LETTIGA (lectica)
È opinione comune, sin dall'antichità, che la l. sia stata importata in Europa dall'Asia. Tuttavia la documentazione archeologica diretta e indiretta della l. è assai scarsa, e tale opinione non è perciò sufficientemente provata. Ricchissima invece, per quanto incompleta, è la documentazione letteraria. L'analisi del Girard dei dati delle fonti è stata radicalmente criticata dal Lamer, non tuttavia senza fondamento, specialmente per quanto concerne la determinazione del tipo vero e proprio della l., il suo specifico uso, la data della sua introduzione in Occidente.
Presso gli Egizî vediamo impiegati per il faraone troni con baldacchino o sedie gestatorie, non vere e proprie l. in cui si possa stare sdraiati (Perrot-Chipiez, Histoire de l'art, i, p. 267).
Il testo biblico descrive la lussuosa l. di Salomone, con parti d'oro e stoffe di porpora (Cant., iii, 9 ss.); questo grado di sviluppo presuppone una lunga tradizione in ambiente asiatico: ma non si trova attestata la l. presso gli Assiri e i Babilonesi. Ad età più recente si riferisce la norizia della concessione fatta dal re Artaserse II Memnon di una lussuosa l. all'ambasciatore di Atene Timagora (Plut., Artax., 22; Pelop., 30), che sollevò critiche nell'ambiente ateniese. Attraverso Curzio Rufo (viii, 9) siamo informati delle lussuose l. dei sovrani indiani e da questo tempo probabilmente data l'adozione della l. nei paesi greci o grecizzati, non senza le riprovazioni dei moralisti (Diog. Laert., v, 73). Anteriormente, e proprio in Atene, si conosceva il solo caso di Artemon (Plat., Per., 77; Athen., xii, 533), ma si trattava verosimilmente di un invalido, trasportato su un vero e proprio letto. Il primo greco che, secondo le fonti, per comodità si sarebbe servito della l. sembra esser stato Demostene (Dinarc., i, 36); poi la usò Lykon, quarto scolarca del Liceo (Diog. Laert., op. cit.). L'età ellenistica, nell'ambiente delle fastose corti asiariche, segna lo sviluppo sempre maggiore della lettiga. Plutarco (Eum., 14; Arat., 33) riferisce che Eumene ed Arato la usarono anche in campo, essendo ammalati. Almeno per quella di Eumene è dichiarata la presenza del baldacchino. Lo stesso scrittore (Arat., 33) ci parla della l. sontuosa di Antigono. Rimane famoso il grande concorso di l. con parti strutturali rivestite d'oro e d'argento in una processione organizzata a Dafne, presso Antiochia, sotto il regno di Antioco Epifane alla metà del II sec. a. C. (Athen., v, 195 c.). In tali l. erano trasportate solamente donne. Ma lo stesso re si serviva della l. in campo, in caso di malattia (Maccabei, ii, 9). L'uso processionale e cultuale delle l. sembra avere effettivamente un'origine asiatica, essendo uso di trasportarvi le statue di Cibele (Serv., Ad Aen., vi, 69). Di qui, attraverso il concetto del monarca divinizzato, può esserne derivato l'uso per i sovrani, uso passato poi, attraverso la corte, anche ai privati. Alla fine del I sec. a. C. in Atene era già comune la l. con piedi d'argento (Athen., v, iii c.). Comunque in nessun monumento figurato della Grecia classica e dell'ellenismo compare la rappresentazione della lettiga. Soltanto in un vaso da Kerč (Dict. Ant., fig. 4375) la coppia divina Dioniso-Arianna è trasportata su di un vero e proprio letto collocato sul dorso di un mulo. Anche presso i Romani l'introduzione della l. sembra non anteriore all'età ellenistica, anzi è da ritenersi che avvenisse nella vasta e generale adozione di oggetti e metodi di vita del lusso asiatico, dopo la vittoria su Antioco di Siria. Non ne parlano né i comici né Livio (xxxiv, 1-8), a proposito della lex Oppia del 195 a. C. contro il lusso delle donne. Rimane incerta l'identificazione delle plagulae (in Liv., xxxix, 6). Le l. usate in campo da Marcello e da Scipione nell'assedio di Numanzia non erano probabilmente oggetti di lusso. I trasporti a spalla