LAZZARINI
Famiglia di scultori originari delle Marche, attivi a Carrara dal XVII al XX secolo, inizialmente nell'ambito della scultura di traduzione, quindi anche in quello dell'invenzione. La loro vicenda sottolinea la particolare importanza assunta dalla riproduzione e dalla copia nell'evoluzione della storia della scultura e della storia del gusto. Variamente ricordati nelle Memorie biografiche di Campori e in Thieme - Becker, solo di recente la critica, servendosi del manoscritto datato 1960, opera di uno degli ultimi discendenti della famiglia, Roberto Lazzerini, ha potuto seguire lo sviluppo della bottega e stabilire i rapporti tra i membri artisticamente più importanti.
Francesco, il capostipite, nacque a Urbino nel 1624, dove il padre Alessandro tra il 1619 e il 1620 aveva eseguito "il monumento a Guidobaldo Della Rovere, nella chiesa di S. Bernardino degli Zoccolanti" (Lazzerini, p. 8). Unitosi al seguito del granduca di Toscana Ferdinando II de' Medici, giunto nella cittadina marchigiana per visitare i possedimenti (beni allodiali) spettanti alla moglie, Vittoria Della Rovere, il giovane si stabilì a Firenze nel 1644 dove, dopo aver realizzato alcuni restauri per il giardino di Boboli, aprì uno studio nei pressi di porta al Prato, continuando a lavorare sia per Ferdinando II de' Medici sia per una cerchia diversificata di committenti. La scelta di trasferirsi definitivamente a Carrara nel 1670, dove Francesco era già stato per seguire le fasi di scelta e acquisto dei blocchi di marmo, fu certamente determinata da una oculata politica imprenditoriale che aveva individuato nell'approvvigionamento diretto del materiale una fonte di ulteriore espansione. L'accorta gestione della bottega gli consentì in effetti di mantenere e sviluppare la propria attività professionale: dalla collaborazione con G. Baratta alla realizzazione di numerosi particolari dell'altare di S. Ignazio nella chiesa del Gesù a Roma, su incarico di Andrea Pozzo, fino agli arredi da giardino per il castello di Łaziensky a Varsavia. Alla sua morte, nel 1702, Francesco lasciava agli eredi una bottega di scultura che, di padre in figlio, sarebbe stata operante, senza soluzione di continuità, fino al 1942 (si veda la voce Lazzerini, Alessandro in questo volume).
Lazzaro, nato a Firenze nel 1668 dal matrimonio di Francesco con Maria Vittoria Moniglia, figlia del medico personale di Vittoria Della Rovere, dopo aver svolto a Roma un tirocinio di quattro anni, dal 1691 al 1695, presso la bottega di Mattia De' Rossi, rafforzò ulteriormente l'attività paterna avviando proficui rapporti di collaborazione con molti degli artisti, italiani e stranieri, fra i più importanti dell'epoca. In particolare N. Salvi, F. Juvarra, G. e V. Foggini, G. Coustou, F. Pinck, J.C. Sturmberg, conosciuto presumibilmente nel 1709 a Firenze, durante la visita di Federico IV re di Danimarca allo studio di Baratta. Nel 1759, all'età di novantuno anni, Lazzaro lasciò in eredità un'attività artistica e commerciale che, già avviata in buona parte d'Europa, avrebbe iniziato di lì a poco a farsi conoscere anche in America.
Il Settecento registrò il consolidamento e l'espansione di tale attività prima con Francesco, nato a Roma il 2 sett. 1692 e morto a Carrara nel 1759, che promosse l'apertura di due gallerie espositive, a Roma nel 1722 e a Pisa nel 1749 (Lazzerini, pp. 10 s.), quindi con il figlio Giovan Battista. Questi (Carrara 1720-78), dopo l'apprendistato con E. Lelli a Bologna e V. Foggini a Firenze, collaborò con A.-D. Chaudet, J. Flaxman, J.-A. Houdon, G.B. Piranesi, C. Rainaldi e G. Bernardi detto il Torrettino, maestro di A. Canova; inoltre, per il castello di Łaziensky, realizzò camini, ornati architettonici e arredi da giardino (ibid., pp. 22 s.). Incrementò ulteriormente l'attività suo figlio Francesco Carlo che, nato a Carrara il 31 genn. 1748, nei trent'anni (1778-1808) in cui diresse lo studio fu in grado di estendere la propria rete artistica e commerciale dall'Europa agli Stati Uniti (Soria, p. 101) e di trasformare quella che fino ad allora era stata una semplice bottega artigiana in una vera e propria impresa, capace di garantire tutte le fasi di lavorazione, dalla scelta del materiale alla finitura completa dell'oggetto richiesto. Nel 1780 venne nominato professore onorario di scultura presso l'Accademia di belle arti di Carrara. Quindi, nel 1793, risulta a San Pietroburgo insieme con il conterraneo Paolo Triscornia; tra il 1798 e il 1801 fu a Palma di Maiorca, dove eseguì tra l'altro il ritratto del cardinale Antonio Despuig; e nel 1800 affidò la riscossione dei crediti contratti con il defunto re di Polonia al romano Marcello Bacciarelli, pittore di corte a Varsavia (Passeggia, 1997). Nel 1805 prese parte all'Esposizione di Bologna con tre sculture d'invenzione: un Marte e una Baccante oggi perduti, nonché un medaglione in marmo raffigurante Napoleone Bonaparte primo console, attualmente conservato a villa Carlotta di Cadenabbia presso Como (Hubert). Al 1806 risale la vendita effettuata a Copenaghen di due busti in marmo raffiguranti Voltaire e J.-J. Rousseau, su modello di Houdon. Rifugiatosi a Roma per evitare il carcere, a cui era stato condannato per una illecita storia d'amore, riparò poi a Parigi (Passeggia, La scultura…, 2000, p. 47) e infine tornò a Carrara, dove morì il 1° sett. 1808.
