LEONARDO da Fivizzano (da Vallazzana, da Sarzana)
Nacque a Fivizzano, nei pressi di Massa, poco dopo la metà del secolo XV da Pietro di Iacopo. La sua famiglia era originaria di Vallazzana, villaggio rurale nei dintorni di Fivizzano, da cui il padre si trasferì nel castello principale assumendo come nome gentilizio quello della località di provenienza (in un contratto del 1469 è definito "Petrus Iacobi de Vallazzana habitator Fivizzani", Arch. di Stato di Firenze, Notarile antecosimiano, 2781, c. 156).
Non risultano notizie sul periodo della giovinezza, ma si può presumere che presto sia entrato nell'Ordine degli eremitani di S. Agostino, affiliandosi al convento di S. Giovanni Battista nel castello di Fivizzano. Da lì passò a quello che era allora uno dei conventi principali dell'Ordine agostiniano, quello di S. Spirito di Firenze, sede della provincia fiorentina e dotato anche di uno Studio generale dove i confratelli più dotati e meritevoli erano avviati allo studio della teologia. La presenza di L. nel convento fiorentino è documentata almeno a partire dal 21 giugno 1486, quando prese parte a un capitolo provinciale tenutosi appunto in S. Spirito (ibid., 12428, c. 128).
Alcuni autori (Ridolfi, Polizzotto, Bondi) identificano L. con quel "Leonardus Sarzanensis" che la vigilia di Pentecoste del 1482 tenne un sermone a Roma nella basilica di S. Pietro e che nel Diarium Romanum di Iacopo Gherardi è così definito: "vir Romae vix cognitus, attamen […] et latine et graece satis eruditus" (pp. 100 s.). Schnitzer e Ridolfi gli attribuiscono il cognome Neri, confondendolo con l'ottocentesco editore della sua Epistola… a tutti e' veri amici di Iesu Cristo crocifisso (in Il Propugnatore, XII [1879], pp. 230-240).
L. rimase per molti anni presso il convento fiorentino di S. Spirito, dove studiò i sacri testi; il 21 ott. 1495 fu eletto frate lettore dai confratelli e il 17 maggio 1496 predicatore presso il medesimo convento per la quaresima dell'anno successivo. Entrambi gli atti avvennero sotto la presidenza del vicario generale del convento, fra Mariano Della Barba da Genazzano. A quest'ultimo, personaggio di grande spicco, che era stato in stretti rapporti con i Medici e che dal 14 maggio 1497 divenne generale dell'Ordine, L. rimase molto legato anche quando il fra Mariano, nell'estate 1497, dovette lasciare Firenze per sospetta complicità in un complotto filomediceo.
L'inizio dell'attività di predicatore di L. coincise con l'ultima fase, quella più drammatica, della parabola di Girolamo Savonarola quando, dopo lo scontro con il papa Alessandro VI, anche il ceto dirigente fiorentino gli voltò le spalle. Il clero regolare, specialmente quello appartenente agli ordini mendicanti, era invece sempre stato piuttosto ostile al frate ferrarese: in particolare Mariano da Genazzano si era distinto fino dal 1491 per i suoi sermoni polemici contro il Savonarola, composti in perfetto stile umanistico, che avevano avuto molto successo nella cerchia di intellettuali riunita intorno ai Medici.
