Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Pannonia
Fu Ottaviano, nel 35 a.C., a lanciare un’offensiva sistematica contro Aravisci e Arviates, Azali e Boi, Bruci, Iasi e Scordisci, popolazioni che occupavano le aree a ridosso del Danubio in corrispondenza di una parte dell’attuale Austria e della vicina Ungheria. Ma già dal II sec. a.C. non era mancata una certa penetrazione romana, affidata (come spesso avveniva) più ai mercatores che agli eserciti. Lo scopo dell’azione di Ottaviano era quello di rinforzare il limite settentrionale dello Stato romano “pacificando”, cioè sottomettendo, le aree a nord delle Alpi. La guerra, condotta contestualmente con quella in Dalmazia, ebbe risultati consistenti (Ottaviano celebrò il trionfo) ma non definitivi: dure rivolte scoppiarono nel 16 a.C., nell’11- 9 a.C. e soprattutto nel 6-9 d.C. Furono domate con notevoli sforzi e alla fine il successo fu opera di Tiberio, che nel 10 costituì la provincia dell’Illirico Inferiore, in cui Pannonia e Dalmazia erano amministrate insieme. Carnuntum (Petronell) e Vindobona (Vienna) in questa fase erano ancora assegnate al Norico, ma successivamente furono annesse, mentre Emona (Lubiana), inizialmente inclusa, fu assegnata all’Italia (X Regio: Venetia et Histria) all’inizio del II sec. d.C.
Attestata lungo il grande fiume e compresa fra Mons Cetius (area della stessa Vienna), Alpi della Bassa Austria, Alpi Giulie e alto corso della Sava, la Pannonia fu per secoli un baluardo dell’Impero romano. A nord del Danubio, presso l’odierna Trenãín, nella valle dell’affluente Vah (Slovacchia occidentale), è l’avamposto di Laugaricium, il castrum romano più avanzato nell’Europa centrale. Fra Tiberio e Traiano furono impiantate colonie a Emona, Savaria, Sirmium, Siscia, Poetovio e molte comunità indigene furono trasformate in civitates provviste di diritti municipali; inoltre svariati castra fondati all’epoca della conquista andarono gradualmente (qui come altrove) trasformandosi in città. Dopo la sottomissione della Dacia da parte di Traiano il problema della frontiera divenne per la Pannonia meno assillante: fra il Danubio (più precisamente, il tratto in cui il fiume piega in direzione nordsud) e il Tibisco (limite occidentale della nuova provincia) si crea una zona-cuscinetto in cui si insediano gli Iazyges, popolazione posta sotto il protettorato romano. Traiano divide la Pannonia in Superior e Inferior.
Tale nuovo assetto coincide con l’avvio del periodo di maggiore prosperità, il II sec. d.C.; la Pannonia offre un esempio di sincretismo culturale (schemi iconografici sia dall’Italia, sia dalla Dalmazia, sia dai paesi di lingua greca) e religioso (divinità del Pantheon greco-romano e culti provenienti dall’Oriente, come Mitra e Giove Dolicheno). Ma nel III secolo l’equilibrio si spezza: si riaccendono le battaglie sui confini ed è questo il teatro, inoltre, di ripetute lotte per la successione al potere imperiale. Sarà anche sperimentata, nella seconda metà di questo stesso secolo, la “coabitazione” di due imperatori, Aureliano e Probo. Aureliano, abbandonando la Dacia, determinerà il ritorno del confine sulla linea pretraianea del Danubio, con tutti i problemi strategici conseguenti.
L’età di Diocleziano e della Tetrarchia segna anche qui un periodo di riorganizzazione sia militare, sia amministrativa, con un’ulteriore suddivisione del territorio: la Superior si articola in Pannonia Prima e Savia, la Inferior in Pannonia Secunda e Valeria. Ma la crisi torna presto a presentarsi, finché nel 378 i Goti si stanziano fra il Danubio e la Sava. Quando nel 441 questo fiume sarà varcato dagli Unni, che sotto la guida di Attila e Bleda assaliranno gli imperi d’occidente e d’oriente, la Pannonia romana cesserà definitivamente di esistere.
Romanizzazione e urbanizzazione
L’esempio più rilevante di trasformazione da castrum a città è quello di Carnuntum, fortificazione fondata in corrispondenza di un guado del Danubio e della convergenza di importanti strade, nel 16 d.C. e rifatta di pietra nel 73.
