Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Le nanotecnologie sono definite dal loro stesso fondatore, Eric Drexler, nel 1986 “una tecnologia a livello molecolare che ci potrà permettere di porre ogni atomo dove vogliamo che esso stia. Chiamiamo questa capacità ‘nanotecnologia’ perché funziona sulla scala del nanometro, ossia un milionesimo di metro”. Questa tecnica, relativamente recente, ha manifestato gradualmente tutto il suo potenziale rivoluzionario trovando applicazione soprattutto nell’elettronica, nell’informatica e nella genetica, caratterizzando il Novecento per la sua tendenza alla miniaturizzazione.
Per una definizione
Le nanoscienze e le nanotecnologie studiano i principi fondamentali delle molecole e delle strutture di dimensioni comprese tra 1 e 100 nanometri con lo scopo di ottenere materiali, oggetti o dispositivi a scala nanometrica. Il prefisso nano- (dal greco nanos, “piccolo”) anteposto a un’unità di misura la divide per un miliardo, cioè la moltiplica per 10-9: un nanometro (1 nm), quindi, corrisponde a un miliardesimo di metro. Per fornire una scala empirica di riferimento, si consideri che il diametro di un capello umano è di circa 50.000 nm, che un batterio misura qualche centinaia di nanometri e che una catena di dieci atomi d’idrogeno disposti l’uno accanto all’altro corrisponde a circa 1 nm.
Le nanostrutture superano generalmente la dimensione di 1 nm, al di sotto del quale troviamo gli atomi isolati o alcune molecole. Tuttavia, ciò che è definito nano non è semplicemente più piccolo, ma presenta proprietà e caratteristiche completamente diverse rispetto alla materia allo stato macro o microscopico. A partire dalla scala nanometrica, le proprietà più conosciute dei materiali, come la conduttività o il punto di fusione, lasciano il posto a proprietà meno prevedibili, come gli effetti quantici.
La nanofabbricazione, o manifattura nanometrica, opera secondo due modalità di intervento: si definisce discendente (top down) la fabbricazione che ottiene una struttura piccola a partire da una più grande, mentre è chiamata ascendente (bottom up) la costruzione di nanostrutture a partire da atomi individuali in grado di autoassemblarsi. Le nanostrutture ottenute secondo la fabbricazione discendente vengono anche chiamate punti quantici (quantum dot o nanodot) poiché hanno una forma approssimativa di un punto e un diametro di scala nanometrica. La tecnica di nanofabbricazione, in particolare la realizzazione di nanodot d’oro, non costituisce una novità assoluta nella storia: le vetrate delle cattedrali medievali e le vernici di alcune ceramiche antiche sfruttavano già le proprietà nanometriche di questo metallo i cui atomi, opportunamente separati l’uno dall’altro, possono assumere i colori arancio, porpora, rosso o verde.
In Richard Feynman, premio Nobel per la fisica teorica, si riconosce l’ispiratore della ricerca contemporanea. Nel 1959, infatti, durante una conferenza intitolata C’è molto spazio là in fondo, Feynman ipotizza la possibilità di raccogliere sulla punta di uno spillo tutta l’informazione contenuta nell’Enciclopedia Britannica, semplicemente riorganizzandone gli atomi. Sarà tuttavia Eric Drexler, ricercatore al Massachusetts Institute of Technology (MIT), nel 1986, ad aprire un ampio dibattito sugli sviluppi futuri delle nanotecnologie. Con la pubblicazione di Engines of Creation nel 1986, Drexler annuncia una grande rivoluzione tecnologica destinata a cambiare radicalmente il nostro modo di vita e di produzione. Secondo la previsione di Drexler, le nanotecnologie permetterebbero di costruire la materia “atomo per atomo”, rendendo possibile una manifattura pulita e perfettamente controllata degli oggetti e dei materiali.
La pubblicazione di Drexler sarebbe rimasta relegata in un ambito puramente teorico se nello stesso anno i ricercatori dell’IBM Gerd Binnig e Heinrich Roher non fossero stati insigniti del premio Nobel per la fisica per aver inventato il microscopio a scansione a effetto tunnel (STM, Scanning Tunnelling Microscope). Questo speciale microscopio permette non solo di vedere gli atomi singolarmente, ma anche di spostarli uno a uno su una superficie, sfruttando la differenza di potenziale tra la sottile punta dell’STM e le superfici di materiali conduttori. In questo modo il microscopio a effetto tunnel è diventato lo strumento principale per manipolare la materia partendo dai suoi singoli costituenti. Nel 1990, Donald Eigler fornisce la prima dimostrazione pratica di questa manipolazione “scrivendo” con 35 atomi di xeno l’acronimo IBM e fornendo un’immagine conosciuta nel mondo intero delle possibilità aperte dall’STM.
