CALDANI, Leopoldo Marcantonio
Nacque a Bologna il 21 novembre 1725 da Domenico, in una famiglia appartenente all'antica aristocrazia modenese, trasferitasi a Bologna anteriormente al 1577, anno in cui il Senato le concesse la cittadinanza. Compiuti gli studi inferiori, il C. seguì i corsi di medicina nell'ateneo bolognese: laureatosi nell'ottobre dell'anno 1750, fu per alcuni anni assistente nell'ospedale di S. Maria della Morte, svolgendo al contempo studi e ricerche anatomo-fisiologiche. Sulla base di tale lavoro clinico e sperimentale, nel 1753 il Senato bolognese gli offrì la cattedra universitaria di medicina pratica, che nel 1760 fu sostituita con quella di anatomia. Fino da questi primi anni d'insegnamento il C. richiamò l'attenzione del mondo scientifico; i suoi studi, non ristretti nell'ambito del provincialismo accademico, l'avevano reso convinto assertore delle nuove prospettive in anatomia e fisiologia aperte dall'opera di ricercatori come Ruysch, Boerhaave, Haller.
Quando dalla sua cattedra il C. cominciò a diffondere le nuove tematiche, e particolarmente cominciò ad applicare nel lavoro anatomico il concetto halleriano di irritabilità muscolare, i circoli medici tradizionalisti gli manifestarono una palese ostilità, al punto da fargli apparire desiderabile il trasferimento in un'altra sede universitaria. La polemica tra il C. e i suoi avversari fu uno dei fatti scientifici più rilevanti della Bologna di quegli anni, e se ne trovano tracce negli scritti di Algarotti e di F. M. Zanotti. La presa di posizione del C. fu espressa nella Lettera al signor A. Haller sulla insensibilità ed irritabilità di alcune parti degli animati (pubblicata a Bologna nel 1757, e ristampata nel 1857 sempre a Bologna, da G. B. Fabbri nella raccolta di Opuscoli divari autori sulla insensività ed irritabilità halleriana).
Quando il C. ebbe maturato la decisione di lasciare Bologna, lo Haller, del quale era corrispondente, gli fece offrire una cattedra a Francoforte; anche altre università gli offrirono un insegnamento, ma fra tutte le offerte egli accettò quella fattagli dal Senato veneto della cattedra di medicina teorica a Padova, con la con dizione di succedere in quella d'anato al Morgagni quando questi avrebbe lasciato l'insegnamento. Recatosi a Padova nel 1761, il C. vinsegnò per circa un quarantennio, succedendo nel 1772 al Morgagni, sebbene quest'ultimo, vedendo in lui un possibile successore capace di eguagliare la sua fama, tentasse in ogni modo di ostacolarne l'ascesa. Fu questo il periodo culminante della sua opera di ricercatore e docente, anche per l'indipendenza di pensiero concessagli nella nuova sede. Egli iniziò subito a dissipare l'orientamento provinciale e passatista che, nonostante il magistero del Morgagni, sopravviveva nella scuola medica di Padova, dove l'insegnamento era ancora libresco e incentrato per lo più sull'esegesi di testi greci e arabi; a questi egli sostituì i testi della nuova anatomia, integrandoli con un ricco lavoro di dissezione e sperimentazione.
Da un punto di vista strettamente scientifico, il lavoro del C. non è all'altezza di quello dei grandi anatomo-fisiologi del Settecento, e l'importanza della sua figura sta eminentemente nel suo ruolo di assertore e propagandista di nuovi metodi di ricerca, nell'averli trapiantati nella prassi didattica e nell'aver raccolto e sistematizzato le nuove acquisizioni in testi manualistici molto diffusi in tutta Europa. Oltre a ciò, egli fornì anche contributi originali: in anatomia descrisse un forame comune alle apofisi nasali del vomere e allo sfenoide; tentò, sulla scia di Haller, di provare l'insensibilità dei tessuti tendinei e del periostio, conducendo peraltro gli esperimenti con tecnica elegante e corretta; chiarì alcune fasi oscure del processo circolatorio; studiò la struttura e le fasi di formazione dei denti. Fu inoltre importante il suo ruolo nello sviluppo delle ricerche sulla struttura interna dell'orecchio. Nel decennio 1760-70 un anatomista meridionale, D. Cotugno, avanzò nuove idee sull'anatomia di quell'organo, sostenendo che gli spazi vuoti del labirinto erano interamente riempiti da un liquido, che doveva avere una sua specifica funzione. Il Cotugno, trovandosi isolato nel sostenere il suo punto di vista, comunicò i risultati del suo lavoro al medico riminese Giovanni Bianchi (Iano Planco), uno dei poli di scambio delle informazioni scientifiche nell'Italia dell'epoca. Il Bianchi, pure dissentendo da essi, li comunicò al C., che in una serie di lettere di risposta, che vanno dal 1762 al 1773, non solo confermò le tesi del Cotugno, ma le precisò e arricchì; egli dichiarò di avere osservato già da tempo l'esistenza del liquido labirintico, ma di essersi astenuto dal dame comunicazione, ragion per cui riconobbe al Cotugno la priorità della scoperta. Il rapporto epistolare a tre, i cui documenti si trovano nel fondo epistolare del Bianchi presso la Biblioteca Gambalunga di Rimini, è stato analizzato dal Bilancioni: esso mostra chiaramente la spregiudicatezza del C. nel difendere un ricercatore isolato e largamente osteggiato, e la sua sostanziale onestà nel definire la questione della priorità.Con gli anni, egli acquistò una vasta notorietà anche come medico, poiché accanto allinsegnamento aveva sempre continuato a esercitare la professione. Tenne inoltre, contatti epistolari cm scienziati di tutta Europa, e fu membro di numerose accademie italiane ed estere; di quella di Padova, fondata nel 1778, fu anche il pnmo presidente. Nel 1766 lo troviamo a Bologna tra i professori "emeriti", cioè tra gli studiosi chiamati da quella università per tenere pubbliche lezioni di anatomia, il cui richiamo era spesso così vasto da trasformarle in occasioni mondane.
