LEOPOLDO II di Asburgo Lorena, granduca di Toscana
Nacque a Firenze il 3 ott. 1797 dal granduca Ferdinando III e dalla principessa Maria Luisa di Borbone figlia del re Ferdinando IV delle due Sicilie. Nel maggio 1799, invasa la Toscana dai Francesi, seguì il padre in esilio dapprima a Vienna, poi, nel 1803, a Salisburgo, dove Ferdinando venne insediato come primo sovrano secolare dell'ex arcivescovado. Nel marzo 1805, costretta ad abbandonare anche Salisburgo per la nuova guerra fra l'Austria e la Francia, la famiglia granducale si trasferì a Würzburg, dove si stabilì nell'antica residenza vescovile. Qui L. seguì i corsi impartitigli da istitutori tedeschi e italiani, mostrando una certa predilezione per le materie letterarie.
Tornato a Firenze con la restaurazione del 1814, completò gli studi avviati all'estero seguendo lezioni di giurisprudenza, arte e letteratura, occupandosi anche di agricoltura. Si dedicò inoltre a raccogliere e ordinare gli scritti di G. Galilei e pubblicò un'edizione delle poesie di Lorenzo de' Medici, che gli valse la nomina a membro dell'Accademia della Crusca. Il 16 nov. 1817 sposò Maria Anna di Sassonia, con la quale nel 1819 compì un lungo viaggio attraverso l'Europa centrale, visitando Monaco, Dresda, Praga, Vienna e Venezia. Tenuto costantemente estraneo alla gestione degli affari pubblici, soltanto nell'ottobre 1822, quando raggiunse il padre impegnato a Verona nei lavori del congresso della Santa Alleanza, ebbe occasione di prendere confidenza con le grandi questioni e i protagonisti della politica europea.
Salito al trono il 18 giugno 1824, L. II mantenne immutata la struttura istituzionale e amministrativa del Granducato, mantenendo V. Fossombroni nella carica di presidente del Consiglio di Stato e di segretario degli Affari esteri e N. Corsini in quella di direttore della Segreteria di Stato. Il 14 nov. 1824 nominò poi F. Cempini consigliere di Stato e direttore della segreteria delle Finanze. I primi atti di governo di L. II si inserirono in una linea di continuità con la politica di Ferdinando III, tesa a garantire la pace esterna e un certo clima di tolleranza all'interno, che trovò conferma anche nella presenza in Toscana di non pochi esuli, fuggiti dagli altri Stati italiani dopo i moti del 1821. Il rapporto fra sovrano e sudditi restò di tipo paternalistico e si concretizzò nella realizzazione di graduali riforme economiche e amministrative, che non mettevano in discussione l'ordine costituito e miravano a ottenere il consenso dei ceti subalterni. Esse ebbero una forte impronta accentratrice e produssero una indubbia razionalizzazione della struttura statale e un miglioramento della sua efficienza.
Così, oltre ad alcuni provvedimenti di natura fiscale varati fra il novembre 1824 e il dicembre 1825, che sancirono una notevole riduzione del peso contributivo per tutti gli strati sociali, nel 1825 L. II istituì il corpo degli ingegneri, destinato a rivelarsi uno strumento essenziale per dar corso al grandioso disegno di bonifica della Maremma senese e grossetana e di completamento dei lavori di accatastamento delle terre, avviati nel 1825 e ultimati nel 1834; quanto alle grandi opere di bonifica, la più ingente fu quella progettata da Fossombroni nel 1828 e avente per base la colmata della palude di Castiglione della Pescaia, dove nel 1830 furono deviate le acque dell'Ombrone. Cospicui interventi si ebbero poi nella Maremma pisana, nella Val di Chiana e in altre zone palustri, comprese quelle ubicate nelle proprietà private del granduca. In tutte le zone risanate, secondo il modello dirigistico caro a L. II, furono costruite strade, case e altre infrastrutture, e si procedette a un vasto piano di frazionamento e di messa a livello teso a favorire la formazione di una classe di piccoli proprietari. Questa prima stagione di riforme fu completata nel 1825 con la nomina di C. Ridolfi a direttore della Zecca e con la realizzazione di un nuovo sistema monetario su base decimale, che vide il fiorino sostituirsi alle tante monete aventi corso legale in Toscana.
