Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La loggia (lodge), luogo di riparo e di incontro dei muratori di Scozia associati in corporazione, diventa la sede di riunione per custodire “segreti” utili alla sopravvivenza del genere umano, al conseguimento di obiettivi di perfezione e di felicità. In loggia si iniziano i novizi, si promuovono i fratelli ai gradi superiori, si praticano cerimonie rituali o rammemorative, si adeguano o si assumono i contenuti speculativi e gli obiettivi pratici. La flessibilità della struttura loggia concorre alla tenuta e allo sviluppo dell’istituto.
La loggia massonica: luogo e struttura sociale
Alla fine del Cinquecento si forma in Scozia una struttura associativa con l’obiettivo di “preservare” segrete conoscenze e poteri che l’umanità non può perdere o disperdere, se vuol recuperare il degrado dell’uomo seguito alla Caduta. Questa struttura prende il nome di masonry (“arte del costruire”) e dalla corporazione dei muratori mutua la leggenda, i luoghi, i simboli e il modello associativo (con la struttura iniziatica a due gradi: il grado dell’apprendista e quello del compagno-maestro), per riferirli in via privilegiata alla ricostruzione (ideale) del Tempio di Salomone. I massoni chiameranno “loggia” il luogo delle loro adunanze, sia quelle destinate all’ammissione di “fratelli”, sia quelle dedicate alla comune edificazione o all’accrescimento del comune patrimonio misterico. Il termine “loggia”, perciò, non solo designa lo spazio fisico, ma piuttosto la comunità di fratelli che vi si radunano sotto la guida degli ufficiali, che portano spesso nomi ripresi dalla corporazione muratoria. Solo nel Settecento, però, prima in Gran Bretagna e poi nell’Europa continentale, si ha una stabilizzazione dei nomi e dei ruoli: mentre si passa (attorno agli anni Trenta del secolo) dalla massoneria con una struttura a due gradi a quella a tre (apprendista, compagno, maestro), si arricchisce l’organico della loggia, presieduta dal maestro di cattedra (o venerabile), protetta dai guardiani (e dai fratelli terribili), retta da ufficiali amministrativi (tesoriere ecc.) e servita dai fratelli serventi.
La loggia designa quindi un luogo, per lo più a ridosso di uno spazio pubblico o privato di riunione o di piacere (una trattoria, un negozio, un salotto privato, una biblioteca, un circolo o un club), nel quale vengono custoditi anche gli arredi cerimoniali, gli abiti e i “gioielli” dei notabili e talora quelli dei fratelli. Gli armadi non solo conservano candelabri e candele, sigilli e patenti, ma anche i tappeti che decorano il pavimento della loggia e su cui sono tracciati simboli e percorsi iniziatici, naturalmente diversi a seconda del carattere della riunione, della composizione e del fine della loggia (se di compagni o di maestri ecc.). In primo luogo i “pentiti” della massoneria e successivamente gli stessi fratelli hanno lasciato numerose e affidabili descrizioni di riunioni di logge; inoltre, stampe e – dalla fine del secolo – quadri (assai noto quello del 1790 che ritrae una loggia viennese in cui siede, tra gli altri, il “fratello” Mozart) consentono di apprezzare i caratteri ordinari e le eventuali bizzarrie di queste riunioni. In taluni edifici (basti ricordare la stanza massonica della villa di von Gumer a Himmelfahrt, presso Bolzano) il luogo di riunione è stabilmente decorato con scene, ritratti e simboli.
La loggia e la “società di fratelli”
L’istituto massonico si afferma in un periodo caratterizzato da una grande e varia richiesta di sociabilità, alla quale rispondono le più varie tipologie associative: dalle tradizionali confraternite e accademie, ai club e ai circoli esoterici. Da questa richiesta la massoneria trae numerose suggestioni e offre alcuni modelli, distinguendosi tuttavia dalle altre forme associative (società di piacere, società di lettura ecc.); oltre la peculiarità del patrimonio di “segreti” che presume di serbare, la massoneria ha infatti quale obiettivo principale quello di recuperare una condizione e una destinazione “divina”, naturale ed egualitaria dell’umanità, andata ormai perduta. La loggia riflette la complessa evoluzione dell’istituto massonico nel Settecento: prende forme nuove soprattutto laddove, per condanna ecclesiastica o per divieto politico, la massoneria si trasforma da “società di segreti” in società segreta; ai propositi cospirativi la vertiginosa piramide dei gradi risponde con eccezionale flessibilità.
Assai importante è comunque nel Settecento l’apporto delle “logge militari”, che si moltiplicano negli anni della guerra di successione austriaca (1740-1748) e durante la guerra dei Sette anni (1756-1763), e influenzano la rapidità e la direzione degli sciami massonici. Qui la loggia è spesso un luogo improvvisato, un rifugio di emergenza o una posada, e in molti casi un carriaggio dell’esercito o la cabina di una nave. Il carattere precario o improvvisato del luogo di raduno tuttavia esalta i tratti simbolici dell’appartenenza e conferisce alla loggia un contenuto ideale; mentre alcune delle tarde osservanze massoniche – dalla tedesca Stretta Osservanza alla francese Riforma di Lione – la interpretano rispettivamente come il luogo di raduno d’una società cavalleresca e nobiliare ovvero come una chiesa aconfessionale. Contribuiscono peraltro a questa interpretazione le soluzioni paramassoniche – da Cagliostro a Mesmer – con le loro gerarchie interne, le complicazioni negli abiti, nei riti, nella simbolica degli arredi e della gestualità.
