Il 10 agosto del 1920, nella cittadina francese di Sèvres, l’Impero ottomano firmava il trattato di pace che definiva i termini dell’accordo tra questo e le potenze vincitrici della Prima Guerra mondiale - Francia, Italia e Regno Unito (alla firma prese parte anche il Giappone). Con il Trattato di Sèvres venivano dunque definiti quelli che sarebbero dovuti essere i nuovi confini della Turchia dopo la caduta dell’Impero ottomano.
Le decisioni prese in questo ambito furono molto sfavorevoli al paese, che si vedeva privato di tutti i territori orientali e del controllo sugli Stretti. In particolar modo, i territori a maggioranza armena dell’Anatolia orientale venivano assegnati all’Armenia e, inoltre, si prevedeva la creazione di un Kurdistan indipendente, che includesse anche l’attuale regione sud-orientale della Turchia. L’Italia, la Grecia e la Francia avrebbero inoltre beneficiato di zone di influenza sia sulle coste sud-occidentali del paese, sia a sud, ai confini con la Siria. Il territorio della Turchia veniva così ridotto alla sola penisola anatolica.
Le decisioni prese a Sèvres - che sarebbero state superate solo grazie alla guerra d’indipendenza guidata da Mustafà Kem¯al - avrebbero lasciato nella nuova classe dirigente turca il ricordo del tentativo di smembramento del paese, perpetuato dalle potenze europee con il sostegno delle nazionalità ad esse affini presenti sul territorio nazionale. Si parla dunque comunemente di ‘sindrome di Sèvres’ per riferirsi a una latente sindrome da accerchiamento che caratterizza la concezione turca della sicurezza nazionale, passibile di essere messa in discussione contemporaneamente dall’esterno e dall’interno del paese.