LATTE (fr. lait; sp. leche; ted. Milch; ingl. milk)
Secondo la definizione adottata dal II Congresso internazionale per la repressione delle frodi alimentari (Parigi 1910) per latte si deve intendere "il prodotto integrale della mungitura totale e ininterrotta di una femmina lattiera sana, ben nutrita e non affaticata. Esso deve essere raccolto con proprietà e non deve contenere colostro. La denominazione di "latte" non si applica che al latte di vacca". Per le più importanti utilizzazioni del latte v. allattamento; burro; casearia, industria; formaggio. Le femmine dei diversi mammiferi producono, per opera della mammella, ghiandola cutanea, il cui numero varia con la specie, latti differenti, non solo nelle proprietà biologiche, ma bensì nella composizione chimica; in generale i latti sono tanto più ricchi in materia organica (specialmente in sostanze proteiche) e in sali, quanto più lo sviluppo della prole è rapido. Il latte a seconda della sua origine, della sua destinazione o della sua composizione, si può definire in modo diverso. Così nei riguardi della composizione (v. casearia, industria) si hanno componenti chimici distinguibili in: principali (acqua, lattosio, grasso, sostanze proteiche, sostanze saline) e componenti secondarî, per le loro piccole quantità e non per l'importanza biochimica (fosfatidi: colesterine, lecitine); sostanze azotate non proteiche (urea, ipoxantina, xantina, adenina, guanina, creatina, creatinina); amminoacidi (glicocolla, leucina, acido aspartico, tirosina, acido glutammico, lisina, triptofano, cistina); gas (anidride carbonica, ossigeno, azoto); aromi; pigmenti coloranti; componenti biochimici non isolabili: enzimi (proteasi, lactasi, diastasi, lipasi, salolasi, catalasi, perossidasi, reduttasi) e vitamine (fattore A; fattore B anti-neuritico; fattore C anti-scorbutico; della vitamina D anti-rachitica e di quella E o anti-sterile, è ancora incerta la presenza nel latte); componenti figurati (facociti e microbi).
Composizione media del latte. - Le sostanze fondamentali del latte di qualsiasi specie animale sono sempre le stesse, ma il loro rapporto quantitativo, specialmente quello dei grassi, è diverso a seconda delle varie specie, come si può rilevare dalla seguente tabella (P. G. Heinemann, Milk, Filadelfia 1919):
Inoltre la composizione del latte varia entro limiti amplissimi anche nei singoli individui della stessa specie, in rapporto al nutrimento e alla costituzione individuale. Ciò risulta dalla tabella (Leach):
Le proteine del latte sono: la caseina, una lattalbumina, una lattoglobulina, e, nel latte di donna, l'opalisina, corpo proteico ancora mal definito. Nel latte di donna v'è all'incirca tanta caseina quanta albumina, nel latte di vacca circa sei volte più caseina; e questa differenza nel quoziente proteico spiega la diversità dei coaguli nello stomaco: grossi, compatti e quindi meno disgregabili e più difficilmente attaccabili dai succhi digestivi i coaguli del latte di vacca, più fini e minuti quelli del latte di donna.
Il grasso del latte (acido stearico, palmitico, oleico; acidi grassi inferiori, quali il butirrico, capronico, ecc., legati alla glicerina come trigliceridi) si trova sospeso in fine emulsione. Al microscopio esso appare come sfere omogenee di grande potere rifrangente e di diametro molto vario. Lasciato in riposo, il grasso del latte si riunisce gradatamente alla superficie in uno strato giallastro.
Gli zuccheri del latte sono costituiti per la maggior parte da lattosio e in tracce da glucosio e da una destrina.