Quando la Pannonia viene divisa da Traiano in Superior e Inferior, Carnuntum diviene quartiere generale del governatore della Superior. È in seguito base di Marco Aurelio nelle operazioni contro Marcomanni e Quadi e più tardi sede della legione XIV Gemina che acclama imperatore Settimio Severo. Fra 226 e 228 risiede qui, come governatore della provincia, lo storico Cassio Dione; nel 260/1 vi fissa la sua dimora anche Regaliano, usurpatore dalla breve parabola. Con Diocleziano la città diviene capitale della Pannonia Prima e nel 295 è ancora base di una spedizione contro i Marcomanni, stavolta condotta da Galerio; nel 308 gli stessi Diocleziano e Galerio, insieme con Massimiano, vi tengono una specie di vertice sul problema della successione nell’ambito del sistema tetrarchico. Dopo una storia così intensa, un rapido declino: Valentiniano I (364-375), entrando in città nel corso del suo tentativo di riorganizzazione del limes, la trova (secondo lo storico Ammiano Marcellino) “abbandonata e squallida”.
Il castrum originario, situato a metà strada fra le odierne Petronell e Bad Deutsch Altenburg, ha un andamento insolitamente irregolare, forse condizionato dalla conformazione del terreno. Nei primi due secoli dell’Impero viene più volte ristrutturato: presenta un aspetto regolare, in pratica, solo nella parte centrale, dove sono i principia (quartier generale, con ampio cortile), l’aula basilicale, il sacello delle insegne e il cosiddetto Palazzo del Legato. Nelle vicinanze erano il “foromercato” (grandissimo spazio porticato), le canabae (le abitazioni originariamente precarie di mercanti e artigiani che seguivano l’esercito, abitazioni che con la loro evoluzione assecondavano il passaggio da castrum a città) e l’anfiteatro militare (il primo dei due anfiteatri di Carnuntum). La “città civile”, in gran parte nascosta sotto Petronell, aveva un impianto (sembra) abbastanza regolare, ma forse (come ha osservato P. Gros), come Viminacium o Vetera I (altri siti di forte importanza strategica), non aveva le prerogative di vero e proprio municipio. Non aveva, ad esempio, un foro; vi erano però, a testimonianza di un’importanza – malgrado tutto – non trascurabile, un secondo anfiteatro, o “anfiteatro civile”, e almeno tre mitrei. In epoca tarda si aggiunse un “palazzo” affacciato sul Danubio; alquanto fuori dell’abitato, quasi come un preannuncio, era la cosiddetta Heidentor, gigantesco arco quadrifronte dell’inizio del III secolo paragonabile per funzione all’arco di Glanum o a quello di Orange in Provenza, ma qui la distanza è più notevole.
Analoga alla storia di Carnuntum è quella di Aquincum, presso un altro guado del Danubio, nel luogo dell’attuale Budapest. Anzi, qui il processo di urbanizzazione è forse più evidente.
Sempre lungo il limes danubiano e anch’essa in corrispondenza di una grande capitale moderna, era Vindobona (Vienna). Originariamente appartenente al Norico, annessa alla Pannonia da Claudio, sorse non lontano dall’altura detta oggi Leopoldsberg, sede di un antico insediamento celtico, dove il corso del Danubio si interseca con la via dell’ambra, l’antichissimo itinerario che dalle regioni baltiche giunge ad Aquileia e al bacino Adriatico passando per il cuore dell’Europa. In questo importante snodo Vindobona nasce a sua volta (probabilmente in età flavia) come castrum; successivamente sarà una delle basi di Marco Aurelio (che morirà qui, o forse a Bononia) e nel III secolo diverrà municipium, completando così lo sviluppo del centro civile accanto a quello militare. Dopo distruzioni e ricostruzioni, ai tempi di Valentiniano I sarà la sede, per breve tempo, della flotta sul Danubio. Si sa che l’attuale, centralissima via detta Graben corrisponde al lato meridionale del castrum, che peraltro (stando ad alcuni sondaggi) verso nord assumeva (un po’ come si è visto a Carnuntum) un andamento alquanto irregolare. Della città civile restano avanzi di terme (di dimensioni piuttosto notevoli) e di alcune case.