Alla sua morte i figli Roberto e Tommaso, avuti rispettivamente da Marianna Romano, in prime nozze, e da Marianna Cucchiari in seconde nozze, sciolsero la società per proseguire, ciascuno individualmente, l'attività di famiglia. Poco o nulla si sa dell'attività e della vita di Tommaso, ricordato nel 1855 tra i professori onorari dell'Accademia di belle arti di Carrara.
Ben più nota è l'attività di Roberto, nato a Carrara il 17 luglio 1779. Forte dell'indiscusso prestigio professionale acquisito dallo studio durante l'attività paterna, dedicò una speciale attenzione ai rapporti artistici, così da poter annoverare tra la propria clientela scultori e architetti di altissimo livello, come L. Bartolini, C.D. Rauch e K.F. Schinkel.
In particolare con il primo strinse un rapporto di collaborazione e di amicizia che dagli anni carraresi si protrasse almeno fino al 1826. Il carteggio autografo, tuttora conservato presso l'archivio privato di famiglia, testimonia inoltre come Bartolini si servisse del laboratorio apuano per la realizzazione di opere, che avrebbe poi completato solo nelle finiture nel proprio atelier fiorentino. Tale espediente consentiva così di apporre la paternità artistica di Bartolini su opere che altrimenti avrebbero avuto un minore valore commerciale (Passeggia, The marble trade…, 2000, p. 167).
Una parte significativa ebbe nell'attività di Roberto la produzione di copie tratte dall'antico, da Canova e da B. Thorvaldsen, realizzate per lo studio di scultura Moisé e Bazzanti di Firenze, nonché per l'emporio Micali di Livorno.
Alla morte di Roberto, avvenuta a Carrara il 22 apr. 1832, l'atelier venne ereditato dal primogenito Alessandro. Nato a Carrara il 2 luglio 1810 dalla prima moglie di Roberto, Maria Marchina Lucchetti, anch'egli si mostrò più interessato alla gestione della ditta che a una personale affermazione artistica, mettendosi in luce soprattutto per i proficui rapporti professionali avviati in Italia e all'estero. Per L. Agliati eseguì Meleagro e una Vestale; per I. Fraccaroli l'Achille ferito, il cui gesso è conservato ancora oggi alla Scuola del marmo di Carrara; mentre per Giovanni Dupré riprodusse una versione dell'Abele nel 1842 e una della Baccante stanca nel 1857. Sono documentati inoltre i rapporti avviati con alcuni scultori tedeschi formatisi nella cerchia di Rauch: nel 1844 scolpì un Cristo per W. Achtermann; mentre nel 1846 realizzò per L. von Hofer un gruppo di cavalli ispirati al modello dei Dioscuri, destinati al castello di Rosenstein a Stoccarda. Tra il 1844 e il 1855 per Ernst von Bandel eseguì i gruppi raffiguranti Amore e Psiche, le Quattro Stagioni, Venere e Onfale, nonché le statue di Venere e Mercurio (Lazzerini, pp. 38-40).
Rimasto celibe, alla sua morte, avvenuta a Carrara il 12 sett. 1862, lo studio venne ereditato dal fratello Giuseppe Ferdinando, nato a Carrara il 15 dic. 1831 (fu alla sua nascita che, per un errore anagrafico, si verificò la variazione del cognome da Lazzarini in Lazzerini: ibid., p. 37; vedi la biografia di Giuseppe Ferdinando Lazzerini in questo volume, s.v. Lazzerini, Alessandro).
Figlio di Tommaso e di Carolina Triscornia, Pietro Leopoldo nacque a Carrara nel 1837. A differenza del padre, si conosce di lui una cospicua produzione d'invenzione, seppure fortemente legata agli stilemi della tradizione neoclassica e accademica. Nel 1859 vinse il pensionato triennale di scultura che avrebbe svolto a Firenze, divenuta dal 1860 la nuova sede del concorso. I gessi dei due saggi, il Bacco ebbro del 1861 e la Leda del 1862, sono tuttora conservati presso l'Accademia di belle arti di Carrara. Sempre nel 1859 prese parte, superandola, alla selezione indetta dai priori dell'abbazia di S. Andrea di Carrara per la realizzazione di un altare dedicato ai martiri Ss. Quattro Coronati, che eseguì l'anno successivo e che è ancora oggi visibile all'interno della chiesa. Segnalato, nel 1869, a Berlino come ritrattista, realizzò nel 1875 per la Royal Academy di Londra tre opere in marmo: un busto, ritratto di dama inglese, l'Innocenza e Rebecca al pozzo. Partecipò quindi alle esposizioni di Filadelfia del 1876, con l'Ingenua e l'Amor fraterno, soggetto quest'ultimo replicato più volte e presentato anche a Londra del 1904 (Thieme - Becker). Nominato professore ordinario presso l'Accademia di belle arti di Carrara, mantenne l'incarico fino alla fine degli anni Novanta dell'Ottocento. Morì a Carrara nel 1917.