I costituenti minerali sono il potassio, più abbondante che il sodio, il calcio, magnesio, fosforo e ferro (scarso). Abbiamo già esposto la percentuale di ceneri nel latte dei diversi animali; ma le ceneri non sono tutti gli elementi minerali costituenti i sali del latte, ché molti di essi sfuggono all'incenerimento. Soldner ammette la seguente composizione, calcolata teoricamente, degli elementi contenuti in 100 gr. di sali:
Numerosi e svariati sono i fattori capaci di modificare più o meno fortemente la composizione del latte: di natura etnologica (specie, razza; v. bovini; ovini), cause fisiologiche varie (individualità, costituzione, età); di natura fisiologica (periodo colostrale, lattazione senza gestazione, castrazione, periodo dei calori, ecc.); di natura mesologica (variazioni stagionali, giornaliere, influenze atmosferiche, del lavoro, mungitura); dipendenti dall'alimentazione e dallo stato di sanità. Per la fisiologia della secrezione v. mammella.
Proprietà fisiche e chimiche del latte. - Il latte dei diversi animali quando è fresco si presenta come un liquido opaco, di odore speciale; a reazione, generalmente, anfotera al tornasole, volgente rapidamente all'acido. La concentrazione in ioni d'idrogeno è in media, per il latte vaccino normale, di pH 6,5-6,75. La densità è variabilissima a seconda della specie e dei componenti, è però superiore a 1.026 per tutte le specie (v. sopra). Il coefficiente di viscosità, in rapporto a quello dell'acqua (= 1) oscilla per il latte di vacca da 1,67 a 2,03 (a 37°) e per quello di donna da 1,41 a 2,56. Congela a −0°,55 (vaccino e di donna; a −0°,57 quello di. capra e a -0°,59 quello di pecora). L'aggiunta di acqua fa diminuire questo valore. L'indice di rifrazione del siero di latte (determinato al rifrattometro di Zeiss, metodo Ackermann) oscilla per i latti (di vacca) individuali da 38°-41° e per quelli collettivi da 38°,5 a 40°,5; l'annacquamento lo fa diminuire. Il calore specifico oscilla da 0,92 a 0,95 (Fleischmann).
Gli acidi inorganici e organici lo coagulano, come pure alcune soluzioni saline (solfato di magnesio, cloruro sodico, ecc.), l'alcool, l'etere; le soluzioni alcaline lo fluidificano, in quantità rilevanti però lo rapprendono in una massa gelatinosa. Ne favoriscono la coagulazione anche i fermenti solubili o enzimi, tipico è p. es.: il caglio o presame; come pure molti succhi vegetali contenenti enzimi. Il freddo agisce sul latte, lo congela e lo disomogeneizza. Il latte disgelato non presenta alcuna differenza con il latte crudo; la sua composizione non subisce nessuna modificazione; i fermenti, o almeno la loro maggior parte, non sono distrutti come pure i microbi patogeni; il freddo ne ritarda solo lo sviluppo e la loro attività. Il calore produce invece modificazioni nella composizione fisica, chimica, biologica e queste sono tanto più profonde quanto maggiore è la temperatura agente e il tempo. Queste azioni, dapprima molto blande, s'iniziano verso i 42°, agendo inizialmente sugli enzimi e sui microrganismi, poi sui costituenti chimici, raggiungendo un effetto notevolissimo sui 120°. Manifestazioni evidenti ne sono la formazione della pellicola (500); il sapore e l'odore di cotto (65°), il ritardo (65°) e la perdita (oltre 65°) della proprietà di coagulare, la coagulazione dell'albumina (72°), il cambiamento di colore oltre 1000), la coagulazione della caseina (120°).
Valore nutritivo del latte. - La composizione percentuale del latte è perfettamente adatta alla sua destinazione; essa corrisponde all'incirca, salvo l'aggiunta di sostanze fornitrici d'energia, a quella dell'animale neonato. V'è uno stretto rapporto fra il contenuto di elementi eminentemente plastici (proteine, sali) nel latte delle varie specie di animali e il tempo che il giovane animale della rispettiva specie impiega a raddoppiare il proprio peso. Inoltre il grasso abbonda specialmente nel latte di animali viventi in paesi freddi e più ancora nel latte di Cetacei viventi nell'acqua, la quale sottrae maggior quantità di calorie che non l'aria.