Non affacciate sul Danubio, ma dislocate sempre sulla via dell’ambra, troviamo Scarbantia (Sopron, in Ungheria), anch’essa appartenente originariamente al Norico, ed Emona (Lubiana, in Slovenia), che però a partire dal 170 d.C. circa fu inquadrata nella Venetia et Histria. Scarbantia era una ricca città commerciale, con il suo Capitolium, i suoi acquedotti e il suo anfiteatro. Emona restò condizionata nella sua pianta regolare, propria della sua originaria funzione di castrum, anche quando (con Tiberio) divenne colonia: il centro monumentale, dove forse si impiantò il foro, conservò un assetto rettangolare con isolati di forma regolare, in molti dei quali sono state individuate dimore provviste di peristilio, oppure talvolta più semplici, ma comunque via via soggette a numerosi rifacimenti. Più a est è la Colonia Claudia Savaria (Szombathely, in Ungheria), fondata appunto da Claudio e notevolmente accresciutasi con Domiziano: appartengono forse a questo periodo il Capitolium e la curia. Soffrì le invasioni marcomanniche, ma fu qui che nel 193 fu acclamato imperatore dalle truppe Settimio Severo. Nel III secolo, a differenza di quanto accade altrove, la città si amplia grazie all’afflusso di nuovi abitanti provenienti soprattutto dalla parte orientale dell’Impero; si costruisce fra l’altro un grande edificio residenziale, descritto da Ammiano Marcellino. Muore a Savaria, vittima delle persecuzioni dioclezianee, s. Quirico vescovo di Siscia; vi nasce s. Martino di Tours, il predicatore delle Gallie.
Sopianae (Pécs), che con la riforma dioclezianea diviene addirittura capitale della Pannonia Valeria, presenta resti di notevoli case del II, III, IV secolo decorate da affreschi e dotate di impianti termali e di riscaldamento. A Gorsium (16 km a sud dell’odierna Székesfehérvar) sorsero a poca distanza di tempo (metà del I sec. d.C. ed età di Domiziano) due castra, che poi furono sottoposti (specialmente il primo) a importanti interventi fino a età tardoantica; con Diocleziano, il nome della città fu cambiato in Herculia. Cuore della città è il complesso forense, che sorge in corrispondenza della porta Decumana del più antico dei due precedenti insediamenti militari: una sovrapposizione che dovette aver luogo nel 105/6 d.C., quando la guarnigione (la legione X Gemina) si trasferì ad Aquincum. Il foro è fra i più piccoli che si conoscano, ma presenta, come vedremo, soluzioni interessanti e articolate; gravita su di esso, nelle immediate adiacenze, il Templum Provinciae, edificio di grande importanza cultuale-politica. La città fu distrutta nel 260 da un assalto di Roxolani; Diocleziano la fece ricostruire, ma secondo linee diverse, tanto che sul luogo del preesistente foro passava il nuovo cardine massimo.
Fra queste città pannoniche non affacciate direttamente sul Danubio, un ruolo particolare spetta a Sirmium (attuale Sremska Mitrovica), riscoperta alla fine del Seicento dall’erudito bolognese Luigi Ferdinando Marsili. Sorge su un importante affluente del grande fiume e cioè sulla Sava: rappresenta in un certo senso per il limes danubiano quello che rappresenta Treviri per il limes renano.
Tipologie monumentali. Edilizia pubblica
Se si prescinde dall’architettura militare la tipologia monumentale che forse offre le soluzioni più interessanti e variate è costituita dai complessi forensi. La costruzione di quello di Gorsium fu avviata nel 105 o 106; ma una ristrutturazione globale si ebbe con Settimio Severo, dopo un’invasione di Sarmati (178 d.C.).
I lati ovest, sud ed est sono chiusi da botteghe, mentre su quello nord si affaccia il Capitolium, con tre celle. È presumibilmente da riconnettersi con il foro stesso un altro interessante complesso che sorge immediatamente a est ed è dislocato su due livelli (raccordati da un muro che ingloba fontane). Mentre non è possibile definire le funzioni del livello inferiore, quello superiore ospita il Templum Provinciae, dove si svolgevano i culti legati all’assemblea annuale detta concilium, in cui i rappresentanti delle popolazioni della provincia si riunivano al cospetto dei magistrati romani. Certamente non è un tempio “canonico”: presenta numerosi edifici sacri, con varie fasi costruttive e due grandi ambienti di rappresentanza, uno forse per le stesse assemblee e un altro per banchetti (dove sono stati anche trovati, rispettivamente, il tesoro del Concilium, di oltre 3000 monete e ricchi servizi da tavola, nascosti sotto i pavimenti prima dell’invasione roxolana del 260 d.C.).