Nell'offensiva contro il Savonarola intrapresa dall'Ordine agostiniano, L. fu il continuatore dell'operato del suo superiore, anche se il suo linguaggio, meno aulico e raffinato, mirava a impressionare quegli stessi ceti popolari da cui proveniva il maggior consenso a Savonarola, piuttosto che ad accattivarsi le simpatie degli intellettuali, che tanto avevano apprezzato fra Mariano. Nei suoi sermoni L. non disdegnava l'invettiva e la polemica spicciola (a proposito della prova del fuoco, sfidava il Savonarola a stare "un terzo d'ora nel fuoco" ed egli poi vi sarebbe rimasto per mezz'ora) e faceva ricorso a immagini e metafore tratte dalla vita quotidiana. La sua predicazione ebbe una certa eco in città: il diarista Luca Landucci sotto la data del 24 marzo 1497 annota: "predicava un frate in Santo Spirito, che diceva contro a frate Girolamo e tutta Quaresima diceva ch'el frate c'ingannava e che non era profeta" (p. 145). L. decise di mettere per scritto il suo pensiero e nell'aprile 1497 pubblicò una serie di proposizioni in cui lanciava diverse accuse contro Savonarola, tra cui quella di essere scismatico ed eretico, e le affisse al pulpito di S. Spirito. Il testo di L. non è rimasto e quello che ne è noto deriva dalle confutazioni che suscitò, la principale delle quali fu opera del francescano Paolo da Fucecchio. Il 12 maggio 1497 "l'antivigilia dello Spirito Santo", pochi giorni dopo il provvedimento del governo fiorentino che vietava, per motivi di ordine pubblico, la predicazione in tutte le chiese, L. pubblicò una Epistola… a tutti e' veri amici di Iesu Cristo crocifisso in cui si faceva campione della supremazia del Papato e difendeva il decreto della Signoria in quanto, a detta di L., a Firenze in quel periodo la predicazione si era fatta veicolo di discordie civili.
Di quest'opera esiste un rarissimo esemplare presso la Biblioteca comunale di Sarzana (Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia, III, Roma 1954, p. 228). Al di là dei motivi polemici derivanti dal contesto in cui fu composta, alcuni passi di questa Epistola rivestono un indubbio interesse: soprattutto l'attacco contro chi si ferma alle "chose apparenti" senza guardare alla interiorità ha indotto M. Petrocchi a vedere in questa operetta un germe della "devotio moderna" italiana, quasi un preludio ai temi e alle riflessioni della Riforma (p. 37); altri tuttavia fanno notare che il richiamo all'interiorità nell'opera di L. resta un motivo isolato, inserito in un contesto completamente pervaso dall'ossequio alla gerarchia ecclesiastica e alla supremazia papale (Miccoli).
Il 13 maggio 1497 Alessandro VI scagliò la scomunica contro Savonarola, e il relativo provvedimento fu reso noto a Firenze il 18 giugno, quando fu letto in alcune chiese della città, mentre in altre chiese, officiate da clero favorevole a Savonarola, ne fu rifiutata la pubblicazione. In S. Spirito fu L. a incaricarsi di leggere il provvedimento ai fedeli presenti in chiesa per la messa domenicale. Poi le cose volsero velocemente al loro tragico epilogo e si conclusero con il supplizio di Savonarola.
Anche dopo la fine del turbinoso periodo che lo aveva visto tra i protagonisti, L. rimase nel suo convento e continuò i suoi studi teologici. Il 5 giugno 1499 fu ammesso come baccalare alla facoltà di teologia di Firenze, dove si laureò il 29 luglio con una dissertazione sopra il quarto libro delle Sentenze. Da allora nelle fonti gli è sempre attribuito l'appellativo di "magister".
Negli anni immediatamente successivi alla laurea rimase presso il convento fiorentino, dove è registrata la sua presenza in alcuni capitoli e riunioni. In occasione della quaresima del 1502 fu inviato a predicare a Roma, e negli anni successivi alternò l'attività di predicatore con quella di riformatore di costumi e revisore dell'amministrazione in vari conventi dell'Ordine: per la quaresima del 1509 fu inviato a predicare presso il convento agostiniano di Napoli e in quell'occasione fu incaricato dal generale dell'Ordine di rivedere l'amministrazione dello stesso convento. Il 27 apr. 1510, nel corso del capitolo tenuto a Pistoia, L. fu eletto provinciale della provincia fiorentina, che aveva sede nel convento di S. Spirito, dove L. ancora si trovava nell'agosto 1512. Il 3 nov. 1512 era invece provinciale della provincia pisana. Il 22 nov. 1514 fu inviato dal nuovo generale dell'Ordine, Egidio da Viterbo, come vicario nel convento di Bologna, dove evidentemente erano successi dei disordini, con ampio mandato di riformare i costumi e la disciplina vigenti e dove rimase per molti mesi; nel luglio 1516 fu inviato a Finale Ligure a dirimere una controversia sorta in quel convento; pochi giorni dopo fu nominato commissario speciale del generale dell'Ordine presso il convento di La Spezia, dove si erano verificati "multa scandala"; il 16 dic. 1516 fu di nuovo a Bologna come vicario, mentre il 10 maggio 1517 fu con la stessa carica a Napoli al preciso scopo di dettare regole per la vita comune dei confratelli; allo stesso fine fu nominato poco dopo vicario generale del convento di Pisa.