Un litro di latte di donna fornisce 670 calorie, di vacca 650, di capra 590. Come regime d'equilibrio la dieta esclusiva di latte per gli adulti richiede dosi elevate: 3 litri per una persona di 70 kg. in riposo a letto (100 gr. di proteine e 2000 calorie), litri 3,5 per una persona che compia un benché minimo lavoro. Tuttavia la composizione elementare d'una tale razione è poco conforme agl'insegnamenti della dietetica ed è mal sopportata: sufficiente d'albumina, è ricca di grassi e troppo scarsa di idrati di carbonio. Come alimento esclusivo, il latte provoca diversi inconvenienti (stipsi o diarrea); perciò esso viene usato come regime di sottrazione alimentare o d'iponutrizione per periodi di tempo più o meno brevi (600-2000 cmc. di latte, corrispondenti a 390-1300 calorie, con 21-70 gr. di proteine e gr. 0,80-3,00 di cloruro sodico), ovvero come regime latteo allargato o mitigato, cioè non esclusivo.
Microbiologia del latte. - Il latte, teoricamente, dovrebbe essere considerato come una secrezione asettica, ma è raro, quali che siano le precauzioni prese, che si ottenga da una mammella sana del latte sprovvisto di microrganismi (da 10 a 5000 microbi, in media 300 per cmc. rappresentati generalmente da cocchi bianchi o gialli); specialmente all'uscita della mammella si contamina rapidamente in causa della mungitura, dell'aria, dell'animale, dell'ambiente, della polvere, dei recipienti, ecc. (da 3000 a 86.000 microbi per cmc.; si sale però anche a 160.000 microbi e oltre col peggioramento delle condizioni. I latti certificati non contengono in media più di 10.000 microbi per cmc.).
Questi microrganismi che, sviluppando fenomeni fermentativi, trasformano i componenti del latte originando anche nuove sostanze, appartengono ai microbi propriamente detti, ai lieviti e alle muffe. Fra i microbi, troviamo delle forme rotonde (famiglia delle Coccacee, genere: Streptococcus, Micrococcus, Sarcina); allungate (famiglia delle Batteriacee, genere: Bacterium (senza spore), Bacillus (con spore); a spira (famiglia Spirillacee, genere: Vibrio, Spirillum). Fra i lieviti troviamo, il Saccharomyces, Torula, Mycoderma; fra le muffe, il genere Monilia, Cladosporium, Oidium, Penicillium, Aspergillus, ecc. Questi germi possono trovarsi nel latte come flora normale (lattici, butirrici, propionici, acido-proteolitici, peptonizzanti, ecc.) o come flora anormale (germì patogeni; v. sotto). Inoltre i germi possono essere causa dei cosiddetti "difetti del latte": di colore: latte blu (Bac. cyanogenus); latte rosso (Bact. prodigiosum; Bac. lacto-rubefaciens; Oidium rubrum, ecc.), latte giallo (Bac. synxanthus; Bact. fulvum, ecc.); latte nero (Bac. lactis niger; Torula nigra, ecc.), di sapore: latte amaro (Micrococcus casei amara; Torula amara, ecc.), latte a gusto di sapone (Bact. lactis saponacei), di fragola, di rapa, di carota, di feci, ecc.; d'aspetto: latte viscoso e filante (Bac. mesentericus, viscosus; Bact. lactis viscosi, ecc.).