A Carnuntum il foro della città civile non è stato ancora identificato; a sud-ovest del castrum originario, però, esiste un grande spazio, definito convenzionalmente “foro-mercato”, di dimensioni pari più o meno a un quarto del castrum stesso. Comprendeva due cortili porticati, un ulteriore portico a nord, quattro fontane: un complesso di notevole impegno, un punto di riferimento per scambi e commerci per tutta la regione circostante e anche – nei periodi di pace – per le tribù germaniche di oltre Danubio. Di Aquincum si è detto; gli altri fori della provincia offrono situazioni forse meno ricostruibili, nel quadro tuttavia di un panorama tutt’altro che ripetitivo: ad Aquae Iasae (Varaûdinske Toplice, Croazia), nell’alta valle della Sava, si conosce, disposto su vari terrazzamenti, un complesso foro - Capitolium - terme.
Per quanto riguarda gli edifici di culto, si è già detto del Templum Provinciae di Gorsium: ma il maggior santuario finora noto nella Pannonia romana è un santuario extraurbano: quello del Pfaffenberg, un’altura presso Carnuntum. L’edificio principale è un tempio della Triade Capitolina, a tre celle (diseguali) cui si accede da una sorta di portico-pronao; templi minori, edicole, altari sono disposti nei pressi, mantenendosi allineati su direttrici più o meno ortogonali malgrado il terreno scosceso. Nel tempio della Triade sono stati rinvenuti frammenti di statue e numerose iscrizioni; fra queste, molte si riferiscono a Iuppiter Optimus Maximus K(arnuntinus). Spesso queste epigrafi recano una data, l’11 giugno, ripetuta però per vari anni fra il 172 e il 313 d.C. Dovrebbe trattarsi di una importante ricorrenza e dato che l’iscrizione più antica è del 172 si è ipotizzato che l’evento ricordato sia la pioggia miracolosa che in quell’anno (ma finora non sapevamo in che giorno), durante la campagna di Marco Aurelio contro i Quadi, aiutò i Romani investendo i nemici. L’episodio è ricordato anche nella Colonna Antonina a Roma.
Anche in questa provincia si registra una forte presenza di culti orientali: un Iseo a Savaria; un tempio di Giove Dolicheno e ben cinque mitrei ad Aquincum; tre mitrei (se non più) a Carnuntum. Il culto di Mitra era talmente importante, che proprio a questa divinità dedicano un sacrificio i tre imperatori partecipanti al già ricordato summit del 308; ma dal punto di vista della evidenza archeologica i resti più significativi sono quelli del maggiore dei cinque santuari di Aquincum, in cui si legge bene la canonica aula ribassata al centro, con i banconi lungo i lati.
La distribuzione degli edifici per spettacolo ci aiuta a capire meglio la dialettica fra insediamenti militari e insediamenti civili e la transizione dagli uni agli altri. Ad Aquincum e a Carnuntum abbiamo uno sdoppiamento dei servizi, un doppio anfiteatro, appunto uno militare e uno civile. Di questi edifici, tre presentano una cavea costruita su terrapieno; il quarto, l’anfiteatro civile di Aquincum, è il più grande di tutte le province danubiane e – sia pure con irregolarità e asimmetrie – è interamente costruito di muratura.
Significativo è il ruolo dei complessi termali, non tanto perché siano stati rinvenuti edifici particolarmente ampi e innovativi, quanto per la molteplicità dei casi di sfruttamento di acque salutari. Si va da Aquincum, nei prestigiosi impianti dell’isola detta oggi Margherita, sul Danubio, al già ricordato caso di Aquae Iasae, nell’odierna Croazia, in cui le sorgenti sono talmente importanti che accanto alle terme sorgono il foro e il Capitolium, quasi a costituire un unico complesso.
Di un tipico monumento di età romana, l’arco, resta in Pannonia un solo esempio, ma notevolissimo: è quello detto Heidentor (quasi un gioco di parole tedesco fra “grossa porta” e “porta dei pagani”) a Carnuntum. Situato, sembra, fuori dell’abitato, di cui in un certo senso preannunciava i limiti, era un gigantesco arco quadrifronte, con quattro piloni le cui dimensioni sono leggermente rientranti verso l’alto, quasi a costituire un tronco di piramide: ne restano in piedi due, collegati dalla ghiera del fornice. Gli spigoli di tali piloni erano marcati da leggere lesene. La ricostruzione più plausibile del monumento sembra sia la seguente: la copertura era costituita da una volta a crociera, cui si sovrapponeva un ambiente forse praticabile, a sua volta chiuso da un tetto a quattro spioventi. Si è ipotizzato che l’ambiente sopra la crociera fosse una camera sepolcrale di un eminente personaggio e in tal caso l’arco sarebbe un peculiare monumento funerario; ma più probabilmente l’ambiente stesso era adibito semplicemente alla manutenzione (come accade anche altrove) e l’arco è allora un monumento onorario, che potrebbe essere dedicato a Settimio Severo.