La prima frattura fra L. II e il ceto dirigente toscano si ebbe nel 1830, quando il granduca, al ritorno da un viaggio a Dresda e a Vienna, proibì lo svolgimento di una manifestazione in suo onore, organizzata fra gli altri da C. Ridolfi, G. Capponi e P.F. Rinuccini. Costoro, lungi dal voler emulare la vicina Francia chiedendo l'introduzione di ordini costituzionali, intendevano piuttosto affermare pubblicamente l'esistenza di un rapporto di collaborazione fra la dinastia e l'élite notabilare di orientamento più avanzato, quella che si riconosceva nel progetto politico e culturale di G.P. Vieusseux, ben espresso dalle riviste Antologia e Giornale agrario toscano. Di fronte al rifiuto di L. II, i tre esponenti del moderatismo toscano si dimisero da tutte le cariche che ricoprivano a corte. Da parte del granduca, allarmato da alcune voci di congiure e sollecitato da Vienna ad adottare una politica più rigida, seguì una serie di misure restrittive: l'invito a lasciare il Granducato rivolto a C. Poerio, P. Giordani e P. Colletta, l'irrigidimento della vigilanza di polizia, la soppressione della guardia civica nel giugno 1831, la chiusura dell'Antologia nel 1833.
Frattanto, deceduta nel marzo 1832 la prima moglie, da cui aveva avuto tre figlie, Carolina, Augusta e Maria, il 7 giugno 1833 L. II sposò Maria Antonia di Borbone figlia di Francesco I re delle Due Sicilie, da cui ebbe altri dieci figli, fra i quali, il 10 giugno 1835, il tanto atteso erede maschio, Ferdinando. Col tempo, rivelatesi eccessive le paure dell'inizio del decennio, si ricomposero anche i dissidi con gli esponenti del liberalismo moderato: L. II poté così riprendere la politica riformatrice e il piano di investimenti pubblici che aveva intrapreso dopo l'ascesa al trono. Nel 1838 fu varata la riforma dell'amministrazione civile e criminale della giustizia, che pur con alcuni limiti non fece rimpiangere l'abrogata legislazione napoleonica e pose il Granducato all'avanguardia fra gli Stati italiani. Nel 1840 venne poi costituita la soprintendenza agli Studi, che sotto la guida di G. Giorgini provvide al riordinamento dell'istruzione universitaria raddoppiando le facoltà dell'ateneo pisano, creando un collegio filosofico in quello di Siena e, più in generale, introducendo una migliore organizzazione negli apparati universitari e chiamando in essi un corpo docente di notevole qualità. Nel 1839 si riunì a Pisa anche il primo Congresso degli scienziati italiani, alla cui seduta inaugurale volle assistere il 2 ottobre lo stesso granduca.
Negli anni seguenti, inoltre, L. II sostenne lo sforzo per la costruzione in Toscana di strade ferrate, la prima delle quali, fra Pisa e Livorno, fu inaugurata nel 1844, mentre i tronchi successivi, da Pisa a Pontedera e poi a Empoli e a Firenze, vennero aperti fra il 1845 e il 1848. La linea Firenze-Livorno, in onore del granduca, venne poi comunemente denominata la "Leopolda".
Nel 1844, alla morte di Fossombroni, L. II affidò la guida del governo a N. Corsini, cui nell'ottobre 1845 subentrò Cempini. Fu questi nel marzo 1847, quando in Toscana giunse l'eco delle prime riforme civili e politiche varate da Pio IX, ad accogliere le richieste dei liberali affinché anche nel Granducato fossero avviate iniziative analoghe. Con motuproprio del 6 maggio 1847 L. II varò dunque una riforma della stampa che riduceva il controllo della censura, cui seguì il 31 maggio l'istituzione della Consulta e il 4 settembre la concessione della guardia civica. Si ebbe un'immediata fioritura di giornali e di opuscoli, che dettero voce alle varie anime della democrazia e del liberalismo toscani e indussero il granduca a sostituire Cempini con Ridolfi (27 settembre) e a sopprimere la presidenza del Buon governo.
Appena insediato, Ridolfi dovette fronteggiare anche la questione della devoluzione anticipata del Ducato di Lucca alla Toscana, che venne definita con il trattato del 4 ott. 1847. Il 3 nov. 1847 L. II sottoscrisse poi la lega doganale con la S. Sede e col Regno di Sardegna.