Inquinamento e sterilizzazione del latte. - L'inquinamento del latte può essere endogeno ed esogeno. Il latte esce dalle mammelle contenendo già la cosiddetta "microflora mammaria" che risiede a permanenza entro lo stesso parenchima ghiandolare e va quindi distinta dalla microflora dei capezzoli che è occasionale. La microflora mammaria, che proviene verosimilmente dall'interno dell'organismo, è costituita normalmente da un gruppo eterogeneo di cocchi (Mammococcus Gorini) affini ai cocchi intestinali (Enterococcus Thiercelin), dotati di attività acido-proteolitiche e lipolitiche, che riescono utili per la digestione del latte nonché per. la sua trasformazione in formaggio. Però in condizioni anormali, quali si verificano per mungitura incompleta o scorretta o per cause patologiche generali o locali, la microflora mammaria può acquistare proprietà virulente così da avvicinarsi ai cocchi piogeni (Staphylococcus e Streptococcus mastitidis) e diventare dannosa tanto per la salute dei consumatori quanto per la conservazione e la lavorazione del latte. Inquinamenti endogeni ancora più temibili sono dati dai germi di malattie specifiche delle lattifere (tubercolosi, afta epizootica, febbre melitense, mastiti, aborto, ecc.). Ma gl'inquinamenti più notevoli derivano al latte durante e dopo la mungitura dall'ambiente esterno; cioè dal corpo e dalle deiezioni degli animali, dai foraggi, dalle lettiere, dai recipienti, dall'acqua di lavaggio, dalle mosche, dal sudiciume in genere e in modo particolare dal personale di stalla e di latteria; cosicché il latte può divenire tramite delle più gravi infezioni umane (tubercolosi, tifo, paratifo, ecc.). A prevenire e limitare gl'inquinamenti del latte sono necessarî: il controllo veterinario per la selezione delle lattifere; il controllo medico per la selezione del personale; la mungitura accurata (pulizia delle mammelle, dei mungitori, dei recipienti, ecc.; scrupolosa pulizia e disinfezione delle tubazioni nella mungitura meccanica); la filtrazione immediata del latte attraverso ovatta, seguita da raffreddamento al disotto di −10° per impedire la moltiplicazione della microflora.
Sterilizzazione. - La microflora ordinaria del latte è dotata d'una spiccata termoresistenza, sia per la presenza di spore molto tenaci dei bacilli del fieno, delle patate e del terreno, sia per la presenza di germi presamigeni che s'avviluppano di mantelli protettori di caseina (C. Gorini). Pertanto la sterilizzazione del latte col calore è delle più difficili; la si può ottenere solamente o mediante l'autoclave a 120° per 15-20 minuti oppure mediante la tindallizzazione di mezz'ora a 100° ripetuta tre, quattro volte con intervalli di 24 ore. Questo secondo processo presenta il vantaggio di danneggiare in minor grado i componenti chimici (lattosio, caseina, albumina, sali di calce, ecc.) e biologici (enzimi, vitamine, ecc.) del latte. Però nessuno dei due processi trova applicazione nell'approvvigionamento del latte alimentare, perché questo di solito non abbisogna d'essere sterilizzato, ma semplicemente liberato dai germi patogeni e prolungato nella sua conservazione per un paio di giorni. A tale scopo può bastare l'ebollizione domestica oppure la pastorizzazione a temperatura moderata, purché il latte sia prodotto e raccolto con le dovute norme igieniche che valgono a limitarne gl'inquinamenti. Fra i numerosi processi di pastorizzazione che possono essere adoperati, se ne distinguono due principali: la pastorizzazione alta e breve attorno a 80° per qualche minuto e la pastorizzazione bassa e lenta fra 63° e 650 per mezz'ora. Questa seconda è preferibile, massime per i bambini e i malati, perché è quella che risparmia maggiormente gli elementi e le proprietà naturali del latte. Però sia il latte bollito sia il latte pastorizzato, non essendo sterilizzati completamente, devono essere immediatamente raffreddati e mantenuti a temperatura bassa (attorno ai 5°) fino al momento dell'uso, per evitare lo sviluppo dei germi superstiti che possono produrre tossine, massime se fra questi vi sono germi termofili i quali abbiano avuto campo di modificarsi già a 63°-65° (Gorini). Pertanto la preparazione di latte completamente sterilizzato resta limitata a quei casi in cui si richiede latte di lunga conservazione, come nei viaggi lontani di terra e di mare. A tale scopo bisogna ricorrere all'autoclave; ma non potendo spingersi a temperature troppo elevate (oltre i 105°) per non compromettere l'appetibilità del latte, occorre fare una selezione dei latti sufficientemente puri da prestarsi a tale operazione e inoltre sottoporre il latte sterilizzato a un controllo in termostato prima di licenziarlo (Gorini, 1894). Recenti perfezionamenti di tecnica, che si fondano o sul riscaldamento del latte trasformato in una nebbia lattea (biorizzazione, Lobeck) o in lamine sottilissime (metodo Stassano) così da aggredire uniformemente i singoli germi, oppure sul riscaldamento del latte sotto alta pressione nel vuoto così da esporlo impunemente a temperature elevatissime (135°, metodo Nielsen), lasciano intravvedere la possibilità di arrivare a una pastorizzazione ed eventualmente a una sterilizzazione più razionale del latte.
