bilancio [P. Saraceno] (Roma 1964, pp. 401-424) e nel primo seminario del Centro studi L. Einaudi il L. avanzò alcune riflessioni intorno al Rapporto.
La tesi di fondo del L. era che non fosse possibile dar vita a politiche distributive di tipo keynesiano senza tenere conto dei limiti delle risorse reali disponibili, ovvero senza fare riferimento ai conti effettivi della nazione. Tali temi furono poi oggetto di una più ampia trattazione nell'Inventario dell'economia italiana (1945-1965 ed oltre), Milano 1966; 2ª ed. con aggiunte, ibid. 1969. Su un piano teorico e metodologico le analisi condotte negli anni Cinquanta e Sessanta produssero anche due importanti volumi in cui è riassunto il pensiero del L. sulla contabilità nazionale: I conti della Nazione (Torino 1965; 2ª ed., ibid. 1978) e Statistica economica (ibid. 1972).
Con il trascorrere degli anni, mentre si veniva allargando il distacco tra i suoi orientamenti scientifici e le scelte della politica, il L. andò intensificando il proprio indirizzo di critica, recuperando l'attualità del pensiero e dell'opera di Einaudi (Einaudi e Keynes sul filo della memoria, in Bancaria, maggio 1982, pp. 541-550). Analizzò, quindi, i caratteri della crisi "staginflazionista", che si manifestò a partire dalla metà degli anni Settanta, caratterizzata dalla coesistenza di un fenomeno di aumento dell'inflazione, dovuto all'instabilità monetaria, e dal contemporaneo aumento della disoccupazione.
Particolarmente significativo, a riguardo, il volume Grandeur et servitudes de l'économie italienne (Paris 1973) in cui sono analizzate le cause e le conseguenze della crisi economica iniziata nel 1963 e, dopo alcuni segnali di ripresa, aggravatasi nei primi anni Settanta. Per combattere tale crisi occorreva, secondo il L., riconoscere il fallimento delle politiche di tipo keynesiano e studiare provvedimenti di tipo strutturale per un "ritorno all'ordine" della razionalità economica, consentendo al mercato di funzionare entro regole certe.
Il L. riassunse tali orientamenti nel suo ultimo volume L'economia degli anni Ottanta (Milano 1988). Si tratta di riflessioni che sembrano anticipare la svolta impressa alla politica economica dell'Italia nei primi anni Novanta, a partire dal governo Ciampi.
Il L. morì a Milano, il 5 maggio 1993.
Fonti e Bibl.: Per un elenco completo delle opere del L., fino al 1978, si rinvia alla Bibliografia degli scritti, in Studi di statistica ed economia in onore di L. L., a cura di P. Scaramozzino, Milano 1979, I, pp. XXIII-XXXIV; di primaria importanza è anche l'autobiografia: L. Lenti, Le radici nel tempo. Passato al presente e futuro, Milano 1983, in cui sono ripresi e sviluppati in modo unitario interventi precedentemente apparsi in varie riviste, in particolare nella Nuova Antologia.
Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione gen. Istruzione superiore, Div. I, Concorsi a cattedre nelle università (1924-1954), b. 188, f. 4: Bari. Statistica, 1939; ArchivioFerruccio Parri, Corrispondenza, f. L. L.; Torino, Fondazione L. Einaudi, Archivio A. Rocca: L. Lenti, Elementi economici per un "piano" di ricostruzione nazionale; Id., Criteri di valutazione delle perdite della ricchezza nazionale (dattil.); Milano, Arch. dell'Università commerciale L. Bocconi, Verbali dei consigli di facoltà (1927-80); Verbali del Consiglio di amministrazione (1945-93); Pavia, Università degli studi, facoltà di scienze politiche, Verbali dei consigli di facoltà, 1939-78.
Vedi ancora: Grandi complessi e ricostruzione economica dell'Europa, in Atti delConvegno per lo studio dei problemi economici dell'ordine nuovo… 1942, Pisa 1942, pp. 259-266; R. Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Milano 1962, p. 376; A. De Vita, Presentazione, in Studi di statistica… in onore di L. L., cit., pp. XIII-XX; G. S. [Giovanni Spadolini], Ricordo di L. L., in Nuova Antologia, luglio-settembre 1993, pp. 332-335; M. Talamona, L. L., in Rendiconti dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, parte gen. e atti ufficiali, 1993, vol. 127, pp. 308-314; S. Beretta, L. L. economista della ricostruzione, in Il Politico, LIX (1994), 1, pp. 21-35; A. De Maddalena, Postfazione, in L. Lenti, Elementi economici per un "piano"…, cit., pp. 191-196; M. Cattini - A. De Maddalena - M.A. Romani, Storia di una libera università, II-III, Milano 1997-2002, ad ind.; I settanta anni della facoltà di scienze politiche di Pavia, a cura di A. Colombo, Milano 1998, ad ind.; R. Faucci, L'economia politica in Italia, Torino 2000, ad ind.; A. Treves, Le nascite e la politica nell'Italia del Novecento, Milano 2001, ad ind.; G. Lunghini - R. Targetti Lenti, Di Fenizio e l'economia politica di Keynes, in La formazione degli economisti in Italia (1950-1975), a cura di G. Garofalo - A. Graziani, Bologna 2004, pp. 155-182; S. Beretta - R. Targetti Lenti, L. L. e il dibattito sulla politica economica in Italia: dalla ricostruzione agli anni della programmazione, in Il Politecnico (2004, in corso di stampa).