Edilizia residenziale e privata
Spiccano, nella regione, alcuni esempi di architetture residenziali ampie e complesse, a proposito delle quali, pur in presenza di situazioni diverse, si propone la definizione di “palazzo”.
A Carnuntum si trova un grande edificio rettangolare (104 x 143 m): due lati sono chiusi da un muro e due da un portico; un’ala, anch’essa rettangolare, si aggiunge a sud. Fra i vari ambienti disposti soprattutto lungo il perimetro del corpo principale e dell’ala aggiunta, spicca una grande sala absidata, interpretabile come aula per le udienze: di qui l’ipotesi che questo fosse il palazzo del governatore della Pannonia Superior (e, nelle successive suddivisioni, della Pannonia Prima). Oltre all’aula, altro elemento che si impone all’attenzione è la galleria- portico affacciata sul Danubio, che suggerisce un collegamento con altre grandi residenze tardoantiche in vario modo prospicienti fiumi e mari, il cui esempio più notevole e famoso è il Palazzo di Diocleziano a Spalato. I resti più chiaramente identificabili nell’edificio carnuntino risalgono al III-IV secolo, anche se è stata individuata una fase precedente.
Un “palazzo” è stato individuato anche ad Aquincum: presenta un lungo portico-facciata prospiciente il fiume, chiuso alle estremità da torri; in corrispondenza del centro del portico, ritroviamo un’aula per le udienze. Un altro caso, per la verità non del tutto chiaro, è a Savaria. Ma, a parte i palazzi, altre importanti manifestazioni di architettura residenziale sono le domus di Aquincum e di Emona e soprattutto le numerose ville. Di pianta spesso rettangolare tendente al quadrato, queste ultime presentano in genere numerosi ambienti articolati intorno al cortile centrale; sul lato opposto all’ingresso, al centro, è un’aula absidata. Questo schema si ripete, sia pure con formulazioni differenti, a Gorsium (con l’aggiunta di un portico esterno), a Bela Palanca, a Hosszuhetény; la villa di Balaca, di ben altre dimensioni, presenta invece vari corpi di fabbrica distribuiti intorno a un amplissimo recinto.
Se si vuole tentare un confronto con il vicino Norico, si può dire che esistono discrepanze nelle testimonianze a noi note: la Pannonia presenta un maggior numero di “casi” per quanto riguarda l’urbanistica dei castra e delle città, ma non ha restituito finora, ad esempio, monumenti funerari grandi ed elaborati come quelli celebri di Èempeter e di altre località della provincia attigua. Malgrado questo esistono, soprattutto nelle arti figurative, innegabili punti di contatto.
Artigianato e ceramica
La terra sigillata prodotta in Pannonia, con decorazione talvolta impressa, talvolta a rilievo ottenuto mediante matrice, non ha in genere un colore rosso o rossiccio come ha altrove questo tipo di ceramica, ma una superficie lustra grigia o bruno-nerastra. La produzione, piuttosto abbondante, è testimoniata con particolare evidenza ad Aquincum, dove è stato individuato un quartiere ceramico: fino alle guerre marcomanniche, che determinano il crollo della produzione stessa, i vasi prodotti nella regione fanno concorrenza (anche se non ovunque nella stessa misura) ai moltissimi pezzi di importazione, provenienti soprattutto dalle officine della Gallia e di Rheinzabern.
In generale:
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J. Fitz, La Pannonie sous Gallien, Bruxelles 1976.
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K. Póczy, Städte in Pannonien, Budapest 1976.
E. Lengel (ed.), The Archaeology of Roman Pannonia, Budapest 1980.
Severin zwischen Römerzeit und Völkerwanderung (Catalogo della mostra), Linz 1982.
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G. Hajnoczi (ed.), La Pannonia e l’Impero romano. Atti del Convegno Internazionale, Accademia d’Ungheria e Istituto Austriaco di Cultura (Roma, 13-16 gennaio 1994), Milano 1995.
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Le fonti antiche epigrafiche, letterarie e numismatiche della regione Alpe Adria. Atti della III tavola rotonda internazionale (Aquileia - Zuglio, 6-8 novembre 1997), in AquilNost, 68 (1997), pp. 289-358.
Si rinvia a:
Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Arte norico-pannonica
Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Noricum
Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Dacia
Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Thracia
Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Illyricum - Dalmatia