Latte condensato e latte in polvere. - Una sufficiente diminuzione della microflora senza sensibile pregiudizio delle caratteristiche del latte si può ottenere anche con i processi di conservazione del latte a riduzione parziale di acqua (latte condensato) o a riduzione totale di acqua (latte in polvere). Questi prodotti permettono di commerciare il latte a grandi distanze; però il latte in polvere si conserva meno lungamente del latte condensato, perché in quello il grasso perde lo stato emulsivo e facilmente irrancidisce; onde il latte in polvere è preparato preferibilmente con latte magro e usato, anziché per farne bevande, per alimenti solidi per pasticceria, per uso medicinale o per alimenti concentrati per bambini.
Analisi e adulterazioni del latte. - Una buona analisi comprende le seguenti determinazioni: 1) la densità, che si può determinare tanto con la bilancia di Westphal, quanto con speciali lattodensimetri; 2) il grasso, che si titola il più di frequente col procedimento e con l'apparecchio di Gerber:
a 10 cmc. d'acido solforico s'aggiungono 2 cmc. dí latte e 1 cmc. d'alcool amilico puro, si chiude con tappo di gomma la piccola provetta e si agita, ponendo poi il recipiente capovolto in bagno-maria a 60°-70° per due ore, dopo di che si leggono sulla scala dell'apparecchio i gradi occupati dal grasso che s'è separato e galleggia: a ogni grado corrisponde un grammo di grasso per litro di latte.
3) le sostanze azotate, che si dosano col metodo Kjeldahl.
Il latte va facilmente soggetto ad alterazioni per malattie delle mammelle; in tal caso può presentarsi granuloso o contenere fiocchetti molli o duri, può essere sanguinolento o colorarsi in giallognolo e assumere gusto salato per aumentata concentrazione di cloruro di sodio, nel caso di suppurazioni. Il foraggio può conferire al latte caratteri speciali (può scremarsi con difficoltà, può diventare amaro, colorato, con odori o sapori speciali). Per azione di microrganismi il latte può coagulare precocemente o tardivamente o anche non coagulare affatto; può presentarsi inoltre caseoso, saponoso, spumeggiante, filante. Oltre che per l'aspetto, per il sapore e per l'odore, si può rilevare l'alterazione del latte mediante la determinazione dell'acidità o del potere riducente o dell'ammoniaca o del punto di congelamento: il latte fresco ha sempre acidità debole e lieve potere riducente. Senza scendere alle analisi particolari dei singoli esponenti di freschezza, si potrà dire che il latte è alterato se, mescolando un volume di latte con due volumi di alcool a 60°-70°, perfettamente neutro, s'ottiene coagulazione del latte.
Il latte inoltre può venir alterato a scopo di lucro: 1) per sottrazione di crema, il che si scopre determinando la densità del latte, che sarà aumentata (1033-1037), mentre la quantità del grasso e il residuo secco sono diminuiti; 2) per scremazione e aggiunta d'acqua, che si scopre determinando la quantità del grasso, che sarà diminuita, la densità del siero, che sarà pure diminuita (non si consideri invece la densità del latte in toto, perché se la scrematura fa aumentare la densità, l'aggiunta d'acqua in proporzioni non superiori al 10% riporta il peso specifico alla norma), il potere rifrangente, che è diminuito (il latte normale dà una refrazione fra 38°,5-40°,0 della scala Zeiss; una tabella dà con sufficiente precisione in cifre percentuali il corrispettivo d'annacquamento per ogni grado o frazione di grado della scala); 3) per aggiunta di semplice acqua, che si rivela come sopra; 4) per aggiunta d'acqua e di sostanze che aumentano la densità (amido, zucchero di canna, saccarato di calce, panna artificiale, che è un'emulsione di margarina, strutto o grasso di cocco).