Il 15 febbr. 1848, dopo lo scoppio dei primi moti a Napoli e a Palermo, il granduca firmò lo statuto, che fu reso pubblico due giorni dopo; il 3 marzo fu la volta della legge elettorale. Quando il Regno di Sardegna dichiarò guerra all'Austria, L. II inviò alcune truppe toscane a sostegno dei Piemontesi (29 marzo) e il 26 giugno 1848 inaugurò le assemblee legislative. Dopo la sconfitta di Custoza e l'armistizio di Salasco, chiamò alla guida del governo G. Capponi, che si insediò il 17 ag. 1848 e restò in carica fino al 12 ottobre successivo, ma di fronte al precipitare della situazione interna, aggravata dai tumulti popolari che scoppiarono a Livorno, e verificata l'impossibilità di formare un nuovo governo moderato, decise di affidarsi ai democratici chiamando al potere il 27 ott. 1848 G. Montanelli. Titolare anche del dicastero degli Esteri, con F.D. Guerrazzi agli Interni e G. Mazzoni alla Giustizia, Montanelli, che aveva lanciato l'idea di una Costituente nazionale come via democratica per arrivare all'unità d'Italia, entrò presto in rotta di collisione col granduca, il quale il 27 genn. 1849 abbandonò Firenze e raggiunse la famiglia a Siena. Di qui il 7 febbraio, fallito il tentativo di Montanelli di indurlo a rientrare nella capitale, L. II partì alla volta di Gaeta, dove già si era ritirato Pio IX.
Tornò in Toscana il 23 luglio 1849, dopo la caduta del governo democratico e dopo che un corpo di spedizione austriaco, composto da 15.000 uomini, ebbe vinto le ultime sacche di resistenza a Lucca, a Pisa e a Livorno. Egli si oppose blandamente all'occupazione militare di Firenze da parte degli Austriaci, il cui comandante, però, il 24 maggio 1849 emanò un proclama ai Toscani in cui si affermava che l'intervento militare era stato sollecitato dallo stesso granduca. Con questo atto - e soprattutto con l'occupazione militare che si protrasse fino al 1855 - il governo di Vienna intese affermare il proprio protettorato sul Granducato e aprire un solco profondo fra gli esponenti del liberalismo moderato e Leopoldo II. Questi, dal canto suo, attuò una politica di rigida restaurazione e nel giro di tre anni smantellò l'intero sistema di garanzie costituzionali che era stato edificato prima del '48.
Il Parlamento fu prorogato il 25 sett. 1850 e non più riunito. Il 25 apr. 1851 fu siglato un concordato con la S. Sede, che rivelava la volontà del principe di appoggiarsi al potere religioso e che dispiacque a molti esponenti sia del mondo laico sia di quello ecclesiastico. Il 28 ott. 1851 fu varata una riforma dell'università, che sovvertì l'impianto più avanzato di quella predisposta negli anni Quaranta da Giorgini (fra l'altro fu cancellato l'Istituto agrario di Pisa voluto tenacemente da C. Ridolfi). Infine il 13 febbr. 1852 fu soppressa la libertà di stampa e il 6 maggio seguente venne formalmente abolita la carta costituzionale. Fra i lati positivi della politica granducale in questi anni vi fu il proseguimento della costruzione della rete ferroviaria, che nel 1859 arrivò ad avere un'estensione di 257 km.
Nel marzo-aprile 1859, quando la guerra del Piemonte all'Austria parve imminente, L. II ricevette varie missive da parte del gruppo dirigente toscano, con le quali lo si invitava ad abbandonare la linea neutralista e ad affrancarsi dalla posizione di subalternità a Vienna: la sola opzione che gli avrebbe forse consentito di conservare la corona e salvare la dinastia. Egli però non accolse tali suggerimenti, così come rifiutò di formare un nuovo governo e di abdicare in favore del figlio Ferdinando IV, scelta che si convinse ad effettuare soltanto nel luglio 1859. A quell'epoca, tuttavia, L. II si trovava già a Vienna, avendo abbandonato il Granducato di Toscana insieme con tutta la famiglia il 27 apr. 1859, lo stesso giorno in cui iniziavano ufficialmente le ostilità fra il Regno di Sardegna e l'Austria.
Fino alla costituzione formale del Regno d'Italia, nel 1861, L. II continuò a coltivare la speranza che i Lorena potessero riappropriarsi della Toscana. Venuta meno definitivamente tale possibilità con la sconfitta austriaca nella guerra del 1866, all'ex granduca non restò che dedicarsi alla stesura delle sue memorie e occuparsi dell'amministrazione dei possedimenti privati, alcuni dei quali in Toscana (in Maremma e nel Casentino). Trascorse l'ultima parte della sua vita in territorio austriaco, fra le località di Karlsbad, Brandeis e Orth, presso Gmunden.
Nel novembre 1869, ormai in precarie condizioni di salute e mosso da un profondo sentimento religioso, decise di trasferirsi a Roma per essere vicino al papa. Qui L. II morì il 29 genn. 1870.