Il rapporto di fattiva collaborazione instaurato da L. con il generale Egidio da Viterbo sembra interrompersi con il successore, Gabriele Dalla Volta da Venezia, che poco dopo la sua assunzione al generalato tolse a L. la carica di vicario generale del convento di Pisa per affidarla a Girolamo da Cortona; il 2 febbr. 1519 L. fu invitato a presentarsi al capitolo generale per giustificarsi di alcune scorrettezze da lui compiute nell'esercizio delle sue funzioni e il 16 maggio 1520 gli fu intimato di ritirarsi nel suo convento di affiliazione a Fivizzano, dal quale nell'agosto 1525 fu richiamato a Firenze e ascritto al numero dei seniores. Con questa sorta di giubilazione la carriera operativa di L. sembrerebbe finita, ma nel maggio 1526 nel capitolo generale tenuto a Treviso L. fu eletto "diffinitor" della provincia di Puglia e il 14 giugno 1526 fu eletto, in sua assenza, decano del Collegio teologico di Firenze. L. non prese tuttavia mai possesso della carica, perché morì poco dopo, nell'ottobre del 1526.
Il 19 genn. 1525, mentre ancora si trovava nel convento di Fivizzano, aveva alienato certe sue proprietà, in netto contrasto con le regole dell'Ordine, che vietavano di possedere beni in proprio. Tali beni furono ricondotti con gran fatica nell'ambito dei possessi del convento fivizzanese. Dopo la morte gli fu eretto in questo luogo un sepolcro monumentale la cui lastra di copertura è ora conservata presso la Biblioteca comunale di Fivizzano.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese, Convento 122 (Santo Spirito di Firenze), 8, c. 132v; 67, cc. 167, 178; Notarile antecosimiano, 2703 c. 25v; 12428, cc. 128, 149; I. Gherardi da Volterra, Diario romano, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXXIII, 3, pp. 100 s., 116; L. Landucci, Diario fiorentino dal 1450 al 1516…, a cura di I. Del Badia, Firenze 1883, pp. 145, 153; L.G. Cerracchini, Fasti teologali…, Firenze 1738, p. 208; E. Gerini, Memorie storiche d'illustri scrittori e di uomini dell'antica e moderna Lunigiana, II, Massa 1829, pp. 116 s.; A. Neri, Un avversario di Girolamo Savonarola, in Arch. stor. italiano, s. 4, 1880, t. 5, pp. 478-482; P. Villari, La storia di Girolamo Savonarola, Firenze 1888, ad ind.; G. Schnitzer, Savonarola, Milano 1931, I, pp. 292, 446, 471; II, pp. 473, 488, 500; R. Ridolfi, Vita di Girolamo Savonarola, Firenze 1952, ad ind.; M. Petrocchi, Una devotio moderna nel Quattrocento italiano ed altri studi, Firenze 1961, pp. 37 s., 54-64; D. Weinstein, Savonarola and Florence, Princeton 1970, pp. 229, 239; G. Miccoli, La storia religiosa, in Storia d'Italia (Einaudi), II, 1, Torino 1974, pp. 958 s.; C. Piana, La facoltà teologica dell'Università di Firenze nel Quattro e Cinquecento, Grottaferrata 1977, pp. 242, 244, 359 s., 372, 374 s., 381, 385-388, 463; L. Polizzotto, The elect nation,The Savonarolan movement in Florence, 1494-1545, Oxford 1994, ad ind.; S. Bondi, Frate L. Vallazzana agostiniano…, Lucca 2001.