L'amido si rivela aggiungendo al latte qualche goccia di tintura di iodio, per cui assume un colore azzurro; lo zucchero e il saccarato si possono scoprire aggiungendo a 10 cmc. di latte gr. 0,5 di molibdato d'ammonio in polvere e 10 cmc. di soluzione al 10% d'acido cloridrico, scaldando a bagno-maria bollente per 5-10 minuti, dopo di che in presenza di zuccheri s'osserva colorito azzurro per formazione d'ossido di molibdeno.
Altre sofisticazioni consistono nell'aggiunta di sostanze atte a conservare il latte (bicarbonato di soda, acido salicilico, acido borico, formalina, acqua ossigenata). Anche la bollitura del latte rappresenta in tal senso una sofisticazione la quale pertanto si scopre assai semplicemente: s'aggiungono al latte alcune gocce d'acqua ossigenata e vi si stratifica sopra qualche cmc. d'una soluzione al 10% di legno di guaiaco in acetone: nel punto di contatto s'ha, dopo qualche tempo, un alone azzurro.
Latte fermentato. - È il latte che, per fermentazioni indotte da determinati e varî gruppi di microrganismi, ha subito un'alterazione sostanziale, che ne muta lo stato abituale.
Il suo consumo ha ricevuto un forte impulso dalle pubblicazioni di E. Mečnikov (Metschnikoff), secondo cui la senilità precoce sarebbe dovuta precipuamente all'azione di sostanze tossiche, prodotte dai batterî putrefattivi del colon, e potrebbe esser combattuta con l'uso abituale del latte fermentato; l'acido prodotto dai batterî dell'acido lattico cambierebbe la reazione chimica del contenuto intestinale da alcalina in acida, favorendo oltremodo lo sviluppo dei batterî dell'acido lattico, innocui, in sostituzione di quelli putrefattivi. Mečnikov raccomandò l'uso di latte fermentato da colture di Bac. bulgaricus e di Streptococcus lacticus. Sulla possibilità, per lo meno in ogni caso, di mutar la flora intestinale si può dubitare; certo si è che la somministrazione di latte fermentato o addirittura di colture liquide o di batterî lattici conservati vivi in forma secca (tavolette, polvere) fa parte della terapia odierna nelle infezioni o fermentazioni più varie dell'intestino e trova ancora altre applicazioni là dove si tratti di vincere una flora batterica patogena con la flora lattica innocua (in ginecologia, ecc.).
Molte case produttrici mettono in vendita colture liquide o solide, con le quali si può facilmente preparare un latte fermentato tipo yoghurt, gioddu, ecc.: si fa bollire il latte, lo si raffredda a 45°-50°, s'aggiunge una dose congrua di coltura, si rimescola e si mantiene per parecchie ore a 45°-50°.
Yoghurt (v.), joghurt, yavert, yahourt, jaurt, kiselo mleko sono denominazioni del latte fermentato presso Bulgari, Greci e altri abitatori delle montagne balcaniche, ove l'agente fermentante vien detto maja, podkvasa o zakvaska. Simili al yoghurt sono pure il: gioddu o cieddu, in uso presso i Sardi; mazzoradu, presso i Siciliani; il làban, leben raib o milk leben (alquanto più alcoolico) presso gli Egiziani; il dahdi, in India; il mazun o matzoon, in America (la fermentazione alcoolica è in esso maggiore che l'acida; è molto ricco di lattobacilli); l'urgoutnik, latte fermentato di pecora, in uso nei Balcani. Il kefir (v.) e kumys sono nettamente diversi dai precedenti poiché risultano da una fermentazione alcoolica pronunciata, favorita dalla relativamente bassa temperatura d'incubazione, cosicché la fermentazione acida procede assai più lentamente. Quali siano i microrganismi che entrano in giuoco non è ancora esattamente noto; probabilmente la produzione d'acido dipende da uno streptococco. Una bevanda simile al kumiss viene preparata in Svizzera dal latte scremato con l'aggiunta di lievito di birra e di zucchero di canna.