nelle processioni sacre e nei trionfi erano compiuti con fercula. Nel 170 a. C. Livio ricorda (xliii, 7, 5) la l. di un ambasciatore greco e nel 158 a. C. una l. d'oro con tende di porpora che figurò nel trionfo di Emilio Paolo (Diod., xxxi, 8, 12). L'uso è attestato, ma non pare diffuso, ai tempi dei Gracchi (Gell., x, 3, 5). Il fatto che la profetessa siriaca Marta, al seguito dell'esercito di Mario, avesse la l. è assunto dal Lamer come prova della provenienza orientale del veicolo. Nell'età di Cicerone e di Cesare, l'uso della l. è già diffusissimo; Cicerone se ne serviva comunemente e una legge di Cesare ne vietò l'uso a determinate categorie di donne. Per quanto letterariamente l'impiego della l. sia costantemente accertato per tutto l'Impero, essa è del tutto assente dall'iconografia ufficiale e non ufficiale. Al I sec. d. C. appartiene tuttavia l'unica l. pervenuta, che è, fortunatamente, in stato di quasi integrale conservazione. Proviene dagli scavi dell'Esquilino e si conserva a Roma nel Museo dei Conservatori, nella ricostituzione del Castellani, da cui però la l. risulta troppo corta. Consta di un ampio ed alto letto, sostenuto da piedi lavorati al tornio e sormontato da un baldacchino con tetto a sezione cilindrica; le colonnine che lo reggono, nella parte davanti sono per la metà inferiore a prisma quadrangolare con specchiature, nella superiore configurate ad erma di Eracle barbato e ammantato, di un noto tipo ellenistico. Alla sponda posteriore è appoggiata una spalliera destinata a reggere i guanciali. È conformata a testiera di letto ed è adorna sui due lati: in alto, di protomi equine; in basso di protomi di Eros. Nella parte anteriore delle stanghe si hanno invece protomi sileniche. Le sponde, le lunette della copertura e i lati della testiera sono ricoperti di lamina di bronzo con incrostazioni di argento. Prevalgono volute e fioroni e, nelle fasce, si hanno anche motivi geometrici, dovunque racchiusi da cornici modanate. Sul lato anteriore (ma è evidente che il motivo doveva ripetersi anche su quello posteriore) si ha al centro una grossa maniglia, ai lati sono due figure di delfini e due bucranî. La lunetta anteriore ha un'applique con maschera silenica, palmette e volute, la posteriore un disco incrostato; in entrambe l'orlo è decorato da una larga fascia. L'effetto decorativo si basa soprattutto sul gioco di colore determinato dall'incrostazione dei metalli, dalla giustapposizione delle fasce e delle appliques metalliche, del legno e delle stoffe. Alla prima età imperiale vanno pure riferiti i gruppetti di terracotta di Pompei - uno dalla Casa di Gavio Rufo -, editi in von Rohden (Terrak. Pomp., 25, tav. xxxviii, 1), con due servi che trasportano un personaggio in una portantina chiusa. Di una l. sono stati trovati scarsi avanzi in altro scavo dell'Esquilino, quello stesso che ha restituito il cofano di Proiecta. Si tratta di quattro statuette muliebri, personificazioni di città, collocate alle estremità delle stanghe. Gli scrittori parlano spesso del lusso delle l. durante l'età imperiale: quella di Nerone era adorna anche di perle (Plin., Nat. hist., xxxvii, 17). In Erodiano (v, 81, 3) si parla di una l. variopinta d'oro e pietre preziose, in Marziano Capella (ii, 133) di una interstincta sideribus, con evidente allusione a ricami; in Sidonio Apollinare (viii, 3) di una gestatoria bratteata. Alle l. della tarda antichità si riferisce pure S. Agostino (Civ. Dei, ii, 4).
Bibl.: P. Girard, in Dict. Ant., III2, 1002-1006, s. v. Lectica; Lamer, in Pauly-Wissowa, XII, 1924, cc. 1056-1107, s. v. Lectica: ivi è raccolta per intero la bibl. anteriore; A. Castellani, in Bull. Com., IX, 1881, p. 214 ss.; E. Petersen, in Röm. Mitt., VII, 1892, p. 41 ss.; W. Helbig, Führer, 3, n. 363; H. S. Jones, Cat. Anc. Sculpt. Conservatori, Oxford 1926, p. 178-79, Sala dei bronzi, n. 12, tavv. 64 ss.