La produzione del C. nei primi anni padovani consta di brevi scritti a carattere occasionale e di non grande rilievo scientifico. Tra essi, si può ricordare la Lettera sull'uso del muschio nell'idrofobia (Venezia 1761), la Storia della malattia che trasse di vita la nobile signora C.B.P.C. (ibid. 1766), le Riflessioni fisiologiche sopra due dissertazioni del signor Claudio Nicola Le Cat (ibid. 1767), la Relazione di un caso felice d'innesto del vajuolo (Padova 1768). Subentrato poi al Morgagni nella cattedra di anatomia, applicò ogni sua forza per essere all'altezza del predecessore, formando anche un museo anatomico ricco di preparazioni, definite dal Capparoni "speciali e accuratissimi", riguardanti in particolare l'orecchio. A questo secondo periodo appartengono anche i suoi scritti di maggior impegno e respiro, che ebbero vasta e durevole fortuna, come appare chiaro dalla molteplicità delle edizioni: le Institutiones pathologicae (Patavii 1772 e 1776; Leida 1784, Praga 1784, Venezia 1786, Napoli 1787); le Institutiones Physiologicae (Patavii 1773, 1778, Leida 1784, Praga 1784, Lipsia 1785, Venezia 1786, Napoli 1787); i Dialoghidi fisiologia e di patologia (Padova 1778 e 1793); le Institutiones anatomicae in quattro volumi (Venetiis 1787, Napoli 1791, Lipsia 1792, Brescia 1807); la monumentale raccolta Icones anatomicae quotquot sunt celebriores ex optimis neotericorum operibus summa diligentia deromptae et collectae (cinque volumi editi a Venezia dal 1801 al 1814); le Institutiones semeiotices (Patavii 1808) e la raccolta delle Memorie lette da L.M.C. nell'Accademia di Padova, pubblicata a Padova nel 1804.
Tutte queste opere operavano una sintesi completa ed aggiornata degli argomenti svolti, il che ne spiega la fama europea, e la trattazione del C. vi manteneva sempre spiccati pregi di chiarezza e organicità. Oltre a rifondervi i dati delle ricerche più avanzate e attendibili, egli vi inserì anche quelli tratti dalle sue proprie ricerche. Naturalmente il giudizio storico positivo non significa l'impossibilità di trovare in esse errori, anche relativamente allo stato delle conoscenze all'epoca della stesura: tale è, ad esempio, la tesi dell'assenza di fibre muscolari e di irritabilità nell'iride.
Negli anni successivi al 1800, data l'età avanzata, il C. abbandonò la cattedra d'anatomia, continuando però per suo conto a insegnare semeiotica fino al 1806, quando lasciò definitivamente l'insegnamento. Secondo il nipote Floriano, suo biografo e successore a Padova, furono le autorità del Regno d'Italia a congedarlo per cause politiche; tuttavia non risulta da alcuna fonte che egli avesse assunto posizioni politiche esplicite, anche se pare verosimile un suo legame di gratitudine alla Repubblica veneta. Ritiratosi a vita privata, col declinare della salute la sua attività intellettuale si concentrò sui capitoli finali della fisiologia halleriana, nei quali il maestro svizzero aveva tentato di stabilire un ponte di passaggio dalla scienza alla religione col riconoscimento di un'anima quale fondamento dell'attività spirituale umana. Morì a Padova il 30 dic. 1813.
Fonti e Bibl.: Lettere del C. sono conservate nella Biblioteca civica di Bassano del Grappa, mss. 42-44 (a G. M. Albertini), mss. 303-334 (a P. M. Caldani). Altre sono edite in L. Sabbatani, Lettore di L. C. a D. Alberghetti, in Atti del R. Ist. veneto di sc, lett. e arti, LXXXII(1922-23), pp. 949-966. V. inoltre Bibl. Ap. Vaticana, Vat. lat. 9263, ff. 142v-143; F. Caldani, Pro funere instaurato viri clarissimi L. M. C. Bononiensis, Patavii 1816; F. Caldani-A. Meneghelli, Cenni biografici degli accademici defunti, in Nuovi saggi della Cesarea R. Acc. di sc., lett. e arti di Padova, I, Padova 1817, p. 35; F. Caldani, Memorie intorno alla vita e alle opere di L. M. C., Modena 1822; E. De Tipaldo, Biogr. degli Ital. illustri, V, Venezia 1837, pp. 331-333; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, V, Napoli 1848, ad Indicem; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori. della univ. e dell'ist. delle scienze di Bologna, Bologna 1848, p. 76; P. Capparoni, Profili bio-bibl. di medici e naturalisti celebri italiani, II, Roma 1928, p. 97; G. Bilancioni, Per la storia dell'anatomia dell'orecchio. Lettere inedite di D. Cotugno e L. M. C., in Sulle rive del Lete, Roma 1930, p. 147; A. Pazzini, Storia della medicina, II, Milano 1947, pp. 184-185, 195, 209, 275; L. Simeoni, Storia dell'univ. di Bologna, II, Bologna 1947, pp. 113, 132; A. Pace, B. Franklin and Italy, Philadelphia 1958, p. 87; R. F. Dondi, L. M. C. visto da F. Algarotti, in Giorn. di batteriologia virologia ed immunologia, LX(196-7), pp. 75-87; A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte…, I, Berlin-München 1962, pp. 801 s.; Enc. Ital., VIII, p. 381.