La loggia, che è spazio di sociabilità ma insieme chiesa, spazio sacro e luogo di culto, si carica così di altri significati: recupera l’idea del collegio di sapienti (ermetici), il modello del laboratorio ed è frequente, a partire dagli anni Settanta, che a fianco della loggia si trovino laboratori, musei, sale di lettura, biblioteche, per lo più riservati ai “fratelli”.
Dalle società e giardini du plaisir la massoneria deriva il modello dell’amabile conversare, oltre a caratteristiche del peripato filosofico e della comunità monastica o deista (si pensi al deista inglese Anthony Collins, al tempo stesso anfitrione e “fratello”): e proprio qui si innesta la “curiosità femminile” e la congiunta invenzione delle “logge di adozione”.
Il credo massonico
Un testo di denuncia degli anni Quaranta riassume bene – anche se in negativo – un corpo di credenze atto a caratterizzare un “senso comune” massonico: vi sono elencate le dodici “empie massime” fatte circolare nella forma del testamentoconfessione di un massone sul letto di morte.
Il singolare documento illustra la cosiddetta “follia dei gradi” – che crescono su se stessi per un eccesso cumulativo – insieme ai segreti e agli atti che ne derivano, spiegando altresì la diversità della loggia nell’arredo, nel rito iniziatico e nella pratica, che debbono essere ispirati al livello del segreto e dell’azione corrispondente. I catechismi correnti fanno riferimento alle procedure di ingresso e al differente grado di conoscenze presupposte, che incidono anche sulla composizione della loggia – oscillante da un minimo di 3 a una media di 7-11 – a riunioni e a “agapi” più affollate cui intervengono ospiti e donne.
Il carattere della loggia, segreto o no, e soprattutto la piramide dei gradi e dei tipi di loggia plasmano modelli di sociabilità che a partire da una domanda e un livello generici ascendono a strutture più ristrette e riservate, e impongono di conseguenza norme, comportamenti e abitudini che trasformano l’associazionismo in strumento di azione sociale, di pressione culturale e di attività politica, mentre configurano un’interna gerarchia sottratta a ogni controllo dell’opinione e dell’autorità. Mutano perciò il peso e il significato stesso del giuramento, che in origine impegnava l’adepto a non rivelare i segreti (dell’arte muratoria, ovvero della massoneria), ma in seguito lo impegnerà a negare l’appartenenza e l’esistenza stessa della loggia, aggiungendo così un sinistro realismo alla retorica della coniuratio ove si intende punire lo spergiuro (“sotto pena d’aver recisa la gola e strappata la lingua e di esser seppellito nell’arena del mare”: che mi si tagli la lingua, che sia ucciso e il mio cadavere incenerito e disperso in mare ecc.).
L’evoluzione della loggia e l’evoluzione dei regimi massonici
Il “sistema dei gradi” si sovrappone alla diversità dei regimi e delle osservanze massoniche, che adeguano le procedure iniziatiche e i riti cerimoniali della “loggia” all’indirizzo, al livello, allo scopo presunto del regime e del grado. Da qui, assieme alla tenuta del rituale “originario” nei sistemi a tre gradi e poi nella massoneria eclettica (la quale conosce una base comune a tre gradi, su cui poggiano le scale differenziate – dai 14 ai 105 gradi – dei regimi che vi si riconoscono), la nascita di logge di nuova forma e disposizione con arredi inediti, carichi di nuovi simbolismi, e fogge diverse nel vestire e nell’atteggiarsi, riprese, rimanipolate o inventate da cerimoniali cavallereschi o ecclesiastici (del cristianesimo bizantino come da riti “orientali”), oppure – come nel caso di Cagliostro – intese a suggerire iniziazioni o misteri pseudoegizi. Il caso di Cagliostro aiuta a capire, peraltro, la complessa vicenda di regimi settari, costituiti o ricostituiti al di fuori del tradizionale filone massonico (i Rosacroce d’oro, i Cavalieri dell’Oriente, gli Illuminati di Baviera, gli Illuminati di Avignone, la mesmeriana Società dell’Armonia ecc.), che rifluiscono per vari canali nel gran fiume massonico, soprattutto dopo che negli anni Ottanta la crisi della Stretta Osservanza ha lasciato libero gran parte del territorio muratorio.
Nell’ultimo decennio del XVIII secolo si assiste a un fermentare confuso dell’area massonica, in cui alcuni regimi si dissolvono, altri si trasformano mentre sorgono nuove formazioni muratorie: la conseguenza è il modificarsi delle forme, delle iniziazioni, delle vesti e degli atti cerimoniali. La loggia resta al tempo stesso luogo e struttura, ma occorre prendere atto delle crescenti diversità di contenuto e di comportamenti: la flessibilità del sistema dei gradi consente di tenere assieme cose diverse e la loggia risponde perciò alle più diverse sollecitazioni della mutata e mutevole sociabilità. Ma la continuità della forma e l’invenzione di tradizioni tuttavia non esclude mutamenti – persino radicali – nei contenuti, negli obiettivi e nelle ragioni dello stare assieme. La sociabilità non si esaurisce nel piacere dell’incontrarsi, ovvero nella solidarietà del soccorso reciproco, ma si orienta verso obiettivi religiosi e politici sempre più ristretti e mirati.