Pio IX stesso celebrò la cerimonia funebre nella basilica dei Ss. Apostoli, dove la salma di L. II fu temporaneamente accolta prima di essere traslata nel 1915 a Vienna nella cripta dei cappuccini, la tomba di famiglia degli Asburgo.
Fonti e Bibl.: Il nucleo principale delle carte di L. II fa parte del fondo denominato Archivio di famiglia degli Asburgo di Toscana, che si conserva a Praga ed è descritto in Fra Toscana e Boemia. Le carte di Ferdinando III e di L. II nell'Archivio centrale di Stato di Praga, a cura di S. Vitali - C. Vivoli, Roma 1999. In questo archivio, oltre a numerosi diari e altri manoscritti, si trova un volume di memorie che L. II finì di compilare poco prima della morte, e pubblicato in Il governo di famiglia in Toscana. Le memorie del granduca Leopoldo II di Lorena (1824-1859), a cura di F. Pesendorfer, Firenze 1987. Altri nuclei documentari relativi all'attività pubblica di L. II sono depositati presso l'Arch. di Stato di Firenze.
Notizie sulla vita e sull'opera di L. II sono contenute, ovviamente, in tutti gli studi sulla storia dell'Italia nell'età della Restaurazione e in specie in quelli riguardanti il Granducato di Toscana. Fra questi ultimi offrono dettagliati riferimenti S. Camerani, Il Granducato di Toscana, in Bibl. dell'età del Risorgimento in onore di A.M. Ghisalberti, Firenze 1972, II, pp. 117-174 e C. Ceccuti, Il Granducato di Toscana, in Bibl. dell'età del Risorgimento, 1970-2001, ibid. 2003, II, pp. 997-1023. Fra le opere di sintesi più recenti cfr. R.P. Coppini, Il Granducato di Toscana. Dagli "anni francesi" all'Unità, Torino 1993, ad ind.; T. Kroll, Die Rivolte des Patriziats. Der toskanische Adelsliberalismus im Risorgimento, Tübingen 1999, ad ind.; Stato e amministrazione nel Granducato preunitario, a cura di L. Mannori, f. monografico della Rass. storica toscana, XLIX (2003), 2; A. Chiavistelli, Dallo Stato alla nazione. Costituzione, amministrazione, rappresentanza nella Toscana della Restaurazione (in corso di stampa).
Hanno specificamente per oggetto L. II i seguenti lavori: E. Montazio, L'ultimo granduca di Toscana, Firenze 1870; G. Baldasseroni, L. II granduca di Toscana e i suoi tempi, Firenze 1871; G. Sforza, Il granduca di Toscana L. II ed i suoi vecchi ministri, in Rass. storica del Risorgimento, VIII (1920), pp. 576-595; S. Camerani, L. II e l'intervento austriaco in Toscana, in Arch. storico italiano, CVII (1949), pp. 54-88; E. Sestan, Don Abbondio sul soglio: L. II, in Id., Europa settecentesca e altri saggi, Milano-Napoli 1951, pp. 151 ss.; A. Corsini, Ritorno e partenza del granduca di Toscana (1849 e 1859), in Rass. storica toscana, II (1956), pp. 171-188; G. Arfé, Un colloquio fra L. II e Ferdinando II, ibid., pp. 189-192; E. Baldasseroni, Il granduca L. II di Toscana e il 27 apr. 1859, ibid., IV (1958), pp. 21-31; L.M. Personè, L'ultimo granduca di Toscana, in Osservatorio politico e letterario, VI (1960), pp. 62-71; L. Lotti, Il veto di L. II alla legge sulla Costituente toscana, in Rass. storica toscana, IX (1963), pp. 159-170; G. Martina, Pio IX e L. II, Roma 1967; M. Mattolini, Gli ultimi Lorena: Ferdinando III e L. II, Firenze 1982, pp. 81-149; P. Bellucci, I Lorena in Toscana. Gli uomini e le opere, Firenze 1984, pp. 119 ss.; F. Pesendorfer, L. di Lorena. La vita dell'ultimo granduca di Toscana (1824-1859), Firenze 1989; A. Varni, L. II, in I Lorena in Toscana. Convegno internazionale di studi… 1987, a cura di C. Rotondi, Firenze 1989, pp. 107-120; A. Giuntini, L. II e il treno. Le ferrovie nel Granducato di Toscana, 1824-1861, Napoli 1991, ad ind.; L. Lotti, L. II e le riforme in Toscana, in Le riforme del 1847 negli Stati italiani. Atti del Convegno di studi, Firenze…1998, in Rass. storica toscana, XLV (1999), 2, pp. 241-251. Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v. (M. Rosi); Enc. Italiana, XX, sub voce.