Legislazione. - La legislazione italiana che si riferisce al latte è compresa nella Legge sulla tutela dell'igiene e della sanità pubblica, 22 dicembre 1888,n. 5849 (art. 42) regolata col Regolamento 3 febbraio 1901, n. 45 (art. 114) e nel Regolamento sulla vigilanza igienica sugli alimenti ecc. 3 agosto 1890, n. 7045 (art. 96-97-98-99); e inoltre nei Regolamenti d'igiene dei varî municipî. Il latte alimentare ha il suo regolamento nel r. decr. 9 maggio 1929, n. 994 (Regolamento sulla vigilanza igienica del latte destinato al consumo diretto) che comprende 51 articoli.
Produzione del latte.- Nei principali paesi è la seguente, comprendendo nei valori indicati, per molti paesi il valore complessivo del latte di vacca, di capra, di pecora.
La produzione italiana, è stata calcolata, in mancanza di dati ufficiali, basandosi sul censimento del bestiame del 1930, in hl. 66 900.000 per il latte di vacca, hl. 4.300.000 di latte di pecora, hl. 905.400 di latte di capra e in hl. 44.000 di latte di bufala, con un totale di hl. 72.000.000 dei quali circa il 40% andrebbero all'alimentazione e il rimanente all'industria. La produzione di anteguerra era stata calcolata nel 1914 da C. Besana, prendendo per base il censimento del bestiame, in hl. 38.205.000 (hl. 31.200.000 di latte vaccino, hl. 5.460.000 di pecora, hl. 1.500.000 di capra, hl. 45.000 di bufala). Il consumo annuo di latte si aggirerebbe (1930) intorno a litri 23 per abitante. L'importazione italiana di latte fresco o semplicemente sterilizzato è stata di q. 3985 (L.1.541.991) nel 1930 e di q. 7184 (L. 1.847.696) nel 1931; di q. 23.120 (L. 16.795.469) nel 1930 e di q. 28.914 (L. 20.007.356) nel 1931, di latte condensato zuccherato e non e in polvere. Fra i paesi esteri, sono forti importatori di latte fresco, la Germania (1930, q. 152.848), la Svizzera (1930, q. 137.570), gli Stati Uniti (1930, q. 129.573), la Gran Bretagna e Irlanda del Nord (1930, q. 94.093); mentre la Gran Bretagna è la più forte importatrice di latte condensato (1930, q. 1.323.051); seguono le Filippine, q. 131.891 nel 1930, e l'India.
La Gran Bretagna è pure la nazione che importa il più forte quantitativo di latte in polvere (1930, q. 134.526), seguita dalla Francia (1930, q. 67.878). Sono invece, esportatori di latte fresco, la Francia (1930, q. 133.881), il Canada (1930, q. 124.638), la Svizzera (1930, q. 62.841), lo Stato Libero d'Irlanda (1930, q. 58.200), la Lituania, la Cecoslovacchia, la Norvegia, l'Olanda; di latte condensato, l'Olanda (1930, q. 1.783.330), gli Stati Uniti (1930, q. 410.314), la Svizzera (1930, q. 329.584), la Danimarca; di latte in polvere, l'Olanda (1930, q. 145.770), gli Stati Uniti (1930, q. 28.228), il Canada.
Bibl.: P. G. Heinemann, Milk, Filadelfia 1921; A. Monvoisin, Le lait et les produits dérivés, Parigi 1925; E. Savini, Chimica ed analisi del latte e dei latticini, Milano 1927; G. Fascetti, Latte, Milano 1929; Orla-Jensen, Dairy bacteriology, Londra 1931.