A un altro ramo della famiglia appartiene Luigi (Aloisio, Ludovico), nato a Carrara nel 1780, cugino di Roberto e padre di Giuseppe, ricordato esclusivamente per la propria attività svolta in Germania, dove giunse nel 1819. Tra il 1824 e il 1826 realizzò per conto di Rauch un Amore con lira su modello di Thorvaldsen. La sua attività dovette proseguire in forma autonoma, con la produzione di statue e busti, a Berlino, dove era a stretto contatto con Rauch ancora nel 1827. Non si conosce la data della sua morte.
Il figlio Giuseppe nacque a Carrara nel 1801. Nel 1815 studiava presso la locale Accademia di belle arti e nel 1817 partecipò senza successo al pensionato triennale di Roma, ottenendo però nel 1818 la medaglia d'argento al concorso d'invenzione, con il rilievo in gesso raffigurante Ester e Assuero, ancora conservato in Accademia. A partire dal 1840 fu attivo a Monaco di Baviera, dove realizzò il rilievo esterno raffigurante la battaglia tra Lapiti e Centauri, sul modello di J. Haller, per il portale della scuola di equitazione, i quattro geni del proscenio del Hoftheater, nonché gli ornati architettonici e la statua di Dedalo per la Glyptothek. Quindi, sotto la direzione di L. von Schwanthaler, scolpì diverse statue e busti per il frontone e l'interno del Walhalla, presso Ratisbona. Non è nota la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: R. Lazzerini, Tre secoli di vita e attività artistica in Carrara e nel mondo della famiglia L. o Lazzerini (1960; dattiloscritto, conservato nella Biblioteca civica di Carrara), pp. 8, 10 s., 22 s., 37-40; E. Lazzoni, Carrara e la sua Accademia di belle arti, Pisa 1869, pp. 53, 71, 109 s., 120; G. Campori, Memorie biografiche degli scultori, architetti, pittori… nativi di Carrara, Modena 1873, p. 142; O. Raggi, Della R. Accademia di belle arti di Carrara, Roma 1873, pp. 72 s., 98; C. Lazzoni, Carrara e le sue ville, Carrara 1880, pp. 213, 215; P. Marmottan, Les arts en Toscane sous Napoléon. La princesse Elisa, Paris 1901, pp. 241-245; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, p. 370; Scultura a Carrara. Ottocento, a cura di M. de Micheli, Bergamo 1993, pp. 40, 45, 47, 75 s., 103, 197, 240, 256-259, 268 s.; R. Soria, American artists of Italian heritage, 1776-1945, London-Toronto 1993, pp. 101 s.; S. Russo - R. Carozzi, La Gipsoteca dell'Accademia di belle arti di Carrara, Massa 1996; L. Passeggia, Il gesso e la memoria. Il laboratorio Lazzerini 1812-1942, Massa 1997, pp. 99, 113 s., 149, 151 s., 176; Id., The marble trade: the Lazzerini workshop and the arts, crafts and entrepreneurs of Carrara in the early nineteenth century, in The lustrous trade. Material culture and the history of sculpture in England and Italy c. 1700-1830, a cura di C. Sicca - A. Yarrington, London-New York 2000, pp. 156-173; Id., La scultura come impresa economica. La lobby dei carraresi a Roma tra la fine del Settecento e i primi anni dell'Ottocento attraverso le testimonianze dei suoi protagonisti, in Ricerche di storia dell'arte, 2000, n. 70, pp. 41-50; Id., On the trail of the art industry. Danish sculpture and the Lazzerini workshop of Carrara between the eighteenth and the nineteenth centuries, in Analecta Romana Instituti Danici, XXVI (2001), pp. 179-196; Catalogue of Italian sculpture in the Detroit Institute of art, a cura di A.P. Darr - P. Carnet - A. Bostrom, II, Detroit 2002, pp. 103 s.; C. Sicca, Livorno e il commercio di scultura tra Sette e Ottocento, in Storia e attualità della presenza degli Stati Uniti a Livorno e in Toscana. Atti del Convegno, Livorno… 2002, a cura di P. Castignoli - L. Donodolo - A. Neri, Pisa 2003, pp. 275-297; L. Passeggia, L'originale e il suo doppio. La vicenda dei "Thorvaldsen" replicati dal laboratorio Lazzerini di Carrara nelle carte del Thorvaldsens Museum Arkiv di Copenhagen, in Analecta Romana Instituti Danici, in corso di stampa; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, pp. 493 s.