Questo complesso intrecciarsi di ricerca pura e applicata fornisce un esempio eloquente di quanto scienza e tecnologia siano strettamente legate nello sviluppo delle nanotecnologie. Le nanoscienze adottano per definizione un approccio pluridisciplinare, dal momento che contribuiscono alla ricerca e al loro sviluppo discipline come la chimica, la fisica e l’ingegneria.
Le applicazioni: elettronica, informatica e genetica
L’applicazione delle nanotecnologie copre potenzialmente ogni settore della produzione. Le prime applicazioni commerciali riguardano soprattutto materiali che integrano minuscole particelle capaci di potenziarne le caratteristiche: tessuti impermeabili ad acqua e macchie, parabrezza capaci di filtrare i raggi solari, racchette da tennis super resistenti. Altri oggetti nanometrici sono in produzione: si tratta di strutture chiuse di carbonio che possono assumere diverse forme. Si deve al chimico americano Richard E. Smalley la scoperta, nel 1985, che, in particolari situazioni, gli atomi di carbonio compongono delle strutture ordinate di forma sferica o allungata (i nanotubi). Il nanotubo, realizzato nel 1991 dal giapponese Sumio Iijima, ricercatore dell’industria elettronica Nec, è una struttura estremamente resistente alla trazione (100 volte più dell’acciaio), e possiede anche delle interessanti proprietà elettriche: a seconda del suo diametro, può essere un conduttore di corrente, comportandosi come un metallo, o un semiconduttore, come il silicio presente nei microchip. Si aprono così le porte alla ricerca di nuovi metodi che permettano di realizzare chip sempre più piccoli e con prestazioni più veloci.
L’elettronica e l’informatica sono i due campi maggiormente interessati a sfruttare le opportunità offerte dal controllo della nanodimensione. La necessità tecnologica di costruire dispositivi sempre più minuscoli e potenti è stata espressa da Gordon Moore, uno dei fondatori d’Intel Corporation, in una legge secondo la quale la dimensione dei transistor di un chip è destinata a dimezzarsi ogni 10-18 mesi. Questa tendenza trova attualmente il suo limite di miniaturizzazione nell’incapacità dei microchip in commercio a scendere sotto i 100 mn. La convergenza tra nanotecnologie, biotecnologie e informatica potrebbe, in avvenire, aprire la strada alla creazione di transistor e circuiti a partire da molecole organiche tratte dal DNA o da proteine, inaugurando una nuova generazione di computer con caratteristiche e potenza superiori a quelle attuali. Altre possibili applicazioni delle nanotecnologie concernono il campo della medicina e della salute. L’idea di utilizzare nanostrutture, o addirittura di costruire nanorobot, capaci di viaggiare attraverso i vasi sanguigni per curare lesioni o tumori, in grado di effettuare operazioni chirurgiche anche su singole cellule o di rilasciare in modo selettivo sostanze in punti specifici dell’organismo, può forse sembrare fantascientifica, ma è allo studio in diversi laboratori europei, americani e israeliani. Ulteriori ricerche sono, inoltre, in corso per applicare nanodispositivi al controllo dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo.
Le potenzialità tecnologiche ed economiche delle nanotecnologie non mancano di suscitare forti interessi a livello finanziario e di ricerca: gli Stati Uniti e il Giappone sono i Paesi che hanno maggiormente investito nello sviluppo di queste tecnologie, seguiti dall’iniziativa europea. Tuttavia, non vanno ignorate le numerose controversie apertesi a proposito dei pericoli e dei rischi inerenti all’applicazione su larga scala delle nanotecnologie. I problemi più urgenti sono identificati nei potenziali utilizzi in campo militare, nei rischi sanitari e ambientali dovuti alla dispersione e alla tossicità delle nanoparticelle, nella convergenza tecnologica che sembra cancellare ogni frontiera tra naturale e artificiale, organico e inorganico, nel possibile uso delle nanotecnologie per il miglioramento dell’umano in direzioni che sembrano rimettere in questione la stessa nozione di umanità. Questi sono solo alcuni dei temi attorno ai quali il dibattito sociale, politico e scientifico cerca di tracciare alcune linee guida che aiutino a prevenire derive e rischi di queste tecnologie destinate a caratterizzare sempre più da vicino il nostro futuro.